Conclusione
Salvatore Currò *
(NPG 2021-03-54)
Il titolo di questa semplice conclusione può sembrare un po’ presuntuoso. In realtà, vorrei semplicemente evocare la ricchezza contenuta in questo dossier sull’educazione, invitare a valorizzarla guardando avanti e abitando orizzonti grandi. Il decalogo per l’educazione, con i relativi approfondimenti, raccoglie le migliori sensibilità (testimonianze, riflessioni) maturate nella Chiesa italiana (e non solo italiana) nello scorso decennio e, allo stesso tempo, rilancia l’impegno educativo nell’apertura alle nuove sfide. L’invito al rilancio dell’educazione è quanto mai opportuno in questo momento storico che ci sfida particolarmente ma che porta anche con sé nuove opportunità. Tento, per suggestioni più che per ragionamenti, di indicare le direzioni del rilancio. Mi guida l’idea che l’educazione va rilanciata in ampiezza, lunghezza, altezza e profondità.
Per un’educazione più “ampia”
L’impegno educativo ecclesiale, se vissuto bene, ci rende aperti; permette l’incontro con tanti giovani, tendenzialmente con tutti. Infatti, la crescita in vera umanità, che è in gioco nell’educazione, riguarda tutti. Nessuno può sottrarsi ad essa, se non per una fuga da una pro-vocazione che comunque è scritta dentro di sé, nella vita stessa. Grazie all’azione educativa la pastorale ecclesiale si allarga e si amplifica. Con essa si permette a tanti di sperimentare che le risorse cristiane sono perle preziose di vita e che la compagnia di Cristo apre alla pienezza e verità della propria umanità. La Chiesa, con l’educazione, mostra anche che la sua pastorale non è per se stessa (non è per fare proselitismo) ma è a servizio della crescita piena e integrale delle persone, e a servizio della società.
Abitando il terreno educativo si riconosce la soggettività e l’apporto di tutti, si dialoga, si pratica la corresponsabilità, si fanno alleanze. La Chiesa ha maturato la mentalità delle alleanze educative; ha imparato a realizzarle non solo all’interno della comunità cristiana ma anche nel contesto della comunità umana, nel territorio, nella città. Si riscopre, così, il senso di essere cristiani nel cuore del mondo, in cammino con tutti.
Papa Francesco, grande testimone dell’importanza dell’educazione, ha allargato gli orizzonti proponendo un patto educativo globale. C’è molta affinità tra i dieci punti del nostro decalogo e i sette punti richiamati dal Papa lo scorso 15 ottobre quando ha voluto rilanciare la sua proposta . L’invito è a una mentalità aperta, ampia. Si può fare alleanza anche con i credenti di altre religioni o con i non credenti, perché l’educazione è, appunto, terreno di tutti e perché la costruzione di un mondo nuovo richiede la condivisione delle energie migliori. Si può (e si deve) costruire cammino insieme a partire da istanze di vera umanità: l’ecologia integrale, la pace, la giustizia, la responsabilità per i più vulnerabili, l’impegno a costruire cultura dell’incontro, ecc.; a condizione di essere sempre aperti alla sincerità e all’integralità dell’umano.
Per un’educazione più “lunga”
È possibile costruire un mondo rinnovato. Papa Francesco ci trasmette questa fiducia. Ha osato rilanciare la fraternità come orizzonte per costruire un mondo nuovo (Fratelli tutti). Ci ha invitati ripetutamente a leggere il richiamo a rinnovare il mondo nella stessa drammatica esperienza della pandemia. Ciò richiede uno sforzo squisitamente educativo.
L’educazione sa mettere insieme il piccolo e il grande, l’impegno nel quotidiano e la capacità di sognare. Educare significa credere nei processi: lasciarsi guidare nel quotidiano da grandi sogni, saper vedere nel piccolo il grande; soprattutto saper lavorare sui tempi lunghi. Nel tempo del “tutto e subito”, dell’impazienza e dell’incapacità di attendere, l’educazione sa andare sapientemente controcorrente e si allunga: sa accompagnare processi, sa vedere la meta nel processo stesso, sa operare con gratuità e al di là della ricerca del successo immediato.
Serve oggi una profezia della pazienza e dei tempi lunghi. Il senso del processo, d’altra parte, è strettamente connesso col senso del cammino insieme. I veri cambiamenti, e quindi la vera educazione, si fanno nella corresponsabilità, nella fiducia nelle relazioni, scommettendo su dinamiche sinodali. Meglio andare insieme piuttosto che di fretta, anche perché insieme si va più lontano. Papa Francesco ce lo ricorda con un proverbio africano: «Se vuoi andare veloce, cammina da solo. Se vuoi arrivare lontano, cammina con gli altri» (Christus vivit, 167).
Per un’educazione più “alta” e più “profonda”
Altezza e profondità vanno insieme. La misura alta dell’educazione è data dalla sua profondità; questa ne garantisce la verità e l’altezza. È importante che l’educazione coltivi il senso della profondità, in un tempo in cui è facile rimanere nella superfice, adagiarsi nel pensiero acritico o ideologico, lasciarsi prendere dalla mentalità del consumo o dalla paura della complessità. La profondità implica, in educazione, riandare continuamente alle sorgenti, rinnovare la fedeltà alle radici. È un compito continuo, che non si dà una volta per tutte.
Per l’educazione in ambito ecclesiale il radicamento è nel Vangelo. Il Vangelo va, certo, annunciato e mediato; ma la prima sfida è far sì che il Vangelo sia l’anima, la forma, il respiro, dell’educazione. Qui c’è cammino da fare, e da esso dipenderà la qualità dell’educazione cristiana. Stiamo lentamente imparando che il Vangelo, prima che essere contenuto, è stile, modo di essere, qualità delle relazioni, suono. La fatica di condurre al Vangelo, nell’educazione cristiana, è tante volte legata al fatto che il Vangelo non c’è nel processo. Questo non è secondo il Vangelo.
D’altra parte, ritrovare la profondità delle radici è condizione indispensabile perché in educazione si sappia discernere e riconoscere ciò che è davvero umano e ciò che fa crescere. Siamo sempre più consapevoli che la sfida educativa è attraversata da una sfida antropologica, che riguarda il senso o la verità dell’umano. Ma cos’è l’umano? Cos’è davvero umano? Chiudersi nel proprio narcisismo e nelle proprie paure o accogliere l’altro? Custodire gelosamente la propria vita con un senso di proprietà o rischiare di donare e di riceversi in dono? Chiudersi in una libertà esasperata e individualista o arrendersi al legame e alla responsabilità per gli altri?
L’umano è attraversato da questi dilemmi. È agitato da una sana inquietudine, segno di una chiamata e una promessa che lo abitano. Il Vangelo ci dà luce per il discernimento ma richiede anche di essere ascoltato e annunciato mentre si è dalla parte davvero umana del dilemma. In tal modo esso acquista forza e risuona (suona di nuovo, riprende suono). L’educazione cristiana ha, oggi, il grande compito di ridare suono al Vangelo.
Un incontro vero col Vangelo implica la riconciliazione con sé, anche coi propri errori e col proprio peccato. Si potrebbe dire: si va in l’alto (verso Dio, verso la sua Parola) se si sa scendere in basso, cioè mentre ci si riconcilia con sé, con la verità di sé, con la chiamata che ci abita. Questo movimento paradossale (per andare in alto si va in basso; andando in basso si va in alto) intercetta il movimento della Rivelazione: Dio, l’Altissimo, ha lasciato la sua condizione divina per raggiungerci nella nostra umanità, fin nei bassifondi della nostra esistenza, perché noi lo incontrassimo. L’educazione cristiana, intercettando questo movimento, educa a salire e a scendere. Essa custodisce il segreto della connessione tra su e giù, altezza e profondità, tra l’umano e il divino.
È il segreto dell’incarnazione e della redenzione, ed è il segreto dell’amore: dell’amore di Dio manifestatosi in Cristo, della chiamata all’amore che è nel cuore dell’uomo. È il segreto adombrato nelle parole di Paolo, che, proprio perché evocano il mistero dell’amore, possono ispirare e sostenere il rilancio dell’educazione: «Che il Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori, e così, radicati e fondati nella carità, siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, e di conoscere l’amore di Cristo che supera ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio» (Ef 3, 17-19).
* Docente di pastorale giovanile presso l’Università Pontificia Salesiana