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    Atteggiamenti e comportamenti sessuali nelle ragazze. I risultati di una ricerca


     

    (NPG 1979-03-13)


    Il pregio della ricerca che ora viene presentata non è dato dalla conferma o meno di ciò che la esperienza diretta o altre ricerche sociologiche hanno già descritto, ma dal tipo di campione su cui si è indagato e dall'incrocio che è stato eseguito sui dati. La ricerca è stata condotta nella cosiddetta «terza Italia», un'Italia di mezzo fra il triangolo industriale e il meridione. Ha il pregio quindi di evidenziare il cambio degli atteggiamenti verso la sessualità man mano che da una cultura agricola si passa ad una cultura urbana ed industriale.
    Attenzione merita anche il fatto che la ricerca proprio per cogliere la direzione del cambio culturale, opera una lettura in parallelo dei dati riguardanti la generazione delle madri e di quelli riguardanti la generazione delle figlie.
    Altro motivo di interesse è la attenzione che i ricercatori hanno prestato al ruolo della religiosità nelle decisioni in campo sessuale, dai rapporti prematrimoniali al divorzio e allo stile dei rapporti fra ragazze e ragazzi.
    La ricerca è frutto del lavoro di una équipe guidata da Perpaolo Donati, uno dei più preparati sociologi della famiglia in Europa, e da Costantino Cipolla; è stata realizzata negli anni '76-'78 nella zona di Mantova su un campione di circa 600 soggetti, suddivisi in tre generazioni (nonne, madri, figlie) (1).
    I dati, qui riassunti in forma sommaria, non sono del tutto generalizzabili per l'universo giovanile, ma sembrano lo stesso offrire uno spaccato significativo della evoluzione, quantitativa e qualitativa, dei comportamenti e delle opinioni in campo sessuale in larghi strati del mondo giovanile, particolarmente femminile.

    LA NUOVA SOGGETTIVITÀ FEMMINILE

    Il passaggio da una cultura fondamentale agricola ad una industriale e urbana ha comportato in primo luogo il distacco tra la famiglia e i suoi valori e le nuove generazioni. Non solo le ragazze socializzano di fatto lontano dalla famiglia ma neppure più comunicano con i genitori. «Specie se non sorrette, come invece per una parte di esse sembra avvenuto, – osserva Achille Ardigò nella prefazione al volume – da una crescita di interiorizzazione di valori personali ed ideali, anzitutto religiosi ma anche di solidarismo politico, queste donne, queste giovani donne di città, e di ceto o classe media dipendente, si trovano con un modello familistico ristretto, delle loro madri, che non dice loro quasi più niente». Non hanno continuità col passato e neppure le aspirazioni delle ragazze delle classi più povere.
    Incertezza ed insicurezza, desiderio di autorealizzazione e perdita di senso politico e religioso, rifiuto del modello di vita dei loro genitori vengono a determinare tutta una serie di atteggiamenti che trovano nel campo sessuale una chiara espressione e danno luogo ad una «nuova soggettività femminile».

    Il fidanzamento ed il matrimonio

    La crisi della identità femminile si ripercuote soprattutto in questa sfera della esistenza, accrescendo l'incertezza, il non-senso, l'incapacità della generazione adulta di farne luogo di crescita positiva.
    Fin dalla adolescenza la ragazza si fa una immagine di matrimonio e di maternità in cui spiccano tratti come la costrittività e il non-senso.Il matrimonio sembra loro privo di qualità autorealizzative, come indica lo stesso atteggiamento deistituzionalizzante verso il fidanzamento pubblico, considerato necessario dal 73% delle madri ma solo dal 51% delle figlie.
    Allo stesso modo l'atteggiamento che considera il matrimonio come istituzione indissolubile è presente nel 39% delle madri per scendere al 15% delle figlie.

    Comportamenti e atteggiamenti sessuali

    Alcuni dati della ricerca toccano direttamente la vita sessuale delle figlie (non sposate).
    A proposito dei rapporti sessuali si ha una forte polarizzazione tra chi non ne ha mai avuti '(63%) e chi li ha regolarmente (22%). Le posizioni intermedie sono quantitativamente più deboli (una sola volta: 3%; qualche rara volta: 10%).
    L'analisi della varianza mette in luce che i rapporti sessuali crescono col crescere del grado di urbanità. Sono invece meno diffusi nelle classi che esercitano un maggior controllo sulle figlie. L'uso dei mezzi contraccettivi non è elevato, anche se si nota un generale aumento della loro utilizzazione nelle figlie.
    Sintomatiche le opinioni a proposito dei rapporti prematrimoniali. Nella tavola che segue i dati riassuntivi vengono incrociati con quelli sulla pratica religiosa.

    1979-3-13 0002
    Emerge che tra le ragazze si diffonde una legittimazione dei rapporti prematrimoniali sconosciuta presso le madri, quella dell'«amore romantico». Solo il 16% è contraria ai rapporti prematrimoniali, mentre il 21% li ritiene leciti quando si ha l'intenzione di sposarsi e ben il 43% quando si sia in qualche modo innamorati. Il 19% assume invece un atteggiamento completamente libertario, che casualizza del tutto i rapporti sessuali.

    Figli sì, figli no

    La disposizione che prevale nelle ragazze verso la maternità, come si è detto, è l'ansia, fino alla angoscia. Determinante è la preoccupazione per l'educazione e l'avvenire dei figli. Mentre nelle madri la paura della maternità era di ordine soprattutto sanitario, nelle figlie è di matrice simbolica, in quanto avere un figlio mette in discussione tutta una serie di valori legati ad un certo modo di pensare la propria autorealizzazione.
    Il numero di figli che si desiderano non subisce grandi variazioni tra madri e figlie. Il 5% delle figlie non vorrebbe avere figli. Solo l'8% ne vorrebbe uno solo, mentre il 43% ritiene che il numero ottimale sia due. Oltre i tre la procreazione è di fatto indesiderata.
    L'aspetto religioso non sembra rientrare tra i fattori decisivi nel controllo o meno delle nascite. Già nelle madri si nota una certa disinvoltura nei confronti delle indicazioni religiose sul tema della maternità. Nelle figlie se ci sono dei conflitti non sono quasi mai di natura religiosa, ma più complessa, in relazione alla caduta del valore della maternità in una società urbana industrializzata. Dai conflitti sembra anche emergere una donna più consapevole che la sua più intima identità è frustrata dalla struttura sociale in cui vive e dai valori che essa esprime.

    L'aborto

    In generale, come per il divorzio, c'è un aumento di propensione all'aborto se si passa dalle madri alle figlie.

    1979-3-13 0003

    L'analisi della varianza pone in luce come l'atteggiamento restrittivo prevale in campagna (rispetto alla città), soprattutto nelle classi marginali e borghesi. L'atteggiamento libertario invece è tipico delle figlie di classe media dipendente, dove di fatto la identità femminile risulta più problematica.

    IL RUOLO DELLA RELIGIOSITÀ

    Il rapporto tra identità religiosa e atteggiamenti e comportamenti sessuali è già emerso a proposito del controllo delle nascite. I dati più significativi vengono tuttavia espressi a riguardo dell'adattamento fra ragazze e ragazzi e a riguardo dei rapporti prematrimoniali.
    Prima di presentare questi dati occorre descrivere sommariamente la religiosità del campione esaminato.
    Complessivamente il sentimento religioso cala o si eclissa del tutto in un 20% di ragazze rispetto alla generazione che l'ha preceduta.
    Un cambio che è verificato anche dalla evoluzione circa gli altri orientamenti di valore. L'essere abbastanza o molto cattolico cala, nell'insieme, dall'86% delle madri al 67% delle figlie.

    La soggettivizzazione nell'area religiosa

    Passando in rassegna gli atteggiamenti religiosi c'è subito da notare che diminuisce la fedeltà al magistero a favore di posizioni più marcatamente soggettivizzanti. L'atteggiamento di fedeltà al magistero diminuisce dal 22% delle madri al 10% delle figlie. L'opinione secondo cui è meglio in certi casi agire secondo coscienza aumenta invece dal 32% delle madri al 45% delle figlie. Il 12% delle figlie, contro il 4% delle madri, sostiene che in ogni caso è meglio regolarsi secondo la propria coscienza, senza tener conto di quanto dice il magistero.
    Indicativo è confrontare questi dati con quelli relativi all'interesse per la religiosità: mentre ben il 40% delle madri non credeva e non si interessava di religiosità, la quota delle figlie scende al 31%: «ci troviamo in presenza di due fenomeni contemporanei: da un lato vi è una crescita della soggettivizzazione degli atteggiamenti religiosi (nel senso che aumenta la disposizione ad anteporre le proprie opinioni al comune sentire della Chiesa) e dall'altra vi è un interesse maggiore delle figlie, rispetto alle madri, per i problemi religiosi come problemi rilevanti» (241).

    Scelta religiosa e rapporti ragazze/ragazzi

    Il modo con cui la scelta religiosa sembra influire nel comportamento lo si può osservare se si presta attenzione allo stile dei rapporti tra i due sessi.
    Secondo Donati e Cipolla dalla ricerca emergono quattro modi di relazione diversamente messi in atto dalle ragazze:
    – accettazione della dipendenza dal maschio (24%);
    – rapporto basato sulla contrattazione tra i due sessi (47%);
    – richiesta di reciprocità piena tra i due sessi (30%);
    – ribellione verso il mondo maschile (2%).
    In questo quadro la religiosità si impone come elemento discriminante. Nel senso che «fra chi è molto/abbastanza religioso prevale la ricerca di scambio nelle due forme della negoziazione e della ricerca della reciprocità piena; mentre per chi è poco o nulla religioso prevale l'atteggiamento di ribellione; la passività infine, è più elevata fra chi si sente poco o nulla religioso» (282).

    Modificazione della sfera simbolico-religiosa e rapporti prematrimoniali

    Il mondo religioso delle ragazze si differenzia in modo sensibile al suo interno dando luogo a una pluralità di modelli religiosi soggettivi. Questa pluralizzazione si fa evidente se, ad esempio, si incrociano i dati relativi alla religiosità con quelli già visti, relativi ai rapporti prematrimoniali.
    Se si dicotomizzano le due suddette dimensioni (fra chi crede e non crede da una parte e chi è favorevole o no ai rapporti prematrimoniali dall'altra) ci delineano quattro tipi di soggettività:
    – la subcultura cattolica romantica e libertaria (della credenza) risulta preminente (52%);
    – la subcultura cattolica tradizionale viene al secondo posto (38%);
    – la subcultura non cattolica romantica o libertaria risulta abbastanza scarsa (94%);
    – infine la subcultura restrittiva (tradizionale) non cattolica è del tutto assente (0,0%).
    Come si vede, il polo della innovazione, sia in campo cattolico che non, è quello che prevale rispetto a quello tradizionale restrittivo nei confronti dei rapporti prematrimoniali. La cultura tradizionale non religiosa è irrilevante presso le ragazze. Se si tenta un confronto con le madri si nota subito «una precisa "linea di slittamento" dei valori che va dalla posizione tradizionale e quella libertaria passando attraverso la fase romantica» (285). La fase romantica, quella cioè in cui ci si distacca dalle norme e dai valori che definiscono il mondo delle responsabilità sovrapersonali, per porre l'accento su quel complesso di sentimenti che legittimano l'agire se e nella misura in cui è espressione dell'io, è chiaramente in fase di espansione e guida il processo di dissolvimento del mondo tradizionale e dei suoi valori.

    CADUTA DEL MONDO SIMBOLICO PUBBLICO E RIFLUSSO IN UNA NUOVA INTIMITÀ

    Il processo di soggettivizzazione descritto sembra espressione di un processo di più vasto raggio, in cui entrano la crisi delle istituzioni civili e religiose, e che determina quella che Donati e Cipolla definiscono la caduta del mondo simbolico pubblico. Dove portano il processo di privatizzazione e soggettivizzazione?
    Dal confronto incrociato dei dati relativi "all'atteggiamento pro o contro il fidanzamento pubblico e al tipo di religiosità in cui ci si riconosce, i due autori deducono anzitutto un decrescere dal 65% delle madri al 42% delle figlie della sfera pubblico-religiosa. Al contrario c'è un aumento dal 20% delle madri al 26% delle figlie della sfera religiosa privatizzata e dal 5% al 21% della sfera secolarizzata-privatizzata. Estremamente significativo è il fatto che la sfera pubblico-secolarizzata resta praticamente costante (8% sia per le madri che per le figlie) e del tutto minoritaria. «In altri termini – commentano i due autori – la crisi dell'impegno pubblico-comunitario al matrimonio è crisi della sfera simbolico religiosa, e la diminuzione dell'affidamento all'ethos religioso non corrisponde tanto ad un trasferimento dal mondo pubblico-religioso a quello pubblico-secolarizzato, bensì ad una sostanziale privatizzazione della vita che lascia quantitativamente del tutto marginale il senso pubblico-secolare di porsi di fronte alla formazione della famiglia» (217-218).
    Il dato più sorprendente, secondo i due studiosi, è tuttavia l'emergere di una correlazione fortissima fra la crescita degli atteggiamenti (anzitutto religiosi) più soggettivizzanti e la caduta dell'attaccamento simbolico alla famiglia. L'uscita dal familismo, in cui la donna si trovava in posizione subordinata, non conduce ad un nuovo impegno pubblico e alla conquista di una nuova identità da parte della ragazza, ma a forme nuove, almeno sembra, di eterodirezione. Le contraddizioni a cui sono esposte nella società conducono le ragazze alla ricerca di una nuova intimità, affettiva, coscienziale e di valore etico, che viene per così dire accentuata dal soggettivizzarsi degli atteggiamenti verso il mondo simbolico religioso, e poi trasferita nel rapporto con il partner. Il circolo della dipendenza dal maschio torna cosi nuovamente a chiudersi?


    NOTA

    (1) Donati P. - Cipolla C., La donna nella terza Italia. Madri e figlie nel mantovano, Ave, Roma 1978.


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