Giovani e associazionismo
Franco Garelli
(NPG 1984-05-27)
Alcuni dati e indicazioni emergenti da una ricerca sui giovani sul fenomeno della ripresa dell'associazionismo ecclesiale.
Da qualche anno a questa parte i segni di buona salute dell'associazionismo giovanile religioso si sono moltiplicati. Ciò non tanto se si confrontano i tempi attuali con la situazione degli anni '60 (un periodo in cui la socializzazione di base dei giovani si consumava ancora in larga parte negli ambienti religiosi), quanto se li si rapporta con gli avvenimenti del periodo della contestazione e delle lotte operaie e con la progressiva perdita di consenso che ha interessato successivamente l'associazionismo di tipo politico.
Soltanto l'associazionismo sportivo ha palesato in questi ultimi anni un'espansione maggiore di quello religioso. Ma tra vari tipi di associazionismo più «impegnato» quello religioso ha al suo attivo la maggior espansione quantitativa.
Sull'associazionismo organizzato sono ormai disponibili vari lavori, varie ricerche (G.C. Quaranta, L'associazione invisibile, Sansoni, 1982; G.C.Milanesi (a cura di), Oggi credono così, LDC, 1981). A questa tematica è dedicata una sezione di un'indagine condotta all'inizio degli anni '80 su un campione rappresentativo di 4.400 giovani del Piemonte (sia lavoratori che non), promossa e realizzata dal movimento giovanile GIOC. Si tratta di un lavoro in corso di pubblicazione presso l'Editore Il Mulino col titolo La generazione della vita quotidiana, di cui chi scrive ne è l'autore. Riportiamo in questa sede un passo di quel lavoro nel quale - sulla base delle condizioni socio-anagrafiche, residenziali e ideologiche degli aderenti - si delineano i tratti costitutivi dell'associazionismo religioso, i caratteri che rendono specifico e singolare questo tipo di associazionismo nel panorama delle varie realtà aggregative. I tratti in questioni sembrano sufficienti a fondare una specificità di interessi, di campo di azione, di funzione dell'associazionismo giovanile religioso.
Anzitutto si tratta d'un associazionismo specificatamente adolescenziale, assai allargato tra i 15-18enni e meno esteso tra i 19-24enni. Si potrebbe a questo proposito ipotizzare che questo tipo di associazionismo mentre è in grado di venire incontro alle esigenze di interazione, di socializzazione e di primo orientamento nella realtà circostante, tipiche dei giovanissimi, incontri difficoltà - pur relativa, trattandosi del tipo di aggregazione più estesa - al raccordarsi ai problemi dei giovani con qualche anno in più.
Si tratta, in secondo luogo, d'un tipo di associazionismo che ha molta presa in ambiente studentesco, mentre risulta scollegato rispetto alle problematiche e condizioni dei giovani già inseriti nel mercato del lavoro o disoccupati. Questa differenza di campo d'azione, di capacità aggregativa, è indubbiamente imputabile al tipo di cultura e di linguaggio di cui i gruppi religiosi - in ciò rispecchiando l'ambiente ecclesiale - sono portatori. In altri termini, le proposte, lo stile di vita e i modelli di realizzazione prevalenti in questi gruppi risultano più funzionali alle condizioni di vita studentesche che a quelle dei lavoratori.
Contribuisce a spiegare il dato precedente un terzo carattere specifico di questo associazionismo: la tendenza politicamente moderata. Per la verità l'orientamento ideologico dei giovani di questo raggruppamento appare differenziato, risultando pressoché uguali le entità di soggetti moderati; si osserva inoltre in questo gruppo la relativamente rilevante quota di giovani che maturano una sfiducia politica generalizzata.
Pertanto anche a livello giovanile sembra riprodursi quella relazione tra posizione politica moderata e orientamento religioso che si ritrova per lo più nella popolazione nazionale. Inoltre la partecipazione ad un gruppo religioso appare congruente anche con un orientamento di sfiducia nei confronti di tutti i raggruppamenti politici, non rilevando su questo aspetto particolari differenze dai dati medi.
Ricordando che nel gruppo religioso prevalgono i soggetti appartenenti al ceto medio, scolasticamente più avvantaggiati, che meno di altri hanno dovuto far fronte a processi di mutamento culturali, si potrebbe ipotizzare che l'appartenenza al gruppo religioso non abbia a modificare sostanzialmente gli orientamenti ideologici di partenza del giovane, legati alla sua condizione sociale e familiare. In altri termini, l'impegno associativo a livello religioso da un lato appare funzionale - più di altri tipi di vincoli associativi - ad orientamenti moderati, e dall'altro lato non sembra pro-dune un cambiamento sensibile di posizione politica.
Ciò indica che i gruppi religiosi non si propongono esplicitamente una funzione di orientamento politico, anche se di fatto esercitano comunque una funzione di «selezione» degli aderenti (in termini di linguaggio, di cultura, di condizione sociale) e di conferma (di non modifica) delle posizioni ideologiche di base.
Da quanto detto emerge che questo tipo di associazionismo risulta prevalentemente funzionale a soggetti e a contesti che non hanno subito profonde modificazioni di condizioni di vita e di riferimenti culturali (come invece è il caso dei disoccupati o degli immigrati).
Continueremo in articoli successivi l'analisi e ne offriremo una problematizzazione educativa.