Pastorale Giovanile

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    Diocesi di Fermo: la pastorale giovanile ad una svolta


     

    Francesco Monti

    (NPG 1984-04-19)


    Abbiamo chiesto a Francesco Monti, coordinatore della pastorale giovanile della diocesi di Fermo (AP), di mettere per iscritto alcuni appunti veloci sul cammino percorso in diocesi nell'arco di quattro anni per dare un volto nuovo alla pastorale giovanile. Presentiamo l'esperienza, ricca di stimoli per altri «movimenti diocesani», quasi a complemento, questa volta sul piano di una possibile «risposta» ecclesiale, alle provocazioni del prossimo «anno dei giovani» e agli interrogativi sollevati dalla tavola rotonda riportata nel «dossier».

    Avete mai provato ad avere un'idea per la mente ed ad avviarne «la concretizzazione»? Sicuramente sì.
    Il racconto che inizia ora non è altro che una di queste idee che diventa tentativo di pastorale organica.
    Spero di non annoiarvi, anche perché il mio racconto dovrebbe servire ad «incoraggiare» tentativi simili in altre diocesi. L'esigenza di rimettere in movimento la pastorale giovanile in diocesi di Fermo venne contemporaneamente a diversi di noi, ma fu anzitutto in un campo diocesano di giovani di Azione Cattolica che essa si sentì più fortemente. Era l'estate dell'80.
    In partenza c'era ben poco su cui «scommettere» qualcosa.
    Di «esistente» si vedevano alcuni gruppi parrocchiali, due gruppi di Comunione e Liberazione, varie comunità capi dell'AGESCI, i GEN in alcuni paesi e il settore giovani di Azione Cattolica che tentava di risorgere.

    GLI INIZI

    All'inizio dell'81 il vescovo chiese al settore giovani di Azione Cattolica di mettersi in moto per la diocesi per conoscere lo stato delle cose e per vedere quali potevano essere i primi passi.
    Nei primi mesi dell'81 furono visitati 25 paesi e cittadine.
    Lo scopo delle visite era quello di:
    - «misurare» la realtà in loco per farsene un giudizio;
    - parlare di un possibile inizio di pastorale giovanile diocesana;
    - proporre alcune linee secondo le situazioni che trovavamo.
    I criteri con cui abbiamo scelto le parrocchie:
    - abbiamo visitato quelle in cui sapevamo esistenti attività di qualsiasi tipo in ambito giovanile;
    - abbiamo scelto inoltre quei posti in cui poteva far centro una piccola zona circostante, affine e abbastanza uniforme per caratteristiche sociali e dove quindi si poteva realisticamente proporre una collaborazione;
    - abbiamo deciso provvisoriamente di non affrontare il discorso con le associazioni nei loro responsabili preferendo incontrarle nelle loro realtà zonali dove i loro membri vivono e agiscono.
    Questa prima «mossa» non è stata senza difficoltà: un po' di diffidenza, la sensazione di turbare la vita di qualcuno, la impossibilità a mettere insieme per una sola riunione i responsabili di gruppi diversi della stessa città. C'è stata anche la difficoltà ad incontrare movimenti e associazioni in loco senza passare per i loro responsabili diocesani o zonali.
    È stata presentata poi al vescovo e all'ufficio pastorale la relazione del «giro» e
    una serie di proposte che ritenevamo possibili e che qui riassumo:
    - divisione della Diocesi in piccole zone con al centro un paese con esperienze più mature, inizio di collaborazione stabile tra i responsabili giovani e avvio di una maturazione comune;
    - coordinamento tra i gruppi giovanili di tre città come Fermo, Civitanova Marche e Porto San Giorgio;
    - formazione di un gruppo di coordinamento diocesano composto dai più disponibili di tutte le zone. Esso doveva avviare la riflessione e la verifica previa a qualsiasi tentativo di pastorale giovanile diocesana;
    - cominciare a pensare ad un convegno diocesano che dovrebbe dare il via alla fase più organica di pastorale giovanile;
    - «conversione» e «abilitazione» del clero al mondo e alla pastorale giovanile. A margine di questa prima fase, durata sei mesi, è doveroso aggiungere una osservazione non «storica»: ci siamo resi conto sul serio di come andavano le cose, di quali carenze erano presenti nei diversi gruppi; abbiamo toccato con mano la necessità di una pastorale giovanile «parrocchiale», di una vita di chiesa «giovanile», di recupero urgente della evangelizzazione, dell'incontro con la gran massa di giovani «non aggregati».
    Le scelte «strutturali» sopra ricordate nascono proprio da queste osservazioni ed esigenze.

    GRUPPO DI COORDINAMENTO SEGRETERIA E RICERCA

    Il gruppo di coordinamento diocesano cominciò i suoi incontri nell'ottobre dello stesso anno '81. Dopo una lunga verifica delle osservazioni fatte, esso ha dato un contributo notevole alla riflessione, sia quanto ai contenuti di un impegno futuro, sia quanto al giudizio sulla situazione diocesana caratterizzata da una notevole dispersione «geografica» e differenziazione culturale, da povertà dei consigli parrocchiali, da carente unità e da mancanza di sufficIente «spinta» da parte del clero.
    Carenze di base del gruppo di coordinamento sono risultate:
    - la inevitabile poca preparazione dei giovani partecipanti;
    - la non rappresentatività di tutti gli «angoli» della diocesi; difetti cui nemmeno in seguito si è riusciti ad ovviare.
    Dopo qualche incontro il gruppo di coordinamento ha concepito e approfondito l'idea di un primo convegno giovanile diocesano aperto allo studio della situazione e alle scelte pastorali prioritarie.
    In vista ed in funzione del convegno, esso ha espresso anche una segreteria operativa.

    La segreteria e la ricerca

    Il 1982 è stato l'anno della segreteria e della ricerca.
    La segreteria era composta dai responsabili-delegati dell'AC, dei GEN, dell'AGESCI, di CL, del Centro Vocazionale, del Centro Missionario e da alcuni rappresentanti eletti dalle zone pastorali.
    Vera sua caratteristica doveva essere (tra le altre) la rappresentatività: non è risultato così, in quanto si è incontrata la difficoltà a partecipare di alcuni dei rappresentanti di zona forse perché non sufficentemente motivati da una realtà di base ancora non organica.
    Primo compito della segreteria è stato quello di avviare la fase preparatoria al convegno. La scelta caratterizzante, non condivisa da tutti, ma comunque accettata, è stata quella di compiere una indagine conoscitiva della realtà giovanile diocesana. Sarebbe lungo raccontare l'iter della ricerca; esso è stato il più comune:
    - chiarificazione e accordo sugli obbiettivi della ricerca;
    - chiarificazione e accordo sui principi ispiratori o presupposti;
    - scelta del mezzo: questionario;
    - stesura-prova di esso su campione limitato;
    - diffusione e somministrazione non «campionata» ma diffusa con criteri diversi che comunque garantivano sufficiente scentificità.
    Totale degli intervistati: 1600 dai 17 ai 25 anni.
    Alla diffusione e alla raccolta dei questionari hanno collaborato i membri della segreteria e gli insegnanti di religione. La «traccia» della ricerca era quella preparata e utilizzata da G. Milanesi e riportata nel volume secondo Oggi credono così (LDC 1981).
    La codifica di domande aperte e chiuse è stata affidata ad un gruppo composto principalmente dai giovani della parrocchia S. Giorgio di Porto S. Giorgio, cittadina di residenza dello scrivente a cui era affidato questo lavoro. Hanno partecipato alla codifica anche alcuni amici della diocesi. L'imput dei dati è stato affidato a pochi giovani volontari presso un elaboratore prestatoci da una ditta di Porto S. Giorgio. I programmi e l'output sono stati affidati all'operatore di questa ditta.
    La ricerca comprendeva anche due ricerche particolari sulle città di Cingoli (fuori diocesi, nell'Appennino centrale) e di Monte Granaro (città diocesana a totale occupazione calzaturiera, già scelta da Ardigò e Donati per una ricerca precedente). Queste due ricerche particolari, se sono servite a chi scrive per una più completa conoscenza, non sono state sfruttate a sufficenza dagli operatori pastorali.

    I risultati della ricerca

    I risultati si sono avuti all'inizio dell'83. La valutazione di questa esperienza non può tacere sulla validità di questa scelta, ma anche sulle difficoltà che essa presuppone quanto a fatica e scientificità. Tale esperienza è quindi consigliabile solo a diocesi ben organizzate: l'improvvisazione potrebbe costare cara. Inoltre il dispendio di forze e di tempo necessario pone il problema di un utilizzo migliore di essi, quale, ad esempio, potrebbe essere quello dedicato ad una visita più accurata a tutta la diocesi per organizzare e diffondere suggerimenti, iniziative, problematiche ecc... Oltre alla validità indubbia di tale strumento, si è assistito al tentativo (in parte riuscito) di mettere insieme, al lavoro e non su cose astratte, giovani provenienti da diverse esperienze di fede e quindi difficili all'incontro e al dialogo.

    PREPARAZIONE DEL CONVEGNO GIOVANILE DIOCESANO

    Il compito della segreteria non si è limitato alla ricerca, ma ha avuto la sua fase più significativa nella diretta preparazione del convegno.
    Le scelte fatte sono state essenzialmente le seguenti.
    Anzitutto la pubblicazione dei risultati della ricerca nel Foglio Ufficiale Diocesano e la relativa spedizione del materiale a sacerdoti, laici del Consiglio Pastorale Diocesano, operatori culturali, scuole, operatori sociali, sindaci.
    La seconda scelta è stata la diffusione dei risultati-stimolo nelle parrocchie (consigli parrocchiali o assemblee) della diocesi. La segreteria al completo si è messa... in auto ed ha incontrato le parrocchie in assemblee, dibattiti, consigli parrocchiali allargati. Da osservare che molte parrocchie non hanno organizzato l'incontro. Le parrocchie della diocesi sono 220 distribuite in 55 comuni. In genere, si sono incontrate le principali e le più vive, ad eccezione di quelle di un'importante cittadina costiera. Negli incontri la segreteria esponeva i risultati della ricerca e poi veniva suscitato l'approfondimento.
    Questo sforzo organizzativo ha assicurato una certa sensibilizzazione, ma non ha garantito a sufficienza la partecipazione qualificata dei laici dei consigli parrocchiali al convegno.
    La terza scelta è stata la riflessione sugli spunti dati dalla ricerca in tutti i gruppi giovanili diocesani.
    Sono state diffuse nei gruppi quattro schede di riflessione che dovevano essere la base di approfondimento del progetto formativo, della ecclesialità e della missionarietà del gruppo.
    Si chiedeva di rimandare scritte alla segreteria le conclusioni della riflessione. Ciò è avvenuto in gran parte, risultando utile, ma in molti casi carente della necessaria criticità.
    La quarta scelta è stata l'incontro con gli insegnanti di religione per comunicare loro i risultati della ricerca (partecipazione nettamente insufficiente) e l'incontro organizzato in collaborazione col distretto scolastico, per insegnanti e studenti: interessata e vivace la partecipazione dei pochi presenti.
    Il movimento suscitato dalla ricerca era da noi cercato in modo nettamente superiore. La ricerca doveva servire a «smuovere» le mentalità tranquille di operatori sociali, culturali e pastorali. Ci si è riusciti solo in parte.
    I risultati della ricerca, molto stimolanti e, talvolta, capaci di forti provocazioni, hanno suscitato le reazioni previste a livello emotivo, ma debbo dire che in genere non hanno messo in moto un coerente meccanismo di scelte pastorali, né al centro-diocesi, né nella parrocchie.
    Di fortemente positivo c'è stato che forse per la prima volta gran parte della diocesi ha affrontato un problema unico nello stesso breve arco di tempo, sia nei suoi «vertici» che in assemblee «popolari», favorendo l'attenzione globale e la tensione in attesa del convegno.
    Una annotazione: i risultati della ricerca sono pubblicati nel Foglio Ufficiale di Marzo '83.
    Sono raccolti in cinque capitoli: giovani e qualità di vita, il campo religioso interiorizzato, i giovani e la Chiesa, il campo etico, il campo politico, il ruolo della Chiesa.
    Infine, in un sesto capitolo, sono esposte le gradazioni di dimensioni quali: religiosità di chiesa, religiosità tradizionale, criticità nei confronti della vita e della morale della chiesa, carica di ideali, pragmatismo, impegno socio-politico.

    IL CONVEGNO GIOVANILE

    Gli scopi

    Non poco ci si riproponeva dal convegno. Preparato con una certa attenzione e posto alla fine della riflessione generalizzata sui risultati della ricerca, esso, secondo gli organizzatori, doveva servire a:
    - dare concretezza, nello studio e nel confronto, alle più significative intuizioni nate dai risultati della ricerca;
    - far nascere un abbozzo di scelte pastorali prioritarie;
    - dare materiale all'arcivescovo e all'ufficio pastorale per avviare scelte più precise a livello pastorale e organizzativo-strutturale.
    L'arcivescovo stesso, all'inizio della Quaresima '83, aveva scritto che esso doveva essere l'occasione di «una riflessione, dialogo tra giovani stessi e di questi con il resto delle comunità parrocchiali e con i sacerdoti, per far emergere delle linee pastorali che mettano la nostra chiesa locale in una situazione di maggiore comprensione e servizio della realtà giovanile, per aiutare i giovani ad aprire il loro cuore generoso e sensibile alla straordinaria personalità del Cristo, alla luce che sprigiona sull'uomo, sul suo destino, e che mette nelle mani dell'uomo un potere grandioso d'amore per trasformare la storia» (Lettera pastorale per la Quaresima 83).

    Lo svolgimento e i contenuti

    Lo svolgimento del convegno prevedeva, come momenti essenziali distribuiti in tre pomeriggi: la relazione-base; i gruppi di studio; le conclusioni.
    La relazione-base, elaborata da Riccardo Tonelli dopo aver studiato i risultati della ricerca, era posta nel pomeriggio del primo giorno (sabato 7 maggio), i gruppi di studio nel pomeriggio del secondo giorno (domenica 8) e le conclusioni nel pomeriggio del terzo giorno (lunedì 9). La mattinata di domenica 8 maggio era riservata ad un incontro festoso dei giovani partecipanti, concluso da una celebrazione in cattedrale.
    Veniamo ai contenuti verso i quali erano stati indirizzati lo studio ed il confronto. Nella relazione fondamentale, dopo aver dato una valutazione globale e particolareggiata della situazione giovanile nel fermano, come conosciuta dalla ricerca, Tonelli suggeriva alcuni imperativi per un progetto pastorale: rapporto fede-senso, qualificare l'offerta, assicurare contesti. Concludeva invitando ad una scommessa: fare in modo che la pastorale giovanile «diventi una grande promessa di gioia, di speranza e di vita in un tempo in cui esistono troppi segni di morte».
    I gruppi di studio, riprendendo i principali spunti offerti dalla ricerca e dalla relazione fondamentale, concordata con Tonelli in precedenza, hanno evidenziato:
    - l'urgenza di sbloccare il rapporto tra parrocchia e mondo giovanile attraverso una progettazione e una prassi pastorale-liturgica capace di offrire esperienza di «contesti di vita» e quindi possibilità concrete alla maturazione della ricerca di senso, in un impegno serio teso a «qualificare globalmente l'offerta» da parte della chiesa locale (gruppo di studio n° 1);
    - la necessità per gruppi, associazioni e movimenti di collaborare nella ricerca di un progetto che miri ad una formazione integrale della personalità dei giovani aggregati con una tensione forte alla integrazione tra fede e vita (gruppo di studio n° 2);
    - la conferma della famiglia come primo luogo in cui vivere l'esperienza dell'accoglienza alla vita, della gratuità, dell'apertura al servizio e della crescita radicale nell'amore (gruppo di studio n.° 3);
    - la necessità di fare del tempo libero un «luogo» di esperienza di gioia cercata e condivisa, di creatività e forte relazionalità (gruppo di studio n° 3);
    - il bisogno di una pastorale attenta alla condizione operaia con soggetti-operatori coraggiosi e lucidi al punto da superare le attuali prevenzioni ed impedimenti; l'urgenza di scelte associative tese a favorire l'esperienza di partecipazione e di impegno nel sociale (gruppo di studio n° 4);
    - la necessità di favorire la partecipazione piena e responsabile al mondo scolastico perché sia sempre di più luogo di incontro di concezioni e di esperienze riflesse di vita, luogo di comunitaria e responsabile elaborazione di prospettive valoriali unificatrici delle diverse espressioni dell'esistenza e capaci di sostenerne il senso ultimo (gruppo di studio n° 5);
    - l'urgenza imprescindibile per i giovani aggregati e per tutta la chiesa locale, di ripartire dagli ultimi e di fare di questa la scelta basilare dell'essere credenti oggi nel nostro paese, perché verso di essi ci viene richiesto «l'impegno prioritario» (gruppo di studio n° 6).
    Il momento finale del Convegno (terzo giorno) non ha avuto quella intensità e profondità di contenuti che sarebbero stati augurabili. Si è notata una notevole fatica nel maturare convinzioni e scelte comuni; si è evidenziata povertà di contributi e di lucida comprensione dei problemi e dei punti-chiave, da parte dell'assemblea. Proprio in quella sede, più che nei gruppi di studio, è apparsa chiara la caratteristica principale della nostra chiesa diocesana quanto alla pastorale giovanile: essa è appena agli inizi e si avvia balbettando ad una piena consapevolezza.

    Le prime valutazioni del convegno

    Numericamente il convegno non ha affatto deluso. Erano presenti alla relazione di don Tonelli circa 400 persone di cui 300 giovani e 100 adulti circa (1/2 preti e 1/2 laici).
    Tale presenza si è dimezzata nel secondo e terzo pomeriggio. La partecipazione dei giovani ha soddisfatto le aspettative, in quanto erano tutti i responsabili e i più sensibili delle parrocchie, dei gruppi, associazioni e movimenti. Essi provenivano inoltre da tutte le principali parrocchie. Gli adulti incontrati nel giro per la diocesi non hanno partecipato secondo aspettativa. Insufficiente anche, a mio avviso, la presenza del clero, visto anche che la scelta dei tre pomeriggi di sabato, domenica e lunedì, era stata fatta anche per favorire la presenza dei preti.
    Lo spirito del convegno ha fluttuato in continuazione in una non definita situazione a doppia faccia.
    Nel convegno infatti sono risultati emergenti due atteggiamenti.
    Il primo atteggiamento è stato l'onesta tensione a fare della propria vita e della vita della chiesa una «concreta buona novella» salvifica dentro una palese passione per la vita. Gli interventi su questa linea hanno manifestato una urgenza ineludibile .
    Il secondo atteggiamento è stato la considerazione «ottimistica», ma forse anche «miope» ed «introversa» o addirittura «sufficiente», di tutto ciò che attualmente si sta facendo, nella certezza della validità della propria esperienza di gruppo-chiesa e quindi nella inevitabile «chiusura» alle provocazioni provenienti dalle invocazioni del mondo giovanile.
    Queste due «anime» del convegno sono continuamente emerse fino a contrapporsi con toni di vera tensione (specie a livello di giudizio reciproco), in qualche gruppo di studio e nella stessa segreteria.
    Soprattutto carente mi è sembrato lo sviluppo dell'idea che afferma la necessità di un annuncio della salvezza «dentro» una forte passione per la vita. Il voler entrare nello svolgersi degli avvenimenti per viverli all'interno con povertà e disponibilità, lasciandosi provocare da essi, non è sembrato sorgere a livelli di scelta consapevole, ma è restato solo nell'esigenza di alcuni.
    Se il mondo giovanile abbisogna anzitutto di «ascolto», ciò non è stato verificato in convegno più che tanto.
    Inoltre, non ho notato una torte passione (lasciarsi provocare da...) per le tante esigenze di questo mondo. Purtroppo si è rimasti chiusi, quasi frenati e timorosi di uscire dalla propria esperienza attuale.
    Queste ora dette non sono solo sensazioni: è un po' il contenuto centrale, la colonna portante dello svolgersi del Convegno.
    Esso, se ha raggiunto obiettivi notevoli, specie come prima occasione, dialogo ecc..., non ha però sbloccato lo stato attuale della nostra chiesa nei confronti di tutti i giovani, con spirito profetico; denunciando inoltre anche la necessità di riscoprire un retto «essere nella chiesa»,
    Ciò che inoltre è interessante notare è come in Convegno si sono affrontati i «nodi» della parrocchia, della sua pastorale e dei gruppi.
    Ai due gruppi di studio che riflettevano uno sulla parrocchia e l'altro sui gruppi, soggiaceva il tentativo di far emergere la necessità della riaffermazione della centralità della chiesa nella parrocchia e «non soprattutto» in altre forme aggregative, pur valide e pedagogicamente (quanto all'esperienza di fede) necessarie. Tale obiettivo, pur con qualche limite, sembra essere stato raggiunto.
    Infatti, tra le difficoltà in cui si è dibattuío il gruppo di studio sulla parrocchia, si è raggiunta la percezione che occorre un modo nuovo di «fare parrocchia» per i giovani e per i loro problemi.
    Occorre una presenza più testimoniante e coraggiosa da parte del clero e degli adulti. Occorre «entrare nei luoghi della vita» e viverli intensamente, perchè in essi si incontrano i giovani. Ma, ancor prima, occorre fare delle nostre comunità veri luoghi di ascolto e di maturazione della domanda di senso e della domanda religiosa; capaci di far maturare «l'invocazione» a Dio - Salvatore. In questo senso i gruppi presenti nelle parrocchie potrebbero costituire un luogo privilegiato di ricerca e di incontro.
    «Per una migliore qualità dell'offerta» (come diceva il titolo del gruppo) occorre anzitutto fare dell'esistente un vero luogo di accoglienza.
    La stessa percezione e la stessa necessità è emersa anche dal gruppo di studio che si occupava dei gruppi, associazioni e movimenti. Tale necessità si è sentita insieme ad altre: chiarire il progetto formativo che è alla base di tali iniziative, rafforzare l'appartenza alla chiesa, avviarsi ad una collaborazione stabile, verificarsi sulla missionarietà come centro del progetto formativo stesso.

    Il dialogo positivo tra persone gruppi associazioni

    Un'osservazione positiva: in questi due gruppi, pur nelle inevitabili differenze di formazione e di provenienza, il dialogo non ha avuto una grave «impasse» come si poteva temere. È stata la comune volontà di non fermarsi alle differenze per darsi comuni elementi di revisione? Oppure è stata solo «diplomazia» richiesta dalla necessità di combinare qualcosa e di scoprire strade percorribili da tutti? Ciò che però mi sembra sicuro è che anche qui è prevalsa la dinamica della «partita a fondo campo» come quando a tennis si ha paura di fare l'affondo vincente e chiarificatore, nell'attesa che sia l'altro a sbagliare o che a risolvere la partita sia qualche evento a sorpresa. Se così non fosse stato, avremmó avuto molti suggerimenti e spunti da proporre alle parrocchie e ai gruppi. Soprattutto ci sarebbe stata la
    chiara comprensione che la pastorale «giovanile» nasce solo da una vera attenzione di tutta la vita della chiesa nelle sue scelte e nelle sue strutture, e ci sarebbe stato un approfondimento maggiore. Tuttavia non è affatto disprezzabile tutto ciò che si è detto se veramente corrisponde alle convinzioni di tutti.

    VERSO DOVE?

    Le scelte contenutistiche

    Se può essere di aiuto a qualcuno il racconto di come siamo arrivati al convegno, non altrettanto penso si possa dire di questi mesi trascorsi dal maggio '83 al febbraio '84.
    Tutto il lavoro ha subito uno stallo in quanto la segreteria aveva solo il compito di giungere al convegno e alla pubblicazione degli atti. In seguito abbiamo dedicato questo tempo alla rifessione e ... all'attesa di vederci tutti più chiaro.
    Una strada, sicuramente, si è aperta: la riscoperta di come ogni parrocchia possa «fare pastorale giovanile» realizzando una vita di chiesa più vera e «a dimensione» dei giovani. Tutte le problematiche del convegno, con una forte attenzione, possono e debbono essere recepite nella programmazione pastorale, liturgica e sacramentale di ogni comunità. Ci sembra di dover perseguire quest'obbiettivo, anzitutto: fare in modo che ogni parrocchia sia «luogo di accoglienza», «luogo di comunione», di servizio; che offra iniziative pastorali «sensate», che «narri» il Cristo nei fatti della salvezza, che sia coraggiosa e fedele all'uomo. Abbiamo dedicato il mese di gennaio '84 alla riflessione su questo nell'ambito della celebrazione del congresso eucaristico diocesano che avrà luogo il prossimo anno. Tutto il resto del lavoro esigerà un impegno notevolissimo. Una seconda strada da percorrere sarà sicuramente quella già suggerita dalla situazione dell'associazionismo diocesano: si dovrà fare in modo che ogni associazione o gruppo riveda la propria vita in vista di:
    - una vera e reale «opera di salvezza» per gli appartenenti che attraverso la sua mediazione incontrano il Cristo e la chiesa;
    - una sempre più chiara convinzione che, essendo l'evento di salvezza «ineffabile», occorre dirlo con parole di uomo comprensibili e verificabili quali solo si possono trovare in una vera «produzione» di vita e di senso, per gli aderenti e per tutto il mondo giovanile;
    - una progressiva e più chiara maturazione di ogni gruppo come «gruppo ecclesiale» (in comunione con la parrocchia, la chiesa locale, il vescovo; costruttore del Regno di Dio nel territorio).
    Si aspetta la lettera pastorale del vescovo che dovrà essere punto di riferimento per ulteriori scelte di contenuto.

    Le scelte organizzative

    Premesso che sarà la lettera pastorale a fissarle, alcune comunque sembrano sufficientemente in via di approfondimento.
    I gruppi di coordinamento di micro-zona pastorale. Essi raccolgono i responsabili dei gruppi presenti in una zona geografica della diocesi dalle caratteristiche culturali uniformi. Tali gruppi dovrebbero avere due compiti primari già in via di esperimento in alcune zone:
    - maturazione formativa in una comune spiritualità di chiesa;
    - animazione del mondo giovanile nella zona secondo le direttive del Centro di pastorale giovanile diocesano e secondo la propria originalità.
    Una seconda scelta organizzativa potrà essere un Centro di pastorale giovanile diocesano sufficentemente agile, capace di studiare, proporre e animare.
    Ed una terza scelta potrà essere una Consulta con i compiti ormai noti.
    Non mi è lecito a questo punto specificare oltre i dettagli di queste strutture: sarebbero solo personali, non sufficientemente frutto di confronto e soprattutto non sarebbero, oggi come oggi, scelte della diocesi.
    Restano aperti vari problemi.
    Ne indico alcuni:
    - la possibilità effettiva che in ogni parrocchia si avvii il lavoro di revisione pastorale in funzione giovanile;
    - l'entità effettiva delle «forze» disponibili per questo lavoro;
    - la volontà (di associazioni, movimenti e gruppi) di «rivedersi»;
    - il funzionamento dei tre organismi, soprattutto tenendo conto che il problema fondamentale è quello del rapporto «centro-base»: se non si lavora seriamente per rendere le parrocchie sensibili alla problematica giovanile, il centro più efficiente girerebbe a vuoto; se nelle parrocchie non esistono realtà da coordinare, i gruppi di coordinamento ... coordinerebbero solo singole persone. E così via.

    CONCLUSIONE

    Le difficoltà, nella chiesa, sono all'ordine del giorno; i problemi aperti non debbono far paura. La soluzione sta solo nel «provarci» con sufficiente umiltà e coraggio.
    Chiedo venia della lunghezza e del fatto che forse un tale racconto non possa essere stato tanto «da siesta».
    So anche però quanto sia utile un'esperienza di altri per potersi orientare. Ho scritto solo con onesto spirito.

    Francesco Monti
    Piazza S. Giorgio
    63017 Porto S. Giorgio AP


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