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    Genitori e figli a «scuola» insieme


     

    Lydia Amati - Gau Vinetti

    (NPG 1984 - 09-27)

    L'articolo prende in considerazione un'altra iniziativa possibile nell'anno dei giovani: la «scuola genitori/figli», cioè momenti di incontro e dialogo tra il mondo degli adulti ed il mondo dei giovani.
    Il primo contributo di Lydia Amati presenta in sintesi una serie di esperienze realizzate nella zona di Rimini dalla Commissione Educazione del Consiglio pastorale diocesano.
    Il secondo contributo arriva da Brescia e suggerisce come organizzare una tre sere di questa scuola genitori/figli, che esca dalle classiche serate/ conferenza, dove non si interagisce tra persone, non si dialoga, non si partecipa e quindi non ci si arricchisce reciprocamente.
    Rispetto alle tecniche di comunicazione e lavoro suggerite da Gau Vinetti, segnaliamo come fonti di riferimento alcuni numeri della rivista o il volume B. Grom, Metodi per l'insegnamento... (LDC 1981).

    UNA SCUOLA IN CUI TUTTI SONO INSEGNANTI E ALLIEVI

    Nel riferire la nostra esperienza di «scuola genitori/figli» a Rimini e nelle città e paesi vicini, ci permettiamo di richiamarci ad alcuni passi della tavola rotonda riportata su Note di pastorale giovanile nel mese di aprile.
    Ci sembra che alcune affermazioni rappresentino bene quel che noi ci siamo proposti in questi anni.
    Diceva De Rita, suggerendo alcune «piste di lavoro» per l'anno dei giovani: la prima pista è «trovare spazi e modalità espressive adeguate perché gli adulti si sentano provocati ad interrogarsi sul peso della memoria: cosa gli adulti si portano dentro e cosa intendono comunicare alle nuove generazioni? Quasi delle confessioni pubbliche ad alta voce da parte degli adulti».
    In secondo luogo, lo stesso De Rita insisteva sulla «creazione di occasioni in cui giovani e adulti possano incontrarsi. Non un incontro tra adulti e bambini, ma tra adulti e giovani e tra gli stessi giovani e gli adolescenti».

    La nostra esperienza

    Quel che abbiamo cercato in questi anni è proprio questo: creare momenti di incontro, dialogo, confronto, ricerca a cui partecipassero adulti e giovani, genitori e figli. Con una scelta: che ogni volta fosse presente un «esperto» (un altro adulto, dunque) che introducesse i lavori con una sua relazione e provasse a tirare alcune conclusioni sul dibattito emerso.
    Vediamo più da vicino cosa abbiamo inteso per «scuola genitori/figli».
    La «scuola genitori/figli», attraverso una serie di incontri programmati, con la presenza di almeno due animatori, si rivolge nello stesso tempo ai genitori e ai figli (adolescenti e giovani), in un momento particolarmente difficile della vita di entrambi, quando l'adulto sente messa in discussione la propria identità e con senso di disagio si vede sottoposto a verifica, nel confronto con il figlio che» cresce, che aspira a 'raggiungere un proprio riconoscimento affettivo e sociale.
    La «scuola» organizzata a volte a livello parrocchiale, altre a livello cittadino o zonale si svolge di solito dopo cena e differisce nettamente dal clima della conferenza, perché si pone come un ambito più vivo e più partecipato, in cui, accanto all'intervento dell'esperto e dell'animatore sia il genitore sia il figlio, incontrandosi in un clima semplice e provocante allo stesso tempo, ciascuno secondo il proprio ruolo ed il proprio intervento specifico, costruiscono insieme l'incontro, «fanno la scuola».
    Si vuole quindi rifuggire dal clima di ascolto passivo tipico della conferenza, tenuta da un relatore-esperto, per aiutare genitori e figli a parlare, a dialogare, a confrontarsi, non per imporre le proprie idee, ma perché ci sia uno scambio di valori culturali.

    Obiettivi

    Gli obiettivi della «scuola» si sono venuti a precisare man mano che siamo andati avanti nella nostra esperienza, ormai pluriennale.
    Quelli attuali ci sembra possibile sintetizzarli come segue.
    - Favorire il dialogo, affinchè la famiglia sia veramente luogo di comunione, nel rispetto reciproco, nella ricerca continua della verità. Poichè viviamo nella provvisorietà di un mondo che cambia rapidamente, è necessario «ricercare» insieme come genitori e con i giovani che riconosciamo portatori di novità.
    - Aiutare i genitori a mettersi in discussione, a recuperare le motivazioni del loro agire, i valori sottesi ai loro comportamenti.
    - Aiutare i giovani a uscire dal loro individualismo che li porta a vivere in funzione di se stessi, nella ricerca della propria realizzazione, convinti come sono che quel che conta è il raggiungimento del massimo di soddisfazione personale in tutto ciò che fanno. Nello stesso tempo favorire in loro il superamento del massimalismo, che spesso si identifica con la logica del gruppo. Questo massimalismo infatti conduce a credere che ciò che conta è essere inseriti, fare parte e non trovarsi fuori dal giro, anche se non si hanno idee proprie o vengono cambiate troppo rapidamente.
    - Ripensare il modello attuale di famiglia, sottolineando l'esigenza di una famiglia aperta sulla realtà del territorio, della parrocchia, e consapevole che la strada della libertà è quella della testimonianza e del servizio attraverso i quali essa si arricchisce e cresce.
    - Creare una sensibilità per questi problemi, creare una tradizione, far diventare una prassi il fatto che dei genitori si incontrino, si confrontino tra loro e con i figli.

    Note organizzative

    Ci permettiamo alcuni suggerimenti sul piano tecnico operativo, utili per coloro che intendessero ripetere l'esperienza.
    - Non dare l'impressione di avere un discorso prefabbricato (tipo conferenza) o la ricetta già pronta (non è possibile avere un eliche che vada bene per tutti).
    - Nel fare il programma, partire dalla letteratura della situazione, individuando le tematiche sottese alle domande dei giovani e degli stessi adulti.
    Proprio per questo vanno poste in elenco non solo le domande dei figli ma anche quelle dei genitori. Entrambi devono ovviamente essere aiutati a sentire il bisogno di «scambiare» e «comunicare» tra generazioni. Senza questa disponibilità comunicativa la scuola non ha senso.
    - Ci sembra importante che venga precisato il gestore ufficiale della iniziativa. Nelle nostre iniziative la «scuola» è portata avanti da animatori provenienti dal centro di pastorale giovanile diocesano e da alcuni animatori della comunità parrocchiale nella quale la scuola si svolge. Mentre gli animatori parrocchiali tengono i rapporti con la parrocchia, gli animatori diocesani si considerano, nello svolgere il loro servizio, espressione di una equipe diocesana che noi abbiamo denominato «Commissione Educazione».
    - Lo stile degli incontri. Ogni incontro si apre con un intervento aperto che enuclea alcuni problemi in maniera abbastanza organica.
    Senza questa introduzione ci sembra che il dialogo successivo sia povero o rischi di incanalarsi in discorsi stereotipi.
    Finita la relazione si lavora a piccoli gruppi a cui partecipano genitori e figli, e poi ci si ritrova in assemblea. Segue discussione e tesi da parte degli animatori e del relatore di turno.
    Lo stile degli incontri è segnato dall'ambiente in cui si svolgono.
    A volte può essere la stessa chiesa parrocchiale, altre volte è un teatro. Se è possibile cerchiamo di trovare un grande salone pubblico (ad es. presso le sedi di quartiere) dove sia possibile il movimento, il lavoro a gruppi, la partecipazione di tutta la gente del quartiere o città.
    - Periodicità. Se la «scuola» si svolge all'interno di una parrocchia gli incontri possono essere mensili, ma con periodicità fissa (ad es. il primo lunedì del mese), in modo che si crei una tradizione e le famiglie apprendano ad organizzare il loro tempo ritagliando lo spazio anche per la scuola, che di solito si svolge dopo cena. Se la scuola è cittadina o interparrocchiale, l'esperienza ci dice che dopo un certo numero di incontri la partecipazione si allenta. Ci sembra utile consigliare dei «cicli» di due-tre incontri con periodicità ravvicinata (anche un incontro alla settimana).
    - La convocazione. Non è così facile, soprattutto agli inizi, convincere genitori e figli ad incontrarsi. Molta attenzione va dunque prestata alla pubblicizzazione delle iniziative. Si può far ricorso a manifesti cittadini, locandine, volantini litografati distribuiti in chiesa, contatto con i vari gruppi parrocchiali e cittadini, presentazione della iniziativa nelle scuole di ispirazione cattolica. Si rivela pure utile il ricorso alle radio cittadine e ai vari giornali locali.

    Tematiche affrontate

    Come abbiamo detto, la scelta dei temi va fatta a partire da una analisi della situazione locale.
    Tanto per stimolare la fantasia indichiamo alcuni dei temi che abbiamo svolto in questi anni, magari in ambiti diversi. L'elenco dei temi ci permette anche di evidenziare «dove» andiamo a finire nella scelta di fondo: attivare un dialogo sul piano educativo, con grossa attenzione al discorso culturale, alla ricerca di nuovi modelli di vita.
    Come si vede i temi non sono quasi mai di taglio tipicamente religioso.
    Ecco allora una scaletta dei titoli:
    - L'impegno educativo della famiglia nei confronti dei figli che crescono.
    - Genitori e figli: libertà o autorità?
    - Il dialogo: che cosa è, come ci si arriva.
    - Genitori e figli responsabili insieme della vita della famiglia.
    - Genitori e figli di fronte all'uso del denaro.
    - Corporeità, affettività, sessualità.
    - La famiglia come luogo di educazione alla affettività e alla sessualità.
    - Famiglia e parrocchia come luoghi di esperienza cristiana.

    Non mancano le difficoltà

    Non ci vuole molto a capire le difficoltà che si sono incontrate.
    Del resto sapevamo di doverle mettere in conto.
    Ne ricordiamo due.
    - Capita che la rispondenza sia limitata... Probabilmente non si è riusciti, in certi casi almeno, a mettere a fuoco i veri problemi attorno a cui si dibatte la vita familiare. Altre volte si nota una certa autosufficienza dei gruppi ecclesiali già organizzati. Nonostante questo riteniamo più che utile l'esperienza vissuta in questi anni.
    Probabilmente occorre maggior lavoro previo, una comunicazione ed un invito a partecipare a livello più capillare.
    - Fa anche problema il passaggio dal mondo della «scuola» alla sua realizzazione nei gesti di vita quoditiana, che rinnovino non solo le famiglie ma anche la comunità parrocchiale. Su questo veramente ci sembra che abbiamo ancora molto lavoro da svolgere.

    TRE SERE DI DIALOGO TRA GIOVANI E LORO GENITORI

    Caratteristiche generali delle tre sere

    Durata
    - da 1,30 ore a 2 ore per sera;
    - le sere possibilmente consecutive.

    Metodologia
    - un primo momento di conoscenza e interazione corporea (durata massima di 30 minuti);
    - lavori di gruppo (adulti e giovani divisi o insieme);
    - relazioni;
    - assemblea;
    - momenti di accoglienza prima e dopo l'incontro «ufficiale».

    Luogo
    - una sala grande in cui potersi riunire tutti (grande da poter mettere le persone in circolo e favorire la comunicazione);
    - stanze di lavori per accogliere un gruppo di 10-15 persone.

    Numero persone
    Da 30 a 60 persone (giovani e genitori).

    Osservazioni
    - È necessaria la presenza di una persona che tenga il filo del discorso delle tre sere. Il moderatore dovrebbe essere al di fuori delle dinamiche «affettive».
    - Nel corso dei tre incontri bisogna favorire la massima libertà di espressione sia dei figli che dei genitori.
    A questo scopo è utile lasciare lavori di gruppo di soli figli e di soli genitori, alternati a lavori di gruppo misti o ad assemblee.
    In alcuni casi i genitori non «scendono» a discutere coi figli, in altri sono troppo invadenti; come pure talora i figli razionalizzano e verbalizzano esageratamente senza confrontarsi coi genitori.
    - L'invito, che in genere parte dai figli che fanno pressioni sui genitori, deve essere rivolto agli adulti anche da adulti (l'animatore o il prete o la comunità). L'invito non deve essere anonimo o per bollettino parrocchiale!
    - Alcuni figli non hanno piacere di portare i propri genitori e filtrano gli inviti. L'animatore deve, a questo riguardo, intervenire favorendo riflessioni e dibattiti o a tu per tu o in gruppo.

    Prima serata

    Obiettivo
    - La serata ha l'obiettivo di mettere in comunicazione le persone attraverso una conoscenza reciproca dei due mondi: mondo adulto dei genitori, mondo adulto dei giovani.
    - Non necessariamente si deve entrare subito in tema anche se già vi ci si può orientare.

    Strumenti
    ^ Momenti di conoscenza e scongela-mento del clima con:
    - il gioco del vulcano e della lava (NPG 8/83, p. 42) e del sollevamento (Grom, o.c., p. 66);
    - il gioco del cerchio, da farsi tutti insieme (Grom, pp. 65-66);
    - entrata e uscita dal gruppo (NPG 8/83, p. 42), oppure camminare ciechi (Grom, pp. 62-63).
    ^ Lavoro di gruppo: all'interno dei gruppi si opererà:
    - la conoscenza dei nomi, professioni...;
    - presentazione a coppie (NPG 5/84, p. 44) e riconoscersi (Grom, p. 73);
    - fotolinguaggio su: come i genitori vedono, colgono i figli (loro o in genere); come i figli vedono, colgono i genitori (loro o degli altri).
    ^ Conclusione in assemblea; al termine un momento di preghiera.

    Seconda serata

    Obiettivo
    Cominciare l'approfondimento della tematica scelta.

    Strumenti
    Primo schema:
    ^ alcuni giochi di interazione corporea;
    ^ comunicazione (20-30 minuti) provocatoria sul tema o sua drammatizzazione preparata in precedenza;
    ^ ripresa in gruppo del tema, in modo che sia un lavoro evocativo e che parta dalla esperienza personale di ciascuno.
    Oppure, secondo schema:
    ^ alcuni giochi di interazione corporea (come al primo schema);
    ^ lavoro di gruppo separato tra genitori e figli su un mandato preciso dettato dal tema (associazione libera con finalità provocatorie e di far raggiungere al gruppo una propria tesi);
    ^ momento assembleare: messa insieme dei lavori per giungere ad una conclusione unitaria.
    In questa fase il «moderatore» deve favorire la comunicazione e la discussione sulle tesi presentate.
    Si possono, se il silenzio si prolunga, fare dei 3x3 veloci per far esprimere le persone (Grom, p. 43).
    È utile a questo riguardo la tecnica del «processo» con accusa e difesa (cf NPG 8/83, p. 45);
    ^ preghiera conclusiva, preparata dai gruppi di lavoro attraverso intenzioni, riflessioni suggerite dal lavoro.

    Terza serata

    Obiettivo
    Deve essere un momento propositivo nei confronti di sé e degli altri (parrocchia, paese, quartiere...).

    Strumenti
    Primo schema:
    ^ giochi di interazione corporea;
    ^ momento assembleare: messa in comune delle valutazioni della serata precedente;
    ^ a seconda del tema si può avere:
    - una relazione che puntualizzi il tema e riprenda le considerazioni; successivamente un 3x3 di replica;
    - ricerca nel proprio luogo di possibili soluzioni, iniziative da mettere in atto, problemi insoluti che chiedono una risposta.
    Secondo schema:
    ^ giochi di interazione corporea (come al primo schema);
    ^ relazione propositiva di alcune soluzioni d'intervento o possibili cose da realizzare;
    ^ compilazione in gruppo di un messaggio da portare agli altri gruppi di lavoro, alla parrocchia, alla gente... Si può adoperare: cartelloni, tatzebao, murales (che investono però un tempo superiore di quello a disposizione).
    ^ preghiera finale: celebrazione della parola o del ringraziamento (da far predisporre ai sacerdoti presenti che hanno seguito i lavori).
    L'animatore procurerà di fare una valutazione con i genitori e con i figli separatamente sulle tre sere.


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