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    Gli orientamenti dei giovani: vuoto morale o nuovi valori?


     

    Franco Garelli

    (NPG 1985-03-17)


    Abbiamo dato il materiale delle interviste ad alcuni esperti perché vi riflettessero sopra dal loro rispettivo punto di vista, alla ricerca di elementi significativi e unificanti le singole scelte o preferenze o azioni. Per tentare cioè di risalire, dall'area dei giudizi in campo di etica sociale e sessuale, alle globali preferenze dei giovani circa i valori, le scelte di fondo, l'area della realizzazione personale.
    La riflessione non è fatta in termini negativistici, come una prima lettura delle interviste potrebbe suggerire.
    I tre interventi infatti rilevano il nuovo, ciò che è interessante e da valutare, da approfondire maggiormente, pur evidenziando limiti e rischi di quanto i giovani pensano ed esprimono: tutto ciò in coerenza con una visione «educativa» della realtà giovanile, che legge nei dati l'emergere di bisogni e di domande specifiche.
    Ciascun intervento conclude allora con alcune indicazioni pedagogiche, che saranno poi riprese nella parte del dossier dedicato «all'azione».
    I tre interventi di riflessione e di commento sulle interviste si collocano dal punto di vista sociologico (Franco Garelli), teologico-morale (Giannino Piana) e psicopedagogico (Eugenio Fizzotti).

    Interrogando i giovani sui loro orientamenti di vita, sulle scelte di fondo, sui criteri alla base delle decisioni, si riscontra un'interessante uniformità di tendenze, di modalità espressive, di quadri di riferimento. Alcuni termini, alcune espressioni risultano ampiamente ricorrenti. Tra queste l'idea del «realizzarsi», dell'essere se stessi, dell'essere coerenti con i propri principi, del disincanto nei confronti di grandi obiettivi, della sfiducia nel poter mettere in atto una grande progettualità, della non rinuncia a porsi il problema del senso, della tensione ad una felicità a portata di mano, della ricerca di autoconsapevolezza.

    I QUADRI CULTURALI DELLA NUOVA GENERAZIONE

    Si tratta di aspetti tra loro intrecciati, che delineano un modello di riferimento in sé concluso, dotato d'un certo livello di coerenza, che sembra distaccarsi in modo rilevante dai quadri culturali di generazioni precedenti all'attuale. In altri termini, sta emergendo un orientamento globale che diversifica l'attuale condizione giovanile dagli adulti, da quanti cioè hanno vissuto la loro giovinezza (e quindi maturato la loro formazione di base) in contesti socioculturali diversi dall'attuale. Ciò significa ancora che il clima culturale di riferimento è oggi assai diverso da quello d'un passato anche recente, e che esso è in grado di informare in senso forte anche l'orientamento ai valori delle giovani generazioni.

    Una ricerca di senso «realista»

    Il giovane oggi è chiamato a vivere in un ambiente caratterizzato in senso forte dalla complessità e dalla differenziazione sociale.
    Ciò implica l'emergere in termini soggettivi di due atteggiamenti di fondo: quello del relativismo culturale che si produce a fronte della molteplicità dei modelli di riferimento, della varietà degli orientamenti sui valori, tipico tratto d'una realtà sociale caratterizzata dalla perdita dell'univocità culturale, dal venir meno del punto di riferimento unitari; e quello dell'impotenza sociale e culturale, atteggiamento che si determina nei casi in cui gli elementi di condizionamento risultano più forti oplla capacità di incidenza.
    L'esperienza della differenziazione e della complessità appaiono nelle giovani generazioni quotidiane. Si tratta infatti di soggetti che ogni giorno si affacciano ad un variegato mercato dei significati, che quotidianamente scoprono una molteplicità di modelli di riferimento, che continuamente incontrano persone-gruppi-collettività che rispondono in modo singolare al problema del senso. Tutto ciò orienta i giovani a ricercare in termini «personali» una risposta ai propri problemi di identificazione, a non avvertire l'esigenza che la propria ricerca si inscriva in una tensione collettiva nè sia avallata da un largo consenso. Anche l'incontro-scontro con la complessità sembra essere quotidiano. La non continuità tra titolo di studio e sbocco occupazionale, la difficoltà ad avviare a soluzione il problema dell'autonomia abitativa, la costrizione a rimanere per molto tempo in una condizione di parcheggio scolastico, l'impossibilità ad essere autonomi nonostante che su molti aspetti vi sia una condizione di maturità... questi alcuni dei campi di esperienza della complessità da parte dell'attuale condizione giovanile. È a questo livello che si avverte la non consequenzialità tra sforzi e risultati, che si matura la convinzione che è velleitario tendere ad un disegno di realizzazione sociale e politica. Emerge in altri termini la sfiducia nei confronti di una soluzione collettiva ai problemi della propria convinzione.
    In un contesto siffatto, a fronte del marcato pluralismo dei modelli di vita e dell'impotenza nei confronti delle logiche e dei condizionamenti del sistema sociale, non resta ai soggetti che far propria una prospettiva soggettiva, personale, di realizzazione. Resi impotenti dal contesto di appartenenza a tendere a obiettivi socialmente più impegnativi, i giovani mirano per lo più ad una ricerca di significatività nella vita quotidiana, a vivificare di senso quanto è nella sfera delle proprie possibilità, a non rinunciare alla tensione nello spazio circoscritto della propria sfera di influenza.

    Bene e male come principi relativi e soggettivi

    È quanto emerge, in particolare, dalla concezione di bene e di male espressa dai giovani. Il bene è l'oggetto della morale, ciò che questa o quella morale «comanda», mentre il male è ciò che la morale proibisce. Compreso nell'idea di bene è pertanto il riferimento morale ultimo del soggetto, ciò che egli considera come fortemente vincolante, ciò che egli si pone come criterio di realizzazione. L'analisi del concetto di bene e di male permette pertanto di disvelare gli orientamenti morali dei giovani, ciò che nel loro orizzonte culturale e di valore è alla base del modello di realizzazione, delle decisioni e delle scelte. Nel riferimento delle giovani generazioni bene e male si presentano prevalentemente come criteri da vita quotidiana; come principi relativi, non assoluti; come principi «personali», soggettivi; come principi non contraddittori.
    Anzitutto il bene viene considerato non tanto come un principio, un criterio ispiratore di tipo generale, estensibile a tutte le situazioni e circostanze, in grado di dare senso unitario alle varie esperienze, quanto invece come un orientamento la cui validità si restringe alla vita quotidiana, alle dinamiche di tutti i giorni, a quella sfera di azione immediata che meno di altre sfugge alle possibilità di controllo e di verifica dei soggetti. È il segno di una cultura giovanile che attribuisce larga importanza ad una vita improntata sull'immediatezza e sulla spontaneità, ciò anche in conseguenza dell'impossibilità di progettare in tempi lunghi, con prospettive assai allargate.
    Connesso al precedente vi è un altro elemento che caratterizza la concezione di bene e di male nei giovani. Bene e male considerati come principi relativi, non assoluti. Rispetto al precedente questo carattere attesta soprattutto le difficoltà a definire i criteri della morale da parte di soggetti inseriti a pieno titolo in un contesto - come l'attuale - di forte differenziazione sociale e di marcato pluralismo culturale. E ciò in quanto le giovani generazioni da un lato esprimono l'acquisizione di valori universalistici, risultano caratterizzate da una marcata accettazione e da una larga tolleranza di modi di vita e di espressioni culturali pur lontani dai propri modelli di riferimento; dall'altro lato riflettono nel loro atteggiamento il clima culturale - assai disomogeneo - che caratterizza l'attuale società; e dall'altro lato ancora evidenziano la difficoltà - tipica del tempo presente - a ridefinire la propria identità originaria, a rispondere in modo adeguato agli interrogativi dell'esistenza.
    Un altro carattere dell'orientamento morale delle giovani generazioni è individuabile nella considerazione di bene e male come principi sempre più soggettivi, determinati individualmente, personalmente. In questo caso viene negato - dalla maggior parte dei giovani - il carattere oggettivo di questi principi, intendendo per tale il fatto che essi siano al di fuori dell'orizzonte culturale di riferimento dei soggetti, che essi siano realmente in grado di interpellare l'uomo a mete e prospettive che non necessariamente si inseriscono nel quadro delle sue aspirazioni e delle sue tensioni di base.
    Ancora, la maggioranza dei giovani esprime una concezione di bene e di male come principi non contraddittori, una visione della realtà in cui questi due principi non risultano tra loro antagonisti, in conflitto, non escludentisi a vicenda. Nella concezione dei giovani infatti bene e male non sono due categorie applicate separatamente a realtà sociali, gruppi, aree di popolazione diverse, che si contrappongono nella società, quanto dimensioni di un'unica realtà, dell'esperienza umana complessiva. Bene e male quindi come dimensioni dell'esperienza, come forze che agiscono all'interno d'uno stesso soggetto, che si annidano compresenti in una medesima coscienza. Bene e male come realtà, inscindibili, di cui è possibile fare esperienza nella vita quotidiana, tra le quali appare impossibile delineare un confine.

    LA MORALE SOCIALE: UNA RIAFFERMAZIONE DELLA RESPONSABILITÀ

    Quanto detto trova singolare conferma dall'analisi della posizione dei giovani su alcune questioni di morale sociale. In questo caso - come per i temi di morale sessuale - i giovani dovevano pronunciarsi sul grado di condannabilità di una serie di atti, di atteggiamenti, quali l'assenteismo ed il disimpegno dal lavoro, la violazione della proprietà privata, l'evasione fiscale, l'occupazione di case sfitte. Nel campo della morale sessuale questi gli atti oggetto di valutazione: l'aborto, l'omosessualità, la masturbazione, il tradimento sessuale del partner, i rapporti sessuali prematrimoniali.

    Un nuovo rigore morale?

    Due atti relativi alla morale sociale sembrano più di altri essere oggetto di condanna da parte dei giovani: l'assenteismo ed il disimpegno nel lavoro, e l'evasione fiscale. Si tratta di azioni da cui traspare il venir meno del soggetto alle sue responsabilità sociali, l'incremento della disuguaglianza nella società, la negazione dell'interesse della collettività per dar spazio al tornaconto individualistico, ad una prospettiva qualunquista di realizzazione.
    Indubbiamente questa posizione appare per certi versi sorprendente.
    Singolare non è tanto il fatto che i giovani si pronuncino per la giustizia sociale o per l'uguaglianza tra i cittadini, aspetti questi in linea con la miglior tradizione ideale delle varie generazioni giovanili. Ciò che sorprende è l'assenza o l'attenuazione nella coscienza dei giovani del senso del condizionamento sociale che può spiegare alcune violazioni nel campo della morale sociale. La posizione sull'«assenteismo e disimpegno nel lavoro» appare a questo proposito 'emblematica. Molti osservatori e studiosi dei fenomeni contemporanei hanno con insistenza sostenuto che la caduta nei soggetti del senso di responsabilità in campo morale è imputabile all'aumento di consapevolezza dei condizionamenti sociali. Si tratta di una coscienza particolarmente allargata nel tempo presente, in un contesto sociale in cui si moltiplicano i segni dell'impotenza umana di fronte alla complessità dei processi sociali e dei condizionamenti strutturali.

    La sfera di libertà personale

    Che cosa significa l'affermazione da parte dei giovani della responsabilità personale in alcuni campi della morale sociale? Non che i giovani d'oggi non abbiano la coscienza dei limiti umani o del condizionamento sociale. Ma che aldilà di questi vincoli oggettivi si avverte una certa qual discrezionalità a determinare le condizioni della propria esistenza. Aldilà dei limiti strutturali v'è una sfera di libertà, v'è un'area di possibilità, di cui il soggetto è chiamato a rispondere e che è spinto ad interpretare secondo la propria intenzionalità. L'affermazione di fondo, aldilà dei condizionamenti, è di uno spazio autonomo in cui poter esprimere la propria personalità. Tutto ciò non ha soltanto valenza privata. Nell'interpretare la propria libertà il soggetto è chiamato a uniformarsi a quei valori di uguaglianza sociale, di giustizia, di partecipazione all'interesse pubblico, che risultano per molti versi nell'ordinamento del sistema sociale.
    Il richiamo alla giustizia sociale non sembra rappresentare nel caso dei giovani un'attenzione formale ad un valore universalistico. Esso indica invece un cambio di mentalità nelle giovani generazioni, la maturazione d'un atteggiamento che esprime la diversità di condizione dell'attuale generazione giovanile rispetto alle precedenti. È quanto emerge, ad esempio, dall'analisi dei giudizi circa la violazione della proprietà privata. In questo caso i giovani sembrano condannare apertamente modelli di vita in cui la proprietà privata diventa una filosofia individualistica di realizzazione, un indicatore della tendenza all'accrescimento indiscriminato di ricchezza e di risorse in termini personali. In tal modo essi sembrano denotare un atteggiamento di relativo distacco o di sobrietà nei confronti di beni e risorse materiali, proprio di quanti pur consapevoli del valore di tali beni tendono a non perdere in rapporto ad essi la propria libertà e identità. In secondo luogo, i giovani sembrano auspicare, in generale, una riduzione dell'area della proprietà privata, soprattutto nei casi in cui ciò permetta una miglior distribuzione delle risorse e dei beni tra i vari gruppi sociali, tra i vari soggetti. Almeno teoricamente l'idea della giustizia o della riduzione delle condizioni di disuguaglianze sembra essere più forte del principio del mantenimento della proprietà privata.
    La domanda di una maggior giustizia sociale non annulla la condanna della violazione della proprietà privata. Questa però assume un significato diverso rispetto a quello dominante in un recente passato, o rispetto a quello interiorizzato dagli adulti. La violazione della proprietà privata viene condannata perché essa non rispetta la sfera personale dei soggetti, quell'area di beni, risorse, oggetti, che il soggetto si è conquistato e attraverso i quali egli esplica il suo gusto e il suo modello di realizzazione personale. In questa prospettiva ciò che appare più condannabile non è tanto la sottrazione di beni, di oggetti materiali, quanto la violazione del diritto di ogni persona a organizzarsi in un certo modo, a costruirsi la propria esistenza secondo forme particolari, ad affermarsi secondo modelli ed espressioni personali. L'avere un qualcosa di proprio, di costruito personalmente, sembra rappresentare per i giovani un principio di identificazione, un modo di distinzione positiva della propria identità.

    LA MORALE SESSUALE: VERSO UNA RIDUZIONE INTENZIONALE DEL GIUDIZIO

    Il primo dato che emerge nelle valutazioni di una serie di atti relativi alla morale sessuale è che su molti aspetti i giovani abbiano difficoltà a maturare una posizione precisa, frutto di una sufficiente conoscenza dei fattori in gioco, caratterizzata da un adeguato consolidamento.
    Su problemi quali l'omosessualità, la masturbazione, l'aborto, le informazioni in possesso dei giovani risultano parziali, incomplete. Gli studi e le ricerche in atto in questi campi, la varietà delle posizioni che si registrano, la molteplicità degli aspetti che vi concorrono, rendono la maggior parte dei giovani incerti nelle valutazioni. Così, ad esempio, risulta difficile stabilire da parte dei giovani - sulla base delle informazioni in loro possesso - se la vita sia presente già all'atto del concepimento o meno, aspetto questo fondamentale nel determinare il giudizio nell'aborto; così, ancora, il fenomeno dell'omosessualità non viene affrontato (perlopiù) in termini di natura o cultura, nel senso che non si ricerca prevalentemente una risposta alle cause (naturali o culturali) alla base di questa condizione di vita, dal momento che la risposta a questo problema - stante la conoscenza su cui si può contare - appare ai giovani assai «lontana», quasi impossibile; così, ancora, stante le informazioni correnti è difficile valutare - sulla base dell'apporto delle scienze sociali - il grado di patologia o di normalità (alle diverse età) dell'atto della masturbazione. Certo su questa difficoltà pesa in modo rilevante un'informazione non sempre corretta, in molti casi insufficiente, che non supera di molto il livello del senso comune. Di fatto però per alcuni atti o campi della morale, la diversità di posizioni, il possibile mutamento delle convinzioni a seguito di particolari studi o prospettive di analisi, la difficoltà ad offrire conoscenze «stabili»... possono contribuire a spiegare il disorientamento dei giovani a cui qui si fa riferimento.

    La significatività personale della scelta

    La tendenza di fondo pertanto è quella di maturare una posizione che abbia validità personale, soggettiva, avendo abbandonato la velleità di sviscerare a fondo la realtà ed il campo delle conoscenze e di tendere alla validità assoluta. Si produce così un fenomeno di riduzione intenzionale, soggettiva, della complessità dei problemi. Gli atti, i fatti, vengono valutati in rapporto alla propria particolare sensibilità, fatti oggetto di semplificazione, non assunti nella loro complessità. Sembra questo l'unico modo per poter operare una valutazione, per procedere ad un orientamento.
    Così l'omosessualità viene considerata un fatto «normale» (più che naturale), una condizione di diversità; essa viene accettata se risponde ai criteri dell'affettività, perché il valore dell'uomo è più forte della diversità di sesso. Così la masturbazione viene considerata da alcuni come un'opportunità di conoscenza approfondita di se stessi, del proprio corpo. Così l'aborto viene ritenuto da alcuni come un atto di responsabilità rispetto al fatto di dover salvaguardare due vite: quella della giovane non ancora in grado, non orientata, a sopportare una condizione di maternità che le precluderebbe il modello di realizzazione;
    quella del bambino che sarebbe chiamato a vivere in un ambiente a lui non adeguato, non rispondente alle necessità dì una vita allo stato nascente. Dunque l'affermazione dì un valore di realizzazione personale, soggettiva, a scapito di altri valori o di una considerazione articolata e complessa dei problemi e della vita.
    Che non si sia di fronte ad un vuoto morale nelle giovani generazioni ma ad una diversa coniugazione dei valori e a quella che abbiamo chiamato come riduzione intenzionale della complessità, emerge anche dalla concezione della fedeltà nel rapporto di coppia. Nella grande maggioranza dei casi si è di fronte a soggetti convinti della fedeltà di coppia, dell'importanza dell'esclusività di rapporto tra partners, una fedeltà considerata non tanto come valore in se stesso, ma il cui valore è rappresentato dalla significatività che tale legame rappresenta per i soggetti.
    I giovani d'oggi risultano in genere molto più liberi nel rapporto di coppia, nelle dinamiche affettive. Liberi di legarsi ad una persona, di contrarre un rapporto di esclusività; liberi di scegliere tra varie opportunità. Le scelte quindi acquistano un carattere di maggior libertà e significatività. In questa situazione i giovani attribuiscono grande valore alla fedeltà nel rapporto di coppia. Ma hanno anche coscienza che se il rapporto di coppia si incrina, se sorgono dei problemi, il valore della fedeltà perde di rilevanza e può essere messo in discussione. La fedeltà dunque non tanto per la fedeltà, quanto per la significatività del rapporto.


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