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    Editto del Centenario

    Mons. Mario Delpini, Arcivescovo di Milano



    L’Arcivescovo Mario Delpini ha proclamato questo “editto”, durante l’omelia nella Messa degli oratori del 26 gennaio 2024, celebrata nel Duomo di Milano in occasione del centenario della estensione all’intera diocesi ambrosiana del coordinamento della FOM (l’allora Federazione diocesana per gli Oratori Maschili). L’editto ci dice “come è fatto un oratorio” e quindi come deve essere fatto, tratteggiando i punti cardine della vita di un oratorio che richiedono l’attenzione di tutta la comunità perché si realizzano nella pratica concreta. Ecco il testo:

    Mi sono convinto a formulare un editto che definisce gli oratori milanesi in questo tempo e nel tempo che viene. L’editto si compone di questi sette articoli:

    1. La comunità degli adulti.
    Perciò ci sia un oratorio, una comunità educante. Non solo un prete, non solo gli incaricati, non solo gli allenatori che curano lo sport, non solo i baristi che curano il bar, non solo catechisti che curano il catechismo, non solo volontari che curano la cucina. Non solo tante persone presenti, ma una comunità educante: tutti quelli che, nei diversi ambiti, si curano dell’oratorio condividono la stessa passione, le stesse convinzioni. È gente che ha molte doti, anche se non pretende di essere perfetta. È gente che non fa le cose per forza, ma per passione. È gente che ha una misteriosa riserva di gioia e di buona volontà. Non tutti, nella comunità educante, sono teologi o ingegneri o manager manager o intellettuali. Una cosa hanno in comune: vanno a messa la domenica e amano il loro oratorio.
    2. Come è fatto un oratorio?
    C’è un ingresso e tutti possono entrare.
    Tutti. Bambini, ragazzi, ragazze, adolescenti, giovani, genitori, nonni. Cattolici, ortodossi, musulmani, indù e buddisti. Tutti possono entrare. Ragazzi, giovani e adulti di ogni provenienza. Tutti. Si chiede solo la buona educazione, il rispetto, la disponibilità a stare insieme.
    3. Ci sono campi, luoghi per giocare, per fare festa.
    È un modo per dire che tutti quelli che entrano sono chiamati a partecipare a momenti in cui la vita e il gioco sono organizzati e momenti semplici, liberi, tempo per stare con gli amici e le amiche. Non si chiedono prestazioni particolari, ma partecipazioni cordiali.
    4. C’è la cappella, un luogo per pregare.
    Tutti sono invitati a pregare. Tutti sono invitati ad ascoltare il messaggio di Gesù, il Vangelo di Gesù, la proposta di vita di Gesù. Tutti sono invitati ad ascoltare: nessuno è costretto a pregare in un certo modo, ma tutti sono invitati a pregare, perché senza la fiducia in Dio la vita non ha senso.
    C’è una cappella per pregare insieme e da soli, per stare lì davanti al Signore, perché in ciascuno di noi c’è qualche angolo buio che invoca la luce.
    5. In cappella c’è una lampada,
    in alcuni luoghi l’ho portata io stesso, è la lampada rossa per pregare per le vocazioni. Nessuno deve essere una lampada spenta, cioè nessuno deve diventare un soprammobile, mentre può essere principio di luce e di gioia. La cura per l’educazione dei ragazzi e delle ragazze in sostanza è la cura perché ciascuno viva la propria vita come vocazione, insieme a Gesù, accogliendo il suo Spirito, per ardere e realizzare la propria vocazione. Nessuno è al mondo per caso. Nessuno è al mondo per niente. Ciascuno è chiamato per nome.
    6. C’è il calendario.
    Non tutti i giorni sono uguali.
    In calendario ci sono gli appuntamenti: gli appuntamenti diocesani, a Milano, a Roma, ad Assisi, a San Siro, secondo le età. Se si manca a un appuntamento diocesano certo si perde qualche cosa. Perciò sono scritti in calendario, fin dall’inizio dell’anno: per non perdere l’occasione. In calendario ci sono gli appuntamenti decanali e gli appuntamenti di ogni oratorio. Bisogna incontrarsi, sentirsi parte dello stesso popolo, bisogna provare la gioia di vedersi, di sfidarsi nei giochi, di cantare insieme, di pregare insieme.
    7. Ogni anno, ogni stagione ci sono i simboli, gli slogan, i canti e le proposte dalla FOM.
    Gli oratori della diocesi di Milano costituiscono una federazione per- ché vogliono condividere proposte, iniziative, messaggi. Tutto serve per entrare in oratorio, per giocare in oratorio, per pregare in oratorio e pensare alla propria vocazione e partecipare alle iniziative FOM.

    L’oratorio non è l’unica strada per essere Chiesa, ma è quella strada che è stata privilegiata nella nostra Diocesi, una strada che è stata immaginata per tutti e offerta a tutti, non perché ciascuno faccia quello che vuole, ma perché ci sia una proposta di vita cristiana.


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