Giovani '80
Angelo Turchini
(NPG 1984-05-25)
Moda, palestre, danza, footing: una riscoperta del corpo tra rapporto allenato e tensione di salvezza.
Il culto del corpo come moda, come filosofia, come stile di vita, come cultura del corpo.
Partito in sordina, impetuosamente travolge tutto e tutti. Le scuole di danza, di ballo moderno, di ginnastica, di aerobica, di pattinaggio vedono affluire sempre nuovi adepti.
Alle mille attenzioni volte ad esaltare senza remore la dimensione corporale si aggiunge una «voglia matta» di corpo. Quanto di moda e di esigenze vitali è difficile dire. Scoppia la moda, le palestre si adeguano, anche se magari manca la preparazione adeguata. Per ora infatti una scorpacciata di hatayoga, breacking, aerobic dance, body dance, athletic dance e così via. Affidarsi alle lezioni di un maestro, frequentare per qualche settimana o qualche mese una scuola diventa essenziale, purchè la cosa sia nuova.
Non improvvisazione, ma regole. Aleggiare volare librarsi nella danza, nella ginnastica e così via non è naturale, ma frutto di sudore, di esercizio, di volontà, di tensione, di sacrificio, di tempo strappato ad altro impiego. Si lavora col corpo, ci si mette l'anima.
Contano i risultati, ma anche un insopprimibile bisogno di soffio caldo, di energia positiva, di creatività, di allegria, di essere pieno e vitale. Le regole valgono se si intravvede un fine, ma se questo non balugina all'orizzonte, vale il conformismo ripetitivo quand'anche non stereotipo o usuale del gesto che accomuna e differenzia.
Ovattata o violenta nella palestra si spande la musica giusta. Corpi in movimento si riconoscono e vibrano nelle divise o nelle tute firmate vendute indossate perchè non se ne può fare a meno nel grande mercato. Ma nel movimento cadenzato si può leggere una possibilità di espressività, di creatività, di gusto di vivere. La liberazione non è palpabile, ma è più vicina e a portata di mano. Via lo stress, la noia di un pigro pomeriggio. La tecnica viene assunta a servizio di una vita diversa, anche se la vita non è il corpo. Le regole, le pratiche valgono come elementi connessi con lo star bene soggettivo, in primissimo luogo.
uno star bene privilegiato che fa i conti con il proprio sé.
Se fare ginnastica diventa un fattore salutare come cibarsi o evitare di fumare, se diventa una norma igienica, si traduce nella perdita di una dimensione fondamentale della riscoperta del corpo.
Ma la tensione non ricerca solo sicurezza, vuole di più, desidera salvezza. Il bisogno di vita, di salute scavalca le tecniche incomprensibili e lontane che parlano linguaggi basic e cobol (con cui farà i conti, ma non ora). Al di fuori del computer la pratica del corpo è una produzione culturale declinata in danza, in ginnastica, in aerobica, in yoga, in un'onda che si prevede di poter controllare. Appagante in ogni caso, perchè permette di esprimersi e di divertirsi insieme.
Il culto di Narciso al maschile significa richiesta di saune, palestre, jogging, massaggi, cosmetici e prodotti di bellezza, all'insegna della cura del corpo. Ma quante ascelle maleodoranti, capelli sporchi, bocche puzzolenti, sudori rappresi in magliette di salute!
Avere un corpo sano e una piacevole armonia fisica e psichica è la versione 84 del greco «ciò che è bello è buono» e viceversa. Il corpo è mezzo di comunicazione privilegiata con la realtà, e talora da mezzo diventa fine.
Ma più in generale non si vuole sentire il peso del proprio corpo, come qualcosa da nascondere. Non sono brufoli da cancellare, ma forme da esibire come un bene fondamentale da viversi a proprio agio. Al di là di tutte le illibertà condizionanti del corpo, da usare e conoscere a fondo, da plasmare e modificare, da costringere e da rassicurare.
Dietro l'angolo, in agguato, un rapporto alienato se si lascia condizionare dai modelli proposti dai mass-media: aerobica per lei, footing per lui. La propria maschera è una immagine altrui, una costruzione falsa. Almeno fosse un prodotto per difendere la propria faccia, quella vera, disponibile ad aprirsi con discrezione e a discrezione.
Giù la maschera, dunque! Delirio è delirare ciò che è imposto. C'è chi si scopre, chi si riscopre, chi continua ad aspettare un'immagine che uno specchio appannato non vuole rivelargli, chi si ricopre a doppia maschera, chi tende le mani e cerca una risposta a tanti perchè. È possibile essere dolci, aggressivi, comprensivi, matti, tutto. Esserlo dentro è facile, comunicarlo come?
La pratica del corpo porta sicurezza ed equilibrio. Il non avere niente da fare dà un senso di libertà, ma riempie anche d'angoscia. Puoi restare a casa e immaginare tutti i modi possibili di passare il tempo, tutti i modi di viverlo.
Il tempo è un vuoto da riempire. Il tempo libero serve a coltivare i propri interessi. Ma ormai ti sei coltivato abbastanza. Eppure il tuo corpo merita un'attenzione nuova. Forse hai i desideri di un adulto, ma l'impotenza pratica di un ragazzo. L'insoddisfazione è narcisistica, ma per il tuo corpo puoi vincere pigrizia e comodità. È una delle poche cose che puoi permetterti, per il resto perchè sforzarsi?
Il tuo corpo cambia, è al centro dell'attenzione tua e altrui, è un oggetto. Dentro ci stai, è altro da te, ma è anche te. Il tuo corpo ti aiuta ad accrescere la stima in te. Le tue delusioni svaniscono, la tua sensibilità si esalta e si esaspera. La tua testa comanda i nervi del tuo corpo inquieto e guizzante, controlla movimenti studiati e ristudiati.
«Sarà. Ma per me è la testa quella che conta di più». In ogni caso se non sai cosa fare, se non sai dove andare, ecco qualcosa per te.
Ma per entrare nel corpo occorre perdere la testa?
C'è un tempo per la mente, un tempo per perdere la nostra mente e un tempo per ritrovarla in una regione artica, eppur calda, quella della autonomia.