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    Educazione come formazione della personalità del preadolescente


     

    PREADOLESCENTI

    Luciano Cian

    (NPG 1981-02-82)


    Lo psicologo Luciano Cian, che già conosciamo per i suoi diversi articoli pubblicati su questa rivista, presenta a tutti coloro che, secondo ruoli diversi, sono educatori dei preadolescenti, uno studio sulle linee operative per la formazione della personalità del preadolescente.
    Ogni uomo è fortemente interessato alla propria personalità e a quella degli altri. La rappresentazione di personalità è il tema principale della letteratura, dell'arte drammatica e delle arti figurative. Ma nonostante le discussioni dei filosofi sulla natura umana nel corso della storia, lo studio della personalità è stato trascurato dalla maggioranza degli psicologi fino a poco tempo fa. La formulazione e il rilievo conferito a questa esigenza nell'ambito del movimento rinnovatore della pedagogia, sono legati a condizioni storiche da ricercarsi nella «spersonalizzazione» della vita sempre più accentuata ad opera della meccanizzazione, della razionalizzazione e dell'organizzazione di massa. I progressi delle indagini intorno alla personalità compiuti dalla filosofia, diedero a questo movimento un forte appoggio. La pedagogia della personalità esige che l'allievo acquisti la sua personalità ad opera dell'antecedente ed esemplare vera personalità dell'educatore; ha dunque una tendenza metodica ed una tendenza teleologica, entrambe collegate l'una all'altra nella sostanza.
    All'inizio del movimento ebbe particolare rilievo la preoccupazione metodica di liberare la personalità dell'educatore dallo schematismo metodico e di conferirle una libertà maggiore. Con l'andare del tempo ebbe sempre maggior rilievo la personalità dell'allievo in divenire (e quindi la tendenza teleologica). Si esigeva il libero sviluppo della personalità del ragazzo, riferendosi alla sua particolarità individuale secondo il principio dell'autoattività.
    Tenendo conto dei progressi di questa scienza psicopedagogica L. Cian suggerisce all'educatore un impegno molteplice: proporre al ragazzo problemi adeguati, sollecitarlo a realizzarsi, aiutarlo nelle difficoltà, fornirgli i mezzi per accedere alla vita.


    Il processo educativo si differenzia in relazione agli stadi di sviluppo di cui i principali sono: l'infanzia, la fanciullezza e la preadolescenza-adolescenza. In ciascuno di essi maturano specifiche strutture e funzioni che rendono possibili determinati apprendimenti, l'adattamento all'ambiente e la sua trasformazione.
    Il compito dell'educatore è di proporre a ciascun soggetto - dopo averne conosciuto la costituzione psicofisica, affettiva di base e la situazione ambientale -problemi adeguati, sollecitandolo a realizzarsi secondo il suo proprio stile, aiutandolo a superare le difficoltà di qualsiasi natura si presentano, fornendogli non modelli da imitare ma mezzi per accedere alla «vita piena» aperta alla realtà comunitaria.
    L'educazione in altre parole aiuta la persona ad acquisire un modo di comportarsi espressivo, automotivato, libero da condizionamenti esterni nei limiti del possibile, adattivo e flessibile, cioè capace di inserimento sociale ed insieme creativo, cioè orientato verso l'innovazione.
    Il comportamento espressivo e creativo si fonda sulla libera disponibilità della persona e sui suoi elementi innovativi che tendono originariamente verso scopi futuri; quello adattivo si fonda sulla funzionalità della persona, cioè sulla sua adattabilità alle situazioni, sulla coordinazione delle sue attività, sulla correlazione dei suoi atti a quelli degli altri.
    Il compito dell'educazione personalistica consiste nel far acquisire un comportamento fondato sull'interazione io-ambiente-valori; in modo che l'espressione, la creatività, la libera disponibilità della persona operino nella funzionalità (adattamento) nel rispetto della propria originalità e dei valori scelti come base dell'innovazione. Ciò per evitare alcuni errori: l'asservimento all'ambiente, lo spontaneismo inconcludente, la realizzazione di sé individualistica e solitaria.
    Il punto di partenza dell'educazione è il bisogno di attuazione individuale e sociale della persona. I suoi mezzi sono costituiti dagli agenti della realtà naturale e socioculturale in cui l'individuo si sviluppa e dalle sue stesse attività, intese come instaurazione di modi di vita autonomi e responsabili. Il suo processo tende all'integrazione della personalità e alla sua interazione e comunicazione sociale. Le sue tappe - corrispondenti ai tre stadi di cui intendiamo occuparci: infanzia, fanciullezza, preadolescenza-adolescenza - sono caratterizzate da tre livelli essenziali della formazione:
    - la costruzione della personalità di base;
    - il consolidamento della personalità di base;
    - la realizzazione completa ed armonica della personalità aperta alla solidarietà e alla partecipazione.
    Vengono esaminati successivamente i fini da raggiungere perché sia possibile attingere la maturità e l'armonia dell'essere, evitando così l'immaturità e il disadattamento e le varie forme di devianza psichica, affettiva, sociale.
    Infine si suggeriscono le vie metodologiche più opportune, centrate sulla qualità del rapporto educativo e sulla relazione creatrice.

    I. EDUCAZIONE COME FORMAZIONE, CONSOLIDAMENTO E REALIZZAZIONE DELLA PERSONALITÀ DI BASE
    (momento analitico-descrittivo)

    1. La personalità di base

    La prima tappa si svolge dalla nascita ai sei anni circa (prima e seconda infanzia) essenzialmente nell'ambiente familiare. Il bambino, in questo periodo, forma la sua personalità di base, mediante un processo che lo porta all'identificazione del proprio «io» ed alla graduale socializzazione, prima nell'ambito della famiglia e successivamente nell'ambito della collettività scolastica (scuola materna).
    L'educazione di questa prima tappa si fonda sui seguenti principi: lo sviluppo della personalità di base si realizza pressoché completamente nel corso dei primi 5-6 anni di vita; in questo periodo il bambino acquisisce i tratti essenziali della sua personalità e plasma il suo carattere; in seguito egli ristruttura la personalità di base ampliando, perfezionando e, a volte, anche innovando ciò che ha acquisito nella prima e seconda infanzia.
    L'ereditarietà, in questo processo di formazione, è in correlazione con l'ambiente, per cui ha importanza non tanto il bagaglio psichico che un bambino possiede alla nascita, quanto piuttosto l'uso che ne fa in seguito alle stimolazioni ambientali. I genitori rappresentano, in questa prima fase la maggior parte dell'ambiente del bambino, per cui il loro atteggiamento aiuta lo sviluppo e pone i fondamenti della sua personalità ed anche il suo futuro atteggiamento verso la realtà.
    Il bambino va sempre considerato «persona» e come tale ha un suo valore originario ed irrepetibile. Il successo educativo in questa tappa è legato all'applicazione razionale dei principi suddetti e, soprattutto, all'attitudine degli educatori (in particolare dei genitori) a saper offrire il giusto amore (non l'amore possessivo o dominativo o votato al sacrificio di sé o avido di espressioni di tenerezza); a saper utilizzare un metodo razionale fondato sulla coerenza e costanza degli atteggiamenti (i cambiamenti improvvisi di umore o di impegni richiesti al bambino generano ansietà e confusione interiore), sull'equilibrio che evita ogni forma di esagerazione (l'eccessiva severità o l'eccessiva indulgenza, l'eccessiva eccitazione o l'eccesso di tranquillità, l'eccesso o la mancanza di stimoli educativi, l'iperprotezionismo o la svalutazione e la debole stima, la preservazione da ogni sforzo e difficoltà o l'eccesso di sforzi inutili...).

    2. Il consolidamento della personalità di base

    La seconda tappa costituisce un periodo di relativa stabilità e di facile adattamento. «Essa non conosce, osserva il Debesse, crisi profonde della personalità ed i progressi sono regolari. Si può definirla mediante certi caratteri tra loro solidali: l'età della ragione, l'età del sapere e della curiosità, l'età sociale e l'età attiva». La personalità di base si consolida e si arricchisce di una nuova struttura mentale, trasformando il sincretismo percettivo in pensiero preformale e formale (astratto); di una nuova struttura morale, trasformando progressivamente la morale imitativa in morale interiorizzata, di una nuova struttura sociale, passando dal clan familiare al gruppo sociale. Questo periodo quindi non è di stasi ma di evoluzione continua e costituisce, forse, il fondamento della costituzione della personalità morale ed intellettuale dell'adulto.
    L'azione educativa della famiglia, a partire da questa fase, viene integrata, allargata, potenziata dall'azione educativa della scuola elementare. Lo scopo dell'educazione, in questo stadio, è di aiutare il fanciullo a formarsi un giusto concetto di sé che equilibri l'intelligenza con il carattere, l'indipendenza con la dipendenza, l'autonomia con la rispondenza sociale e la responsabilità.
    La metodologia educativa non si diversifica sostanzialmente da quella dell'età precedente. Il fanciullo, come il bambino, ha bisogno di una base di sicurezza e di protezione che favorisca l'accettazione del principio della realtà, l'identificazione secondaria con il maestro, l'inserzione nel gruppo scolastico.
    L'azione degli educatori pertanto, intelligente e ricca di comprensione, deve fondarsi sul fatto che i fanciulli, in questa fase, sono ancora rivolti intensamente all'aspetto pratico e concreto della vita, per cui il loro comportamento è collegato a quello degli adulti.

    3. La realizzazione della personalità

    La terza tappa è quella della realizzazione completa ed armonica della personalità, che si svolge nel periodo della preadolescenza (11-13 anni) e dell'adolescenza, cioè nel periodo fra la pubertà (maturazione della capacità sessuale-riproduttiva e generativa) e la giovinezza nella quale l'individuo può affrontare meglio la vita in tutti i suoi aspetti: emotivi, sociali, economici, giuridici, progettuali e vocazionali. In questa fase l'individuo struttura, in modo quasi definitivo, la sua personalità acquisendo le caratteristiche tipiche dell'adulto. L'adolescente modifica la struttura somatica sotto l'influsso della maturazione sessuale, assume il proprio ruolo sessuale maschile o femminile, afferma progressivamente se stesso, sviluppa la capacità di pensiero astratto e contemporaneamente affina in forma sempre meglio differenziata la capacità di pensiero operativo e l'uso della immaginazione, accentua lo sviluppo affettivo e sociale, conquista i giudizi di valore, si apre al futuro e alla produttività, all'appassionata dedizione ad un compito.
    Il compito degli educatori è di costituire una specie di punto di appoggio per la personalità degli educandi in via di realizzazione, mettendo l'esperienza della propria vita e del proprio lavoro a loro disposizione.
    L'atteggiamento deve essere caratterizzato dal rispetto per la personalità del preadolescente, dalla calma di fronte alle manifestazioni del suo comportamento, dalla comprensione per ciò che è ed aspira ad essere, dalla disponibilità, cioè dalla presenza attiva e dall'amicizia, dall'interesse per i suoi bisogni.
    Gli obiettivi educativi più importanti sono quelli relativi al superamento della crisi puberale, all'acquisizione di un giusto concetto di sé, il più possibile definito, differenziato e realistico; all'assunzione di un quadro di valori e di un sistema etico-sociale come guida del comportamento; alla sollecitazione di motivazioni profonde, attraverso l'educazione alla responsabilità individuale e sociale; alla scoperta della propria vocazione professionale, saggiando realisticamente le proprie capacità autentiche.
    Famiglia e scuola dovrebbero in ogni età, ma soprattutto ora, costituire due poli della stessa struttura educativa. Ciò implica collaborazione strettissima ed integrazione attiva.

    II LA MATURITÀ UMANA E L'ARMONIA DELL'ESSERE PER SUPERARE LA IMMATURITÀ E IL DISADATTAMENTO
    (momento sintetico o dei fini)

    Il compito generale dell'educazione è questo: condurre l'educando verso la maturità e l'armonia del suo essere perché diventi quello che è chiamato ad essere. Si tratta di prendere coscienza che l'essere ha bisogno di crescere attraverso l'esaudimento dei suoi bisogni profondi (essere se stessi, essere di più, proteggersi, rifarsi), attraverso la corretta coesistenza del principio del piacere con quello della realtà e del valore.
    Molti elementi sociali rallentano o bloccano la espansione della vita: il risucchio della periferia delle cose, la continua tensione, l'unilateralità del pensiero, la perdita degli strati profondi nelle relazioni, le istanze dell'«avere» più forti dei bisogni dell'«essere», il radicalismo delle ideologie e lo storicismo dei valori.
    La maturità umana è l'obiettivo di un cammino educativo riuscito. Si può definire come «la condizione di una persona che ha superato la rassicurante dipendenza infantile dalle figure parentali, che vive il sentimento gradevole di appartenenza al gruppo familiare, scolastico, sociale senza dipendenza. È capace perciò di investire le proprie energie nella realtà accettando la solitudine dell'essere se stessa ed instaurando rapporti interpersonali su un piano di parità affettiva ed effettiva. La maturità oggettiva richiede una conveniente maturazione degli organi e del sistema nervoso, un'armonica integrazione della «libido» (= termine adottato da Freud per intendere l'energia sessuale) con l'aggressività (= scarica nervosa più o meno violenta diretta a cose o persone), il controllo dell'ansia esistenziale (= ansia derivante dalle paure, perturbazioni, difficoltà, perdita anche momentanea di significato, smarrimento dell'identità o confusione di essa), un «io autonomo» e insieme « dipendente» da valori che fondano le scelte libere, la creatività, il dono di sé.
    L'educatore deve collocarsi con una comprensione profonda dentro l'età del figlio o dell'alunno, capire ciò che sta vivendo per non sovrapporre pesi indebiti o eludere le richieste anche impegnative che un determinato stadio della vita pone. Si tratta di entrare nella logica della «pedagogia della liberazione» che ha come termine ultimo l'armonia dell'essere, cioè dell'inconscio, del super-io, dell'io (in una visione psicanalitica della realtà interiore) oppure della zona della sensibilità, dell'io, della vita profonda e della corporeità o anche degli assi dello sviluppo psichico, affettivo, spirituale, fisico (in una visione psicologica «umanista»).
    Se questo è l'obiettivo globale di educazione, quali possono essere gli obiettivi intermedi e parziali da raggiungere?
    Studi particolari e la nostra esperienza ne hanno rintracciati una decina che elenchiamo per poi lasciarli alla discussione.

    1. La capacità di amare in modo solidale, oblativo e gratuito
    Esistono molti tipi di amore; non sempre la persona amata rivela subito il volto segreto del suo essere; l'amore implica una crescita dell'amore-tenerezza, il superamento delle «fissazioni affettive» e delle fluttuazioni tra amore geloso e possessivo ed amore solidale-oblativo.

    2. La capacità di empatia come accoglienza e condivisione
    La comprensione profonda della persona implica un decentramento dell'io che supera egocentrismo, pregiudizi, schemi e ideologie per capire l'altro come è. Questo atteggiamento è educabile; si impara nell'amicizia, nelle relazioni uomo-donna, nelle relazioni educative. E un dinamismo che porta all'accoglienza e alla condivisione.

    3. L'autonomia personale come espressione di vicinanza e libertà
    L'autonomia è la meta di un processo lento e faticoso che conduce verso il buon rapporto tra vicinanza e libertà con le persone, anche le più vicine, all'interdipendenza; trasforma l'autorità dogmatica in autorità autorevole, in servizio promozionale della persona.

    4. Il sufficiente controllo della vita emotiva
    Una corretta impostazione pedagogica porta ad accogliere la sensibilità, ad educare il sentimento e a canalizzare le sue espressioni che danno al comportamento un aspetto psicofisico gradevole se poste al servizio della vita profonda e di relazioni interpersonali mature. La vita emotiva è un dono ed un impegno.

    5. La sessualità integrata nel progetto di vita guidato dall'amore
    La vita umana è permeata di sessualità ma il contenuto di essa supera la semplice genitalità e l'eroticismo per attingere l'affettività e l'amore nel suo insieme. Essa deve essere accolta, conosciuta, spiegata nei limiti in cui è possibile spiegare qualcosa che è vitale. Può essere deformata ed occorre prevenire le deviazioni; occorre integrarla come forza positiva dell'amore nel progetto di vita coniugale preceduto dall'esperienza dell'innamoramento, del fidanzamento e seguire dall'impegno di fedeltà, devozione, apertura, fecondità.

    6. L'accettazione di sé attraverso una normale immagine di se stessi
    L'immagine di sé o concetto di sé, che si forma a poco a poco, è radicata nel bisogno di essere stimati. Può diventare «negativa» (il soggettivo vede solo i suoi limiti) o «aureolata» (il soggetto coglie solo i suoi pregi). Deve diventare normale (la percezione che ogni persona ha dei pregi e dei limiti). Occorre contestare alcuni aspetti educativi e formativi oggi in uso che deformano all'origine la immagine di sé.

    7. Un adeguato senso della realtà personale, sociale, trascendente
    L'educazione deve aiutare la persona a conoscersi veramente, a conoscere le proprie ricchezze d'essere, che sono la roccia della sua vita. E poi guidare alla cono-
    scenza della cose, della realtà oggettiva, della realtà trascendente cioè di quell'«al-di-là-di-sé» che chiama l'essere verso un'espansione infinita. Bloccare il senso della realtà in una delle tre direzioni è impoverire tutta la persona ed atrofizzarne alcuni aspetti che non giungeranno mai alla soglia della loro umanizzazione.

    8. Assenza di paure, dubbi, ansietà almeno in forma notevole
    La paura, il dubbio, l'ansia fanno parte dell'esistenza; ma oltre una certa soglia diventano elementi patologici. L'educazione alla fortezza, alla fiducia e all'amore, alla fede è importante per vincere la paura ed esserne dominatori.

    9. Saper prescindere dalle mete immediate ed avere una visione progettuale di se stessi
    L'io personale impulsivo dà energia alla totalità dell'essere per diventare propulsivo e progettuale; ma soltanto quando la persona ha scelto alcuni valori e un luogo professionale o scolastico o vocazionale per il quale giocare la propria vita. Un clima non difensivo apre al senso e al gusto dei valori; l'educazione al senso dell'attesa apre verso il futuro; l'educazione del desiderio dispone all'esperienza profonda dell'amore come dono di sé ad un altro come «tu» personale. Educare al senso della storia, educare alla riappropriazione del tempo e di quello libero in particolare, al senso della festa: sono obiettivi ulteriori per impedire la caduta della speranza, lo scetticismo e l'abbandono dell'impegno, la fuga.

    10. Vivere la vita con gioia, dando un senso anche alle frustrazioni
    Dare un senso a «tutta» la propria vita: alla parte creativa e festiva, a quella banale e «feriale», a quella dolorosa. Il senso dell'umorismo, il senso dell'esistere per qualcosa, la serietà del dovere e il senso della festa: sono elementi che vanno d'accordo con la vita anche la più seriamente giocata per qualche ideale difficile da raggiungere.
    Il disadattamento» e «l'immaturità» sono le conseguenze di una impostazione educativa non corretta, cioè non adeguata alla persona che evolve e non adeguata all'ambiente in cui deve vivere.
    Disadattamento. una condizione più o meno incompatibile con la vita sociale, difficoltà di inserimento nell'ambiente fino ai livelli massimi che richiedono provvediemnti di custodia, limitazioni della libertà personale.
    Immaturità. È una situazione di subpersonalizzazione, di scarsa integrazione dei tratti della personalità per cui il comportamento nell'età in cui il soggetto si trova non si adegua all'età cronologica e nell'età adulta conserva caratteri infantili e giovanili. L'immaturità può accordarsi con lo sviluppo regolare in alcuni aspetti (per es. quello mentale) e carente in altri; però dal momento che interferiscono l'efficienza viene turbata o sul versante psichico o su quello affettivo o spirituale o fisico.
    La condotta deviante. il comportamento che si allontana dai modelli tipici che sono accettati da un gruppo socioculturale (per es.: vagabondaggio, prostituzione, attività delinquenziali). La deviazione è sempre in rapporto ad una norma. Occorre fare attenzione al concetto di «normalità» che è allettante ma che può indurre delle confusioni molto serie; è meglio essere cauti in questo campo e avere dei parametri empirico-culturali che tengono conto di limiti piuttosto ampi. Molte nevrosi sono la conseguenza di livelli di «normalità» assai ristretti entro i quali le persone sono obbligate ad entrarvi pena la privazione di affetto, i sensi di colpa, l'aggressività nei loro confronti, l'emarginazione, l'abbandono affettivo, l'inferiorizzazione, il blocco dell'io e lo schiacciamento delle energie affettive, il rafforzamento del super-io...
    Nonostante questo dobbiamo avere presente la realtà come grossomodo si presenta e gli obiettivi educativi che occorre porsi in una visione globale della formazione che implica la contemporaneità di piste vitali da percorrere e di valori da ricercare: la persona, la comunità, la cultura, il lavoro...

    III. LA TEORIA DEI TRE STADI E LE RELAZIONI INTERPERSONALI: DISTRUTTIVA, TERAPEUTICO-PEDAGOGICA, CREATRICE
    (momento metodologico-strategico)

    È possibile che una persona che ha goduto di molti aiuti per crescere matura ed armonica, si trovi di fatto in uno dei tre seguenti stadi (da considerare non cronologicamente ma come situazione interiore, quindi possibile in ogni età):
    - stadio «bambino»: è uno stadio di dipendenza; di infantilismo, di ricerca di protezione; di ricatto affettivo;
    - stadio «adulto»: ha come specifico la dialettica dialogante, l'autonomia nelle decisioni, l'indipendenza economica, intellettuale, geografica, affettiva, sociale, sessuale...;
    - stadio «vecchio»: corrisponde alla fissazione sul passato, alla rigidità, alla ripetizione di qualcosa che è altrove, di ieri.
    Le relazioni possibili sono queste: distruttiva, terapeutica e pedagogica, creatrice. La relazione distruttiva: «Bambino-Bambino», «Vecchio-Bambino», «Vecchio-Vecchio». Le caratterizzazioni sono: l'infantilismo, la dialettica di potere, la rigidità mentale secondo i casi.
    La relazione terapeutica e pedagogica: «Adulto-Bambino», «Adulto-Vecchio». La prima è tipicamente pedagogica, la seconda curativa di carenze. Sono caratterizzate comunque dal dialogo, da una grande capacità di ascolto empatico, di accoglienza e condivisione.
    La relazione creatrice: è caratteristica di «Adulto-Adulto». Si tenga presente che «adulto» può essere anche un bambino o un preadolescente o un giovane o anche un anziano se sta maturando in modo omogeneo rispetto alla sua età. La relazione creatrice è la relazione tra due personalità non perfette ma integrate, unificate ed armoniche. Essa richiede una certa sicurezza ontologica e psicologica nei due partners; occorre che vivano l'unicità, cioè il rispetto per l'autonomia dell'altro che ha il suo passato, le sue scelte, i suoi talenti; la fede nelle possibilità di cambiamento per cui domani potrebbe essere non uguale a oggi essendo in divenire continuo; deve accettare che l'altro prenda la sua direzione nella vita anche se questa lo allontana da sé. La relazione creatrice genera sempre due coscienze, due libertà, due autonomie che dialogano e interagiscono con molta attenzione reciproca, con comunicazione profonda, con rispetto dell'identità, con espressioni mature di amore che non tollerano il possesso e la gelosia.
    La qualità della relazione creatrice si misura in qualche modo dalla qualità della relazione con se stessi.


    T e r z a
    p a g i n A


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