Mario Comoglio
(NPG 1983-08-37)
Contenuti da comunicare, atteggiamenti a cui educare, stimoli che si intendono utilizzare non sono separabili nell'azione educativa concreta, ma devono formare un tutto coerente. Se si vuole dare una competenza comunicativa non sarà certo una buona azione quella che non dà mai al soggetto interessato la possibilità di esprimersi e di parlare, come non si può apprendere una lingua non esercitandosi mai. Così non si può pensare che si possano acquisire degli atteggiamenti solo con l'offerta di contenuti cognitivi.
Per l'azione educativa si richiede che con la ricerca di conoscenze significative si mettano insieme obbiettivi e strumenti adatti. Per quanto ci riguarda, ritengo che gli obbiettivi delineati nella parte precedente, (le prospettive) richiedano anche un'attenzione particolare alla scelta di condizioni e strumenti adatti al conseguimento delle finalità. Per l'azione sarà quindi necessario:
- Ricordarsi di rimanere nell'esperienza vissuta e stimolare la crescita e maturazione a partire e sfruttando le possibilità date e offerte dai giovani stessi.
- Saper individuare strumenti che integrino esigenze individuali e di gruppo, soggettività e oggettività.
- Coinvolgere attivamente i giovani come responsabili della loro crescita e maturazione non solo nell'interesse ma anche con comportamenti adeguati alle mete e finalità che si vogliono raggiungere.
Rimanere nell'esperienza vissuta
L'esperienza amorosa come «stato nascente» è un fatto dai giovani vissuto e sentito profondamente, ma caotico, indecifrabile, indefinito in tanti suoi elementi e assolutamente imprevedibile nei suoi sviluppi. Al contrario può succedere che un educatore, senza volerlo, si metta accanto ai giovani come «uno che sa come vanno a finire le cose», oppure sia immediatamente preoccupato di un quadro morale di comportamento o, percependo la parzialità e frammentarietà del vissuto del giovane, in nome di una maturità più avanzata, cerchi di intervenire immediatamente «svelando il mistero» che i giovani stanno vivendo.
Ma c'è da chiedersi: possono essi essere in grado di comprendere veramente quello che può venir loro detto prima del tempo? Hanno già tutte le possibilità di trasferirsi dalla fase iniziale alla fase più avanzata di sviluppo? Come facciamo o possiamo sapere tutte le complesse variabili che intervengono nella situazione del vissuto concreto dei giovani? Tuttavia è pure evidente che davanti a queste difficoltà l'educatore non deve fermarsi disarmato.
Ma che fare?
Innanzi tutto, perché l'intervento dell'educatore non rimanga vuoto, distante dalle possibilità reali del giovane, è necessario che si rimanga nella tematica esperienziale. Non si risolve e non si cresce in questa esperienza proponendo qualcosa di distraente come l'impegno o la preghiera o chiedendo di attendere che arrivi il tempo opportuno.
Concretamente l'indicazione va trovata nella prospettiva di far camminare e crescere il giovane a partire dalle condizioni in cui si trova preoccupandosi della sua crescita globale più che della moralità di un singolo comportamento.
Per provocare una crescita si possono utilizzare molti strumenti, ma non tutti hanno la stessa efficacia. Noi crediamo che uno strumento interessante sia un intervento educativo capace di destrutturare o di modificare concezioni, ideali, progetti, atteggiamenti parziali o inadeguati per aprire ad una esperien-
za più matura e integrale. Una tecnica efficace se usata adeguatamente è quella di creare una «dissonanza cognitiva» tra il vissuto e la realtà.
Nel sussidio a cui si è più volte accennato cerco di ottenere questo attraverso una scheda di riflessione su un argomento da confrontare con il proprio partner o con il gruppo. Ma ciò può anche essere ottenuto in altri modi sia attraverso il colloquio individuale, sia nel rapporto con il gruppo qualora ci sia.
Tale stimolo quando è ben adeguato alle possibilità di chi subisce la dissonanza cognitiva può promuovere dall'interno del giovane stesso un ripensamento e un mutamento del proprio modo di pensare, agire o progettare la propria vita ed esperienza.
Mediare individualità e gruppo, soggettività e oggettività
L'esperienza di innamoramento o di coppia è quasi sempre vissuto come un'esperienza estremamente individuale e privata e da un'altra parte come soggettiva.
Quando nel gruppo, sia ecclesiale che di amici, ci si innamora, spesso il gruppo subisce una crisi di coesione o di impegno o di partecipazione. Spesso i giovani rifiutano consigli di estranei o norme esterne che vogliono indicare loro come comportarsi.
D'altra parte rimane l'esigenza che un patrimonio di esperienza e di saggezza storica, culturale e scientifica non vada persa e la storia non cominci sempre daccapo.
Che fare?
È importante che il giovane non viva da solo quest'esperienza. Gli altri, il gruppo non devono essere solo un contorno per vivere tempi che non si sanno come occupare altrimenti e rimanere una variabile marginale all'innamoramento.
Il gruppo deve essere un'occasione per la comunicazione di reciproche esperienze e conoscenze e un'occasione per vivere in modo più significativo senza il bisogno di doversi allontanare dagli altri per crescere nell'amore. Nel sussidio «Scoprire l'amore» oltre alla ricerca individuale propongo sempre il confronto con il gruppo perché l'esperienza d'amore non diventi un progettare la propria vita futura nel privato.
Così oltre a questo si offrono la lettura di testi brevi presi dalla letteratura che possono essere una prima apertura con la cultura e la riflessione di persone che non appartengono al proprio gruppo, ma che esprimono qualcosa di significativo. In più un testo con contributi scientifici (da cui sono tratti anche alcune pagine del presente dossier) forniscono, attraverso la mediazione dell'animatore, la possibilità che tale esperienza, cresciuta attraverso la riflessione, il dialogo e brevi letture, si incontri con un discorso più scientifico, ordinato e coerente.
Coinvolgere attivamente i giovani
Tutti riconoscono l'esperienza di innamoramento come un'esperienza travolgente e sconvolgente. Trovare i giovani interessati a questo non è difficile.
Più problematico è invece riuscire a coinvolgerli in un'attività di maturazione in cui loro siano protagonisti.
Molte esperienze dimostrano che ciò non sembra essere ottenibile se non a livelli molto limitati, attraverso metodi come la conferenza o la presenza di un esperto. La sua estraneità al gruppo o il suo linguaggio specialistico possono lasciare indifferenti o scarsamente interessati i giovani. L'esperto come estraneo non conoscendo direttamente i giovani difficilmente riesce ad adeguarsi ai problemi e alle domande che essi possono avere. Inoltre, essendo la sua presenza limitata nel tempo, i giovani non riescono ad avere con lui quell'apertura necessaria per una crescita progressiva.
Per questi motivi, Scoprire l'amore, ha fatto una scelta: non cominciare immediatamente dalla determinazione degli argomenti, né dalla scelta del relatore, né dal metodo della conferenza-discussione.
Il sussidio propone invece stimoli che possono interessare immediatamente i giovani, e che dai giovani stessi possono essere direttamente affrontati. Altri sono lasciati al gruppo o all'intervento dell'animatore. Solo quando tutte queste risorse e ricchezze disponibili sono state sfruttate, si suggerisce il ricorso ad un esperto-estraneo. A questo punto non solo la sua presenza diventa plausibile, ma anche desiderata e richiesta.