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    Evangelizzare

    i giovani lavoratori

    Egidio Viganò

     

    1. IMPOSTAZIONE

    Il tema proposto ci pone di fronte a una delle grandi urgenze della pastorale oggi. L'argomento è assai complesso. Sarebbe utopico voler qui affrontarne a fondo i vari aspetti. Ci proponiamo semplicemente di suggerire una impostazione che offra una visione d'insieme utile per illuminare alcune conclusioni operative, che i gruppi di lavoro sapranno individuare.
    Parlando di « evangelizzazione» a giovani lavoratori cerchiamo di rispondere a quattro domande concrete e necessarie: « che cosa», «quando», «a chi» e « come».
    Che cosa significa evangelizzare.
    Quando: il tempo in cui si evangelizza; ossia la considerazione dell'attuale ambiente culturale.
    A chi ci si dirige: la condizione particolare dei giovani lavoratori, quali destinatari.
    Come evangelizzare: la prospettiva di un processo operativo appropriato da inventare.
    Una simile impostazione, anche se succinta, potrà concentrare l'attenzione su alcune condizioni pratiche da privilegiare. San Giuseppe lavoratore ci ottenga luci.

    2. «CHE COSA» SIGNIFICA EVANGELIZZARE

    Abbiamo ormai validi documenti magisteriali al riguardo. Qui considero sufficiente ricordare tre orientamenti di fondo. Il primo si trova nella Dichiarazione del Sinodo speciale dei Vescovi dell'Europa (1991): «Non è sufficiente prodigarsi per diffondere i "valori evangelici" come la giustizia e la pace. Solo se è annunciata la persona di Gesù Cristo, l'evangelizzazione si può dire autenticamente cristiana. I valori evangelici infatti non possono essere separati da Cristo stesso, che ne è la fonte e il fondamento e costituisce il centro di tutto l'annuncio evangelico» (Dich. 3).
    Il secondo è la famosa affermazione di Paolo VI nell'Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi (1975): «Non si tratta soltanto di predicare il Vangelo in fasce geografiche sempre più vaste o a popolazioni sempre più estese, ma anche di raggiungere e quasi sconvolgere mediante la forza del Vangelo i criteri di giudizio, i valori determinanti, i punti di interesse, le linee di pensiero, le fonti ispiratrici e i modelli di vita dell'umanità, che sono in contrasto con la Parola di Dio e col disegno della salvezza» (EN 19).
    Il terzo, che si riferisce all'importanza di una metodologia pedagogica, è di Giovanni Paolo II, nell'Esortazione apostolica Catechesi tradendae (1979): «L'irriducibile originalità dell'identità cristiana ha per corollario e condizione una pedagogia non meno originale della fede. Tra le numerose e prestigiose scienze umane, che registrano ai nostri giorni un immenso progresso, la pedagogia è senza dubbio una delle più importanti. Le conquiste delle altre scienze – biologia, psicologia, sociologia – le offrono elementi preziosi. La scienza dell'educazione e l'arte dell'insegnare sono oggetto di continue rimesse in discussione, in vista di un miglior adattamento o di una più grande efficacia, con risultati peraltro diversi. Ora, vi è anche una pedagogia della fede, e non si parlerà mai abbastanza di quel che una tale pedagogia della fede può arrecare alla catechesi» (CT 58).
    Da queste affermazioni così significative emergono alcune considerazioni circa il significato specifico della missione evangelizzatrice.
    Innanzitutto si tratta di puntare sulla storia – la storia della salvezza – e non semplicemente di comunicare un sistema di pensiero o di adeguarsi a una normativa morale: conoscere o apprezzare gli eventi pasquali di Gesù Cristo e coinvolgere la propria persona nel loro formidabile impegno di liberazione dell'uomo. Perciò il compito di evangelizzare non si riduce a un indottrinamento religioso o alla spiegazione concettuale di una lista di verità. Non si tratta soltanto di ottenere erudizione scritturistica e apologetica (pur necessarie), ma di inserirsi attivamente nella storia: ossia di formare dei «credenti», seguaci di Gesù Cristo, che si impegnano a cambiare la propria persona e la società.
    La fede cristiana è energia storica; non esiste in se stessa come un trattato da studiare, ma è l'atteggiamento impegnato di discepoli che continuano nel mondo l'opera del Salvatore. È missione rivolta a persone concrete per illuminare e dinamizzare la loro vita, tutta intera e in situazione. Ciò significa, come qualcuno ha detto, far elaborare il «quinto Vangelo», ossia la traduzione nella vita dei credenti del mistero di Cristo descritto dai quattro evangelisti. L'ha affermato scultoriamente Paolo VI: c'è da raggiungere e sconvolgere «i criteri di giudizio, i punti di interesse, le linee di pensiero, le fonti ispiratrici e i modelli di vita». Portare alla convinzione che Cristo è il centro della storia, l'« uomo nuovo», la luce escatologica che giudica le culture e la forza trasformatrice che guida l'umanità al vero traguardo dei tempi.
    Evangelizzare significa continuare l'incarnazione redentrice nelle persone, nelle famiglie, nel lavoro, nelle culture, nella società. È la missione più grande dei secoli; è l'affascinante vocazione del Popolo di Dio.

    3. «QUANDO»: OSSIA IL TEMPO IN CUI L'EVANGELIZZAZIONE STA DIVENENDO «NUOVA»

    Il nostro «quando» è l'oggi. Un tempo di cambio epocale. Per questo si parla ormai ovunque di «nuova evangelizzazione». Cristo e il suo Vangelo non cambiano, ma sta cambiando l'uomo, la sua cultura: i suoi criteri, i suoi interessi, i suoi schemi di pensiero, i suoi stili di vita, le sue modalità di lavoro. Sta nascendo un uomo inedito che sente la tentazione di considerarsi «postcristiano». Per questo lo Spirito del Signore ha chiamato la Chiesa, nel Concilio Vaticano II, a una specie di capovolgimento pastorale che le ha richiesto di ripensare i suoi rapporti con il mondo. In questo senso l'evangelizzazione deve divenire opportunamente « nuova». Come ha detto il Papa: «Nuova nell'ardore, nuova nel metodo, nuova nelle espressioni».
    A tal fine c'è bisogno di un rilancio della spiritualità dei credenti: prima di tutto quella degli evangelizzatori, che li renda testimoni convinti e convincenti del mistero di Cristo e del suo Vangelo, e poi quella dei lavoratori cristiani. Una spiritualità, però, che non sia un semplice intimismo personale o di gruppo, ma che comporti un vero cambiamento di mentalità in rapporto alle novità culturali che vanno emergendo. L'evangelizzatore comunica la Parola di Cristo vestita di contemporaneità, per rispondere concretamente alle interpellanze dell'uomo di oggi. Quindi una Parola ascoltata e approfondita dalla condivisione dei problemi dell'uomo in contesto.
    Orbene: l'accelerazione dei cambiamenti socioculturali è permeata dall'avvento di alcuni «segni dei tempi» che nascono di per sé ambivalenti e pagani (per es. i processi di secolarizzazione, di socializzazione e di personalizzazione). I credenti sono chiamati a giudicare l'ambivalenza dei segni dei tempi, discernendone i valori, individuandone i disvalori, e dando una risposta adeguata alle loro molteplici interpellanze.
    È dunque la novità umana dell'«oggi» che deve essere assunta come ottica contestuale per la comunicazione del mistero di Cristo. Al di fuori del realismo di questo « quando» si corre il rischio non solo di non essere ascoltati, ma anche di non capire il valore di attualità salvifica del Vangelo. E ciò richiede un forte cambio di mentalità e uno speciale sforzo di preparazione per l'evangelizzatore: la sua spiritualità rinnovata dovrà tramutarlo in un testimone di Cristo, contemporaneo dell'uomo culturalmente inedito della società attuale.

    4. «A CHI»: AI GIOVANI DEL MONDO DEL LAVORO

    Ci siamo riuniti per riflettere sull'impegno di evangelizzare i «giovani lavoratori». Nel presentare il mistero di Cristo a loro ci sorregge il pensiero che Gesù è stato per molti anni lavoratore in una modesta officina di carpentiere.
    Il riferimento ai giovani lavoratori apre la nostra riflessione su due mondi da conoscere: il «mondo giovanile» e il «mondo del lavoro». Entrambi eterogenei e complessi. Qui possiamo solo indicare alcune note caratterizzanti, che dovranno orientare le nostre riflessioni.
    – Il mondo giovanile porta con sé esigenze peculiari. È vero che c'è un pluralismo di contesti a cui bisognerà adeguarsi; ma emergono alcuni dati della situazione giovanile che risultano caratteristici ovunque.
    Innanzitutto la considerazione che essi vivono un'età in evoluzione; ciò fa pensare all'importanza della scelta educativa da abbinare inseparabilmente all'impegno di evangelizzazione: «Evangelizzare educando»! Tale scelta comporta parecchie conseguenze pratiche per l'evangelizzatore-educatore.
    Avrà speciale importanza la cura delle «agenzie educative»: la famiglia, la scuola, le istituzioni sociali ed ecclesiali, l'associazionismo, la comunicazione sociale. Conosciamo tante carenze in queste agenzie; bisognerà saperle correggere o supplirle.
    Oltre al dato della indispensabilità del processo educativo, e in sintonia con esso, c'è la constatazione che nei giovani di tutti i contesti si riscontra il desiderio e l'impegno per costruirsi una personalità valida. Di fronte, però, alla pluralità di nuovi modelli, si sentono un po' soli nella ricerca di senso. Spesso appaiono incerti e incapaci di decisioni chiare e di lunga permanenza.
    In essi cresce anche il desiderio di nuovi valori, capaci di rigenerare i rapporti interpersonali e di offrire un rinnovamento sociale più umano (giustizia, pace, solidarietà, mondialità, ecologia, ecc.). Non amano il conformismo e la staticità.
    Inoltre sogliono proporre una domanda di nuovi rapporti: le relazioni con gli adulti, pur restando problematiche, attraversano oggi una stagione di maggior serenità; il legame con altri giovani si esprime con spontaneità attraverso un coinvolgimento di solito molto intenso; e le relazioni tra ragazzi e ragazze sono un dato culturale che si va sempre più universalizzando, anche se, non di rado, la promiscuità conduce a banalizzare il rapporto.
    Infine, in ogni contesto sono presenti per i giovani diverse forme di povertà, che sovente assumono dimensioni allarmanti. Esse vanno considerate con attenzione, perché rappresentano un grave ostacolo allo sviluppo del processo educativo.
    Questo rapido sguardo al contesto giovanile ci fa capire subito che, insieme alla «nuova evangelizzazione», c'è da 'promuovere con competenza una nuova educazione con attento riferimento ai vari aspetti della cultura emergente. Educare i giovani alla fede è davvero una grande sfida per la comunità ecclesiale oggi.
    – Il mondo del lavoro influisce notevolmente sui giovani lavoratori e sulla loro identità personale, sociale e religiosa.
    «Il lavoro – afferma il Papa nell'enciclica Laborem exercens – è, in qualche modo, la chiave di tutta la questione sociale» (LE 3); è al centro della società attuale; ne condiziona i progressi e gli squilibri. L'enciclica distingue il lavoro come fatto oggettivo e il lavoro come dimensione soggettiva. In entrambi gli aspetti le istanze sono numerose e con influssi mutui. A noi interessa soprattutto il giovane lavoratore, la dignità della sua persona, la sua coscienza, la sua professionalità, la sua fede.
    Ma per affrontare bene la dimensione soggettiva bisognerà contare sempre su una sufficiente conoscenza dell'attuale mondo del lavoro come fatto oggettivo. Le situazioni sono peraltro differenti nei popoli. Guardando all'Europa si constata che il mondo del lavoro è assai complesso e difficile, in continuo movimento; è un mondo che è stato caratterizzato da una crescente mentalità materialista, che ha portato con sé l'apostasia delle masse operaie. Un mondo che ha bisogno di speciale evangelizzazione; costituisce una delle urgenti priorità della missione di tutta la Chiesa. C'è da battezzare la nuova civiltà del lavoro; c'è da far capire che – come abbiamo visto in Gesù (anche se in un contesto culturale tanto differente) – la condizione del lavoratore non è necessariamente legata al materialismo.
    La prolungata erosione dell'etica del lavoro; la considerazione che si tratta di una civiltà di gruppo che ha conosciuto forti scontri di conflittualità; la constatazione dell'importanza delle organizzazioni sindacali e dei pericoli della loro strumentalizzazione politica; la creazione di una mentalità e di un linguaggio di fabbrica; il prevalere di una visione economicista; la costante ricerca di una maggior razionalità di produzione, che comporta spesso nocivi spazi di disoccupazione: fanno pensare a uno scadimento progressivo della qualità del lavoro umano e al dato sociale che in esso il lavoratore si sente, di fatto, come alienato.
    Si constata un urgente bisogno di reagire cristianamente e di privilegiare la Dottrina sociale della Chiesa nell'opera evangelizzatrice di questo complesso mondo. La promozione della giustizia, la priorità del lavoro sul capitale, il primato della persona sulle strutture, la promozione di una nuova cultura del lavoro con la crescita di una vera partecipazione che comporti una dimensione comunitaria a livello di progetti di iniziative e di responsabilità, costituiscono i grandi traguardi.
    Ciò richiede di arricchire costantemente l'attività educativa con il «Vangelo del lavoro».
    Al centro di questa nuova evangelizzazione va inclusa la formazione soggettiva del giovane lavoratore. C'è da ripensare con lui la dignità e centralità dell'uomo, l'importanza e il ruolo della famiglia e la natura della società.
    Ricordo una mia esperienza di tempo fa: essendo animatore spirituale e docente di religione di una scuola professionale nel Cile, avevo cercato dei testi che potessero servire concretamente per quel tipo di allievi; ma i libri scolastici a disposizione erano tutti per scuole umanistiche, anche belli, ma non adatti per i giovani lavoratori.
    Ho dovuto impegnarmi a redigere appunti e poi poligrafarli (come si faceva allora) perché gli allievi potessero usufruire di un sussidio adeguato alle loro esigenze.
    La scelta educativa a favore di questi giovani esige che si armonizzino dovutamente i valori propri della «Cultura del lavoro» con le luci e gli orientamenti del «Vangelo del lavoro». È un'arte non facile trasfondere l'apprezzamento per il lavoro e la gioia di viverlo cristianamente, l'importanza del ruolo familiare e sociale di ogni lavoratore, interpretato non solo come diritto ma anche come dovere, l'inseparabilità tra l'addestramento professionale e un'adeguata preparazione culturale e religiosa perché convergano simultaneamente nella formazione integrale del lavoratore; la differenza dei mestieri e delle professioni nella convivenza sociale, piuttosto che preparare alla lotta di classe, dovrebbe aprire la coscienza al dialogo in vista della solidarietà e della collaborazione e interdipendenza tra i vari ruoli.
    L'educatore ha bisogno di coltivare il coraggio di situarsi in frontiera e la competenza d'incarnare la Dottrina sociale della Chiesa in una metodologia pedagogica che assicuri l'efficacia dell'evangelizzazione. A tal fine gli servirà di valido orientamento l'enciclica Laborem exercens (14.9.1981) nei temi in essa trattati: il lavoro e l'uomo, il conflitto tra lavoro e capitale nella presente fase storica, i diritti degli uomini del lavoro, e gli elementi per una spiritualità del lavoro.
    Mi preme sottolineare proprio quest'ultimo aspetto: quello della spiritualità del lavoro. Per l'evangelizzazione dei giovani lavoratori bisogna seguire un cammino di educazione alla fede che riveli loro un progetto originale di vita cristiana e li aiuti a prenderne consapevolezza. Sarà indispensabile, perciò, curare una spiritualità giovanile che li aiuti a esprimere un modo peculiare di essere « credenti» oggi nel loro mondo, e organizzi la loro vita attorno ad alcune percezioni di fede, scelte di valori e atteggiamenti veramente evangelici. Si tratta di una spiritualità «pedagogica» comune a tutti i giovani in alcuni aspetti fondanti, ma peculiare per i lavoratori in quanto include gli elementi specifici di una spiritualità del lavoro.
    Far crescere i giovani lavoratori in pienezza «secondo la misura di Cristo, uomo perfetto» è il traguardo a cui aspirare: raggiungere la santità giovanile! Non è un ideale per casi eccezionali; è la vera mèta di un autentico cammino di educazione alla fede. Bisognerà proporsi tappe graduali, ma senza fermarsi mai né deviarsi. Questa non è una proposta utopica; non si pretende fare degli eremiti o dei monaci, ma di inculcare loro che cosa significhi essere « credenti» nella vita di tutti i giorni: in famiglia, nel lavoro, nella società.
    Si tratta di una «spiritualità» semplice, che possiamo chiamare «del quotidiano». I suoi nuclei fondamentali sono:
    – consapevolezza del dovere nel proprio lavoro, che tocca la vita di tutti i giorni;
    – gusto dell'amicizia con Cristo, che permea il quotidiano con la speranza pasquale;
    – coscienza della comunione ecclesiale, in cui la vita viene arricchita dalla forza dei sacramenti;
    – concretezza dell'impegno di solidarietà, che insegna ai giovani a servire generosamente gli altri nella realtà dei bisogni.
    Evidentemente questo tipo di evangelizzazione educativa che si dedica alla formazione di una peculiare spiritualità giovanile esige negli evangelizzatori-educatori la crescita e la testimonianza di quel «nuovo ardore» di cui parla il Papa come prima condizione della «nuova evangelizzazione».

    5. «COME»: QUALE CAMMINO PERCORRERE

    Ed eccoci al punto chiave: che cammino seguire e quali modalità usare per realizzare una evangelizzazione tanto coinvolgente?
    Innanzitutto conviene ricordare che l'educazione evangelizzatrice è sempre e in ogni settore molto concreta: tende, infatti, a formare i « credenti». Basta rifarsi ai tre orientamenti magisteriali che abbiamo citato sopra: quello della Dichiarazione del Sinodo per l'Europa e quelli di Paolo VI e di Giovanni Paolo II.
    Bisognerà saper ricercare adeguate premesse pedagogiche sia in quanto ai contenuti da proporre sia in quanto alla gradualità nel progredire.
    Paragoniamo l'opera di educazione evangelizzatrice a un «cammino» da percorrere, ricordando quello dei due discepoli da Gerusalemme a Emmaus. Il punto di partenza del cammino è quello di mettersi in compagnia dei giovani lavoratori incontrandoli dove si trovano, conoscendone concretamente il livello umano e religioso, osservando il contesto dei loro ambienti, valorizzando quanto già hanno di positivo e ascoltando attentamente le loro interpellanze, per incominciare poi a presentar loro una proposta di fede all'interno di un processo continuato.
    Il cammino da intraprendere sia sempre orientato, senza deviazioni (anche se incontriamo i giovani al punto in cui si trova la loro libertà), verso la mèta finale di una fede convinta della centralità salvifica di Cristo. Lungo il percorso ci saranno da curare particolari « contenuti» del dialogo e da calcolare pedagogicamente alcune grandi « tappe» di gradualità.
    I contenuti da curare li possiamo distinguere in quattro aree complementari da prendere in conto simultaneamente con un dosaggio variabile a seconda della ricettività dei giovani. Non si tratta di quattro settori successivi l'uno all'altro, bensì di quattro aspetti da saper miscelare con dosaggio pedagogico (più dell'uno e meno dell'altro secondo i casi) e attentamente rivisti in consonanza con i passi che si stanno facendo.
    Le quattro aree sono le seguenti:
    – la promozione umana, in relazione con le esigenze del mondo del lavoro, da assumere come terreno proprio di sviluppo del-l' atteggiamento religioso dei giovani;
    – l'incontro personale con Gesù Cristo, lavoratore e maestro, che con il suo mistero pasquale inaugura l'« uomo nuovo» che porta a scoprire il senso dell'esistenza umana individuale e sociale;
    – l'inserimento progressivo nella comunità dei credenti che è la Chiesa, Popolo di Dio in cammino; essa è Madre e offre l'energia vitale di Cristo attraverso i sacramenti;
    – l'impegno personale per il Regno di Dio che è servizio e lavoro; cura la vocazione di ognuno alla solidarietà e alla trasformazione del mondo.
    L'approfondimento educativo di queste aree richiederebbe un lungo discorso, già fatto autorevolmente e che potete trovare nel libro Conversava con noi lungo il cammino (Elle Di Ci, 1991).
    Quanto alle grandi tappe da tener presenti, possiamo rifarci a un recente documento dell'Episcopato spagnolo sulla «Pastorale giovanile» (nn. 33-37). Sono differenze di gradualità lungo il cammino di fede:
    – la tappa «missionaria» caratterizza i primi approcci di una educazione giovanile aperta all'ottica religiosa;
    – la tappa «catecumenale» si riferisce a una maggior conoscenza e attrazione verso Cristo e la sua Chiesa, nell'intento di dar senso esistenziale al Battesimo;
    – la tappa «pastorale» sviluppa la vocazione cristiana (Battesimo, Cresima, Eucaristia) intensificando gli impegni personali di testimonianza, di comunione ecclesiale e di impegno nel bene.
    Come si vede, il cammino non è né semplice né univoco, ma ha un tracciato concreto; ha bisogno di venir tradotto in « itinerari» adatti e variabili, su misura delle persone e dei gruppi. Ciò richiede attenzione critica, scienza, sapienza e rinnovata spiritualità negli evangelizzatori-educatori, sia durante i primi passi con i giovani sia lungo tutto l'ininterrotto progredire.
    C'è bisogno di una pedagogia realista, nella quale cultura e fede si richiamino costantemente per accogliere la vita, per scoprirne il senso, per sottolinearne la dimensione di trascendenza – non tanto una trascendenza di tipo filosofico, quanto quella storica degli eventi pasquali di Cristo –, per aprirsi a un crescente esercizio di solidarietà (il Vangelo della carità!), e per tradurre le convinzioni acquisite in una spiritualità vissuta che proclami una concreta testimonianza di fede sempre più robusta e dinamica.
    In questo senso si dovrà privilegiare molto la considerazione della vocazione e missione del laicato, secondo le nuove frontiere indicate nell'Esortazione apostolica Christifideles laici (nn. 37-44).

    6. LA PROSPETTIVA LAICALE

    Per una adeguata evangelizzazione dei giovani lavoratori è auspicabile aver sempre presenti gli orientamenti di due documenti magisteriali per i fedeli laici: il decreto Apostolicam actuositatem del Concilio Vaticano II e l'Esortazione apostolica Christifideles laici.
    Se l'evangelizzazione deve essere iniziazione a un'esperienza di fede e se l'energia che la muove è propriamente una spiritualità del quotidiano, sarà indispensabile come impostazione di fondo approfondire il significato religioso dell'ordine temporale e rileggere nel Cristo non solo la sua missione di redentore, ma anche la sua primordiale iniziativa di creatore: «Tutto è stato fatto per mezzo di Lui, e senza di Lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste» (Gv 1,3).
    Solo con una visione del mondo illuminata dalla fede si può capire perché il Papa parla di «Vangelo del lavoro» che offre un nuovo modo di pensare, di valutare, di agire e di dare al lavoro il valore che ha per il credente. Lo accomuna con Cristo quale collaboratore della sua potenza creativa. Lo sforzo di scoprire i valori educativi umani ed evangelici del lavoro evitano al credente i pericoli sia dell'alienazione dalla realtà quotidiana, sia della concezione di una fede ridotta a intimismo soggettivo.
    «L'opera della redenzione di Cristo – afferma il Concilio –, mentre per natura sua ha come fine la salvezza degli uomini, abbraccia pure la instaurazione di tutto l'ordine temporale»; di qui la missione laicale «di permeare e perfezionare tale ordine con lo spirito evangelico» (AA 5). E questo spirito «non solo non priva l'ordine temporale della sua autonomia, dei suoi propri fini, delle leggi, dei mezzi, della sua importanza per il bene degli uomini, ma anzi lo perfeziona nella sua consistenza e nella propria eccellenza e nello stesso tempo lo adegua alla vocazione totale dell'uomo sulla terra» (AA 7).
    L'evangelizzatore-educatore deve saper capire e comunicare i valori propri del mondo del lavoro, sia come fattore di umanizzazione e di progresso, sia nel discernimento delle sue ambivalenze e ingiustizie, sia nella correzione delle incrostazioni ideologiche che lo hanno deturpato. In esso, infatti, si trova la manifestazione storica della vocazione dell'uomo nel mondo, abbellita dalle sue peculiari esigenze etiche.
    «Se le parole bibliche "soggiogate la terra", rivolte all'uomo fin dall'inizio – scrive il Papa –, vengono intese nel contesto dell'intera epoca moderna, industriale e postindustriale, allora indubbiamente esse racchiudono in sé un rapporto con la tecnica... che è il frutto del lavoro dell'intelletto umano e la conferma storica del dominio dell'uomo sulla natura» (LE 5).
    I progressi tecnologici promuovono l'uomo: sono frutto dell'intelligenza e della scienza; essi sono certamente un bene assai positivo; se invece di essere posti al servizio dell'egoismo fossero messi a disposizione dell'amore, quali benefici vantaggi apporterebbero all'uomo! Sono, come ha detto bellamente il Papa, «alleati del lavoro»; ma ripropongono in modo nuovo sia l'impostazione dei problemi del lavoro sia il ripensamento sociale del precetto evangelico della carità.
    Non si tratta, qui, di legare l'evangelizzazione dei giovani lavoratori né all'artigianato primitivo né all'ultimo sviluppo della tecnica; ma di realizzare l'educazione alla fede promuovendo il lavoratore in qualsiasi situazione, a tutti i livelli e stadi del fenomeno «lavoro»: assicurare il primato della coscienza di credente al di sopra della scienza e della tecnica, senza deviazioni morali.
    È certamente uno dei compiti più urgenti da affrontare con tutti i mezzi possibili: associazioni, scuole, centri giovanili, movimenti e iniziative varie. A tale scopo, un fattore particolarmente valido da incrementare è il coinvolgimento dei laici che abbiano particolari competenze nel mondo del lavoro.
    In una Europa lanciata all'immane compito di unificazione democratica dei numerosi suoi popoli quest'impegno potrebbe risultare particolarmente promettente.

    7. APPELLO AI CONSACRATI

    Per concludere è bene ricordare che lo Spirito Santo ha arricchito la Chiesa con carismi particolarmente orientati verso i giovani lavoratori e verso i ceti popolari. Ebbene: oggi sorge dal mondo del lavoro, a qualunque suo livello, una forte interpellanza alla Chiesa per l'evangelizzazione dei giovani lavoratori. Urge togliere la cenere dalla brace e riaccendere la fiamma del proprio carisma per illuminare e amplificare questa frontiera.
    Il Concilio Vaticano II ha chiamato le famiglie religiose ad approfondire la propria identità e a rinnovare la propria missione rispondendo con accurata attenzione alle sfide dei tempi.
    L'evangelizzazione dei giovani lavoratori è una di queste sfide. Bisogna ascoltare l'appello dei giovani e della Chiesa. Forse l'interscambio attivo dei vari Istituti e Associazioni può aprire un modo più positivo di organizzare la speranza.
    È necessario che all'interno di ogni Gruppo e con una maggior comunione mutua emerga con adeguata consapevolezza e con efficace metodologia il problema concreto dell'educazione evangelizzatrice dei giovani lavoratori. È da auspicare che anche i Pastori ne prendano sempre più chiara coscienza come parte vitale del rinnovamento di tutta la pastorale del lavoro.
    La Vergine Maria, che è all'origine di questi carismi, interceda maternamente per il loro rilancio!

    (FONTE: Gianni Fornero, ed., Evangelizzare i giovani lavoratori, Elledici 1993, pp.151-163


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    Ritratti di adolescenti
    A cura del MGS


     

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