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    Le parole della fede /4


    Giuseppe De Virgilio

    (NPG 2007-07-26)


    EVOCAZIONE

    Dire «sì» significa rispondere affermativamente, esprimendo la volontà di aderire con tutto se stesso alla realtà che mi è di fronte. La nostra vita è costellata di «sì» e di «no». Sono i primi due monosillabi che fin dall’infanzia impariamo a ripetere, oltre al vezzeggiativo dei nostri genitori (papà/mamma). Man mano che si cresce, il «sì» come il «no» diventano sempre più impegnativi, compromettenti, esistenziali. In particolare vi sono alcuni «sì» che siamo chiamati a dire con conseguenze significative e che determinano il progetto di vita e il futuro.
    - Un primo «sì» è quello che indica l’appartenenza nei confronti dei nostri cari e della nostra famiglia. Rispondiamo all’appello del nostro nome ed impariamo a «riconoscerci» nel «sì» di fronte alle realtà che scopriamo davanti a noi. Anche se talvolta non viene espresso a parole, nel corso della nostra infanzia ci sentiamo uniti ai nostri cari, anche quando da bambini diciamo il «no» per affermare la nostra presenza («crisi del no»).
    - Un secondo «sì» ci mette in relazione con la storia del nostro ambiente, che è fatta di volti, situazioni, emozioni, scoperte e memorie. Le prime esperienze di amicizia, la condivisione del cammino educativo, il mondo della scuola, la realtà religiosa, le sue figure, i suoi tempi, i suoi luoghi (si pensi al percorso di iniziazione alla fede). È in questo secondo «sì» che si imprime nel nostro cuore la memoria della nostra appartenenza ad una terra, ad un tempo straordinario che determina l’infanzia.
    - Un terzo «sì» lo ripetiamo nelle scelte che si presentano lungo la crescita: gli indirizzi scolastici, la professione, le relazioni affettive (la scelta del partner). Più si procede nella vita, più si avverte la «solitudine del sì». Chiamati a prendere possesso della propria esistenza, realizziamo il nostro «sì» costruendo l’itinerario della nostra esistenza tra «sentieri e labirinti».
    - Un quarto «sì» è quello di natura «vocazionale». Il compimento professionale porta l’uomo e la donna a pronunciare il «sì», sentendo nel proprio cuore il bisogno di una stabilità affettiva e progettuale. Ovviamente questo «sì» è preparato dall’intero percorso esistenziale che ci ha preceduti. Affetti, conoscenze, valori, sofferenze, esperienze di vita e opzioni di fede entrano a far parte di questo «sì», che si traduce in una decisione stabile che si esprime nel dono della propria vita a servizio degli altri.
    Va sottolineato come l’intero percorso esistenziale sia contrassegnato da un’opzione vitale che sta alla base delle scelte umane. Per alcuni questa opzione si limita alla sfera dei valori umani e delle relazioni interpersonali nell’orizzonte dell’immanenza. Per altri il «sì» diventa l’espressione di una risposta piena e definitiva nell’orizzonte della fede trascendente. Comunque sia la nostra opzione, il «sì» che diciamo implica un solenne impegno «vocazionale», un compito che accompagna e motiva l’esistenza umana.
    Nell’ottica della fede si può affermare che l’identità di un credente si coglie attraverso il «sì» a Dio e all’uomo. Guardando al mondo giovanile e alle sue attese, possiamo constatare quanto sia complessa e articolata la risposta dei giovani all’appello della vita cristiana. Dalle testimonianze contenute nella rivelazione biblica possiamo cogliere alcuni messaggi che possono aiutarci a riscoprire la dimensione del «sì» in vista della ricerca del senso della vita.

    NARRAZIONE

    Non è difficile constatare l’esiguità delle attestazioni nella Bibbia di questo pur importante monosillabo (circa 56 ricorrenze nell’AT e 33 nel NT). Sinonimo del «sì» risultano le espressioni come «amen» (confermo!) o «certo». Preferiamo focalizzare il nostro percorso limitando l’analisi al monosillabo: anche se appare in diversi contesti biblici, con il «sì» un singolo uomo, o un gruppo, o la comunità riunita intendono esprimere la verità che portano in se stessi. Segnaliamo alcuni contesti sia dell’Antico che del Nuovo Testamento in cui emerge la valenza del «sì» in tutta la sua fecondità ed attualità.

    Il «sì» nell’Antico Testamento

    * Il primo «sì» che si incontra nella storia biblica è contestualizzato nell’atto della creazione. Il creatore contempla le realtà chiamate alla luce e più volte le giudica «buone» (Gen 1,18.31). Dio ripete il suo «sì» amando la creazione e promuovendo l’uomo e la donna in vista di un progetto di felicità. A questo progetto di amore si oppone il primo «no» della coppia, espresso nella disobbedienza di fronte al comando di Dio (Gen 3,12-19). In questa linea Dio cerca di mostrare all’uomo la strada della verità: alla moglie di Abramo i tre angeli rivelano la futura nascita di Isacco (Gen 18,15); allo stesso modo nella storia dei patriarchi Dio rivela il suo «sì» attraverso la benedizione e la prosperità estesa su quanti realizzano la sua volontà.
    * Nella vicenda dell’Esodo troviamo un ulteriore «sì» che Dio ripete a Mosè e al suo popolo. Jahwe si rivela come il liberatore dalla schiavitù, aprendo la strada nel deserto. Molto eloquente risulta il racconto della stipulazione dell’alleanza in Es 24. Dopo aver ricevuto da Dio la Legge, Mosè riferisce al popolo tutte le parole del Signore e il popolo risponde affermativamente: «Quanto il Signore ha ordinato, noi lo faremo e lo eseguiremo!» (Es 24,7; cf Gs 24,24; Esd 10,12). Tuttavia il «sì» all’alleanza non garantisce la fedeltà che il popolo promette a Jahwe: lungo il difficile cammino del deserto Israele più volte ripete il suo «no» al Signore (cf Es 17,7). È Mosè stesso che supplica Dio affermando: «Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, mio Signore, che il Signore cammini in mezzo a noi. Sì, è un popolo di dura cervice, ma tu perdona la nostra colpa e il nostro peccato: fa’ di noi la tua eredità» (Es 34,9). L’intera epopea dell’esodo diviene un esempio di come Jahwe confermi la fedeltà al popolo e allo stesso Mosè, il quale non entrerà nella terra di Canaan (cf Nm 20,12; Dt 1,37).
    * Nei libri storici troviamo ripetuto il «sì» sia nei dialoghi interpersonali (cf Gs 2,4; 1Sam 9,7.12;12,5; 15,30; 2Sam 2,20; 9,2; 20,17; 2Re 9,22; 10,15) che nelle numerose vicende che coinvolgono figure profetiche (cf 1Re 21,20; Ger 37,17; Dn 6,13; Gn 4,9; Ag 2,13; Zc 6,13) e protagonisti della storia di Israele (Ester: cf Est 10,9; Giuditta: cf Gdt 9,12.18; Tobia: cf Tb 5,10). Troviamo ancora il «sì» nei discorsi di Giobbe (cf Gb 3,13; 6,4; 15,5; 22,20.26), il quale contesta i suoi tre interlocutori e chiede di confrontarsi con Dio (Gb 31,35).
    * L’intera trama poetica del Cantico dei Cantici può essere interpretata come un «sì» all’amore detto da due fidanzati (Ct 1,2), i quali si cercano e si desiderano in uno struggente incrocio di sentimenti e di passioni. In questo libro la dinamica dell’amore sponsale diventa la risposta piena e totale mediante il «sì» della coppia.
    * In modo particolare rinveniamo il «sì» nei contesti di preghiera e di invocazione personale e comunitaria. Innalzando la sua preghiera a Dio, l’orante riconosce di «essere suo servo, figlio della sua ancella» (Sal 115,16). Egli si affida al Signore sapendo che i figli i Adamo sono un «soffio» (Sal 61,10) e che Dio schiaccerà la testa di coloro che percorrono la via del delitto (Sal 67,22), mentre i «giusti loderanno il Signore» (Sal 139,14). Nelle diverse forme la preghiera esprime l’incontro profondo tra l’uomo e Dio: in questa relazione il cuore dell’uomo si apre alla provvidenza dell’Altissimo per domandare protezione e prosperità. Si può affermare che la preghiera diventa l’incontro «tra due sì»: quello di Dio con quello dell’uomo che si apre alla sua volontà.
    * Nella predicazione profetica ritroviamo spesso il «sì» a Jahwe: il popolo conferma la sua fedeltà al Dio sposo (Is 62,5) e il desiderio di seguire il Signore (Is 26,8), canta la gioia messianica del compimento delle promesse (Is 35,2), riceve la conferma di un’alleanza eterna in cui il nome di Israele non sarà mai cancellato (Is 66,22). Il «sì» esprime anche tutta la verità che il profeta è chiamato ad annunciare alla sua gente (cf Ger 37,17; Ez 36,5): Jahwe rimane fedele al suo patto e lo rinnova non più attraverso una legge esterna, bensì mediante il dono di un’alleanza «nuova» scritta nell’intimo del cuore (Ger 31,33). Il «sì» a Dio da parte del popolo si realizzerà con la trasformazione del «cuore di pietra» in cuore di carne e l’inabitazione dello Spirito (Ez 36,26-27) che porta la vita a tutto il popolo (Ez 37,1-14).
    * Tuttavia nella letteratura veterotestamentaria spicca una figura su tutte: il servo sofferente di Jahwe che mediante il suo «sì» consente di realizzare la salvezza del suo popolo (cf Is 53,5). Eletto da Dio e consacrato nello Spirito, il «servo» proclama con fermezza la giustizia a tutti i popoli nella misericordia e nell’umiltà (Is 42,1-4). Fin dal seno materno Jahwe lo ha chiamato ad una missione universale per «restaurare le tribù di Giacobbe e ricondurre i superstiti di Israele» (Is 49,6). L’obbedienza del servo alla Parola di Jahwe non si arresta neppure di fronte alla persecuzione e alle prove (Is 50,5-7): il suo «sì» a Dio ha come conseguenza la totale consegna della propria vita nelle mani dei carnefici affinché per il suo sacrificio vicario il popolo venga salvato (Is 53,10-13). L’itinerario del «sì» attraverso i personaggi e i contesti dell’Antico Testamento ci consente di accedere alla figura messianica di Gesù di Nazaret, nel quale si compie pienamente il «sì» di Dio per la salvezza dell’umanità

    Il «sì» nel Nuovo Testamento

    * In primo luogo troviamo il «sì» proprio nell’insegnamento di Gesù, il quale nel discorso della montagna afferma circa l’antica prassi del giuramento: «Avete anche inteso che fu detto agli antichi: Non spergiurare, ma adempi con il Signore i tuoi giuramenti; ma io vi dico: non giurate affatto: né per il cielo, perché è il trono di Dio; né per la terra, perché è lo sgabello per i suoi piedi; né per Gerusalemme, perché è la città del gran re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno» (Mt 5,33-37). Questo invito a superare la vecchia logica del giuramento e a vivere le relazioni con sincerità rivela il nuovo modo di vivere dei credenti. Essi devono fuggire ogni atteggiamento farisaico prodotto da sterili formule legali ed accogliere nella logica delle beatitudini un nuovo stile di relazioni sull’esempio del Cristo.
    * Nei suoi insegnamenti diverse volte si incontra il «sì»: il Signore rivela ai suoi discepoli la verità sul Battista (Mt 11,9), conferma la venuta di Elia (Mt 17,11) identificandolo con il Battista, ribadisce la purità dei cibi (Mc 7,20), il giudizio contro la generazione che ha compiuto il male (Lc 11,51) e il discernimento sulla drammatica realtà dell’opera di Satana nella vita spirituale dell’uomo (Lc 12,5). Narrando la parabola dei due figli, il Signore evidenzia come il «sì» del primo figlio mascheri la sua disobbediente doppiezza, che si ritrova nei comportamenti di quanti vivono solo di apparenza e mistificano l’autenticità della fede. Parimenti l’indisponibilità del secondo figlio alla fine si traduce in un pentimento che porta all’obbedienza (Mt 21,28-31).
    * Il «sì» della fede ritorna in diversi personaggi del Vangelo: nel miracolo dei due ciechi (Mt 9,28), nella supplica della donna cananea a favore della sua figlioletta (Mc 7,28), nella commovente esperienza del cieco guarito a Gerusalemme (Gv 9,38), nella pronta risposta di fede che Marta dà a Gesù prima della risurrezione del fratello Lazzaro (Gv 11,27). Va sottolineato come il «sì» di Gesù riveli la piena adesione alla volontà del Padre, manifestata nel battesimo (Mt 3,13-17) e confermata lungo tutto il ministero pubblico, fino a culminare nella sofferenza del Getsemani (Mc 4,36), di fronte a Pilato (Gv 18,37) fino alla morte in croce (Gv 19,30). Va sottolineato come il «sì» al Padre emerga in modo esplicito nel noto inno di giubilo, che rappresenta una conferma del progetto di Dio nella storia: «Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te» (Mt 11,25-26).
    * A parte la rivendicazione di Paolo al cospetto del tribuno che lo voleva far flagellare (At 22,27), l’impiego teologico del «sì» ritorna in modo del tutto speciale in 2Cor 1,19-20. Scrivendo alla Chiesa di Corinto segnata da divisioni e da contrasti, l’Apostolo ribadisce l’unicità di Cristo e il compimento di tutte le promesse nella sua persona: «Il Figlio di Dio, Gesù Cristo che abbiamo predicato tra voi, io, Silvano e Timoteo, non fu «sì» e «no», ma in lui c’è stato il «sì». E in realtà tutte le promesse di Dio in lui sono divenute «sì». Per questo sempre attraverso lui sale a Dio il nostro «amen» per la sua gloria» (2Cor 1,19-20).
    È questo il testo più profondo e significativo in cui viene espresso il compimento cristologico del progetto della salvezza. Sulla base di questa risposta Paolo sceglie di essere fedele al Signore nel ministero che egli è chiamato a svolgere presso i Corinzi.
    * Riprendendo l’insegnamento delle beatitudini evangeliche (cf Mt 5), Giacomo raccomanda alla sua comunità di essere sempre autentica nel parlare («sì, sì; no, no») per non incorrere nella condanna (Gc 5,12); mentre nell’Apocalisse il «sì» è spesso unito all’amen e conferma l’adesione di fede dei credenti al progetto di Dio (Ap 1,7; 14,13; 16,7;22,20).
    In definitiva negli scritti neotestamentari il «sì» indica la relazione di fede e di amore che l’uomo esprime nei riguardi di Dio e del suo progetto di salvezza.

    PROVOCAZIONE

    Individuiamo due brevi testi nei quali si tematizza il «sì» in tutta la sua ricchezza espressiva. Il primo testo è tratto dal poema del Cantico dei cantici, dove i due protagonisti scoprono, cercano e realizzano l’amore della loro vita.

    «Il «sì» all’amore» (Ct 1,2-4; 8,6-7)

    Mi baci con i baci della sua bocca! Sì, le tue tenerezze sono più dolci del vino. Per la fragranza sono inebrianti i tuoi profumi, profumo olezzante è il tuo nome, per questo le giovinette ti amano. Attirami dietro a te, corriamo! (Ct 1,2-4)
    Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio; perché forte come la morte è l’amore, tenace come gli inferi è la passione: le sue vampe son vampe di fuoco, una fiamma del Signore! Le grandi acque non possono spegnere l’amore né i fiumi travolgerlo. Se uno desse tutte le ricchezze della sua casa in cambio dell’amore, non ne avrebbe che dispregio (Ct 8,6-7).
    * In questo famoso libro poetico l’amore tra i due fidanzati è interpretato e vissuto in tutta la sua umanità e spiritualità. L’umanità è simboleggiata dai baci, dalla tenerezza e dalla fragranza del «vino», che allude alla gioia. La sposa si sente attirata dallo sposo ed intraprende l’esperienza della ricerca e della corsa dell’amore. Comincia qui il primo «sì» dell’amore: dall’esperienza dell’attrazione e del coinvolgimento di se stessi verso un altro/a.
    * Dopo aver iniziato con il «sì» all’amore, i due fidanzati vivono la ricerca l’uno dell’altro, che simboleggia il bisogno di conoscersi, di confrontarsi e di accogliersi reciprocamente. Nei capp. 3-7 questa ricerca conosce diverse esperienze e fasi di crisi e di conquiste. Il punto di arrivo di questa ricerca è in Ct 8: questo secondo brano si riferisce al «sì» definitivo dell’amore, simboleggiato dal «sigillo», dalla passione intensa come una fiamma di fuoco, dall’oceano travolgente.
    * Il «sì» all’amore è una delle esperienze più travolgenti che l’uomo e la donna vivono. In che modo questa pagina interpella oggi i giovani, le loro aspirazioni, i loro sentimenti, le loro relazioni affettive?
    * Il «sì» inizia con l’attrazione vicendevole ma poi conosce diverse fasi e tappe, che implicano la ricerca, il confronto, la crisi, la verifica. Come vivono oggi i giovani il percorso del loro «sì» all’amore?

    Cosa ha suscitato in te la lettura di questa pagina del Cantico? C’è una parola, un’espressione che anche tu hai potuto sperimentare nella tua vita? Cosa hai provato nell’arrivare a dire il tuo «sì»? Si è realizzato il desiderio di amore che portavi nel tuo cuore?

    «Sì, sì; no, no!» (Mt 5,33-36)

    Avete anche inteso che fu detto agli antichi: Non spergiurare, ma adempi con il Signore i tuoi giuramenti; ma io vi dico: non giurate affatto: né per il cielo, perché è il trono di Dio; né per la terra, perché è lo sgabello per i suoi piedi; né per Gerusalemme, perché è la città del gran re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno.
    * Il secondo brano è ripreso dal «discorso della montagna» secondo la versione matteana, in cui Gesù presenta ai discepoli e al popolo sette antitesi per mostrare la novità della giustizia cristiana.
    Il superamento del formalismo farisaico implica l’assunzione di un nuovo stile di vita e di relazioni: equilibrio nel giudizio, capacità di riconciliazione, purezza e fedeltà matrimoniale, ricerca di autenticità evitando i giuramenti, accoglienza e rispetto per gli altri, ripudio di ogni forma di vendetta e di violenza, amore per gli amici e per i nemici (cf Mt 5,20-48).
    * L’insegnamento di Gesù contiene una chiara finalità antifarisaica: la realizzazione di un nuovo modo di comunicare chiede al credente di superare il formalismo legale del giuramento antico (cf le indicazioni circa il voto in Nm 30,3; Dt 23,22) e di far trasparire l’autenticità del nostro essere davanti agli altri con la stessa nettezza del «sì, sì, no, no».
    * Il brano evocativo del «sì» tocca il tema dell’autenticità delle relazioni interpersonali. Esso ci interroga su come impostiamo le nostre relazioni quotidiane, dai legami più profondi a quelli più occasionali. L’esito delle nostre esperienze di vita è spesso legato a questo specifico aspetto della convivenza, e la pagina evangelica ci ricorda che soltanto la capacità di autenticità e di verità ci aiuterà a recuperare la fiducia che cerchiamo in noi stessi e negli altri.
    * Guardando al contesto comunicativo e alle sue tendenze, sembra emergere il bisogno di sostenere i giovani nel loro «sì» alla vita e al valore della verità. Nella consapevolezza che questo compito educativo non appare facile, la parola evangelica ci sprona ad essere modelli di quella «nuova giustizia» che si realizza nella persona e nella missione di Gesù Cristo (cf 2Cor 1,19)

    Cosa ha suscitato in te la lettura di Mt 5,33-36?
    Come ci interpella il «sì» che Gesù propone ai suoi discepoli? Come è possibile educare al valore dell’autenticità e della verità nelle relazioni interpersonali? La comunicazione massmediatica e le sue logiche spesso offuscano l’ideale di autenticità e di verità che i giovani si portano dentro: come fare discernimento per sostenere un cammino di crescita?

    INVOCAZIONE

    La nostra invocazione prende a tema un dialogo-chiave che si trova nell’ultimo libro della Bibbia: l’Apocalisse. Infatti va sottolineato come negli ultimi versetti con cui termine l’Apocalisse sia racchiuso il «sì» della comunità in attesa della venuta finale del Signore ed insieme il «sì» della promessa con la quale Dio conferma il suo ritorno. Il testo è Ap 22,17-21:
    Lo Spirito e la sposa dicono: «Vieni!». E chi ascolta ripeta: «Vieni!». Chi ha sete venga; chi vuole attinga gratuitamente l’acqua della vita. Dichiaro a chiunque ascolta le parole profetiche di questo libro: a chi vi aggiungerà qualche cosa, Dio gli farà cadere addosso i flagelli descritti in questo libro; e chi toglierà qualche parola di questo libro profetico, Dio lo priverà dell’albero della vita e della città santa, descritti in questo libro. Colui che attesta queste cose dice: «Sì, verrò presto!». Amen. Vieni, Signore Gesù. La grazia del Signore Gesù sia con tutti voi. Amen!
    Pur nella sua essenzialità il dialogo finale dell’Apocalisse si rivela in tutta la sua attrazione simbolica. La comunità cristiana vive in un momento di sofferenza e di attesa sostenuta dalla forza dello Spirito. Essa riceve le «parole profetiche» ed è chiamata ad accoglierle in tutta la loro integralità e a preservarle nella loro autenticità. Il suo destino è vivere nell’amore pieno e definitivo secondo l’immagine genesiaca del primordiale giardino di Eden (Gen 2-3: l’albero della vita). La risposta di Dio è il «sì» del Cristo glorioso che verrà presto e non permetterà che la sua «sposa» (la comunità) soffra ulteriormente. Per questo la comunità attende fiduciosa la sua venuta e ripete con decisione il suo «amen».
    Questi simboli biblici esprimono il desiderio di un rinnovamento del mondo interpretato soprattutto dai giovani. Più che mai oggi il mondo ha bisogno del «sì» dei giovani per invocare la venuta dello Sposo: Gesù Cristo.


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