27 agosto
Monica
Cerca assistenza nel tuo dolore
Anselm Grün
Monica è una delle donne più attraenti dell'antichità. È la madre del grande Agostino, la patrona delle mamme. Il suo nome significa 'dea' (una dea punica) oppure 'la solitaria'. Ambedue i significati esprimono aspetti essenziali di Monica: aveva in sé qualcosa di divino. Era trasparente rispetto al Dio materno. E fu sola nel suo dolore e nella sua preoccupazione per suo figlio. Monica è un modello e un incoraggiamento per molte madri. Dà loro la fiducia che la preghiera per i loro figli non è vana, che i loro figli, dopo lunghi giri e dopo molti sbagli, troveranno la retta via per seguire la loro chiamata. La sua memoria si celebra il 27 agosto.
Monica nacque nell'anno 352 e visse la sua giovinezza a Tagaste, sulla costa dell'Africa settentrionale. A diciotto anni si sposò con Patrizio, che aveva il doppio dei suoi anni. Patrizio era pagano, era un uomo collerico, schiavo della sua sessualità. Continuò ad avere rapporti anche con altre donne. Qualche volta si lasciò andare fino a picchiare sua moglie. Malgrado tutto, Monica cercò di vivere in pace con suo marito. Gli diede due figli e una figlia. Agostino fu il primogenito, un uomo geniale, ma anche sensibile e spensierato. Agostino andò a Cartagine. Dopo la morte del marito, che Monica tentò comunque di convincere a farsi battezzare, anche la madre: raggiunse suo figlio a Cartagine. Questi però fuggì di nascosto a Roma. Mentre Monica era in chiesa, Agostino salì su una nave diretta a Roma. La mamma si sentì profondamente offesa da questo gesto, ma seguì comunque suo figlio. Le molte preghiere e lacrime della madre furono esaudite quando Agostino si fece battezzare a Milano da Ambrogio. Agostino tenne con sua madre dei dialoghi meravigliosi, nei quali i due vennero a contatto con il mistero di Dio e sentirono Dio in mezzo a loro. Monica volle tornare nella sua patria. Agostino viaggiò con lei fino al porto di Ostia, per aspettare qui la nave diretta in Africa, ma nell'ottobre del 387 Monica si ammalò e morì tra le braccia del figlio.
Monica è la madre che prega per suo figlio e chiede che egli trovi la via della salvezza. In questo dimostra una pazienza infinita, anche quando viene continuamente delusa dal figlio. Affronta però suo figlio anche con severità e lucidità. Lo stesso Agostino scrive di lei: «Che cosa non ha fatto questa madre contristata per portare suo figlio su una strada migliore! È ricorsa anche a quello che per una mamma è la cosa più difficile, è ricorsa alla severità e ha ordinato a suo figlio di abbandonare la sua casa e di non mettervi più piede». Quando, nella sua pena, Monica si rivolse a un vescovo per chiedergli di ricondurre suo figlio alla verità, questi le rispose: «E impossibile che sia perso per sempre il figlio di queste lacrime». Dopo la morte di Monica queste parole sono state una consolazione per molte mamme. È difficile per una madre sopportare che il figlio o la figlia vadano per altre strade. Non riesce a comprenderlo. Quanto più interviene per contrastare la strada imboccata dai figli, tanto più questi si intestardiscono a seguire la loro via. La madre può chiedere a Dio di stendere le sue mani protettrici sui figli, ma possono passare degli anni prima che si chiarisca qual è la loro strada. Nel caso di Agostino ci vollero trentatré anni perché egli trovasse la via che faceva per lui e sulla quale poté poi trasformarsi in benedizione per tutti.
La nostra vita è accompagnata da delusioni.
A crucciarti non deve essere il dolore materno o paterno per gli errori del figlio o della figlia. Deve essere piuttosto il dolore per un rapporto fallito o interrotto, la sofferenza per il tuo insuccesso personale, per l'offesa ricevuta dagli altri, per l'abbandono e la solitudine. A prescindere da quali siano le cause del tuo dolore, cerca assistenza nel tuo soffrire. Parla con le persone che, ti capiscono. Non seppellirti nel tuo dolore, ma manifestalo a una persona o a Dio. Allora nella tua sofferenza sperimenterai consolazione, saldezza, speranza, fiducia.
(da: Scoprire i Santi per la nostra vita, Queriniana 2004, pp. 187-190)