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    Aprire la porta su un paesaggio nebuloso. Riflessioni sulla PG negli USA



    Pastorali giovanili nazionali /5

    Mary Greenan

    (NPG 2007-02-45)


    «Raramente una generazione di giovani è stata così interessata alla spiritualità e alla religione e così aperta verso l’esperienza del sacro e del trascendente come lo è oggi. Questo è un ‘kairòs’ per la Chiesa cattolica e il suo ministero pastorale per e con i giovani».[1] Tale piuttosto ottimistica affermazione commenta la più recente analisi indipendente e interconfessionale della vita religiosa e spirituale degli adolescenti americani.[2]
    Per alcuni tra coloro che lavorano in diretto contatto con i giovani nella Chiesa cattolica americana, confermerà ciò che già sanno dall’esperienza con i loro studenti, giovani avviati a un cammino di fede e i membri dei gruppi giovanili. Ad altri apparirà come un ulteriore tentativo di infondere speranza in una Chiesa immersa da polemiche su molti fronti, l’ultima delle quali sul modo in cui si è occupata del noto abuso sui giovani da parte di una minoranza dei membri del clero americano.
    La diversità delle reazioni a tale affermazione riflette l’attuale situazione della Chiesa cattolica americana. Forse è eccessivo parlare di una Chiesa «divisa», ma bisogna ammettere che si tratta decisamente di una Chiesa in crisi. Se si vuole che questa crisi dia adito alle sue opportunità intrinseche, è necessario che la Chiesa compia un’autoanalisi, come mai prima d’ora, in relazione alla sua capacità di servire un popolo sempre più eterogeneo, mutevole, informato, istruito e religiosamente più pluralistico che in qualsiasi altro periodo della sua storia. È necessario soprattutto che la Chiesa esamini una volta per tutte la sua capacità di raggiungere i giovani e la sua influenza sulla vita di coloro che rappresentano il suo futuro, gli adolescenti e i giovani cattolici americani.
    Nelle pagine che seguono esamineremo questo in relazione alla pastorale giovanile negli Stati Uniti, senza la pretesa di voler offrire una trattazione esaustiva dell’argomento. Non terremo conto infatti della sempre più numerosa presenza ispanica nella Chiesa cattolica americana; né si darà spazio alle diverse comunità delle chiese nazionali immigrate e alla loro influenza, specialmente sui giovani asiatici cattolici del paese. Partendo dal periodo post-Vaticano II della Chiesa americana, si cercherà piuttosto di presentare un panorama di ciò che si sta concretamente facendo per le generazioni più giovani. Le restrizioni poste a questo contributo sono perciò intenzionali, e si è scelto di non affrontare la questione dell’etnicità, nella speranza di non confondere ulteriormente le già poco chiare acque della cattolicità negli Stati Uniti oggi e in futuro.

    Per una miglior comprensione

    I cambiamenti della Chiesa cattolica negli anni ’60 e ’70 sono riflessi chiaramente nelle percentuali dei giovani in contatto con essa attraverso la partecipazione alle scuole superiori cattoliche e ai programmi CCD [3] e CYO.[4]

    2007-02 0001

    Il calo della partecipazione giovanile ai tradizionali programmi della Chiesa cattolica aveva le sue radici in una serie di orientamenti culturali. Uno dei più importanti era indubbiamente il fatto che i tradizionali ambiti di socializzazione della fede, tra cui si annoverano la famiglia, la parrocchia, la scuola, il quartiere e i mezzi di comunicazione, hanno perduto la loro efficacia nel trasmettere senso alle generazioni più giovani. Nel 1974 i Vescovi statunitensi si incontrarono per discutere di tale declino. Successivamente la Conferenza episcopale statunitense [5] nominò una commissione che nel 1976 pubblicò un documento dal titolo A vision of Youth Ministry, in cui per la prima volta si affrontava intenzionalmente questo tema. Gli obiettivi del documento erano molto chiari:
    – rispondere alla nuova realtà sociale;
    - portare nel lavoro giovanile della Chiesa una rinnovata ecclesiologia;
    – prestare maggiore attenzione alle necessità e alle risorse dei giovani come membri della Chiesa;
    – integrare la cura ecclesiale per i giovani all’interno della prospettiva unificante della «pastorale giovanile».
    Questo documento rappresenta per molti aspetti una novità assoluta nel settore della pastorale giovanile e sostiene molto chiaramente che:
    «La pastorale giovanile è la Chiesa che compie la sua missione per e con i giovani. Attraverso l’impegno della Chiesa nella pastorale giovanile, i giovani incontrano la parola di Dio, sono accolti nella comunità di fede, celebrano il Signore nella preghiera e nella liturgia e sono chiamati ad una vita di servizio nel nome del Signore».[6]
    Esso delineava inoltre nove fattori compositi necessari per tracciare linee globali di pastorale giovanile:
    1. «Uscita» verso chi è in difficoltà
    2. Evangelizzazione
    3. Catechesi
    4. Liturgia
    5. Comunità
    6. Accompagnamento e guarigione
    7. Attività di protagonismo
    8. Interventi di sostegno sociale
    9. Servizio e giustizia
    L’elemento forse più profondamente innovativo di questa visione della pastorale giovanile era il tentativo di attuare un modello di lavoro con i giovani che fosse realmente indirizzato alla crescita umana e spirituale della loro persona, e che ponesse questa finalità al centro dei suoi obiettivi e della sua missione pastorale. Si suggeriva, inoltre, che la pastorale giovanile dovesse allontanarsi da una preoccupazione quasi ossessiva per le attività, verso un reale e consapevole programma di interventi tesi a facilitare lo sviluppo olistico dei giovani in relazione alla loro vita umana, emozionale, morale e spirituale. Ciò doveva realizzarsi proprio attraverso l’intervento e l’interazione tra i giovani e gli adulti stessi. L’unica incognita in quello che si può definire un documento pionieristico era come una visione dalla portata così vasta potesse poi evolversi in futuro. Il suo merito fu comunque quello di cominciare ad articolare un processo che permettesse ai giovani di essere condotti a Cristo. Tale processo rappresenta un prototipo e un modello di lavoro per i giovani e gli operatori pastorali, e viene esemplificato nel cosiddetto «modello cuneiforme» della pastorale giovanile.

    2007-02 0002

    Il processo a sei dimensioni raffigurato nel diagramma è ciò che ogni giovane sperimenta nella sua vita. Il lavoro della pastorale giovanile consiste proprio nel favorire questa esperienza e nel far sì che essa si compia a tutti gli effetti. Le componenti del processo della pastorale giovanile, nonostante siano intenzionalmente distinte, sono unite e intrecciate nel tessuto dei vari interventi realizzati sia a favore dei giovani che dai giovani stessi. Il risultato del processo prevede che essi arrivino a possedere la propria fede in modo da diventare poi i co-protagonisti nel medesimo processo per i loro coetanei, il cosiddetto servizio «giovani per i giovani».
    La Vision of Youth Ministry rese chiaro che il servizio pastorale verso i giovani era parte integrante della vita della Chiesa. Nel 1986 la USCCB diede un seguito al documento pionieristico di dieci anni prima.[7] Se il primo rifletteva l’attenzione e l’impegno della Chiesa americana verso i giovani, questo secondo documento (The Challenge of Adolescent Catechesis) rispecchiava il fatto che essa aveva compiuto notevoli passi in avanti nella comprensione dell’evangelizzazione e cominciava ora a reclamarne la missione catechistica, parte integrante della sua tradizione. Spingeva inoltre la Chiesa a svolgere pienamente il suo compito di veicolo essenziale di promozione della fede e di conseguenza ad impegnarsi fermamente e con nuovo vigore nell’evangelizzazione.
    Il 1976 appare storicamente molto lontano nel tempo per una società e un mondo in continuo movimento; negli ultimi trenta anni, infatti, il panorama di tale società si è costantemente rimodellato ed evoluto. I continui e spesso paradigmatici cambiamenti in una cultura così complessa, il calo demografico e la differenziazione etnica che hanno forgiato la società americana negli ultimi vent’anni, hanno spinto la Chiesa cattolica americana a rivedere e a riconsiderare la sua visione originaria della pastorale giovanile. Questo è ciò che fece nel 1996.[8]

    L’esigenza di rinnovamento

    Se l’innovativo documento del 1976 aveva costituito un quadro di riferimento per la questione della pastorale giovanile nella Chiesa Cattolica degli Stati Uniti, vent’anni più tardi si rese opportuno un aggiornamento del pensiero che ne era alla base.[9] Questa nuova prospettiva, giustamente intitolata Renewing the Vision, fornì un’analisi della pastorale giovanile ancora più esaustiva di quella precedente. La spinta a rinnovare la «visione» della pastorale giovanile emerse sia dai nuovi bisogni della società americana, come prima descritto, sia dall’influenza dei nuovi sviluppi nella comprensione dei bisogni psicologici e religiosi degli adolescenti.
    Le sistematiche ricerche condotte nel campo dell’adolescenza, infatti, hanno permesso di comprendere i fattori che contribuiscono a un sano sviluppo adolescenziale.
    All’avanguardia in questa ricerca negli Stati Uniti si trova un’organizzazione opportunamente chiamata Search Institute.[10] Attraverso indagini compiute su più di 250 mila adolescenti in 450 comunità negli Stati Uniti, il Search Institute, un’organizzazione dedita alla promozione del benessere dei bambini e degli adolescenti, ha identificato quaranta elementi o risorse fondamentali per un positivo sviluppo nell’età evolutiva, riflettendo gli ampi studi compiuti sullo sviluppo dell’infanzia e adolescenza, la resilienza, lo sviluppo giovanile e la prevenzione dell’abuso di droghe. Questi quaranta elementi essenziali includono risorse esterne fornite dalla comunità attraverso le famiglie, le scuole, le chiese e le organizzazioni giovanili, e risorse interne sviluppate dall’adolescente stesso (per esempio l’impegno nell’apprendimento, valori positivi, abilità sociali e un’identità positiva). L’analisi dell’Istituto di ricerca mostra che:
    – lo sviluppo delle risorse comincia alla nascita e deve essere sostenuto nel corso dell’infanzia e dell’adolescenza;
    – la creazione delle risorse dipende dalla costruzione di buone relazioni con bambini e adolescenti, e richiede la presenza continua di una comunità che li esponga a messaggi positivi su ciò che è importante;
    – le famiglie possono e dovrebbero essere la più potente fucina di risorse dell’età evolutiva;
    – lo sviluppo delle risorse è facilitato laddove esse siano coltivate contemporaneamente da famiglie, scuole, organizzazioni giovanili, vicinato, istituzioni religiose, centri sanitari e all’interno di tutti quegli ambienti informali nel quale adulti e giovani si trovano a interagire;
    – ogni singolo membro della comunità ha un ruolo molto importante da svolgere.
    Questo modello per un sano sviluppo adolescenziale continua ad essere per l’azione pastorale fonte di ispirazione e di orientamenti pratici per il presente e per il futuro.
    Dopo aver passato al vaglio ed analizzato tutti i dati, è evidente che il lavoro pastorale con gli adolescenti ha bisogno di una maggior diffusione e di un’estensione comunitaria per trarre vantaggi dalle opportunità che questa ricerca ha individuato.

    Il cuore del rinnovamento

    Il documento del 1996 Renewing the Vision accolse le importanti scoperte della ricerca sullo sviluppo adolescenziale nel cercare di rispondere a ciò che indicò come le tre nuove sfide che il servizio pastorale ai giovani doveva affrontare: il disinteresse dell’America nei confronti dei giovani, i nuovi studi nel campo dell’adolescenza, e il continuo miglioramento della Chiesa nella comprensione e nella pratica della pastorale giovanile. Questa più ampia visione è delineata in tre obiettivi interdipendenti:
    – permettere ai giovani di vivere come discepoli di Cristo;
    – attirare i giovani verso l’attiva partecipazione alla vita missionaria e al lavoro della comunità di fede;
    – promuovere la crescita personale e spirituale dei giovani.
    Se da un lato si ribadivano e si rinforzavano i nove fattori compositi della pastorale giovanile delineati in A Vision of Youth Ministry, ciò che emerse come nuovo e innovativo nel 1996 era l’impiego di strategie sistematiche di esecuzione, insieme all’importante sfida riguardante gli aspetti relazionali della pastorale giovanile e la rete di contatti necessaria per la crescita della fede nei giovani, così come veniva sostenuta dall’esperienza comunitaria della Chiesa. In effetti, si può affermare che Renewing the Vision ha costituito per molti aspetti il fondamento della recente concezione della «catechesi per l’intera comunità», un’ampia e unificante idea ancora in fase di sviluppo e che sta trovando ora la sua giusta collocazione nelle parrocchie cattoliche degli Stati Uniti.
    Tale concezione pone il ministero per i giovani direttamente all’interno del contesto della comunità di fede locale, come parte integrante dell’esperienza della famiglia, della scuola, della Chiesa e del vicinato. È qui che l’inserimento e la partecipazione dei giovani alla vita e alla missione della Chiesa troverà il suo migliore alleato nella guerra contro il consumismo, la perdita di significato e la fragilità delle dinamiche relazionali, fenomeni che ancora imperversano nella società americana. C’è ancora molto lavoro da compiere, e più unificato sarà l’approccio, migliore sarà la possibilità di contrastare la frammentazione e la disintegrazione di una cultura così complessa e spiritualmente caotica.

    Cooperare per una riposta globale su scala comunitaria

    La chiave secondo cui dovremmo guardare al vasto e mutevole panorama della società americana oggi e in futuro è quella di mettere all’opera in modo unificante la ricerca spirituale delle prossime generazioni. Al momento, il lavoro della pastorale giovanile delle varie diocesi e comunità religiose, e delle agenzie che lavorano a favore dei giovani nella Chiesa cattolica degli Stati Uniti, è veicolato attraverso il prezioso lavoro dei direttori diocesani della pastorale giovanile che si riuniscono su base regionale e supervisionano il lavoro delle parrocchie. I direttori, persone creative e lavoratori instancabili, fanno da tramite tra i coordinatori parrocchiali della pastorale giovanile e le varie diocesi. La National Federation of Catholic Youth Ministry (NFCYM) è un’organizzazione professionale no profit di diocesi affiliate e membri collaboratori in contatto con la USCCB per il sostegno dei giovani nella Chiesa cattolica e nella società, e per la promozione di questo approccio globale alla pastorale giovanile.
    Molti responsabili di pastorale giovanile, insieme ai leader religiosi delle comunità impegnati nella pastorale giovanile, sono stati la spina dorsale della NFCYM. Nata nel 1982, questa organizzazione ha come missione principale quella di «servire coloro che servono la giovane Chiesa cattolica». Prima del 1982 fu protagonista di una storia alquanto singolare. Formatasi negli anni ’30 come Catholic Youth Organization (CYO), un programma parrocchiale per giovani atleti, fu poi spinta dalla USCCB a unificare il suo lavoro negli anni ‘40, con la nascita di un comitato di supervisione, conosciuto come National Catholic Youth Council (NCYC); quest’ultimo tenne il suo primo congresso nazionale per i giovani nel 1951. Nel 1961 si trasformò nuovamente nella National Catholic Youth Organizations’ Federation (NCYOF), che era una federazione dei Consigli diocesani di pastorale giovanile ed era finanziata dalle diocesi. Mentre agli inizi degli anni ’80 la USCCB tagliò i suoi finanziamenti a molte organizzazioni, la NCYOF riuscì a sopravvivere proprio grazie ai fondi indipendenti che riceveva da 90 diocesi americane.
    Se fino ad allora la NYCOF aveva appoggiato la precedente concezione programmatica della pastorale giovanile, dal 1981 cominciò a promuoverne la filosofia. Questo cambiamento preannunciò una radicale evoluzione di pensiero. Per molti aspetti l’organizzazione spostò la sua attenzione dai giovani agli adulti e in particolare al ruolo dell’animazione, diventando così promotrice della pastorale giovanile diocesana piuttosto che semplice supervisore o coordinatrice.
    Questo cambiamento preparò il terreno per la NFCYM, che nel novembre del 1982 tenne la sua prima Conferenza nazionale sulla pastorale giovanile e l’anno seguente promosse la sua prima Conferenza giovanile. Questo sistema di alternare una conferenza annuale per i ministri pastorali e una per i giovani continua a funzionare ancora oggi, dando alla Chiesa cattolica un significato reale sia per coloro che lavorano con i giovani che per i giovani stessi impegnati nel servizio ai loro coetanei. Queste conferenze nazionali sono una delle ragioni per cui i giovani americani e i loro leader accolsero senza remore le giornate mondiali della gioventù promosse dalla Chiesa cattolica durante il pontificato di Giovanni Paolo II. Esse vennero viste come un esempio dell’azione concreta della Chiesa al di là delle semplici buone intenzioni.
    Da quanto esposto finora, risulta chiaro che dal 1984 la NFCYM è stata la principale fonte per l’elaborazione di una visione della pastorale giovanile all’interno della Chiesa cattolica americana. Il suo contributo pertanto non può assolutamente essere sottovalutato, poiché gran parte della preziosa opera di messa in rete sperimentata nella pastorale giovanile del Nordamerica è stato e continua ad essere promosso proprio da questa organizzazione.

    L’attuale rischio di chiudere la porta

    Nel presentare un quadro globale dell’attuale situazione della pastorale giovanile nella Chiesa cattolica degli Stati Uniti, è importante considerare a quali risultati si è giunti finora e quanto impegno, energia ed entusiasmo sono stati profusi nel dedicarsi alla crescita nella fede dei giovani cattolici americani. È ugualmente importante non allontanarsi dalla realtà, mantenere uno sguardo obiettivo riguardo alle difficoltà e ai rischi insiti nei servizi pastorali ai giovani sia oggi che per il futuro.
    Il grave scandalo degli abusi sessuali ha sicuramente avuto un notevole impatto sui cattolici americani. Il clima di sospetto generato da questi scandali ha consolidato la sfiducia dei giovani nei confronti delle istituzioni in generale e, per alcuni, della Chiesa in particolare. Coloro che sono rimasti fedeli alla Chiesa continuano a cercare dentro se stessi una fede ricca di significato, da poter nutrire all’interno di una viva comunità di fede. Le parrocchie e le diocesi sono impegnate a fondo nella cura di questi giovani che hanno bisogno di tempo e di sostegno per il loro percorso. Purtroppo ci sono state e continuano ad esserci gravi conseguenze finanziarie in seguito allo scandalo sopra citato; alcune diocesi negli Stati Uniti sono andate in bancarotta a causa delle spese di risarcimento o giudiziarie. Tutto ciò ha causato tagli finanziari a livello diocesano; riduzioni e licenziamenti del personale sono all’ordine del giorno. Alcune diocesi hanno cercato di rimediare riducendo i turni, accorpando i reparti, raddoppiando così la già onerosa mole di lavoro. In questo clima, purtroppo, il settore della pastorale giovanile è uno dei primi a risentirne, forse perché il più sensibile alle crisi, ma anche perché quando le chiese non possono permettersi d’investire nella loro missione e devono preoccuparsi solo di «sopravvivere», sono il futuro e la sua visione ad essere maggiormente danneggiati; e il futuro è costituito proprio dai giovani. C’è bisogno di molto senso di fede perché si giunga a considerare la presente crisi come un’opportunità per una rinnovata dedizione verso i giovani, e perché la stessa creatività di cui ci si è avvalsi nell’affrontare i problemi del passato possa emergere anche nella precaria situazione attuale.
    Sicuramente i direttori diocesani della pastorale giovanile si ritrovano sotto una forte pressione, a cui alcuni non riescono a far fronte; altri hanno subìto una riduzione del loro potere diretto nel coordinamento della pastorale giovanile nelle diocesi. Con i nuovi direttori diocesani della formazione della fede che coordinano settori della pastorale giovanile costretti al ridimensionamento, sembra che si stia verificando un singolare fenomeno di accorpamento della pastorale giovanile al settore della formazione della fede. Di conseguenza, è in aumento il fenomeno per cui molti incarichi della pastorale giovanile, sia a livello diocesano che parrocchiale, vengono affidati a giovani coordinatori privi di esperienza, che spesso lavorano addirittura part-time. Questa linea di condotta porta con sé degli ovvi, seppur involontari, pericoli. La NFCYM continua a garantire una certa professionalità nel campo della pastorale giovanile, cercando di uniformare gli standard di formazione e di pratica, ma il rischio di prosciugare le energie e l’entusiasmo degli adulti impegnati nel lavoro con i giovani è evidente e deve essere affrontato prima che sia troppo tardi. Regredire in termini di advocacy a favore dei giovani equivarrebbe a chiudere le porte di fronte al futuro della Chiesa stessa; un’ipotesi allarmante, ma purtroppo molto realistica.
    Dalla ricerca del National Study of Youth and Religion (NSYR)[11] emerge il richiamo a fare qualcosa di più che mettere i giovani di fronte alla loro fede o individuare vie per educarli alla fede; si evidenzia la necessità di essere più sistematici e coerenti di fronte alle tradizioni della fede. Una simile sfida troverà largo spazio nei cuori e nelle menti dei membri più conservatori della Chiesa cattolica americana che vedranno in essa una chiara indicazione a tornare al Catechismo di Baltimora (il testo base usato per l’educazione cattolica nelle scuole, dal 1889 al 1960 circa) e a riportare in vita i principi dottrinali della fede, assenti in questa generazione poiché lo erano anche nella vita dei genitori. I cattolici americani stanno dunque assistendo a uno scontro tra la dottrina e l’esperienza religiosa, che vede impegnate le forze politiche di destra e di sinistra.
    In un paese dove politicamente la supremazia morale viene utilizzata per qualcosa di più che semplicemente parlare di guerra o di voci di guerra, c’è un rischio reale che il pendolo religioso oscilli da un estremo all’altro. Parte dell’ambiguità del sogno americano risiede nel suo aggrapparsi ostinatamente alla roccaforte morale quando poi si ritrova a vivere una delicata situazione di ingiustizia sociale.
    La stessa presunta supremazia morale ha messo piede anche in ambito religioso. Ci sono, infatti, molti cattolici americani di destra che sostengono una preoccupante forma di separatismo. Il pericolo è ancora una volta reale, anche se involontario; e si riscontra nella destra religiosa di un crescente fondamentalismo che si considera più giusto e virtuoso degli altri. È in questo pericolo che si trova, tuttavia, anche la più grande sfida per gli educatori della fede, i quali devono trovare dei modi per creare e diffondere un progetto sul contenuto della fede e sui valori e gli ideali della Chiesa che sia equilibrato, unificante e concreto. Devono essere creativi nell’educare le vite spirituali dei giovani a un vangelo di Cristo che non solo è presente, ma che si è incarnato ed è entrato nella vita quotidiana di giovani smarriti sul vero senso delle cose, in uno scenario culturale consumistico e incerto. Bisogna toccare i cuori e informare le menti. Il futuro della Chiesa cattolica dipende dal saper raggiungere i giovani, praticanti e non, e sostenerli con la Buona Novella di Gesù in modo reale e vivificante.
    Bisogna, inoltre, essere cauti nell’affermare che con un semplice ritorno al catechismo si risolverebbero tutti i problemi. Una soluzione così semplicistica alla complessa questione della fede nella vita dei giovani rischierebbe di oscurare il vero senso di questa sfida. È in atto negli Stati Uniti una grande trasformazione della fede, che va sotto il nome di «ricerca spirituale» e che, allontanandosi dal contenuto delle tradizioni religiose storiche, si sta tramutando in quello che viene chiamato il deismo moralistico e terapeutico,[12] una fede totalmente nuova e diversa.
    La vera sfida consiste dunque nell’indirizzare il desiderio dei giovani verso un credo che continui a nutrire la fede sia con la conoscenza e l’esperienza di Dio che con l’amore che Egli prova per ogni persona di buona volontà.

    Conclusioni sulla soglia di una porta aperta

    Sicuramente sono stati fatti molti progressi, ma molti ancora bisognerà farne. Le possibilità non mancano e, come spesso accade, c’è un’ampia ricompensa per coloro che decidono di incamminarsi verso vasti campi brulicanti di giovani anime che non aspettano altro che di essere guidate. Ritengo che il lavoro svolto dalla pastorale giovanile nella Chiesa cattolica americana abbia cambiato l’aspetto dell’intera catechesi parrocchiale per sempre, e lo ha fatto partendo dal basso verso l’alto.
    Tuttavia, per coloro che decidono di impegnarsi nel ministero per i giovani ci sono molteplici problemi all’orizzonte. La vera sfida sta nell’essere creativi, così come lo è stato il Dio in cui crediamo; di essere forti nella nostra fiducia nei giovani, così come lo era Gesù Cristo nella sua fiducia verso ciascuno dei suoi discepoli; di vivere con l’energia e la passione dello Spirito Santo che ci permette di scoprire in continuazione che in Dio tutte le cose sono possibili, specialmente quelle apparentemente impossibili.
    Infine, come afferma McCarty, siamo esortati a costruire sopra ciò che è stato già realizzato «negli ultimi ottanta anni di pastorale giovanile cattolica come struttura organizzata».[13] Come egli evidenzia successivamente, dobbiamo «ricordare la nostra missione principale che consiste nell’invitare i giovani ad essere discepoli di Gesù Cristo, mentre continuiamo a lavorare su una visione in continuo sviluppo sul ministero per e con i giovani, e svolto da essi stessi». McCarty conclude dichiarando: «Diamo il benvenuto a questa nobile avventura!».
    Siamo chiamati ad essere «avventurieri» e viaggiatori lungo il vasto e confuso panorama dell’attuale cultura americana; ad uscire dalla sicurezza dei porticati delle nostre Chiese per entrare nella vita dei giovani; ad andare loro incontro come mai prima d’ora, per portare il messaggio di Gesù che ci invita a lasciare che Dio diventi Dio nelle nostre vite e di conseguenza nei nostri cuori. Diamo il benvenuto allora a una così nobile avventura, esaltante e ricca di fede.

    (Traduzione di Maria Sole Monsellato)

    NOTE

    [1] McCorquodale, Charlotte; Shepp, Victoria and Sterten, Leigh National Study of Youth and Religion: Analysis of the Population of Catholic Teenagers and Their Parents, NFCYM, Washington DC 2004, p. 63.

    [2] Smith, Christian and Lundquist Denton, Melissa, Soul Searching: The Religious and Spiritual Lives of American Teenagers, Oxford University Press, New York 2005.

    [3] «Confraternity of Christian Doctrine» [Confraternita della Dottrina cristiana].

    [4] «Catholic Youth Organization» [Organizzazione della Gioventù cattolica].

    [5] Abbreviato in USCCB nel resto del testo.

    [6] United States Catholic Conference, A Vision of Youth Ministry, Washington DC 1976.

    [7] United States Catholic Conference, The Challenge of Adolescent Catechesis, Washington DC 1986.

    [8] United States Catholic Conference, Renewing the Vision: a Framework for Catholic Youth Ministry, Washington DC 1996.

    [9] Le due decadi tra il 1976 e il 1996 costituiscono una chiara prova dei continui progressi che, a partire dalla pubblicazione di A Vision of Youth Ministry, la Chiesa ha svolto in materia di comprensione e pratica pastorale con gli adolescenti. Le seguenti pubblicazioni costituirono la linfa per l’elaborazione nel 1996 di una nuova visone, ampliata e arricchita, della pastorale giovanile: The Challenge of Adolescent Catechesis: Maturing in Faith (NFCYM, 1986), The Challenge of Catholic Youth Evangelization: Called to Be Witnesses and Storytellers (NFCYM, 1993), A Family Perspective in Church and Society (USCCB, 1988), Putting Children and Families First (USCCB, 1991), Follow the Way of Love (USCCB, 1994), Communities of Salt and Light (USCCB, 1993), and A Message to Youth: Pathway to Hope (USCCB, 1995).

    [10] Il Search Institute è un’organizzazione no profit indipendente e non confessionale, la cui missione negli ultimi quarant’anni è stata quella di promuovere leadership, conoscenza e risorse necessarie per una corretta crescita dei bambini, dei giovani e della comunità. Per realizzare quest’obiettivo, l’Istituto continua a produrre e a divulgare nuove conoscenze e ad avvicinare le comunità, lo stato e i leader nazionali. L’Istituto di ricerca fu fondato nel 1958 dal Dott. P. Strommen Merton come un’organizzazione di ricerca di scienze sociali applicate, impegnata nello sviluppo giovanile. Originariamente si occupava dei giovani in ambiti religiosi; tale missione si è poi evoluta verso un più ampio interesse nei confronti di una loro crescita in diversi ambienti deella comunità e della società.

    [11] Le indagini recenti pubblicate dal National Study of Youth and Religion, il più vasto e dettagliato studio mai compiuto sugli adolescenti e la religione, nel libro:»Soul Searching: The Religious and Spiritual Lives of American Teenagers» (Christian Smith and Melinda Lundquist Denton, Oxford University Press 2005) dimostrano chiaramente che gli adolescenti sono molto più influenzati dal credo religioso dei loro genitori di quanto comunemente si creda. Tutto ciò farebbe presupporre che vengano condizionati anche da una loro manifesta indifferenza o ignoranza religiosa.

    [12] Il quarto capitolo del libro Soul Searching si occupa ampiamente di questo concetto, delineando i cinque punti del credo di questa religione (p. 162), pur dichiarando chiaramente che nessun adolescente in realtà utilizzerebbe la terminologia usata dagli autori del libro. È interessante sottolineare come il libro affermi chiaramente che «un tale credo ‘de facto’ è particolarmente evidente all’interno delle principali confessioni cattoliche e protestanti» (p. 163).

    [13] McCarty, Robert J, The Vision of Catholic Youth Ministry, St. Mary’s Press, 2005 p. 15.


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