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    «Fate quello che vi dirà»

    Confronto Europeo MGS 1999

    L’omelia del Rettor Maggiore

    D. Juan E. Vecchi

     


    Avete voluto concludere i1 vostro Confronto in questa Basilica di Maria Ausiliatrice. Non è un fatto casuale né di poco significato. Voi siete gioventù salesiana, con un proposito di costruire la solidarietà europea e proiettarvi sul mondo. E proprio da qui, dai piedi di questo altare, Don Bosco 125 anni fa inviava Il primo gruppo di missionari salesiani per l’America. Da allora tutti gli anni parte una spedizione per il mondo. Quella dell'anno prossimo sarà straordinaria per il numero e la destinazione dei missionari, salesiani e laici, in varie direzioni. Anche voi, dopo aver vissuto insieme lo spirito salesiano che il Signore vi ha dato in dono ascolterete la voce di Cristo che vi dice: «Come il Padre ha mandato me, così io mando voi».
    Il Vangelo che abbiamo ascoltato vi dice dove siete inviati e come dovete farvi presenti. Le nozze di Cana sono una delle principali rivelazioni di Gesù: «Gesù manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in Lui». È come la manifestazione ai Magi, l’annuncio ai pastori, l’apparizione ai discepoli. Questa manifestazione ha però una particolarità. Non avviene in un contesto miracoloso o in una celebrazione religiosa. Non ci sono testimoni celesti: angeli, stelle, cantici misteriosi o voci dal cielo. Avviene in una festa di famiglia, nel contesto di una celebrazione popolare, nel cuore di un avvenimento gioioso: l’amore tra due giovani. Un giovane e una ragazza si sono innamorati, pensano che realizzando il loro matrimonio saranno felici, vogliono prolungarsi attraverso i figli, si fanno la promessa di fedeltà; e organizzano la festa del matrimonio invitando a partecipare i loro congiunti e compaesani, praticamente tutto il paese; e lo fanno con una cena in cui si son fatti in quattro per assicurare agli invitati allegria e buona compagnia.
    Qui avviene la manifestazione di Gesù. Ciò ci suggerisce un primo pensiero: Gesù, Dio, si manifesta certamente nei momenti di culto e di preghiera, ma non soltanto; è presente in ogni nostra esperienza autentica di vita, gioiosa o dolorosa. Accanto alle nozze di Cana possiamo mettere l’esperienza dell’amicizia, del lavoro, dello sforzo per realizzare qualche cosa. E ciò perché il Verbo si è fatto carne: è entrato nel cuore delle nostre esperienze, assumendole e rendendosene partecipe e solidale. Gesù è nelle nostre feste e nelle nostre tristezze. L’amore che viene presentato a Cana è la principale delle esperienze umane e come il prototipo di tutte le altre. Abbiamo un’indicazione per la Chiesa e per ogni singolo cristiano, in questo caso per ogni membro e gruppo del MGS: essere solidali e compartecipi delle gioie e speranze dei propri simili; non estraniarsi, ma assumere le loro preoccupazioni ed angosce, non da “curiosi” o semplici ricercatori, ma compatendo e con-gioendo, condividendo. Chi è assente perde tutte le opportunità; fatevi presenti nelle tendenze, preoccupazioni, campi di azione. Dite: «Ecco, io ci sono e partecipo».
    Nella festa di Cana però capita un incidente: viene a mancare il vino. La gioia della gente è sul punto di esaurirsi: la compagnia sta per sciogliersi. Quello che gli incaricati della festa hanno predisposto, secondo tutti i calcoli e previdenze che il caso richiedeva, non ha retto. Anche questo passaggio del racconto contiene un messaggio per noi. Ogni gioia o impresa umana affidata soltanto alle forze umane si esaurisce e, sovente, si corrompe. Iniziative, propositi, compagnie basate soltanto sulle nostre forze, in un certo momento sembrano arrivare al capolinea, non riescono a dare più niente di sé; capita anche con l’amore. Pensate agli ardenti innamoramenti che si svuotano e alle coppie che, pur avendo iniziato il rapporto con sincerità, finiscono per non trovare più né gusto né motivo per stare insieme. Capita anche con i propositi generosi: con la solidarietà, con la mondialità, con il volontariato. Spesso vediamo giovani entusiasti e generosi, ma che presto si stancano; altri che cominciano, ma poi desistono: termina la benzina, l’acceleratore non risponde più, non hanno scoperto dove sta la fonte dell’energia umana per questo tipo di impegno. Voi l’avete scoperto in questi giorni, da dove può ricominciare la festa quando sembra che stia per gustarsi.
    C’è nel racconto un particolare interessante. Gesù c’è, è presente con i suoi discepoli, ma “mescolato” tra gli altri, quasi “sommerso”, “ignorato”, “anonimo”, “sconosciuto”; non emerge, non è stato presentato come un invitato famoso; non appare nemmeno come l’animatore della festa e neppure è al centro degli sguardi. È uno dei tanti, dunque: nessuno pensa a Lui come all’uomo-chiave, capace di trovare la soluzione giusta. C’è bisogno che qualcuno che lo conosce già, lo tiri fuori dall’anonimato, lo indichi come colui che può risolvere l’increscioso incidente di una festa che si sta guastando.
    A questo punto entra in scena la dolcissima figura di Maria. Essa avverte per prima la problematicità della situazione, prima anche di Gesù. Le situazioni umane Lei le conosce bene, le sente quasi d’istinto, è nata e vissuta dentro la condizione umana proprio come noi. Lei non è un essere divino incarnato, è una creature umana, nata e vissuta nelle condizioni comuni. È l’immagine della Chiesa e di tutti i gruppi cristiani. Maria non fa critiche, neanche materne, a coloro che hanno fallito il calcolo, non fa commenti da “esperta” dei pranzi e delle feste familiari, non indica soluzioni tecniche su come e dove si possa trovare una soluzione. Essa indica Gesù, e, dando un esempio concreto, ricorre a Lui. Alla risposta di Gesù che non vuole essere dipendente da legami di parentela, Maria gioca un’altra carta, la sua fede: «Fate quello che vi dirà».
    Anche in questo caso c’è un’indicazione di quello che la Chiesa e noi cristiani dobbiamo portare di specifico e di risolutivo nella festa della vita: la presenza di Dio, l’esperienza di Cristo, la fiducia nel suo cuore e nel suo potere. Anche questa è una condizione per il nostro operare: non da critici della triste condizione umana, non principalmente da “esperti” che dimostrano di avere una lista di soluzioni, ma da persone solidali, disposte a condividere quello che abbiamo di fede e di conoscenza di Gesù.
    Che cosa capita quando Maria indica e tira in ballo Gesù? Le giare sono riempite d’acqua: sono recipienti tipici, perché destinati alla purificazione dei Giudei; sono di pietra come le tavole della Legge; sono pesanti, immobili; sono anche vuote, non contengono niente, non contenevano il necessario né per purificare né per dare gioia: tutto ciò indica l’esaurimento dell’esperienza religiosa ebraica. Dopo l’intervento di Gesù giunge invece un’abbondanza favolosa di vino: 500 litri, e non del comune, ma quello pregiato, da intenditori esigenti. Per sottolineare l’abbondanza, Giovanni ci dice che i servi riempirono le giare “fino all’orlo”. C’è dunque aria di festa, di gioia, di abbondanza senza limiti. Non solo c’è abbondanza, ma non c’è neanche pericolo che festa e vino finiscano.
    In Cristo appare una possibilità ricchissima di comunicazione e di grazia, più di quello che l’uomo si possa attendere. In Lui sono iniziate le nozze di Dio con l’umanità e queste nozze hanno la Chiesa come sua Cana, come luogo della festa: la comunità che si raduna attorno a Gesù, dove ci sono Maria e i discepoli. Come Maria, la Chiesa svela il mistero della sua presenza, perché ne ha l’esperienza diretta: i discepoli credono e riescono a comprendere il significato del “segno”, perché hanno già incontrato il Signore e formano con Lui una sola famiglia. Gli altri, anche se non sono consapevoli del miracolo, ne ricevono i benefici; bevono il vino e continuano la celebrazione dell’amore e della solidarietà.
    All’inizio e in ogni momento del nostro cammino, al centro della nostra attenzione, c’è sempre Gesù. Lo conosciamo, lo frequentiamo, lo prendiamo come fondamento della gioia, lo mostriamo ai giovani come salvezza, lo annunciamo come Colui che può offrire le vere soluzioni alle tante domande umane.

    Sabato mattina, Valdocco, 7 agosto 1999


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