Pastorale Giovanile

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    Il cammino con i giovani tra intuizioni e realizzazioni


     

    Roma-Loreto-Palermo-Verona

    Dalmazio Maggi

    (NPG 2006-04-27)


    Con lo slogan «Ricorda, racconta, cammina» è iniziato il cammino di preparazione immediata al Convegno ecclesiale di Verona che impegna ad essere «testimoni di Gesù risorto, speranza del mondo».
    È stato stimolante riandare ai convegni passati, al cammino fatto dalla Chiesa che è in Italia, perché è necessario e urgente che aumenti la convinzione:
    - che, di fronte a qualsiasi argomento e tematica da affrontare, non si incomincia mai da zero;
    - che quanto è stato detto e scritto, come espressione di esperienze vissute in prima persona (il già), e anche come prospettive che si ponevano come mete da raggiungere (il non ancora), è un patrimonio comunitario da ricordare e da cui partire con maggiore slancio;
    - che è bene esprimere concretamente la fedeltà al passato, riconoscendone il meglio realizzato, senza nostalgia; la fedeltà al presente, guardando con attenzione quanto si sta vivendo attorno a noi e lontano da noi, senza appiattimento alle mode del momento; la fedeltà al futuro, che è già nelle nostre mani.
    Ho ripreso in mano gli Atti dei convegni precedenti e ho letto tante pagine, con una particolare attenzione a quanto detto e scritto sui giovani. Nello stesso tempo ho tenuto presente quanto si scriveva, sempre sui giovani, in altri documenti della comunità ecclesiale.
    Sono cosciente che si tratta di una lettura «parziale», ma la considero molto utile per raccontare quanto è stato fatto «per» e «con i giovani. Molte intuizioni sono diventate con il tempo realizzazioni «dei» giovani.
    Le considero pagine di storia della Pastorale Giovanile in Italia, che evidenziano come, in occasioni di avvenimenti importanti per la Chiesa italiana, è stata tenuta presente e letta la realtà giovanile, come sono stati coinvolti i giovani negli incontri di preparazione e nei momenti di confronto e discussione, e infine quali orientamenti sono stati presi per un ulteriore cammino non solo «per» i giovani, ma «con» i giovani, anzi «dei» giovani.

    ROMA 1976: EVANGELIZZAZIONE E PROMOZIONE UMANA

    I giovani: alla ricerca e alla scoperta della propria vocazione

    Nelle indicazioni pastorali «Evangelizzazione e sacramenti», che si può considerare una traccia in preparazione al convegno, pensando al lavoro educativo pastorale tra e con i ragazzi e i giovani, si ricorda che, tra le forme di predicazione, «restano infine le altre forme di evangelizzazione, quelle cioè non legate a una celebrazione liturgica, ma inserite nel contesto della scuola di religione o della catechesi propriamente detta», e che «soprattutto attraverso questa permanente catechesi si aiuteranno i ragazzi e i giovani alla ricerca e alla scoperta della propria vocazione personale e saranno accompagnati nelle scelte fondamentali della vita». Pensando ai tanti catechisti si afferma che «il compito dei catechisti non dovrà limitarsi a tenere «lezioni di catechismo», ma dovrà estendersi a seguire i ragazzi nell’itinerario di fede e guidarli a una graduale esperienza di Cristo e della Chiesa».

    I giovani: in cerca di una nuova immagine di Chiesa da costruire insieme

    Nella sintesi dei documenti pervenuti dalle chiese italiane si afferma: «È doveroso riconoscere che, pur presente come preoccupazione evangelizzatrice all’interno di gran parte dei documenti preparatori, il problema dell’infanzia, dell’adolescenza e del mondo giovanile non ha avuto quell’attenzione specifica che avrebbe indubbiamente meritato».
    Più presente invece è la questione giovanile, come da molti è chiamata, anche per gli evidenti riflessi sul piano sociale, culturale e politico, oltre che ecclesiale.
    La questione giovanile è stata esaminata a livello socio-culturale come quello che permette più facilmente di individuare la presenza operante di determinate cause e di vederne le conseguenze operative sul comportamento dei giovani; e poi anche a livello ecclesiale per metterne in luce gli aspetti positivi, accanto a quelli manchevoli e negativi, per concludere all’esigenza indilazionabile di una pastorale giovanile, come di una pastorale di «frontiera» per le difficoltà che essa comporta.
    I giovani, si afferma, sono in cerca di una nuova immagine di Chiesa da costruire insieme: attendono la proposta di una fede libera e liberante, capace di accogliere i valori positivi del mondo moderno e di dialogare senza complessi di inferiorità con le culture e ideologie acristiane o anticristiane del mondo d’oggi, una fede tuttavia che non dia luogo ad aggregazioni chiuse che confondano la doverosa ricerca della propria identità cristiana con forme superate di integrismo.
    La richiesta va pertanto nella direzione di una pastorale giovanile fatta da giovani per giovani, che si esprima in forme comunitarie vicine alla sensibilità dei giovani d’oggi, che si apra alla formazione globale della personalità, che crei unità e comunione attorno al Vescovo, respiri della vita della Chiesa locale e che «viva non tanto della preoccupazione del consenso, quanto del lavoro dell’annuncio del Vangelo e nella sua traduzione in momenti di liberazione per la gente».
    Nelle relazioni generali si afferma: «Nei documenti non ha trovato che scarso spazio, se non per i suoi echi indiretti, una riflessione sistematica su ciò che ha rappresentato per la promozione culturale e per l’evangelizzazione l’esperienza della contestazione studentesca, il valore della domanda di cultura avanzata e il significato del suo decadere» (Paola Gaiotti).
    «V’è chi aggiunge che il profondo rinnovamento della catechesi per l’infanzia e dell’evangelizzazione nei sacramenti, avvenuto in molte parrocchie, ha operato un coinvolgimento vasto e non superficiale di giovani catechisti e di intellettuali. Le molte esperienze nuove di evangelizzazione di gruppi di giovani lasciano intravedere, secondo non poche risposte pur tra ostacoli e difficoltà anche relativi alla scuola e all’insegnamento religioso nelle scuole, i segni di una nuova presenza giovanile cristiana nella società» (Achille Ardigò).
    Nelle riflessioni conclusive si dice: «Mi si consenta qui una parola per i giovani.
    Essi vanno, all’interno di questi organismi tante volte da loro stessi creati, accolti nelle loro intuizioni e nella generosa loro capacità di invenzione, di trasformazione, di operosità. “Col maturare della coscienza della propria personalità, spinti dall’ardore della vita e della loro esuberanza, assumono le proprie responsabilità e desiderano prendere il loro posto nella vita sociale e culturale: zelo questo, che, se impregnato dello spirito di Cristo e animato da obbedienza ed amore verso i Pastori della Chiesa, fa sperare abbondantissimi frutti. Essi devono divenire i primi e immediati apostoli dei giovani, esercitando da loro stessi l’apostolato tra di loro, tenendo conto dell’ambiente sociale in cui vivono”» (Apostolicam actuositatem).
    Possono certamente i giovani, tanto più se aiutati ed assistiti con passione, contribuire a rinnovare profondamente gli strumenti di partecipazione ecclesiale, mentre essi, a loro volta, devono tendere a coinvolgere e compromettere le nuove generazioni nella viva e formidabile dinamica delle nostre chiese» (Luigi Maverna).

    I giovani: da raggiungere in modo nuovo e vivo

    Nel documento finale si indicano delle strategie per raggiungere i giovani e farsi comprendere da loro. «Dovremo compiere ogni sforzo perché le nostre Chiese siano un luogo di religioso ascolto e di accoglienza della Parola di Dio e centri vivi di una catechesi per tutte le età, operando un rinnovamento dell’annunzio e della catechesi che permettano nuovi metodi per raggiungere il Popolo di Dio, compresi i giovani, gli adulti e le comunità familiari».
    «Dovremo ricordare che tutti hanno diritto di capire la nostra catechesi, specialmente i semplici e i ‘minimi’. Il sempre più largo coinvolgimento dei laici preparati e impegnati nella catechesi permetterà che il nostro rinnovamento catechetico raggiunga tutti nel modo più consono alla esistenza di oggi. Noi lo speriamo vivamente».

    In contemporanea

    Nel piano degli anni 70 «Evangelizzazione e sacramenti» è citato più volte il documento «Il rinnovamento della catechesi», ma si afferma con decisione: «È però necessario che questi orientamenti siano concordemente recepiti e tradotti in pratica pastorale».
    Viene citato nei riguardi di alcune attività di tipo catechistico e liturgico. Paolo VI affermò: «È un documento ispirato alla carità del dialogo pedagogico, che dimostra cioè la premura e l’arte di parlare con discorso appropriato, autorevole e piano. alla mentalità dell’uomo moderno».
    Sono stimolanti le intuizioni sul metodo e sui soggetti della catechesi, che «illumina tutte le età dell’uomo», e che incidono nel prospettare una educazione alla fede e una promozione umana più attenta ai giovani. Anche il lavoro di elaborazione e pubblicazione dei catechismi per i giovani avviene «in un contesto di rinnovata attenzione al mondo giovanile, dopo anni in cui il dialogo con i giovani aveva assunto non poche volte caratteri conflittuali».

    LORETO 1985: RICONCILIAZIONE CRISTIANA E COMUNITÀ DEGLI UOMINI

    I giovani: come «gemiti» della creazione

    Il piano in cui ci si inserisce è «Comunione e comunità» e nei documenti di preparazione al convegno, tra le situazioni umane primarie da prendere in esame, si pongono «i giovani, la scuola, il lavoro, l’assistenza, la salute, la corresponsabilità nel territorio» e si invita la comunità a «sottolineare i valori cristiani espressi dai movimenti, soprattutto giovanili, da cogliere come ‘gemiti’ della creazione e dei redenti e dei giovani».

    I giovani: una realtà in movimento, da formare culturalmente e spiritualmente

    Nella relazione «La Chiesa segno e strumento di riconciliazione: prospettive per le chiese d’Italia», c’è una sottolineatura interessante: «Chiesa e giovani».
    «Il mondo dei giovani, come è ovvio, è quello in seno al quale si esperimentano le maggiori tensioni, specialmente per quanto riguarda il loro avvenire. La chiesa non può disinteressarsi di essi ed infatti formano oggetto di assidue ed amorevoli cure. Basti rilevare quanta parte delle attenzioni del santo Padre è rivolta ad essi.
    Si impone però considerare che la maggioranza dei giovani che si accostano alla chiesa sono quelli che appartengono alle associazioni, ai movimenti, ai gruppi... e che si tratta per lo più di studenti. Si notano anche, talora, forme di competizione tra i gruppi per l’appropriazione o l’adesione dell’uno o l’altro giovane, mentre non sembra ci si preoccupi abbastanza dei tanti ‘lontani’ che tali forse sono perché nessuno loro si avvicina.
    Un impegno missionario di tutti i giovani già sensibilizzati alla chiesa verso quanti non lo sono, mentre sarebbe un’azione pastorale quanto mai valida, avvicinerebbe i vari gruppi tra di loro, contribuendo a promuovere l’intesa e talora anche la riconciliazione.
    Quello che deve massimamente importare nell’accostare i giovani, non deve essere tanto l’organizzarli quanto il formarli culturalmente e spiritualmente, perché nel mondo di domani possano agire da cristiani, testimoniando le beatitudini del vangelo» (card. Salvatore Pappalardo).
    I giovani sono stati presenti nel dibattito delle commissioni soprattutto nell’ambito «Mediazioni educative e rapporto tra generazioni».
    «I giovani sono una realtà in movimento. Si dice che siano passati da una fase di scontro aperto ad una ricomposizione tra le generazioni. Sta di fatto che è evidente, da parte dei giovani, la ricerca di modelli alternativi, la sperimentazione di forme di evasione, l’incertezza di prospettive, il disinteresse sociale, la chiusura nel privato.
    D’altra parte non possiamo dimenticare che la società evolve velocemente e profondamente, e il processo di progressivo invecchiamento della popolazione pone nuovi interrogativi e rende più difficile il dialogo tra le generazioni».
    Ci si domandava con passione: «Cosa può fare la comunità ecclesiale, la famiglia, la scuola, il complesso sociale, per rispondere in termini di speranza all’insicurezza globale e alla richiesta di significato portata dai giovani?
    Come aiutare i giovani a riscoprire nuovi modelli maschili e femminili, a divenire capaci di comunicazione interpersonale e paritaria? Come sorreggerli nel poter discernere nella tradizione i valori sempre validi dall’incarnazione storica di quei valori che è mutevole e varia con il variare della storia?».
    Un primo elemento di riconciliazione tra le generazioni, tra i giovani e gli adulti, è stato individuato nella ricerca di obiettivi e di metodi educativi che siano fedeli, da un lato, all’attuale condizione giovanile e, dall’altro lato, alla specificità della proposta educativa e religiosa.
    In altri termini, occorre ricercare nel rapporto educativo una duplice fedeltà alle concrete condizioni di vita dei giovani e alla specificità e radicalità della proposta educativa e religiosa.
    È necessario riconciliare le condizioni di vita con la proposta educativa attraverso una ridefinizione del metodo educativo, che si raccordi a ciò che i giovani vivono, alle loro istanze culturali e che nello stesso tempo sia in grado di superarle.
    È auspicato un atteggiamento degli adulti rispetto ai giovani, nella prospettiva della riconciliazione, che impegni a un «passaggio da un ruolo d’insegnamento, di trasmissione di valori, a un ruolo di ‘compagnia’ nella vita; una presenza di compagnia non senza propositività, ma capace di esprimere la propositività nello stare insieme, nel camminare insieme, nella testimonianza, nei fatti, nella solidarietà, in una presenza vigile, operosa, partecipativa».

    I giovani: da incontrare nei luoghi della loro vita

    Nel documento finale «La chiesa in Italia dopo Loreto» in «Una nuova missionarietà» si afferma che «dire missionarietà significa indicare alle nostre Chiese il dovere fondamentale dell’evangelizzazione, dell’annuncio, della proposta, dell’andare là dove è l’uomo per salvarlo con i mezzi della grazia e dell’amore. Missione è avere coraggio di amare senza riserve.
    I luoghi di questa missionarietà rinnovata sono in particolare i luoghi dove la gente vive. Sono la famiglia, la scuola, l’università, il mondo del lavoro, della sofferenza e della emarginazione, le strutture pubbliche... Bisogna aprirsi a questi mondi e servirli in nome di Cristo, immergendosi particolarmente nelle calamità e nelle urgenze del Paese: mafia, droga, disoccupazione, disaggregazione, litigiosità ricorrente, gli ultimi...
    Inoltre si aggiunge che «la formazione dei laici per impegni sempre più responsabili nella Chiesa e nel Paese è un preciso dovere della Chiesa nel nostro tempo...» e che «associazioni, movimenti e gruppi, sono chiamati ad esprimere le note più autentiche della Chiesa di Cristo e l’impegno in quella ferialità del vivere dove si realizza e si testimonia la fede».
    Si conclude: «Particolare rilevanza ecclesiale e sociale riveste a questo proposito la pastorale giovanile sia come riflessione attenta sul mondo dei giovani sia come concreto impegno educativo teso ad offrire le ragioni dell’esistenza e la fiducia per il futuro».

    In contemporanea

    La Chiesa italiana rifletteva sul «Progetto catechistico italiano: linee portanti del catechismo per la vita cristiana» (ottobre 1984).
    Il progetto è impostato a modo di itinerario e presenta alcune caratteristiche fondamentali che lo qualificano come strumento di catechesi viva: si tratta di un itinerario permanente, sistematico, con le caratteristiche della gradualità, che si attiene alla legge della essenzialità.
    In ogni momento l’itinerario vuole essere cammino di iniziazione e di maturazione integrale nella fede. L’integrazione tra fede e problemi vitali dei soggetti è, in ogni catechismo, ricercata attraverso la proposta di una conoscenza del mistero cristiano che susciti nuovi atteggiamenti interiori capaci di tradursi in scelte di vita dettate dalla fede.
    Obiettivi di conoscenza da acquisire, di atteggiamenti da interiorizzare, di comportamenti da assumere, sono presenti in tutti i catechismi in forma strettamente congiunta e in modo da interagire tra di loro. È un vero progetto di pastorale giovanile, che impegna le comunità locali ad operare per una educazione alla fede nello stile dell’itinerario.
    Nello stesso anno il Papa convoca i giovani per la GMG di Roma. «Questi incontri hanno coinvolto un numero sempre crescente di giovani e hanno costituito un polo catalizzatore per la catechesi e la pastorale giovanile, producendone un inatteso risveglio in tanti paesi del mondo. Il Santo Padre ha avuto il grande merito di aver scosso la coscienza della Chiesa e del mondo affermando con tutte le sue forze la presenza nei giovani di un interesse vivo per il Vangelo», coinvolgendoli come protagonisti veri della vita della Chiesa.
    Va ricordato, inoltre, che nel 1988 viene riconsegnato il documento base «Il rinnovamento della catechesi», affermando con molta chiarezza che «là dove è divenuto oggetto di studio e di applicazione paziente, si è avviato un processo di rinnovamento capace di incidere, in modo positivo, non soltanto sulla catechesi, ma su tutta l’azione pastorale delle comunità».
    «Il DB guida la comunità a prendere coscienza che la catechesi, mentre mantiene un suo ambito specifico di azione, non deve essere isolata nel cammino pastorale, ma inserita in un piano organico. Tale piano, che ogni comunità deve darsi, comprende in una visione globale lo sviluppo unitario della pastorale catechistica, liturgica, caritativa». È una proposta, non più di settore o di una dimensione, ma unitaria, che impegna in un progetto integrale.

    PALERMO 1995: IL VANGELO DELLA CARITÀ PER UNA NUOVA SOCIETÀ

    I giovani: portatori degli ideali che si fanno strada nella storia

    Nella traccia di riflessione in preparazione «Il Vangelo della carità per una nuova società in Italia», riguardo ai giovani si riporta quanto affermato nel piano «evangelizzazione e testimonianza della carità», che individuava nell’educazione dei giovani una via privilegiata per annunciare e testimoniare il vangelo della carità.
    «Il mondo dei giovani vive e sperimenta, con intensità tutta particolare, le contraddizioni e le potenzialità del nostro tempo... Dal punto di vista dell’evangelizzazione assistiamo al crescere di fenomeni come l’indifferenza e la difficoltà di accedere all’esperienza di Dio oppure la forte soggettivizzazione della fede e l’appartenenza ecclesiale condizionata, nonché una sorta di endemico deperimento del consenso intorno ai principi etici. Ma, nonostante il diffuso disagio giovanile, a volte manifesto, altre volte soffocato, i giovani esprimono anche oggi le attese dell’umanità e portano in sé gli ideali che si fanno strada nella storia...
    Di fronte alla complessità e ai rapidi cambiamenti del mondo giovanile le nostre Chiese corrono il rischio di mostrarsi talvolta incerte e in ritardo. La pastorale giovanile, da realtà pacifica, collegata quasi spontaneamente con i modelli di socializzazione presenti nel nostro contesto culturale, è diventata oggi una realtà in profondo mutamento e alla ricerca di se stessa... Il compito della trasmissione della fede alle nuove generazioni e della loro educazione a un’integrale esperienza e testimonianza di vita cristiana diventa quindi una essenziale priorità della pastorale».
    Si afferma che «è indispensabile che nel suo servizio di educazione alla fede dei giovani tutta la comunità cristiana proceda per progetti e itinerari educativi rispettosi della realtà dei singoli e della ricchezza della proposta evangelica, riconoscendo i giovani come soggetti attivi della propria crescita e capaci di servizio generoso alla comunità».
    Si fa presente un rischio. «La comunità cristiana rischia di chiudersi con i giovani che già sperimentano la bellezza della vita cristiana e di dimenticare chi non incrocia più i suoi percorsi, mentre il Vangelo le è stato donato perché tutti ne possano sentire la forza viva e l’indicazione di vita».

    I giovani: una ricchezza per l’oggi... e per il domani

    I punti nodali su cui si è creata convergenza e votata l’accoglienza sono ben delineati nella relazione di sintesi dei lavori dell’ambito «i giovani».
    La necessità di «superare la suddivisione ormai troppo angusta tra giovani vicini e lontani... La Chiesa continua a dedicare gran parte delle sue energie ai giovani che hanno già intrapreso il cammino ritenendo gli altri quasi irraggiungibili».
    «I giovani sono spesso utilizzati come fornitori di servizi ecclesiali prima ancora di essere veramente motivati e aver compiuto quel cammino interiore che consente loro di assumere responsabilmente gli impegni». «La simpatia sincera ed intensa con cui la comunità cristiana si accosta ai giovani si traduce in limpida gratuità: la Chiesa desidera servire i giovani, non servirsi di loro; la Chiesa non giudica, ma comprende, interpreta, non condanna».
    «Non bisogna aver paura dei giovani anzi bisogna dare loro fiducia, accoglierli e credere che sono una ricchezza per l’oggi... e per il domani (ad essi è affidato il vangelo per il terzo millennio); occorre dunque credere che la società nuova non può essere costruita senza il contributo dei giovani».
    «La pastorale giovanile non può essere delegata a pochi specialisti, ma diventare impegno comune di tutta la comunità cristiana per i giovani; una comunità che si mette in missione verso i giovani e per i giovani».
    «È necessario proporre ai giovani ideali alti, capaci di far percepire la novità di un Dio che, mentre dà risposte d’amore, pone domande esigenti invitandoli a seguirlo ogni giorno sulla via della croce; cogliendo in questo modo anche l’invito del Santo Padre proprio in questo convegno a proporre di nuovo, e prima di tutto, Gesù Cristo, il centro del Vangelo».
    Nel saluto finale ci si rivolge ai giovani.
    «Ai giovani vogliamo offrire speranza e senso per la vita. Innanzitutto la speranza e il senso che si dischiudono alla luce di Cristo. Ci impegniamo, quindi, a ridire loro la novità del Vangelo nella rilevanza che esso ha per le loro ansie e per le loro inquietudini.
    Li ascolteremo nei luoghi della loro esperienza, aiutandoli ad essere critici contro ogni manipolazione, formandoli alla socialità, alla comunicazione, alla vera libertà; sosterremo, col nostro impegno sociale e politico, progetti che rispondano al loro desiderio di futuro, di cultura e di lavoro, di casa e di famiglia».

    I giovani: soggetti attivi e protagonisti della propria formazione e dell’evangelizzazione

    Nel documento finale «Con il dono della carità dentro la storia» si afferma in modo chiaro: «Ci sentiamo impegnati a offrire alle nuove generazioni la possibilità di un incontro personale con Cristo, nell’ambito di una comunità fraterna, dove ciascuno sia aiutato a sviluppare la propria identità, a scoprire e seguire la propria vocazione».
    «Le comunità cristiane, sollecitate da meravigliosi testimoni della carità totalmente consacrati all’educazione, sono tradizionalmente attente ai giovani e dedicano ad essi molte energie. Oggi però, di fronte alla carenza di relazioni educative, che provoca disagio ed emarginazione, avvertono l’urgenza di ripensare la pastorale giovanile, conferendole organicità e coerenza in un progetto globale, che sappia esaltare la genialità dei giovani e riconoscere in essa un’opportunità di grazia. Sono consapevoli che potranno mediare l’incontro vivo con il Signore Gesù, solo se sapranno essere luoghi di carità vissuta, laboratori di dedizione e condivisione.
    Come fece Gesù con il giovane ricco (cf Mt 19,16-22), le comunità guardino ai giovani con amore disinteressato e nello stesso tempo esigente, senza discriminazioni e strumentalizzazioni. Devono essere per loro una casa accogliente, in cui trovare occasioni di dialogo con gli adulti e nello stesso tempo essere valorizzati come soggetti attivi, protagonisti, della propria formazione e dell’evangelizzazione.
    Di grande importanza, per rendere concreta questa accoglienza, sono gli oratori e le altre strutture educative parrocchiali, le associazioni e i movimenti ecclesiali, luoghi privilegiati di crescita spirituale e di irradiamento missionario. I progetti diocesani non potranno prescindere dal loro ricco patrimonio di educatori, progetti educativi, itinerari di formazione».
    «I giovani chiedono di non essere lasciati soli. Hanno bisogno di qualcuno che sia loro vicino, senza però essere loro uguale. E perciò indispensabile formare educatori e guide spirituali, sacerdoti, religiosi e laici, in grado di accompagnarli nel cammino personale e di gruppo disponibili a loro volta a lasciarsi educare dagli stessi giovani, dalle loro attese e dalle loro ricchezze. Specialmente è necessario che i presbiteri non siano soltanto amici e animatori, ma si comportino da veri pastori, capaci di svolgere la direzione spirituale e di condurre i giovani, con regolare frequenza, all’incontro con il Signore Gesù nel sacramento della penitenza. Più generalmente occorre risvegliare responsabilità e passione educativa in varie figure di adulti: genitori, insegnanti, animatori culturali, operatori della comunicazione sociale, dirigenti sportivi, responsabili di ambienti ricreativi».
    «La pastorale giovanile deve estendersi agli ambienti della scuola, dell’università, delle caserme, del lavoro e del tempo libero, della vita di relazione e dell’impegno sociale, dove è possibile raggiungere anche i molti che non incrociano i percorsi specificamente ecclesiali. Pastori ed educatori incontrino i giovani là dove essi sono... valorizzando i carismi e le esperienze proprie delle associazioni e dei movimenti nella pastorale di ambiente. I giovani credenti siano aiutati ad essere i primi testimoni e annunciatori del Vangelo ai propri coetanei, ovunque Dio vorrà chiamarli. Tutti dobbiamo ricordare che, investendo energie a favore di coloro che saranno i protagonisti del primo secolo del nuovo millennio, si testimonia la speranza che ha il suo fondamento in Cristo, Signore della storia».
    In sintesi, il convegno ha rilanciato un’attenzione privilegiata ai giovani e nel documento conclusivo sono state individuate, per l’ambito dei giovani, alcune direzioni di marcia per rendere possibile l’incontro personale con Cristo: l’urgenza di riscrivere la pastorale giovanile dentro un progetto globale; la necessità di rendere le comunità capaci di guardare ai giovani con simpatia, portandole a essere «casa accogliente»; l’opportunità di sostenere il cammino dei giovani mediante figure educative, testimoni della fede; il proporre itinerari differenziati di formazione, secondo i diversi bisogni di fede e di vita; l’estensione della pastorale giovanile a tutti gli ambienti di vita frequentati dai giovani, coltivando dentro di essi la tensione missionaria, perché diventino annunciatori del Vangelo tra i loro coetanei.

    In contemporanea

    Gli anni ’90 registrano una nuova attenzione della Chiesa italiana per i giovani.
    Va ricordato che nel 1991 è stato elaborato un sussidio «Orientamenti e itinerari di formazione dei catechisti», che fa la scelta del metodo dell’itinerario per l’educazione alla fede. «La proposta dei contenuti della fede nel modo di un cammino che avvicina una meta per tappe progressive, con l’uso di strumenti adeguati, con attenzione alle situazioni, in modo da suscitare la libera adesione di tutta la persona, è esigenza intrinseca alla fede stessa ed è segno di buona salute del servizio catechistico».
    Con i giovani ci si mette in ascolto dell’uomo (identità personale), in ascolto della Parola (incontro con Cristo), si vive e si celebra la chiesa nella comunità (servizio ecclesiale), si testimonia e si comunica la fede nel Signore Risorto (la vita come vocazione e servizio).
    Inoltre nel 1993 veniva costituito il Servizio nazionale per la pastorale giovanile, con il compito di promuovere e sostenere la pastorale giovanile realizzata dalle diocesi italiane.
    «Ogni Chiesa particolare viene sollecitata a promuovere un’intelligente e coraggiosa pastorale giovanile, a partire da una costante attenzione ai cammini formativi degli educatori dei giovani, per arrivare a formulare proposte essenziali, forti e coinvolgenti».
    In uno sguardo sintetico ai tre convegni ecclesiali è stato scritto: «Se il primo convegno delle chiese in Italia, a Roma nel 1976, si può dire sia stato il convegno caratterizzato dagli uomini di cultura, con le accentuazioni talora laceranti di alcune visioni diversificate sul rapporto tra evangelizzazione e promozione umana, se quello di Loreto è stato caratterizzato dalle esperienze di associazione e movimento, con alcune contrapposizioni di visioni di chiesa quasi alternative, quello di Palermo, a mio avviso, è stato caratterizzato dai cristiani dei consigli pastorali, cioè dalla presenza di cristiani in quanto appartenenti alle realtà di base della vita ecclesiale, gli organismi di comunione, i consigli pastorali diocesani, con la passione di tradurre con maggior semplicità e coerenza e con slancio maggiormente missionario la ricchezza del dono del vangelo.
    C’erano anche a Palermo associazioni e movimenti, c’erano uomini di cultura, ma ciò che emergeva era il cammino normale, quotidiano della chiesa. I delegati erano presenti in quanto espressione delle comunità di provenienza; chi si è trovato più a suo agio sono stati loro, chi ha esigito maggior spazio di riflessione, di dibattito, di ascoltarsi per decidere sono stati proprio loro» (Domenico Sigalini).
    È interessante notare che, raccogliendo istanze e indicazioni emerse nel convegno di Palermo, i Vescovi italiani hanno voluto affrontare in una loro Assemblea generale (novembre 1988) il tema specifico della educazione alla fede dei giovani. Ne è scaturita (febbraio 1999) una riflessione: «Educare i giovani alla fede», «ricca di stimoli sia per la conoscenza del mondo giovanile, sia per la consapevolezza di quanto si va facendo nelle nostre comunità, sia per le prospettive aperte su ambiti e modi nuovi di intervento a favore dei giovani e del loro incontro con Cristo nella Chiesa».
    Inoltre l’Ufficio catechistico nazionale, in unità d’intenti con il Servizio nazionale di pastorale giovanile, nel dicembre del 1999, ha invitato ogni comunità ecclesiale e ogni proposta pastorale a chiedersi insieme innanzi tutto: «quale figura di giovane credente sogniamo? che rapporto vivo con Cristo proponiamo? quale esperienza di comunità? che progetto di vita?».
    Risponde in maniera provocatoria: «Non è più possibile oggi, in Italia, fare pastorale giovanile senza applicarsi a una precisa educazione alla fede e cioè senza impegnarsi seriamente nella coordinazione di contenuti, soggetti e obiettivi, evitando di scegliere pericolose scorciatoie sulla base di scelte sensazionalistiche. Nello stesso tempo però è lo stesso catechismo ad avvertirci di un pericolo contrapposto: fermarsi a una catechesi giovanile senza i giovani, cioè senza il loro mondo e senza una lettura attenta che un’illuminata e organica pastorale giovanile è in grado di fare per realizzare anche oggi l’incontro dei giovani con il vangelo di Gesù».

    VERSO VERONA PER ESSERE «TESTIMONI DI GESÙ RISORTO, SPERANZA DELL’UOMO»

    I giovani: «sentinelle del mattino»

    L’esperienza indimenticabile di Roma 2000 lascia ai giovani non solo dei ricordi belli e impegnativi, ma anche delle consegne precise: degli impegni presi davanti al Papa: essere «sentinelle del mattino» che non si rassegnano; essere «testimoni della croce» perché il mondo cambi strada; «non disperdersi», per mettere fuoco al mondo. Così il Papa li saluta: «Voi porterete l’annuncio di Cristo nel nuovo millennio. Tornando a casa, non disperdetevi. Confermate ed approfondite la vostra adesione alla comunità cristiana a cui appartenete. Da Roma, dalla città di Pietro e di Paolo, il Papa vi accompagna con affetto e, parafrasando un’espressione di Santa Caterina da Siena, vi dice: ‘Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in tutto il mondo!’».
    Nei documenti del nuovo millennio della Chiesa italiana i giovani sono presenti in maniera varia.

    I giovani: un talento da far fruttificare

    Negli orientamenti pastorali «Comunicare il vangelo in un mondo che cambia» (2001) si afferma: «Ci pare opportuno per gli anni a venire un’attenzione particolare ai giovani e alla famiglia. Questo è l’impegno che affidiamo e raccomandiamo alla comunità cristiana.
    Partiamo dai giovani, nei quali va riconosciuto un talento che il Signore ci ha messo nelle mani perché lo facciamo fruttificare. Nei loro confronti le nostre comunità sono chiamate a una grande attenzione e a un grande amore.
    Va detto che ora abbiamo tutti una grande responsabilità: se non sapremo trasmettere alle nuove generazioni l’amore per la vita interiore, per l’ascolto perseverante della parola di Dio, per l’assiduità con il Signore nella preghiera, per una ordinata vita sacramentale nutrita di Eucaristia e Riconciliazione...
    Occorre saper creare veri laboratori della fede, in cui i giovani crescano, si irrobustiscano nella vita spirituale e diventino capaci di testimoniare la Buona Notizia del Signore. Occorre impegnarsi perché scuola e università siano luoghi di piena umanizzazione aperta alla dimensione religiosa, sostenere i giovani perché vivano da protagonisti il delicato passaggio al mondo del lavoro, aiutare a dare senso e autenticità al loro tempo libero».

    I giovani: da problema a risorsa

    Nella nota pastorale «Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia» (2004) si dice: «Se la famiglia oggi è in crisi, soprattutto nella sua identità e progettualità cristiana, resta ancora un “desiderio di famiglia” tra i giovani, da alimentare correttamente: non possiamo lasciarli soli; il loro orientamento andrebbe curato fin dall’adolescenza. Ma è l’intero rapporto tra la comunità cristiana e i giovani che va ripensato e, per così dire, capovolto: da problema a risorsa. Il dialogo tra le generazioni è sempre più difficile, ma le parrocchie devono avere il coraggio di Giovanni Paolo II, che ai giovani affida il compito impegnativo di «sentinelle del mattino». Missionarietà verso i giovani vuol dire entrare nei loro mondi, frequentando i loro linguaggi, rendendo missionari gli stessi giovani, con la fermezza della verità e il coraggio dell’integralità della proposta evangelica».

    I giovani: i più efficaci evangelizzatori dei propri coetanei

    Nella nota pastorale «Questa è la nostra fede» (2005), presentando alcune occasioni particolari per il primo annuncio si afferma: «Altre occasioni da valorizzare sono quelle collegate al tempo libero e alle situazioni informali, nei quali soprattutto i giovani, tramontato il tempo delle contrapposizioni ideologiche, appaiono sorprendentemente più aperti al Vangelo, se esso viene offerto in un contesto di vera simpatia e di accoglienza amichevole, da una comunità cristiana coraggiosa nel proporre la sua fede e al contempo capace di intessere relazioni significative nell’oratorio, ‘sulla soglia’ e anche per strada. In tali circostanze i giovani stessi, adeguatamente formati e motivati, possono divenire i più efficaci evangelizzatori dei propri coetanei».

    I giovani alla ricerca di modelli per i loro progetti di vita e di impegno

    Nella traccia di riflessione in preparazione al Convegno, si afferma: «Occorre rendere vitale la coscienza battesimale del cristiano, a partire da un’attenzione speciale ai cammini di iniziazione di adulti, ragazzi e giovani, come i Vescovi hanno sovente richiamato in questi ultimi anni».
    Le domande, che sono offerte per la riflessione e il confronto, ci provocano: «Il grembo della vita cristiana è la comunità ecclesiale. Le nostre comunità sono attente a offrire cammini di iniziazione alla vita cristiana in tutte le stagioni della vita? Si delineano nuovi stili di vita per una testimonianza credibile ed efficace?
    Tra le esperienze che sono profezia di futuro si evidenzia «l’accompagnamento educativo nei confronti dei ragazzi e degli adolescenti». Per la riflessione e il confronto, con molta decisione ci si domanda: «Nelle nostre comunità cristiane viene alimentata la speranza di un rinnovamento? Come vengono valorizzate le figure vocazionali e le forme profetiche di impegno che meglio manifestano la speranza cristiana? In che modo genitori ed educatori cristiani comunicano con il loro stile di vita la speranza della novità cristiana alle giovani generazioni? Ci sono adulti nella fede, impegnati nella professione, nel mondo culturale e nella vita sociale, in cui i giovani possano trovare modelli per i loro progetti di vita e di impegno?».
    Anche per questo documento è bene ricordare quanto hanno affermato in modo provocatorio i Vescovi stessi in «Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia».
    «Dobbiamo chiederci: la comunicazione delle proposte che abbiamo formulato, anche attraverso convegni e documenti, è stata comprensibile per la gente (in modo particolare per i giovani) e ha saputo toccare il suo (il loro) cuore?
    Coloro che sono gli strumenti vivi e vitali della traduzione degli orientamenti pastorali - sacerdoti, religiosi, operatori pastorali - si sono coinvolti in maniera corresponsabile e intelligente nel cammino delle loro Chiese locali (delle loro comunità)?
    E i singoli credenti stanno affrontando il loro cammino cristiano non individualisticamente, bensì nel contesto della comunità dei discepoli di Cristo, che è la Chiesa (la comunità locale)?
    E noi Vescovi (sacerdoti ed educatori) abbiamo saputo dare gli impulsi necessari perché i nostri stessi orientamenti pastorali non restassero lettera morta (soprattutto per i giovani)?».

    UNA PROPOSTA PER COINVOLGERE I GIOVANI

    Riguardo agli ambiti si afferma che «è opportuno che l'esercizio della testimonianza presti attenzione ad alcune grandi aree dell'esperienza personale e sociale. In tal modo si potrà dare forma storica alla testimonianza cristiana in luoghi di vita particolarmente sensibili o rilevanti per definire un'identità umana aperta alla speranza cristiana».
    Intendiamo presentare ai giovani la traccia di riflessione, destinata ad accompagnare il cammino della Chiesa in Italia, nella preparazione al convegno di Verona.
    Cambia la prospettiva, in quanto ci mettiamo dalla parte dei giovani e gli interrogativi a cui intende rispondere la tematica diventano:
    - che cosa il Vangelo comunica alla vita dei cristiani «giovani», oggi?
    - come Gesù Cristo può rigenerare il vissuto «giovanile», soprattutto nella sua dimensione quotidiana? – quali forme e modalità possono caratterizzare la presenza dei cristiani «giovani» in questo momento storico nel nostro Paese?
    Con l'apporto di alcuni animatori sono stati analizzati gli ambiti della testimonianza e, pensando ai giovani, sono state riscritte le domande offerte per la riflessione e il confronto.

    A. Ambito della vita affettiva
    1. In un contesto culturale che vive il corpo come oggetto, come è possibile, nella quotidianità, camminare verso una affettività nelle relazioni interpersonali a partire dall'unità
    2. Nella nostra comunità che attenzione si ha all'educazione all'amore nella logica del vangelo?
    3. Come possiamo crescere nell'osservazione critica della cultura di oggi riguardo la sessualità e la vita affettiva?
    4. Come è possibile aiutare le famiglie ad essere sempre più coerenti al progetto cristiano?

    B. Ambito del lavoro e della festa
    1. Come maturare la capacità di una coscienza civile e un giudizio etico nelle questioni del lavoro e dell'economia alla luce dell'insegnamento sociale della Chiesa?
    2. Come fare per crescere nella consapevolezza che il profitto non è l'unico fine dell'impresa ma che è possibile orientare le imprese verso fini solidali e senza fini di lucro?
    3. Quali politiche sociali richiedere a favore della tutela dei 1. diritti del lavoratore e a favore delle imprese non a fini di lucro?
    4. Quali percorsi proporre per passare dalla festa vissuta come evasione dalla normalità alla festa come incontro con se stessi, con gli altri e con Dio? 3.

    C. Ambito della fragilità umana
    I. In che modo l'incontro con le diverse forme di fragilità può diventare luogo di speranza e di testimonianza cristiana?
    2. In che modo le opere di solidarietà, le iniziative di volontariato, la carità, possono diventare occasione di condivisione, confronto e dialogo con chi non crede?
    3. Come si possono conciliare la propria ispirazione cristiana e le priorità del servizio pubblico?
    4. Come calare la percezione del proprio limite e della propria fragilità nei rapporti personali e nel modo di essere dei nostri ambienti?

    D. Ambito della tradizione
    1. Per chi vive la speranza e la testimonianza cristiana del Risorto cosa significa condividere con la comunità ecclesiale e con la società il compito educativo?
    2. I mass media, che spesso propongono visioni della vita lontane dalla prospettiva cristiana e dai valori, in che modo possono essere utilizzati e con quale atteggiamenti?
    3. Le istituzioni culturali e di istruzione che si ispirano ai valori cristiani quale identità devono assumere?

    E. Ambito della cittadinanza
    1. Che contributo può offrire la speranza del Risorto a chi vive l'impegno sociale e politico?
    2. L'impegno civile in che modo può diventare testimonianza cristiana, nel rispetto dell'autonomia della dimensione sociale e politica?
    3. Come evitare che le grandi questioni civili si riducano a questioni ideologiche e di schieramento politico, ma stimolino invece forme di impegno significativo?
    4. In che modo l'insegnamento sociale della Chiesa può diventare un riferimento fecondo per chi agisce nella vita pubblica e sociale?

     


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