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    «Buon cristiano

    e onesto cittadino»

    Una formula dell'«umanesimo educativo»
    di don Bosco

    Pietro Braido 

     

    (formato PDF) 

     

    INTRODUZIONE 

    Un documento del II secolo cristiano indica come i nuovi credenti intendevano la loro presenza nel mondo. È lo scritto A Diogneto. «I cristiani  - è detto  - non si distinguono dagli altri uomini né per territorio, né per lingua, né per il modo di vestire. Non abitano mai città loro proprie, non si servono di un gergo particolare, né conducono uno speciale genere di vita (...). Sono sparpagliati nelle città greche e barbare, secondo che a ciascuno è toccato in sorte. Si conformano alle usanze locali nel vestire, nel cibo, nel modo di comportarsi; e tuttavia, nella loro maniera di vivere, manifestano il meraviglioso paradosso, riconosciuto da tutti, della loro società spirituale. Abitano ciascuno nella loro patria, ma come immigrati che hanno il permesso di soggiorno. Adempiono a tutti i loro doveri di cittadini, eppure portano i pesi della vita sociale con interiore distacco. Ogni terra straniera per loro è patria, ma ogni patria è terra straniera. Si sposano e hanno figli come tutti, ma non abbandonano i neonati. Mettono vicendevolmente a disposizione la mensa, ma non le donne. Vivono nella carne, ma non secondo la carne. Dimorano sulla terra, ma sono cittadini del cielo. Obbediscono alle leggi stabilite, ma col loro modo di vivere vanno ben al di là delle leggi».1 Sono concetti che andrebbero precisati e verificati mediante una più ampia e approfondita analisi della varietà di atteggiamenti e comportamenti vissuti e proclamati dai cristiani e dalle loro comunità a cominciare dai primi secoli.2 Comunque, per quanto lontano cronologicamente e culturalmente dal testo riportato, don Bosco sembra condividere analoghe preoccupazioni. Il cristiano non è un «separato», un «esoterico». È cittadino insieme del cielo e della terra, e in quanto tale prende sul serio anche operativamente la duplice e unitaria vocazione.

    Se ne tratterà analiticamente nella seconda parte del lavoro. Nella prima si vorrebbe illustrare alcune tipiche visioni cristiane della vita che si collocano su una linea analoga. Ci si limiterà soltanto ad alcuni «momenti» dell'epoca moderna: la concezione di Silvio Antoniano, il secolo XVIII con particolare attenzione agli orientamenti giurisdizionalistici, e infine talune espressioni e dibattiti del 1800, il secolo di don Bosco. 

     

    I. MOMENTI DI UNA LUNGA TRADIZIONE 

    1. La dimensione cristiana e civile della visione pedagogica di Silvio Antoniano 

    Non è, certamente, casuale che il capolavoro della pedagogia cattolica del 1500, scritto su sollecitazione di Carlo Borromeo da un cardinale di curia, Silvio Antoniano (1540-1603), nello spirito del postconcilio tridentino, sia stato più volte stampato nei due ultimi secoli sotto il titolo Dell'educazione cristiana e politica de' figliuoli libri tre.3 Infatti, sebbene l'Antoniano insista più volte che egli intende trattare dell'educazione cristiana in quanto cristiana,4 tuttavia ne sottolinea con particolare evidenza anche la dimensione sociale e politica: il suo cristiano (sempre presente anche quando sottinteso) è un cittadino operoso e responsabile nelle «città» terrena e celeste. «Il fine di questo libro non sarà di scrivere semplicemente della educatione politica, in quanto ella ha riguardo alla felicità humana, considerata da i filosofi, ma sarà più presto di scrivere della educatione christiana, la quale è ordinata, et diretta alla somma, et perfetta felicità celeste. Laonde in questo trattato il fanciullo verrà più principalmente in consideratione, come christiano, che come huomo, et animal sociabile, et più come appartenente alla Città di Dio, che come cittadino, et parte di republica terrena, se bene anco à questo si haverá il suo debito riguardo»;5 «ricordandosi sempre  - avverte  - che il condurre un fanciullo à tale stato, et perfettione, che sia huomo da bene, et buon christiano, non è impresa così facile come altrui pensa, anzi è non meno faticosa, che importante».6 E risolutamente risponde «ad alcuni che forse riprennderanno questa maniera di educatione», ritenuta troppo carica di orazioni e di pratiche religiose: «Alcuni huomini intendenti, et giuditiosi (...) diranno che questa maniera di educatione riuscirà non solo poco utile, ma dannosa alla republica, et che in cambio di allevare nobili Gentil'huomini, et Cavalieri, et Cittadini, quali il bisogno della patria richiede, si verrà à far tanti monaci, et religiosi, più idonei per starsi nel choro, et nelle celle, che per i palagi, et per le piazze, nelle administrationi, et commertij civili (...).

    Alla quale obbietione, volendo pur rispondere alcuna cosa brevemente, io prego il benigno lettore, che voglia ridursi à memoria, che il titolo di questa opera è della educatione christiana; onde se per altre vie io pensavo condurre il nostro fanciullo, che per quelle della osservanza della legge di Christo, per certo io potevo risparmiar questa fatica, quale ella si sia, et lasciar di scrivere».7 Del resto «ogni studio della educatione morale, è debole, et imperfetto, se non si riduce alla educatione christiana, come più alta, et più eccellente, et come fine, et perfettione d'ogni altra».8 È dovere congiunto delle due autorità, ecclesiastica e civile. «Percioche mentre il rettore ecclesiastico procura di far un buon christiano, con l'autorità et mezzi spirituali, secondo il fin suo, [il reggimento temporale] procura insieme in conseguenza necessaria di far un buon Cittadino, che è quello che si pretende dal politico. Il che avviene perche nella santa Chiesa Cattolica Romana, Città di Dio, posta su'l monte, di cui tutti i battezzati, et regenerati in Christo, sono Cittadini in questa dico santa Città, et perfettissima Republica, quale à pena per sogno videro gli antichi filosofi, una istessa cosa è assolutamente il buon cittadino, et l'huomo da bene. La onde grave errore è di coloro, che disgiungono cose tanto congiunte, et pensano poter havere buoni Cittadini con altre regole, et per altre vie, di quelle che fanno il buon Christiano».9 Il «buon cristiano» è, dunque, associato necessariamente all’«utile e onesto cittadino», all’«huomo virtuoso, et utile per la patria».10 

    Il proprio del christiano, et de i fideli è allevar i figliuoli secondo la regola della legge di Christo, acciò vivendo, et morendo bene, et santamente siano in terra istrumenti di Dio, per benefitio et aiuto della società humana, et siano in cielo heredi del Regno dell'istesso Dio.11 Il padre il quale trascura il bene allevare il figliolo (...) offende parimente, et fa ingiuria grave alla patria, et alla republica, alla quale era obligato a dar buoni et utili cittadini.12 Il nostro buon padre di famiglia non si stanchi nella cura della educatione de i figliuoli, havendo sempre avanti gli occhi quanto bella, quanto fruttuosa, quanto lodevole opra sia fare un'huomo da bene per gloria di Dio, et per servitio della patria, et di tutto il genere humano, et per salute de i medesimi figliuoli.13 Adunque il nostro buon padre che si affatica per dar alla patria un buon cittadino, et non un figliuolo d'iniquità, cercará con l'esempio et con la dottrina di persuadere al figliuolo, et di imprimergli vivamente nel cuore che la maggior, la più sicura, et più stabile ricchezza, è il timor santo di Dio, et l'osservanza de i suoi divini precetti, et la gratia, et protettion sua.14 Però il buon padre deliberi hora che l'età del figliuolo ne lo ammonisce di applicarlo à qualche honesto stato di vivere, co'l quale possa honestamente sostentarsi, et vivendo nel grado suo, come huomo da bene et come buon christiano aiuti la patria, alla quale tutti come à madre comune siamo debitori, et insieme negotiando fidelmente il suo talento, sia admesso dal supremo padrone alla participatione de gli eterni gaudij.15 I soldati sono (...) difensori della libertà della patria, et delle leggi, et della religione.16 (...) Congiungere queste due cose insieme, le quali, come si mostrò di sopra, ottimamente si compatiscono, sia soldato, et Cavaliere christiano (...) Adunque il nostro padre di famiglia allievi il figliuolo talmente che sia un vero Cavaliere, cioè giusto, et religioso.17 

    2. Tra religione e politica giurisdizionalista 

    Il modello dell'uomo pienamente educato passa dall'ideale «umanistico» del cristiano «cittadino» del mondo e della «polis»18 a quello più popolarizzato e con connotazioni nazionali (per esempio in Francia), divulgato nei secoli XVI-XVII.

    Anche l'educazione «collegiale», a sfondo umanistico, si è già stabilmente assestata intorno ai tre concetti-base: scienza (anzitutto letteraria, «retorica»), costumi o moralità (religione, morale cristiana), «civiltà» (le virtù più o meno interiori dell'uomo in quanto vive in società); i francesi parlavano di «science», «moeurs», «civilité».

    Ne è tipico rappresentante, testimone e teorizzatore Charles Rollin, rettore dell'università di Parigi.19 Egli la dice «fondata dai Re di Francia per lavorare all'istruzione della gioventù, proponendosi in questo compito tanto importante tre grandi oggetti, ossia: la scienza, i costumi, la religione (la science, les moeurs, la religion)»; più analiticamente: coltivare l'intelletto dei giovani con la «scienza» (le lingue, la letteratura, la storia, la retorica, la filosofia, le belle arti); «rettificarne e regolarne il cuore mediante principi di onore e di probità, per farne dei buoni cittadini»; portarne a compimento l'educazione, formando in essi «l'uomo cristiano».20 Il tema tripartito è sviluppato sinteticamente nei tre paragrafi del Discorso preliminare: Vantaggi dello studio delle belle arti e delle scienze per formare la mente; Cura di formare i costumi; Studio della religione. La formazione culturale deve approdare al duplice fine: 1) formare l’uomo onesto, cioè l'uomo inserito nella società, virtuoso, disinteressato, probo, «buon figlio, buon genitore, buon padrone, buon amico, buon cittadino»;21 «l'uomo onesto, l'uomo probo, il buon cittadino, il buon magistrato»;22 2) e ancor più, a coronamento e perfezionamento, formare l'uomo religioso, più in concreto, rigenerato a Cristo, il cristiano, che tutto indirizza a Dio e tutto opera in vista della felicità imperitura del cielo.23 Ma nel nuovo clima assolutista, con abbondanti iniezioni di giurisdizionalismo, gallicanesimo, giuseppinismo, i due concetti di «cristianno» e di «cittadino» assumono una connotazione molto più precisa e impegnativa: l'uomo è contemporaneamente membro di due società ugualmente coattive, con particolare pressione da parte dello stato, governato da un monarca sempre più imperioso e accentratore.

    Uno dei principali ideologi che «consiglia» Maria Teresa e Giuseppe II d'Asburgo nella loro politica ecclesiastica, Franz Joseph Heinke (17261803), offre le linee teologiche e giuridiche, entro cui è possibile cogliere il significato che la formula «buon cristiano e onesto (o utile) cittadino» acquista in un contesto storico e culturale che per certi aspetti non è estraneo a quello vissuto poi da don Bosco, situato tra conservatorismo cattolico e tradizione giurisdizionalista e laica. 

    2.1 Nella Chiesa e nello Stato «buoni cristiani e migliori cittadini» 

    Ci si riferisce anzitutto a documenti del 1769 che gravitano intorno al processo in atto di revisione e risistemazione in senso regalista dei rapporti tra Chiesa e Stato.24 In essi vengono rigorosamente delimitati in chiave teologica e giuridica i fini, i mezzi e i responsabili delle due realtà indipendenti che sono la Chiesa e lo Stato, e il rispettivo rapporto con i propri fedeli e cittadini. «Ognuna delle due parti ha una sua propria via da percorrere e se si considera che buoni cristiani fanno ancora migliori cittadini, si dovrebbe credere che i due poteri in nessun modo potrebbero trovarsi in antitesi».25 Si possono verificare errori, in quanto il cristiano e il cittadino si attuano nel medesimo uomo, soprattutto quando i «clerici», come è avvenuto nella storia, invadono lo spazio riservato allo stato. Ma se si seguissero fedelmente i perentori principi evangelici «date caesari, quae caesaris, et deo, quae dei sunt» e «il mio regno non è di questo mondo» non ci sarebbero conflitti.26 La netta distinzione tra «cristiano» e «cittadino» e delle funzioni delle società a cui appartengono non dovrebbe creare conflitti, anzi portare a indiscutibili benefici: «il Cristianesimo migliora il cittadino»; «la felicità eterna e temporale viene promossa con la conservazione e la crescita della religione».27 L'azione differenziata e autonoma delle due società ha come risultato che «il cristiano migliora il cuore del cittadino» e, «nello stesso uomo viene formato il cristiano e il cittadino mediante l'adempimento dei distinti doveri»;28 e «la pace più beata si stabilisce nei pii cristiani e nei buoni cittadini».29 Il medesimo discorso viene ripreso quando si tratta degli ecclesiastici in cura d'anime  - contrapposti ai monaci socialmente inutili —, che possono rivestire fruttuosamente il duplice ruolo di ministri della Chiesa e di membri dello stato.30 Se la loro formazione viene sottratta ai monasteri e nelle scuole pubbliche sono messi in grado di assimilare i giusti principi teologici e giuridici del regalismo, essi «risultano effettivamente degni sacerdoti, buoni pastori, sudditi obbedienti e utili cittadini».31 È quindi importante che dottrine erronee, come il lassismo in morale, non finiscano con il corrompere il cuore e «fare di essi sudditi mancanti ai propri doveri e cittadini nocivi»,32 mentre all'opposto buoni studi a tutti i livelli formano «pastori più idonei, impiegati migliori e cittadini più utili».33 Il clero diventerà così fedele «servitore dello Stato», dedicandosi pienamente ai propri compiti: «l'onore di Dio, il maggior bene della religione, la salvezza delle anime».34 

    2.2. L'utilità sociale criterio di autentica religiosità 

    L'utilità, la «felicità», individuale e sociale è il criterio che ispira la politica ecclesiastica di Maria Teresa e di Giuseppe II su due temi fondamentali: la riforma dei «regolari» (soppressione di case religiose, riduzione degli aspiranti, dilazione dei voti ad età più avanzata; in particolare, soppressione della Compagnia di Gesù); e la definizione dei compiti degli ecclesiastici in cura d'anime e la loro formazione.

    In un Votum di Kaunitz Rittberg del 21 giugno 1770, ribadito in un secondo Votum del 2 luglio 1770, si sottolinea l'eccessivo numero dei religiosi (e religiose) «tanto esagerato quanto inutile, addirittura dannoso sia allo stato che alla religione», a causa della sterilità demografica indotta dal celibato e della sottrazione alla vita sociale di eccellenti energie fisiche e mentali e di lavoro produttivo.35 La salus populi che è suprema legum esige che si limiti «questa classe di cittadini».

    «Essa non solo è inutile, ma nel contempo per molteplici aspetti sommamente dannosa alla società civile. Perciò il suo numero può essere diminuito senza il minimo pregiudizio della religione, mentre lo richiede la prosperità dello stato».36 Analoga utilità il Kaunitz Rittberg si attende dalla devoluzione di parte dei beni della soppressa Compagnia di Gesù a favore di un maggior numero di parroci e di maestri di scuola delle zone rurali: «è l'unico mezzo per tirar fuori a poco a poco la gente comune dalla profonda ignoranza e dall'indolenza da essa inseparabile e fare di essi sia uomini più illuminati che migliori cristiani e sudditi».37 Teoricamente, dunque, il potere religioso e quello politico dovrebbero collaborare al raggiungimento del duplice obiettivo: il «bene del Cristianesimo» e la «prosperità dello stato».38 Di fatto esso diventa impegno e «missione» del principe, in concreto di Giuseppe II, che vi tende soprattutto con due misure, fortemente invise alla santa Sede, a Pio VI: le riforme ecclesiastiche (la disponibilità dei benefici ecclesiastici, il riassetto degli ordini religiosi e l'abolizione dell'esenzione, la formazione culturale del clero)39 e l'editto di tolleranza.

    È il caso, ad esempio, dell'esenzione. «Dalla riforma di questo abuso non può risultarne che vantaggio alla religione ed oltre il mantenimento più facile del buon ordine nello stato, quello di una sistemazione dei ordini regolari più utile alla religione ed alla società di quello è stato per lo passato».40 Uguale potere ha il principe quanto alla soppressione di case o di ordini religiosi, quando siano dimostrati inutili o dannosi alla società: «la suprema potestà, ben lungi di essere biasimevole, è sommamente meritevole della religione e della società, allora quando ad abolizioni di questo genere procede, non già per il vantaggio del suo erario, ma unicamente per quello di questi due rispettabilissimi oggetti».41 Infine, alla sintesi del «buon cristiano e dell'onesto cittadino» è diretto l'editto di tolleranza. Il regime di repressione delle confessioni non cattoliche appariva al re-imperatore controproducente per i sudditi, sia come credenti che come cittadini.

    Infatti, «trovavansi cristiani ignoranti e dubbi per mancanza di istruzione e cittadini di cuore più attaccati a principi esteri acatolici, che al proprio sovrano (...). Il dare conseguentemente, proprio motu, a suoi sudditi, quello, che sin' ad ora li attaccava a principi esteri, col mezzo dei quali soli speravano di ottenerlo, restava il solo mezzo di disciogliere legami tanto pericolosi alla stessa religione dominante, di attaccarseli in vece d'ora in avanti, e di fare almeno di tante migliaja d'uomini dei buoni cristiani e sudditi, in tanto che col procurare possibilmente alla cattolicità in maggiore e sufficiente numero un clero più erudito, più mite e più tollerante di quello, che egli è stato per il passato, si riesca a ricondurre forse molti di essi al grembo della nostra santa chiesa».42 Ancora il 13 aprile 1782 rispondendo al papa, l'imperatore difendeva la riforma degli studi ecclesiastici da lui fermamente voluta a rimedio di «tanta ignoranza nei parochi» e la «stupidezza nelle persone affidate alla loro pastorale cura». «Questo gran male per la religione e per le anime ha necessariamente richieste le provvidenze ed inspezione del governo per formare parochi tali, che unitamente al loro gregge sieno istruiti, cristiani buoni sudditi e nello stesso tempo divengano utili alla religione al prossimo ed allo stato».43 

    2.3 La funzione educativa cristiana e civile della scuola popolare: Johann Ignaz Felbiger (1724-1788) 

    Con intenti analoghi viene effettuata nel 1774 in Austria, per volontà dell'imperatrice Maria Teresa e del re Giuseppe II, insieme a quella ecclesiastica, la riforma della scuola popolare. Esse erano interdipendenti. A un nuovo cittadino, più istruito, utile e consapevole doveva corrispondere un nuovo prete, «educatore del popolo» oltre che pastore religioso delle anime.

    L'ispiratore «pedagogico» e l'organizzatore della riforma della Volksschule è il canonico lateranense Johann Ignaz von Felbiger (1724-1788). Egli ne aveva anticipato gli scopi e lo spirito informatore principalmente nello scritto del 1780 intitolato: Eigenschaften, Wissenschaften und Bezeigen rechtschaffener Schulleute.

    44 Gli insegnanti devono avere, anzitutto, chiara coscienza di chi sono chiamati a formare: «utili membri dello stato, uomini ragionevoli, probi cristiani, cioè individui compartecipi della felicità temporale ed eterna».45 Perciò, in positivo o in negativo, nel compimento del loro dovere essi devono sentirsi responsabili di fronte a Dio, «la cui conoscenza, onore e servizio essi devono promuovere tra la gioventù»; e nei confronti dell'autorità, che li ha costituiti in quell'ufficio, «perché li rendano capaci di prestare ai superiori e allo stato quei servizi che possono prestare soltanto persone ben istruite».46 Più avanti viene definito in modo più preciso il loro compito: «nelle classi essi devono adoperarsi a educare i giovani in modo tale che col tempo diventino a) probi cristiani, b) buoni cittadini, ossia sudditi fedeli e obbedienti all'autorità e c) persone utili alla vita sociale».47 Nei tre paragrafi successivi l'Autore illustra brevemente chi sia il cristiano onesto, il buon cittadino, l'utile membro della società.

    Buon cristiano è chi non solo sa ciò che deve credere e fare, ma pensa e opera con fedeltà in base a motivi religiosi.48 Come, cittadino, poi, è soggetto a un numero notevole di obblighi verso il sovrano: essere fedele, amarlo, onorarlo, desiderare per lui ogni bene, rallegrarsi nella sua buona sorte, rattristarsi nella cattiva, eseguire volonterosamente e di buon animo quanto comandato, obbedire a tutte le ordinanze, leggi e decisioni, pensare giudicare parlare bene del sovrano; a lui, infatti, tutto deve: pace, protezione, vantaggi; non criticare, ma pagare prontamente le imposte.49 Utili membri della società, infine, sono coloro che hanno imparato e esercitano qualcosa di proficuo per se stessi. Il maestro stesso deve insegnare solo cose utili, evitando tutto ciò che è superfluo o puramente ornamentale50 e curando le tre fondamentali dimensioni di una educazione funzionale completa, presupposta naturalmente l'indispensabile istruzione e educazione religiosa, garanzia di felicità temporale ed eterna: 1) l’educazione della ragione, l'iniziazione al ragionamento; 51 2) l’educazione al lavoro, alla laboriosità e all'adempimento costante e diligente dei doveri del proprio stato;52 3) l’educazione morale, alla moralità, ai buoni costumi, compreso il decoro esteriore nel parlare, negli atteggiamenti e nei comportamenti, indispensabile nei rapporti con gli altri: «probità, prudenza nei giudizi e nelle parole, discrezione, fecondo e ragionevole orientamento al naturale impulso di ogni uomo all'onore».53  2.4 Catechismi nella Lombardia austriaca I principi teresiani e giuseppinisti comandano anche la politica asburgica circa la vita religiosa in Lombardia e la scelta degli stessi catechismi: utilizzazione di tutte le forze religiose a benefìcio dello stato e della Chiesa, preferenza per gli ecclesiastici in cura d'anime e dei religiosi di vita attiva piuttosto che per i monaci di vita contemplativa, esaltazione del concetto di «utilità» sociale e sua applicazione alla stessa vita religiosa.54 Per quanto riguarda i catechismi da sostituire agli antichi, da parte dei collaboratori più in vista del potere centrale si tende a far comporre testi che contemperino i contenuti cristiani e quelli «civili», con prevalenza di questi su quelli. E sono vari i tentativi di produrre nuovi testi catechistici che tenessero conto nell'istruzione catechistica del cristiano e promuovessero insieme l'educazione del buon suddito e del buon cittadino.55 È quanto si propone, per esempio, l'abate Tommaso Campastri con il suo testo, rimasto manoscritto, dal titolo significativo: L'odierno catechismo sacro e civile che stabilisce i popoli cristiani nella credenza de' dogmi della religione cattolica contro gl'errori del secolo, ed istruendoli ne' doveri della cristiana e civile società li perfeziona nell'ubbidienza, amore e venerazione a' rispettivi loro sovrani, adattato al bisogno de' popoli medesimi ed alla loro capacità. Il titolo è così precisato dall'Autore: «Adattato al presente bisogno de' popoli, regolato sopra quell'ecclesiastica dottrina più che mai confacente e necessaria a rassodare i popoli nella giusta credenza de' dogmi della religione di Cristo, fonte perenne non meno, e puro de' buoni principii per la civile società, è questo ch'io produco al pubblico a disegno di formare e stabilire secondo le mie forze buoni cristiani alla Chiesa e buoni cittadini alla repubblica».56 Formule identiche o analoghe ricorrono nella prefazione. 

    «Perché dunque un pastore non dovrà investirsi di questo zelo per il bene della sua patria, con cui parlando di ciò alle genti che l'ascoltano, e che hanno la di lui confidenza, fa loro risovvenire quali siano i loro doveri, anche in verso la civile società (...)? Non sarà questa un'opera d'un buono e vigilante pastore, non meno quanto d'un ottimo cittadino? Relazione, di cui non si deve spogliare giammai un buon parroco, riflettendo ch'egli è posto in una situazione in cui moltissimo può giovare alla felicita de' popoli, anche in ciò che s'aspetta alle cose puramente civili e temporali. Dispiacerà forse al medesimo nel tempo stesso che perfeziona buoni cristiani alla Chiesa, il formare con virtuosa industria buoni cittadini alla stessa repubblica»?57 

    Le autorità asburgiche insistono sull'inscindibile dualità degli obiettivi e dei contenuti. Kaunitz scrive a Firmian (15 gennaio 1776): «Vi si faccia sentire la necessità, portata dalla religione, di praticare le virtù sociali»; ottenere un catechismo «civile» oltre che dottrinale cristiano; «si tratta di un testo destinato a istruire e formare il cristiano anche in quanto cittadino».58 Non è, quindi, da stupirsi, se a proposito dell'Esposizione della dottrina cristiana preparata da Locatelli su commissione del card. Pozzobonelli, Kaunitz scrivendo a Firmian (18 gennaio 1781) lamenti che nella compilazione «non si sia avuto assai riguardo all'oggetto essenziale per la società, cioè di profittare dell'opportunità del catechismo con ispirare alla gioventù nella stessa spiegazione del dogma quei sentimenti di pratica morale, l'uso dei quali tende a rendere gli uomini migliori sotto ogni rapporto sociale, vaglia a dire veri cristiani».59 Morto il Pozzobonelli, Kaunitz pensa di affossare il compendio del Locatelli e sostituirlo con uno nuovo, nel quale, secondo un antico proposito, al dogma fossero aggiunti «i principi della morale, tanto dell'uomo e del cristiano che del cittadino»; l'incarico si sarebbe dovuto affidare al teol. Giuseppe Zola, «insinuandogli di tener sempre presente nel suo lavoro che questo deve servire non solo per istruire nel dogma e nella morale cristiana, ma anche in quella dell'uomo e del cittadino».60 In data 29 marzo 1785 il Wilzeck assicurava Kaunitz che allo Zola erano state fornite istruzioni «che dovranno a lui servire di scorta e di lume, onde col dogma siano combinati in tutta la sua estensione anche i principii della morale dell'uomo, del cittadino e del cristiano».61 L'indisponibilità del teologo bresciano portava Kaunitz a ripiegare su altra soluzione: «Io rifletto altresì che al difetto di aver un catechismo che insegni, mediante una prudente combinazione, insieme colle verità della religione, anche i principii della morale dell'uomo, del cittadino e del cristiano, si potrà supplire in seguito con altri opuscoli da mettersi nelle mani particolarmente della scolaresca: e ne abbiamo già un saggio in quelli del p. Soave appunto per uso delle scuole».62 

    3. Il cristiano perfetto «cittadino» repubblicano 

    La disputa sul cristiano «buon cittadino» assume una colorazione particolare nel corso della rivoluzione francese e con la proclamazione dei principi di uguaglianza e di libertà.

    La disputa circa la loro conciliazione con la fede cristiana può svolgersi in forma più pacata in Italia, in particolare durante il periodo giacobino tra il 1796 e il 1799, lontano dai frastuoni del Terrore. Il Giuntella ne riassume i contenuti nella formula: «solo il cristiano può essere buon cittadino».63 Ma dai materiali contenuti nella raccolta antologica da lui curata, il significato della formula risulta più articolato,64 come potrà emergere dalla seguente rapida rassegna.65 Gregorio Luigi Barnaba CHIAROMONTI, vescovo di Imola e futuro papa Pio VII, in riferimento al nuovo «stato democratico» si rivolge ai preti in cura d'anime della sua diocesi, pregandoli di «spiegare ai popoli la vera natura della libertà, e dell'eguaglianza, onde animarli ai loro doveri, mentre fate loro conoscere i loro diritti. Così avremo de' buoni cristiani per il cielo, e dei savj, utili e generosi cittadini per la patria, e per tutta la nostra Repubblica».66 Con tutti i fedeli insiste: «Non esercita ragionevolmente la sua libertà chi contraddice a Dio e alla temporale sovranità (...). Le passioni, i privati interessi, l'ambizione e qualunque altra cupidigia indegna dell'uomo onesto e cristiano non vi faranno felici (...). Forse per la durevole felicità degli altri governi basterà una virtù comune; ma nella democrazia studiatevi di essere della massima possibile virtù e sarete i veri democratici; studiate ed eseguite il Vangelo e sarete la gioja della repubblica (...).

    Sì, miei cari fratelli, siate buoni cristiani e sarete ottimi cittadini.67 Il connubio tra democrazia e Vangelo e, quindi, tra l'essere «cittadino» nel senso forte del termine, cioè democratico, e l'essere cristiano è vigorosamente sottolineato da Riccardo BARTOLI.68 Il «vero cristiano» si sente uguale agli altri «come in faccia di Gesù Cristo, così in faccia alla legge civile, in faccia alla patria.

    Può egli vantarsi vero cristiano colui che non abbia in cuore e non pratichi cotesti sacrosanti adorabili sentimenti? Egli è dunque tutt'uno il dire popolo perfettamente cristiano e il dire popolo fedele osservatore della più pura democrazia (...). Datemi un popolo d'uomini in simile foggia religiosi ed io vi darò un popolo di ottimi cittadini, poiché (...) non si dà vera virtù senza Religione (...). Fate che tutti i nostri cittadini anche qui di uno stesso modo cospirino ad esser buoni cristiani, come supponiamo aver già cospirato ad esser buoni patrioti, dite: diverrebbe la nostra quasi quasi la primiera felicissima società di natura?».

    La connessione tra cittadino e cristiano viene ancor più esplicitamente tematizzata da Scipione BONIFACIO in un opuscolo il cui titolo è già una tesi: Li diritti dell'uomo, li diritti del cittadino e li diritti e i doveri del cristiano e del cittadino (1797). «L'uomo, il cittadino, il cristiano: sotto questi tre rapporti inseparabili ciascuno di noi siamo necessariamente considerati nella società. Dividete l'idea dell'uomo da quella del cittadino, vi si presenta un misantropo; riguardate il cittadino senza dell'uomo vi apparisce un anarchico; ricercate il cristiano senza dell'uomo e del cittadino e non lo trovarete giammai (...). Nel terzo caso non trovarete giammai il cristiano se non nell'uomo, e nel cittadino, perché la religione è inseparabile dalla retta ragione, quindi non esiste se non nell'uomo: la religione consiste nel complesso delle più perfette leggi sociali consacrate dal carattere della Divinità; dunque non può sussistere se non nel cittadino. Questo triplice legame è indissolubile; perciò considerando l'uomo e il cittadino senza considerarlo cristiano sotto li rapporti della religione, è un considerare l'uomo fornito delle sole forze di natura senza gli ajuti della grazia (...). Posto ciò, l'uomo non sarà mai buon cittadino se non sia buon cristiano (...). L'uomo veramente cristiano, egli è veramente uomo, è veramente cittadino».69 Identici concetti si trovano nell'opuscolo anonimo La Religion cattolica amica della democrazia. Instruzione d'un teologo al clero e al popolo romano (1797). «Felice democrazia, dove i costumi del popolo sono regolati sulla maestosa e divina morale del Vangelo! Fortunata religione in un governo, che esser deve per natura virtuoso (...). Nel mentre che insegnerete al popolo le massime sublimi della cristiana morale, le verità eterne della Religione, fate che specchi in essa le massime pure e consolanti della democrazia, le virtù d'una repubblica, i doveri della società. Così formarete l'ottimo cittadino e il virtuoso repubblicano».

    «Buon cittadinno e vero cattolico» protesta di essere anche Pietro Paolo BACCINI nell'opuscolo Della vera democrazia.10 La democrazia, infatti, è «il governo più confacente alla retta ragione» e «altresì la più conveniente, e la più analoga alla santa Religione cristiana»; pertanto,  - ci assicura  - il Dio vivente «sarà con noi sino alla consumazione de' secoli per nostro conforto, per caparra della visione beatifica, che egli ci concederà in Cielo, se noi viveremo da buoni cittadini e da buoni cristiani in terra».

    «Sì, i cattolici saranno i migliori cittadini»  - esclama Giovanni MASCHERANA nella Concordia tra la società e la Religione ossia Difesa del culto cattolico contro chi lo calunnia in contrasto colla società;71 «saranno i migliori cittadini, migliori perché in essi la legge di amore obbliga a procacciare agli altri il bene, che vorrebbero a se medesimi (...). Sarò un buon cittadino se sarò un buon cattolico».

    «I savi Francesi e gli illuminati ecclesiastici  - assicurano gli "Annali ecclesiastici" 72  - mostraron a tutta l'Europa che si poteva ben nutrire uno spirito energico di libertà civile ed una sommissione ragionevole alla religione. Furono i democratici migliori e furono i cristiani più intrepidi, anzi perciò appunto furono sinceri democratici, perché furono cristiani illuminati».

    Particolare autorevolezza doveva avere quanto sulla medesima tematica riaffermava il card. Giuseppe Maria CAPECE ZURLO, arcivescovo di Napoli, nella Lettera pastorale del 12 febbraio 1799. «La Cristiana Religione, fratelli carissimi, nata nella società civile, non ha avuto mai altro scopo, che quello di formare degli ottimi figli alla Chiesa, e de' virtuosi insieme e fedeli cittadini alla patria (...). A voi dunque tocca, fratelli carissimi, non solamente esser grati e rispettosi verso ciaschedun individuo della Gran Nazione, ma dimostrare anco co' fatti e ad essi e alla repubblica intera, qual'è la fede che voi professate, risvegliando ne' vostri cuori quello spirito di carità, di mansuetudine, di ubbidienza, di zelo, che vi manifesti sinceramente veri cristiani; cioè a dire, degni eredi della fede de' vostri padri, figliuoli di Dio, discepoli di Gesù Cristo e per conseguenza i più fedeli, i più virtuosi, i più bravi cittadini che abbia la patria (...). A voi tocca di mostrare presentemente a tutta la terra che i veri adoratori di Dio, che i discepoli dell'Evangelio, sono i più saggi, i più fedeli, i più zelanti cittadini che abbia la patria».

    E cittadini delle tre città, terrene e celeste, proclamava i repubblicani ardimentosi Giuseppe VITI, parroco di S. Savino, che in una Omelia incitava a combattere contro gli insorti, «facinorosi mostri d'iniquità», che «si armano e fanno armare a danno della misera umanità, della Religione, della patria, della repubblica, dei veri cristiani e sudditi fedeli del vegliante democratico governo, (...) veri cristiani e buoni cittadini». «Il Dio dei Cristiani non è il Dio della discordia, ma della pace. E voi intanto come buoni cristiani, e valorosi cittadini, (...) siate sempre pronti ad impugnare l'asta, ed il brando per rintuzzare l'ardimentoso orgoglio dei superbi nemici, per fugare gli empj scellerati ribelli, che così vedrete voi salvi, salva la patria, difesa la repubblica, e come sarete veri cristiani, e buoni valorosi cittadini qui in terra, sarete eziandio cittadini per sempre nella Beata Gerusalemme».73 

    4. La voce della stampa educativa 

    Il 28 maggio 1856 su richiesta dell'amico mons. Annibale Capalti (futuro cardinale) il poeta romano Gioachino Belli (1791-1863) componeva un grazioso dialogo per un saggio di bambini di un asilo infantile romano. I due piccoli attori, Leone e Pasquale, lo concludevano in questo modo: 

    L. (...) Luce brillò di sentimenti umani

    Dono è del vostro amor...

    P. Pei poverelli.

    L. Voi ci affidaste a generose mani

    che ci edùcano onesti cittadini,

    E quello che val di più...

    P. Buoni cristiani.

    L. Ah chi sa, senza voi, quali destini

    C'eran serbati nella vita nostra!

    Ah da innocenti e semplici bambini

    Forse diventavam...

    Cani da giostra.74 

    L'idea rispecchiava lo spirito con il quale nella Chiesa si erano moltiplicate fin dall'inizio del secolo le opere benefiche e educative in favore della gioventù soprattutto povera. Vi campeggiavano tre fondamentali convinzioni: 1) l'efficacia individuale e sociale dell'educazione della gioventù, in particolare dell'«infima classe»; 2) il determinante influsso, nella sua attuazione, della religione (cristiana, anzi cattolica); 3) la rilevanza individuale e sociale dell'educazione cristiana, rivolta a formare insieme il buon cristiano e l'onesto utile cittadino.

    «Ognuno sa ripetere  - scriveva il sacerdote bresciano Ludovico PAVONI (1784-1847)  - che la riforma del guasto costume, da cui dipende la felicità degli stati e delle famiglie, non si otterrà di leggieri, che colla coltura della crescente generazione (...). Qual miglior officio alla Religione ed alla Chiesa le tante volte obbligata a piangere amaramente sulla rovina di queste anime abbandonate? e qual più giocondo servigio alla Patria ed allo Stato che veder venir meno il numero di quella scioperata plebe che lo conturba ed affanna?»75 In questa impresa un influsso preponderante spetta alla religione: «Che non può la Religione qualor venga accolta nel cuore dell'uomo? Vi siede allora regina, e tutti ne regola i moti, e ne tempra gli affetti; e le azioni ne dirigge, e ne signoreggia i pensieri, e l'uomo allora può veracemente chiamarsi padron di se stesso».76 Ma se l'educazione cristiana si radica nella pietà,77 proprio in forza di questa, essa ha da essere indissolubilmente «religiosa e civile».78 È inevitabile che ricorra più volte la formula «buon cristiano e onesto cittadino» o altre analoghe. Dev'essere vanto degli educatori «sacrificare talento e fatiche, per ridonare alla Chiesa, alla Patria, allo Stato docili figli, sudditi fedeli ed utili cittadini;79 promuovere scuole «di buon costume all'inesperta gioventù abbandonata, e renderla utile alla Chiesa ed alla Società»; 80 «cioè di condurre tanti esseri infelici, dalla divina Provvidenza alla propria cura affidati, sul sentiero di salute, e renderli utili e cari alla società, informandoli alla soda pietà ed alle arti onorate.81 Perciò, in modo particolare, il Rettore «sarà tutto mente e cuore per procurare che i giovani ricoverati sieno ben istruiti e sodamente educati nella Religione e nella civiltà onde riescano ottimi cristiani, buoni padri di famiglia, sudditi fedeli, cari insomma alla Religione ed utili alla società».82 Sarebbe auspicabile una ricerca a grande raggio attraverso la produzione pedagogica dell'Ottocento diretta a verificare la frequenza o meno della formula tanto largamente usata da don Bosco. Ci si è limitati alla lettura di due periodici degli anni '40, uno romano, L'Artigianello, l'altro torinese, L'Educatore primario, vicini per interessi, istituzioni e idee alle iniziative e alla mentalità di don Bosco. 

    4.1 L'Artigianello 

    Il periodico, settimanale, fondato e diretto da Ottavio Gigli, rispecchia il fervore avutosi a Roma, con particolare interesse anche «civile», tra il 1845 e il 1848 per le scuole serali e istituzioni similari. «L'Artigianello, che fu il primo giornale popolare che si stampasse nel nostro Stato, ebbe per scopo di educare ed istruire il popolo secondo la sua condizione».83 Esso è distribuito gratuitamente agli alunni delle scuole e, come viene più volte ricordato, intende tener costantemente presenti tutte le dimensioni essenziali di una corretta formazione umana e cristiana: istruzione e educazione, educazione morale e religiosa, Dio Chiesa famiglia società. «Fu santo pensiero quello di riunire nelle scuole notturne quegli artigianelli che formeranno una parte sì importante della società, ed ivi indirizzarli a quella religiosa e morale educazione, che si conveniva allo stato che si erano scelti (...) far gli uomini amorevoli verso se stessi, ubbidienti a Dio, alla Chiesa, e contenti di quelle leggi dalle quali si sentono governati. Tutte queste cognizioni non saranno esposte in guisa che si dia luogo a farla da dottori, e mettere desiderio d'uscire dalla condizione propria; ma con esse portando una proporzionata istruzione si vogliono rendere gli uomini di miglior mente per dirigere i loro affari, e governar la famiglia, e conoscere i proprii doveri verso Dio, verso se stessi, e verso la società».84 Sorregge la certezza «religione, educazione, istruzione, e lavoro essere le fonti prime, donde scaturisce la vera felicità delle famiglie, e degli Stati».85 Si tratta in sostanza di promuovere «la migliore educazione religiosa e civile del popolo minuto»,86 «giacché è in questo solo modo che essi possono addolcire i costumi, vivere onesti e devoti».87 A ciò portano un inestimabile contributo le scuole serali («notturne») in favore sia degli «artisti» (gli artigiani) che dei «campagnoli». Esse concorrono «allo sviluppo della civiltà evangelica, alla promozione del'industria agricola», mirando a che l'allievo, «con benefiche istituzioni addestrato ne' precetti della vera religione, della buona morale, e l'onesto vivere civile, s'ingegnasse di crescere con la fatica delle sue, e non delle altrui mani»;88 è una forma di «dirozzamento del popolo» che procura il bene nel contempo «alla religione, alla morale, al bene pubblico».89 «Aiutando essi [gli allievi], facciamo un bene a noi, perché avremo e servi più fedeli, e uomini più leali, e cittadini più tranquilli, e più affezionati. Daranno gloria a Dio, lustro e decoro alla patria.90 Ricorre pure, sebbene non frequente, la formula «buon cristiano e onesto cittadino» o altre analoghe. 

    Ascoltarono dapprima il breve discorso dell'ottimo rev. parroco di S. Maria in Via Lata, direttore della scuola notturna nel vicolo del Piombo, in cui dimostrò, che la istruzione che si dà in queste scuole della dottrina cristiana, del leggere, dello scrivere, dell'aritmetica, del disegno lineare, e della geometria pratica, renderà i nostri giovani buoni cristiani, abilissimi artieri, ed utili cittadini».91 Alcuni uomini generosi (...), spinti solo dalla carità del prossimo, nella sera, dall'Ave Maria fino ad un'ora di notte, chiamano intorno a sé i figliuoli degli artigiani e degli operai per insegnar loro a leggere, a scrivere, a far di conto, ad amare e temere Iddio, ad amare il prossimo, a procedere in somma da galantuomini.92 Una saggia educazione forma uomini probi ed operosi, e cittadini quieti e fedeli allo Stato.93  (...) non abbiano a fallire le ben concette speranze della patria, di avere un giorno in quei fanciulli degli onorati ed abili artigiani (...), che sieno consci e gelosi dei loro doveri, utili a se stessi ed alla società in cui vivono, e propagatori di un novello popolo (...). E gli istruttori sì ecclesiastici che laici, ai quali è affidato il sacro deposito di tanti giovani speranze, non rimettano mai di quella calda operosità nell'istillare all'animo dei loro teneri alunni i più sani principii di morale e civile educazione (...); pensino alla patria comune, a' suoi bisogni, e verranno nella facile persuasione che il più santo e glorioso ministero si è quello di educare il popolo ad ogni ragione di virtù morali e civili.94 Coll'esempio poi, e cogli ammaestramenti si cresceranno i giovani buoni cristiani, buoni figli di famiglia, buoni e operosi cittadini: l'amore a Dio, alla famiglia, alla patria, al lavoro debbono essere gli affetti da muoversi nel loro animo, ed in tal guisa come viene onorata una famiglia che sia composta di tutti galantuomini, così un giorno sarà onorata la patria nostra che avrà buoni cittadini.95 Questi tre santissimi nomi, giovinetti, si compendiano in PIO IX, cioè a dire che esso rappresenta e racchiude queste tre idee Religione, Patria, Libertà: onde noi tutte le volte che (...) grideremo viva PIO IX, il nostro saluto non altramente suonerà, che viva la religione, viva la patria, viva la vera libertà. Se questo grido vi piace (...), giurate in cuor vostro, o giovinetti, di crescere buoni cristiani, utili cittadini.96

    È molto più sicuro di darsi in braccio ai Comitati, che per lo più saranno liberali di vecchia data, i quali sebbene siano stati trattati male, calunniati e battuti in mille guise, pure furono sempre e sono tuttavia nella più parte buoni cristiani e specchi di galantuomini.97 

    4.2 L'Educatore Primario (1845-46); L'Educatore (1847-48) 

    Meno ricco di riferimenti alle formule recensite appare la rivista torinese «L'Educatore Primario», divenuto nel secondo biennio «L'Educatore». È facilmente spiegabile se si tien conto che si tratta essenzialmente di una rivista diretta a insegnanti di scuole pubbliche con prevalente indirizzo didattico, organizzativo e legislativo. Non meraviglia, quindi, il fatto che, pur rivendicando la presenza dell'istruzione religiosa nel curricolo, vari articolisti insistano esclusivamente sugli aspetti sociali dell'educazione: l'«onesto cittadino» viene richiamato espressamente, il «buon cristiano» rimane semmai implicito. Citiamo alcuni dei testi più significativi.

    Che i fanciulli abbiano a prepararsi a diventar uomini, che nelle scuole essi abbiano a fare un tirocinio della vita civile, sono verità queste su cui non si potrebbe muovere dubbio (...). Noi vedremo le nostre scuole (...) dirette (...) al procaccio di quelle cognizioni che meglio giovano la società intiera, senza esclusione di classi.98 S'è fatto generale il desiderio che in sì fatte scuole i giovanetti possano riuscire meglio preparati a ricevere l'istruzione religiosa e civile (...), atti al governo della famiglia e ai varii ufficii della vita civile nella condizione in cui ciascheduno si trova dalla Provvidenza collocato.99 Quest'insegnamento [classico] non sia tutto pagano, ma faccia amica alleanza colla cristiana religione, colla pubblica e privata morale (...); e non miri tanto a formare eleganti parlatori e scrittori, quanto a formare operosi, onesti e cristiani cittadini atti a tradurre nella vita domestica e civile gli alti insegnamenti dei greci e latini scrittori.100 (...) le materie de' loro passati trattenimenti serali (...): esse sono quelle del signor D. Cavaleri. (...) 3° Il timor di Dio esser il fondamento delle cristiane virtù (...). 4° Nella religione trovare l'uomo il solo conforto a sostenere e trionfare delle avversità e delle umane miserie. 6° (...) Insufficienza delle leggi umane e necessità della religione per contenere gli uomini nelle leggi del dovere.  - Altri non poter esser vero galantuomo senza essere vero cristiano (...).101 Aforismi sull'educazione. L'educazione si divide in cinque rami: l'educazione fisica, il cui scopo è di correggere (...); l'educazione religiosa e morale di far conoscere, amare ed adempiere i doveri dell'uomo e del cittadino; l'educazione intellettuale (...); l'educazione professionale (...); la educazione civile o politica (...). L'educazione che riunisce tutte queste cose rende il cittadino religioso, buono, felice, utile, socievole, per quanto il concede il suo naturale e la posizione che egli debbe occupare in società.102  - (...) al fanciullo importa di ricevere una buona educazione, alla famiglia d'aver un figlio docile, allo stato un buon cittadino, all'umanità un uomo dabbene.  - L'istruzione pubblica veglia sul fanciullo, sull'adulto, sul giovane e prepara alla patria buoni cittadini, forti difensori, buoni operai, artisti, e dotti.103 

    5. Discussioni politiche e religiose 

    A partire dalla «rivoluzione» del 1848 si fa più insistente da parte laicista e cattolica il dibattito sulla compatibilità delle nuove idee di libertà e di democrazia con la visione cristiana della vita. La discussione verte, in sostanza, sulla connessione tra «buon cristiano» e «onesto cittadino», con reviviscenze della nota contesa giurisdizionalista.

    Per questo il breve sondaggio sulla presenza della formula in tre diverse espressioni cattoliche (i giornali L'Armonia e L'Unità Cattolica e il vescovo di Parma, Domenico Villa) viene preceduta dal riferimento a un protagonista laico, anzi laicista, della politica ecclesiastica, prima del regno sardo e poi del regno d'Italia. È Urbano Rattazzi considerato nel momento della discussione delle leggi eversive sulle corporazioni religiose presentate a cominciare dal 1855 nello stato sardo:104 «una questione di principii», egli afferma; «una lotta tra il potere civile ed il potere ecclesiastico», «una lotta d'indipendenza».105 Non è escluso che le insistenze di don Bosco sull'utilità sociale della religione, in particolare dell'educazione religiosa della gioventù, possano avere un qualche di riferimento a questa controversia.

    Ma prima di lui e con lui era scesa in campo anche tutta una pubblicistica cattolica tendente a dimostrare un vincolo indissolubile tra religione e civiltà, tra contemplazione religiosa e bene della società, tra funzione salvifica e utilità civile delle istituzioni religiose, tra Vangelo e libertà democratica rettamente intese. Si accennerà a L'Armonia (1848 ss) e a L'Unità Cattolica (1863 ss). Si ascolterà anche la voce di un intransigente illuminato qual è mons.

    Domenico Maria Villa, vescovo di Parma (1872-1882). 

    5.1. Urbano Rattazzi e le soppressioni 

    Le tesi sostenute dal Rattazzi in occasione della soppressione delle corporazioni religiose come associazioni garantite dal riconoscimento civile si riconducono alle seguenti.

    1) Il progetto di legge non tende a sopprimere la libertà di associazione per scopi religiosi di individui e di gruppi: esso «lascia piena libertà e facoltà ai membri delle comunità religiose di radunarsi e di darsi quel genere di vita che loro torni a grado».106 «Essi godranno di tutti i diritti e potranno esercitare tutte le facoltà che spettano ai cittadini dello Stato (...). Invocando esso articolo [art. 32 dello Statuto], i membri delle comunità soppresse potranno congregarsi, potranno vivere, se loro tornerà a grado, in comune, e potranno, lo ripeto, esercitare i diritti e godere dei vantaggi che lo Statuto garantisce a tutti in generale i cittadini (...) le loro associazioni saranno libere e permesse finché una legge non abbia altrimenti disposto».107 Infatti, il progetto di legge ha un compito molto preciso e limitato: esso «è puramente inteso a sopprimere la personalità civile, ossia quella ragione di legale esistenza che la legge civile accorda a certe e determinate corporazioni o società religiose, a certi determinati stabilimenti ecclesiastici».108 2) Tale soppressione è subordinata al giudizio dell'autorità civile sui bisogni dello Stato e sulla conformità o meno di siffatte corporazioni a tali bisogni, sulla loro «utilità» sociale. «Il solo giudice competente dei bisogni e delle utilità dello Stato è il potere civile».109 «Io credo conforme a giustizia la soppressione degli stabilimenti e delle corporazioni religiose, tuttavolta che rimanga provato che non sono di alcun beneficio alla società».110 «La conservazione di tale privilegio non può essere in altro modo giustificata salvo che a condizione che ne risulti un reale vantaggio a pro della società civile».111 3) Ora, l'inutilità, anzi dannosità, appare al Rattazzi del tutto palese. «Io non veggo quale sia il vantaggio, quale l'utile che la civile società possa ritrarre dalla conservazione delle corporazioni religiose».112 «Ma invece di un'utilità qui esiste un danno, il quale consiste nel detto privilegio, per cui i membri componenti le corporazioni religiose divengono inutili alla società, si sottraggono ai doveri che sono imposti agli altri cittadini, e di più i beni che sono concentrati nelle corporazioni religiose, per essere beni di manimorte, sono posti fuori del commercio».113 «Ora, quanto alle corporazioni cui il Governo vi propone la soppressione, è indubitabile che attualmente non possono recare alla società civile alcun vantaggio».114 4) Sarebbe inutilità e dannosità non solo civile, ma indissolubilmente anche religiosa. Rattazzi dichiara su questo punto di allinearsi con la posizione espressa dai «membri dell'ufficio centrale»: «Essi nelle premesse della relazione riconnoscevano la convenienza di ridurre le corporazioni religiose, nell'interesse della società non solo, ma ben anco della religione. Tra la società civile e la società religiosa, non ci può essere differenza, perché, tuttavolta che i membri di questa non sono di vantaggio alla società civile, non riescono neppure vantaggiosi alla società spirituale, troppo intimi essendo i rapporti che corrono tra l’una e l'altra».115 La vita oziosa non serve né alla società civile né alla religione, mentre «se lasciate sussistere le corporazioni, se lasciate in piedi cotesti privilegi, vi sarà sempre un possente invito per coloro che amano di seguire un modo di vivere inoperoso».116 Conclusione: «non essendovi ragione di utilità vera e reale per la di loro conservazione, giustizia vuole che debbano sopprimersi».117 «Io non dico che debbano sopprimersi le comunità religiose aventi per istituto la vita ascetica e contemplativa, perché sieno più ricche, ma perché sono le più inutili; quantunque sia vero in fatto che sono le meglio dotate».118 5) Tuttavia, «nel progetto di legge [del 1855] si propone la soppressione delle comunità e degli stabilimenti religiosi, ma nel tempo stesso vengono eccettuati quelli che possono riuscire di qualche vantaggio alla società, quelli cioè destinati all'istruzione, al soccorso degli infermi od alla predicazione».119 «Il Ministro del pari dichiara di non dissentire che si formoli l'eccezione a favore di quegli ordini religiosi i quali attendono alla predicazione, all'educazione od all'assistenza degli infermi (...). Egli accetta questa locuzione, con che sia ben inteso che parlasi di coloro che attendono per istituto alla predicazione, all'educazione ed all'assistenza degl'infermi. Trattasi degli ordini religiosi non delle case che per avventura attendono alla predicazione, all'educazione od all'assistenza degl'infermi. Dirò di più: si tratta di quegli ordini religiosi che infatti attualmente attendono alla predicazione, all'educazione od all'assistenza degl'infermi».120 

    5.2 L'Armonia della Religione colla Civiltà (1848 ss) 

    Il primo numero dell' L'Armonia della Religione colla Civiltà esce il 4 luglio 1848. Il titolo e il primo editoriale sembrerebbero promettere un sostanziale sviluppo della formula «buon cristiano e buon cittadino» o altro equivalente. Fin dalle prime righe, infatti, si afferma che «la religione e l'imperio, la religione ed il governo civile sono i due cardini su cui girano le condizioni umane. Congiunti questi due cardini nell'ordine della Provvidenza, non è possibile né confonderli né dividerli, ma solamente separarli, per indi più legittimamente e fermamente connetterli (...). A rifar più bella e forte quest'alleanza di Dio cogli uomini, della religione colla civiltà, noi consacreremo tutta l'opera nostra con rettitudine di mente e integrità di coscienza».121 E nello stesso numero Gustavo di Cavour ribadisce chiaramente il realizzarsi nel credente della sintesi del «vero cristiano» e dello «zelante ed ottimo cittadino». 

    Qualunque sia il mutamento avvenuto nelle condizioni di un popolo, perdura sempre nel vero cristiano l'obbligo costante ed immutabile di regolare la sua condotta secondo quello spinto di universale benevolenza, che con nome speciale si appella CARITÀ (...). Nell'esercizio pratico un tal sentimento deve regolarsi secondo l'ordine di prossimità, e così l'amor di patria, anzi una special predilezione per la medesima, trovasi necessariamente implicato e compreso nella carità cristiana. Indi nasce la natural conseguenza, che il vero cristiano sarà sempre zelante ed ottimo cittadino, mentre più assai dei proprii gli staranno a cuore gl'interessi della patria e de' suoi compaesani.122 

    In questa direzione si sviluppa, secondo il giornale (per ora bisettimanale) l'azione del clero, che congiunge in unità la formazione morale e cristiana e la cultura intellettuale: il prete «è l'uomo destinato dalla Provvidenza a mantener viva la triplice fiaccola della fede, della moralità e della civiltà fra i popoli».123 Nel numero successivo il giornale riprende dei passi di una pastorale dell'arcivescovo di Genova, nella quale viene ribadita la stretta connessione tra libertà costituzionale e impegno del buon cristiano: «La vera libertà sta colla vera religione; questa pratica fonda l'ordine perfetto: quest'ordine sarà effetto dell'esatto adempimento delle leggi, dell'ubbidienza alle medesime; e dall'osservanza delle leggi, come da sua vera madre nasce la libertà costituzionale; questa libertà durerà, se noi vogliamo, quanto durerà in noi la pratica dei doveri di buon cristiano».124 Più avanti la formula emerge chiara da un discorso, già noto, sul prete educatore del popolo, soprattutto nelle campagne, sensibile alle varie dimensioni dell'esistenza, individuale e sociale. 

    Esso tradirebbe il proprio ministero qualora coscienziosamente non ammaestrasse i buoni popolani sui doveri del cittadino. Non è buon cristiano, chi non è buon cittadino, chi non è suddito sincero e fedele; chi ha in disprezzo le autorità che legittimamente e saggiamente governano; chi viola le leggi, e non si associa alle idee oneste ed utili della patria e del principe. (...) Sorgete, o ministri del Dio vivente; (...) La Chiesa vi chiama a fare dei buoni cristiani, il governo a far buoni sudditi (...).m (...) Noi siamo, o carissimi fratelli, i pacieri fra Dio e gli uomini: ma siamo ancora pastori e maestri de' popoli in ogni genere di dovere e di virtù (...).

    Inoltre, sull'esempio di Mosè, alla santa preghiera aggiungiamo la predicazione non solo delle sante virtù, ma anche dei civili doveri, perché non potrà mai essere buon cristiano chi non è buon cittadino.126 

    Ma intanto la legge del 25 agosto 1848 contro alcuni ordini religiosi e varie manifestazioni negative della Rivoluzione del 1848 127 acuiscono ulteriormente ne «L'Armonia» l'esigenza di mettere in evidenza la funzione non solo religiosa, ma anche civile del clero. 

    Ecco l'idea religiosa e civile, l'idea somma, l'idea compiuta che abbiam vagheggiata; ecco l'idea che propugneremo con ogni fatica e ad ogni costo (...). Compresi da un forte amore di questa Italia, patria nostra e patria spirituale e cosmopolitica di tutte le nazioni redente o che aspirano alla redenzione, noi prima di tutto la vogliamo cattolica e santa perché ella sia concorde e civile.128 

    L'idea resta dominante, ma tutto ciò che avviene in Piemonte e a Roma fa cadere l'entusiasmante disegno neo-guelfo con la sognata confederazione italica presieduta dal Papa sotto il segno della libertà cristiana. Sottentra piuttosto la recriminazione, la difesa della Chiesa e del Papa e passa in seconda linea il motivo di una pacifica presenza del buon cattolico come cittadino di uno stato visto politicamente sempre meno cristiano. La formula «buon cristiano e onesto cittadino» subisce un'eclissi, anche se resta vigorosamente affermata la certezza che «solo nell'armonia della religione colla civiltà può l'illustre nazione a cui apparteniamo trovare secura tranquillità e felici destini».129 La classica formula ritorna, infine, in seguito alla disfatta di Novara, con la volontà di ricupero e di rinascita nazionale e politica: «se voglionsi buoni cittadini, sudditi rispettosi, uomini in ogni condizione di vita fedeli alle leggi e ai propri doveri, utili veramente alla patria, è mestieri farli buoni cristiani».130 Oltre il discorso «politico» il concetto e le formule sono introdotti nel giornale da testi che hanno origine nell'Oratorio di don Bosco, o che vi si riferiscono.

    Così avviene, ad esempio, nella circolare per la lotteria del 1857, quando si parla delle scuole serali e dell'ospizio. Queste hanno tra l'altro lo scopo di allontanare i ragazzi dalle cattive compagnie, «ove di certo correrebbero rischio di perdere lo scarso guadagno del lavoro, la moralità, la religione».131 Nell'ospizio poi «sono accolti in numero di oltre centocinquanta: loro è somministrato quanto occorre per farsi buoni cristiani ed onesti artigiani».132 Gli oratori sono sorti proprio dalla carità cristiana che è andata alla ricerca dei giovanetti poveri «per radunarli, istruirli e farli così perfetti cristiani».133 

    5.3 L'Unità Cattolica e don Bosco (1863 ss) 

    Ne L'Unità Cattolica, diretta dal teol. Giacomo Margotti, che lascia la direzione de L'Armonia, si trovano abbondanti notizie e informazioni sull'Oratorio di Valdocco.134 Vi si trova talora la formula classica di don Bosco135 o altre apparentate, sempre riportate in connessione con l'opera degli oratori, destinata ai «poveri figli del popolo». «Qui, mercé i continui sacrifici di Don Bosco e dei suoi colleghi, imparano a vivere da buoni cristiani ed apprendono un'arte con cui possono a suo tempo guadagnarsi il pane della vita coll'onesto lavoro delle loro mani».136 

    Ivi [alla Spezia] si aprirà un ospizio pei giovani più poveri e più bisognosi, e per tutti scuole diurne e serali, oratorio festivo con appositi trattenimenti e giuochi di ricreazione, onde viemmaggiormente allettarli al bene, e renderli utili a se stessi, alla civile società, e buoni cristiani.137 Noi caldamente raccomandiamo questa pia opera [S. Cuore a Roma] a tutti quelli che amano l'incremento della nostra santa religione, il buon costume, il bene della gioventù e di tutta la civile società.138 Oh benedetti i Salesiani! Essi, senza privarli dell'istruzione scolastica, aprono gli occhi dei fanciulli alla vista del cielo, danno loro lo sguardo delle anime pure e sante, e con l'istruirli che fanno nelle cose dell'eternità, preparano in quelle tenere pianticelle il futuro sostegno della religione e della patria (...). E quanti sono i diseredati della fortuna, ed essi ne piglian cura amorevole coll'istruirli ed educarli, con dar loro un'arte ed un mestiere onorato (...) don Bosco cospira col render ... cittadini Le birbe e i biricchini. 

    (...) quest'uomo che ha dato tanti sacerdoti alla Chiesa e tanti onesti cittadini alla società (...).139 Si deve fare tutto il bene che si può alla gioventù; perciò ci occorre un'Opera che raccolga gli abbandonati nelle vie e nelle piazze, che li raccolga dappertutto per cercare di farne qualche cosa di buono, dei buoni cittadini, e quindi [perciò? poi?] dei buoni cristiani (...). I giovani, che colle vostre cure saranno salvati, mercé vostra, diventeranno, di ladri che erano, onesti cittadini e vi benediranno.140 Il suo discorso semplice e piano, ma improntato di apostolico zelo, si raggirò a dimostrare che oggidì opera delle più importanti quella si è di attendere alla morale educazione della gioventù, per avere col tempo dei buoni cristiani e dei probi cittadini (...); e noi, aiutando don Bosco, aiutiamo ad un tempo la buona educazione di tanta povera gioventù, promuoviamo il cristiano incivilimento tra le tribù selvagge, diffondiamo la buona stampa ed il vero progresso, cooperiamo in una parola a dare alla Chiesa di Gesù Cristo degli zelanti sacerdoti e dei buoni cristiani ed alla civile società uomini morigerati e probi, di cui tanto abbisogna per non cadere in totale rovina.141 

    Espressioni parallele si adoperano quando si parla di religione e moralità, di liberazione dal vizio e dalla delinquenza sociale e, infine, di evangelizzazione e di civilizzazione (l'analogo della bontà cristiana e dell'onestà civile) soprattutto a proposito della Patagonia: «dove, pur troppo, non poté ancora penetrare alcun barlume di Vangelo né idea di commercio o di altro elemento incivilito»;142 «regioni (...), che sono ancora quasi inesplorate dalla religione e per conseguenza dalla civiltà;143 «i Patagoni, che finora si tennero ostinati ad ogni principio di civiltà e di religione»;144 «più opportuno si giudicò arrestarsi ai loro confini, fondare case di educazione pei fanciulli negli ultimi paesi inciviliti, sia per conservare nella fede quelli che l'avessero già ricevuta, sia per accogliere quei giovinetti selvaggi che l'abbandono od anche la volontà dei genitori pagani avrebbero colà condotto per istruirsi nella fede, nella moralità e nella scienza (...). In questi tre collegi più centinaia di ragazzi ricevono la cristiana educazione, sono istruiti nella scienza, nella moralità, nella civiltà e nelle arti e mestieri».145 Si trovano pure formule nelle quali l'aspetto cristiano è sottinteso ed è messa in evidenza  - soprattutto in riferimento a destinatari laici  - la componente civile. 

    Ho piena fiducia che l'Autorità scolastica, riconosciuta la posizione in cui questo Istituto si trova in faccia alla legge ed alla civile società, mi permetterà di poter quanto prima raccogliere i miei allievi, per continuar loro quella educazione, che valga a metterli in grado di vivere la vita dell'onesto cittadino e nel tempo stesso guadagnarsi onesto sostentamento.146 Don Bosco, salvando la gioventù, salva ad un tempo la società.147 È questo il segreto della misericordiosa bontà di Dio, a cui piacque favorire l'opera mia, perché il bene della società e della Chiesa stanno nella buona educazione della gioventù.148 

    5.4 La voce di un vescovo: Domenico M. Villa (1818-1882) 

    Il Villa è, certamente, agli antipodi del liberalismo, compreso quello cattolico.

    Egli si rivela vescovo intransigente anche dalle diverse modalità con cui è visto ed espresso il rapporto tra religione (cattolica) e valori umani e sociali; e soprattutto il nesso che si stabilisce tra l'essere buon cristiano e onesto cittadino.

    Certe accentuazioni lo distinguono anche da don Bosco, pur adoperando formule spesso identiche.

    Le assunzioni del vescovo di Parma (1872-1882) si possono ricondurre alle seguenti.

    1) La religione è l'insostituibile sorgente della vera felicità, sia individuale che sociale. «Siate religiosi e sarete felici». 

    È il santo timor di Dio che incrementa la casa e la consolida: è la giustizia cattolica che eleva le genti e le fa grandi e temibili sulla faccia della terra.149 La cattolica religione (...) è la benefica civilizzatrice dei popoli e delle nazioni, detta leggi e sistemi, compone litigi e contrasti, fa rifiorire la pace, promuove la privata e la pubblica prosperità; dessa è la maestra incorrotta che forma il cittadino e il vero patriota.150 I moderni filantropi pretendono di felicitare il popolo col programma: istruzione e lavoro, e chiamano cotesti i fattori della civile prosperità.

    Ma io l'ho detto e lo ripeto, ogni progresso separato dalla religione è regresso.151 Insomma questa santa ed augusta Autorità della Chiesa con la santità delle sue massime de' suoi precetti de' suoi consigli forma il Cristiano e il Cittadino (...) e nel mentre cerca tutti i modi di rendere contenti gli uomini quaggiù, assicura anche la loro felicità nel secolo avvenire (...).

    Dal che evidentemente si pare che la Chiesa e la Civiltà camminano di pari passo, che non vi è vera Civiltà senza la Chiesa.152 

    2) Conseguentemente l’istruzione religiosa è il mezzo sovrano per promuovere la felicità individuale e sociale, temporale ed eterna. 

    Due grandi mezzi per ristorare il principio cattolico nella società e specialmente nella classe del popolo, sono l'istruzione religiosa regolarmente e assiduamente impartita a mezzo del linguaggio semplice ed insinuante della Dottrina Cristiana, e la divozione a Maria Ssantissima (...) ce la evince necessaria anche il pensiero che senza Religione non possono accostumarsi i figli, i quali tanto saranno religiosi, e tanto saranno buoni utili alla Patria e alla civile Società quanto saranno religiosi, e tanto saranno religiosi quanto saranno istruiti illuminati sui doveri della Religione istessa.153 S'istruisca adunque il popolo, s'illumini, ma prima di tutto nella scienza pratica de' suoi doveri di Cristiano, e con questi imparerà anche quelli dell'onesto cittadino, vivrà contento del proprio stato, sarà pio, temperante, tranquillo, paziente, laborioso, sottomesso alle leggi divine ed umane (...). È sinceramente cristiano e quindi anche buon patriota (...).

    Siate adunque sinceri cristiani e buoni patrioti, e sarette anche per gli esempi delle religiose e sociali virtù i veri amici del popolo».154 

    3) Dell'istruzione e dell'educazione cristiana è frutto naturale sia il buon cristiano che (o perciò) l'onesto o utile cittadino: così come riescono, ad esempio, i fanciulli raccolti nell'orfanotrofio maschile di Bassano, affidati alle cure dei padri Somaschi: «buoni Cristiani, utili Cittadini; tali senz'altro di cui possono vantaggiarsene la Religione e la Patria nelle gravi loro emergenze (...). Girolamo Miani, guarda benigno alla preziosa tua famigliuola, e mantieni in essa il decoro che le viene dall'esercizio della virtù, unica e vera gloria del Cittadino e del Cristiano!».155 Esortando alla dottrina cristiana e sottolineandone i benefici effetti egli dice agli uditori: «imparerete ad esser buoni, sofferenti dello sforzo, del sagrificio, amanti della virtù, solleciti esecutori delle obbligazioni del vostro stato, fervidi cristiani, utili cittadini, amorosi padri di famiglia, madri sollecite, mariti leali, spose fedeli, figliuoli rispettosi, servi obbedienti, magistrati incorruttibili, amici fidati, mercadanti onesti».156 Al contrario, disertando la dottrina cristiana  - si chiede  - i fanciulli «dove apprenderanno i principj fondamentali della Religione che soli insegnano a vivere da buoni cristiani e cattolici e da onesti cittadini?».157 Senza di essa «il popolo non potrà nemmeno nel tranquillo e coscienzioso esercizio dei doveri di cristiano e cittadino, raggiungere l'alta e sublime sua destinazione, che è il Paradiso».158 «Preparate dei buoni Cristiani e degli utili cittadini alla religione alla patria, saranno il maggiore e il più prezioso dei vostri conforti nella tarda età, dopo la morte rivivrete nella loro memoria e di generazione in generazione si manterrà nella vostra casa il fuoco del santo timore di Dio».159 

    4) Ma Villa non si limita ad affermare la compresenza di religione e benessere individuale e sociale, di buon cristiano e onesto cittadino. Egli mette anche in evidenza con particolare vigore il rigoroso rapporto dì causalità tra i due termini con l'assoluta priorità della realtà religiosa. «Non basta vivere da galantuomo per essere cristiano, ma bisogna vivere da cristiano per essere galantuomo».160 «Non può essere onesto e galantuomo chi prima non è vero Cristiano- Cattolico».161 

    Se è vero che senza Dio e religione non si dà virtù cattolica, state attaccati a Dio e alla religione, se volete essere cristiani e cattolici, e insieme onesti e galantuomini a qualunque prova.162 Amate sì la patria (...), ma cattolicamente, perché non può essere buon cittadino chi prima non è vero Cristiano.163 

    5) Un altro punto fermo del Villa è quello di escludere dall'idea del «buon cittadino» cristiano la connotazione liberale. Il cattolico liberale non è né buon cristiano né buon cittadino. 

    Nemmeno può essere, e non è vero Cristiano e Cattolico, chi pretende di conciliare (permettetemi una digressione) la religione con la politica, i principii indeclinabili del Vangelo con le massime dannate del giorno, come vogliono fare certi Cristiani-Cattolici che si piacciono della nomenclatura di Cattolico-liberale (...). Appariscono al di fuori buoni cattolici, onesti cittadini, frequentano le chiese i sacramenti le pratiche di pietà, sono savi padri di famiglia, mariti affettuosi, ma il segreto tarlo del liberalismo ha svigorita la loro energia di cattolici (...) apparentemente sono cattolici, cattolici per metà, cattolici liberali, ch'è quanto a dire di Dio e del mondo.164 Si vantino ora i moderni cristiani per onesti e galantuomini (...) il galantuomo non è il cristiano e il cattolico secondo lo spirito del Vangelo (...) saranno decantati come cittadini-modello, non saranno mai veri cristiani e cattolici (...) state attaccati a Dio e alla religione, se volete essere cristiani e cattolici, e insieme onesti e galantuomini a qualunque prova (...).

    Sedicenti galantuomini del giorno, siate conseguenti a voi stessi, e se volete essere veramente galantuomini, mettete ogni prova per essere prima veri cristiani e cattolici (...). O mio caro Gesù, (...) noi vi promettiamo di vivere quind'innanzi da cristiani e cattolici per essere anche veri galantuomini.165.

     

    II. DON BOSCO: DENSITÀ SEMANTICA DI UNA FORMULA 

    Ricorrente con diverse varianti, la formula «buon cristiano e onesto cittadino» è abituale nel linguaggio di don Bosco lungo una parte notevole della sua vita.166 Generalmente ripetitiva essa, tuttavia, non può essere ricondotta a una interpretazione unica, quale per esempio «buon cittadino perché buon cristiano».

    Ad una lettura anche solo superficiale delle innumerevoli volte in cui ricorre  - sia esplicitamente che implicitamente  - essa appare portatrice di significati diversi, con contenuti differenziati, chiaramente definiti anche dal contesto letterario e storico nel quale viene adoperata ed enunciata.

    Ricercando i testi dove la formula è presente si è arrivati a individuare le connessioni e i contesti entro i quali si specificano i diversi significati.

    Anzitutto, essa è strettamente legata al mondo dei giovani di cui don Bosco si occupa e alla sua valenza, in positivo o in negativo («pericolanti» e «pericolosi»), dal punto di vista religioso e sociale. È il motivo per cui si fa sempre più strada, anche nel linguaggio di don Bosco, il tema del rapporto tra educazione dei giovani e il «bene della società» (soprattutto civile), oltre la «salvezza eterna».

    Emerge con chiarezza, infatti, l'appartenenza, attuale o virtuale, del cristiano a una triplice «città»: religiosa (la Chiesa), celeste, temporale; quest'ultima particolarmente perseguita come costruzione di una «nuova civiltà» nei luoghi di missione.

    Essa emerge anche dal programma educativo plenario e differenziato, che tendenzialmente don Bosco propone ai giovani «poveri e abbandonati». Da questa relativa pienezza e articolazione di interessi individuali e sociali, di obiettivi e di programmi sorge la pluralità altrettanto differenziata di formule: il buon cristiano per l'onesto cittadino, il buon cristiano e l'onesto cittadino, il buon cittadino perché buon cristiano, il buon cittadino che risulta da una buona educazione morale e professionale cristiana.

    Ne risulta la seguente sequenza di temi: 

    1. La «condizione giovanile»: la «gioventù pericolante» nel corpo e nell'anima e «pericolosa» nella società. 

    2. Gioventù, educazione, società. 

    3. Il cristiano con diritto di cittadinanza in tre diverse città.

    3.1 Cittadino della città terrena e della città celeste.

    3.2 Cittadino di due diverse città in terra, civile ed ecclesiale.

    3.3 Cittadino di una «città nuova», in una nuova civiltà. 

    4. Un progetto educativo plenario e differenziato, cristiano e civile. 

    5. Il buon cristiano per l'onesto cittadino.

    5.1 Utilità sociale della religione.

    5.2 Buon cittadino «perché» buon cristiano? 

    6. L'armonia di buon cristiano e onesto cittadino.

    6.1 Il cristiano nel mondo.

    6.2 Il buon cristiano e l'onesto cittadino in operosa coabitazione.

    6.3 Il buon cristiano latente nell'onesto cittadino. 

    Nell'utilizzazione della documentazione si seguirà in ognuno dei diversi paragrafi l'ordine cronologico, con le eccezioni suggerite da esigenze di coerenza del discorso. 

    1. La «condizione giovanile»: la «gioventù pericolante» nel corpo e nell'anima e «pericolosa» nella società 

    La formula «buon cristiano e onesto cittadino» è implicita  - quando non è addirittura abbinata  - in tutto ciò che don Bosco dice e scrive sulla realtà dei giovani di cui si occupa, che sono  - come afferma con espressioni quasi stereotipe  - poveri, abbandonati, pericolanti, pericolosi. Si può ricordare che in questi contesti il termine «moralità» (qualunque sia il suo significato preciso) va sempre collegato con la religione: infatti, senza religione e, quindi, senza educazione religiosa, non si ha moralità.

    Espresse in negativo o in positivo, la diagnosi e la terapia hanno sempre un riferimento a spazi differenziati che comprendono anima e corpo, religione e moralità, coscienza cristiana e capacità professionale, onestà personale e utilità sociale. Tra l'altro, nelle svariate circostanze e contatti si nota in don Bosco l'avvertenza a prospettare una società vicina all'ottica dei suoi interlocutori, in particolare se laici o laicisti.167 

    Se io nego un tozzo di pane a questi giovani pericolanti e pericolosi li espongo a grave rischio dell'anima e del corpo. (...) Qui non trattasi di soccorrere un individuo in particolare, ma di porgere un tozzo di pane a giovani cui la fame pone al più gran pericolo di perdere la moralità e la religione.168 Non essendoci mezzi di sorta per questo bisogno si fa ricorso a tutti quelli che amano il bene di N.S. Cattolica Religione e desiderano di impedire la rovina dei poveri fanciulli per avviarli alla moralità e ad un mestiere con cui potersi a suo tempo guadagnare onestamente il pane della vita.169 Questa tipografia, si dice, è contraria all'utilità pubblica. Strana osservazione! Sarà contro alla pubblica utilità accogliere poveri fanciulli, istruirli, impedire la loro rovina civile e morale, e quindi guidarli ad un'arte che li metta in grado di guadagnarsi a suo tempo onestamente il pane della vita? Sarà forse di maggior utilità pubblica che questi fanciulli rimangano in mezzo di una strada, facendo il vagabondo, il tiraborse, e col tempo andare a popolare le prigioni? (...). Sono pertanto caldamente pregati i signori del Comitato summentovato a prendere in benevola considerazione tanti poveri ed abbandonati giovanetti, appoggiare e raccomandare quelle arti o mestieri che possono giovare a renderli onesti ed onorati cittadini.170 I nostri sforzi (...) tendono ad istruire e moralizzare i figli della classe povera o meno agiata del popolo.171 Questo è l'unico mezzo per sostenere la civile società: aver cura dei poveri fanciulli. Raccogliendo ragazzi abbandonati si diminuisce il vagabondaggio, diminuiscono i tiraborse, si tien più sicuro il danaro nella saccoccia, si riposa più quieti in casa, e coloro che forse andrebbero a popolare le prigioni, e che sarebbero per sempre il flagello della civile società, diventano buoni cristiani, onesti cittadini, gloria dei paesi ove dimorano, decoro della famiglia cui appartengono, guadagnandosi col sudore e col lavoro onestamente il pane della vita.172 Tutti hanno sempre portato volentieri il loro obolo perché era donato ai poveri fanciulli esposti a mille pericoli di anima e di corpo; fanciulli che se non vengono aiutati sono in procinto di diventare la molestia dei cittadini, disturbo delle pubbliche Autorità con rischio di rovinare se stessi e i loro compagni.173 È vero che queste varie opere d'Europa e d'America costarono grandi fatiche e angustie non poche, ma i frutti ricavati e le consolazioni provate fanno dimenticare i sacrifizi sostenuti. Imperocché più migliaia di ragazzi, che dispersi, privi di educazione e di religione, sarebbero divenuti la maggior parte il flagello della società, e forse non pochi andati a bestemmiare il Creatore nelle carceri, per mezzo dell'istruzione religiosa, della buona educazione, dello studio, o di un mestiere imparato, si ritrassero al contrario dalla mala via, e noi abbiamo la più soave speranza che essi diventino buoni cristiani, onesti ed utili cittadini (...). Sgomentarsi? Non mai. Si tratta del bene delle anime e della civile società.114 

    2. Gioventù, educazione, società 

    La trasformazione delle strutture sociali non entra direttamente nelle mire di don Bosco. Anzi la società a cui accenna non è per lui quella libera, egalitaria e fraterna ispirata ai principi dell'89 o quella proclamata dall’Internazionale. Il mezzo sovrano di bonifica sociale è, secondo la chiara scelta «educazionista» da lui operata, la formazione della coscienza morale e religiosa del giovane. Essa è ritenuta da lui qualitativamente prioritaria in confronto di ogni possibile riforma delle strutture.175 La convinzione di don Bosco viene particolarmente accentuata nelle conferenze caritative degli ultimi anni, destinate a sollecitare la solidarietà e l'aiuto concreto dei collaboratori e dei benefattori. Dal punto di vista delle strutture sociali e politiche «don Bosco sembra volgere lo sguardo al passato più che al futuro, rievocando l'ideale dello stato confessionale e una società stratificata e ordinata, dove fiorivano il rispetto delle autorità, l'amore alla fatica, il diritto di proprietà; e le dottrine cattoliche e morali e il santo timor di Dio costituivano il principio fondante della fraterna e pacifica convivenza».176 In riferimento a questa concezione va misurato l'«onesto cittadino» di cui parla, pur includendovi tutte le potenzialità di trasformazione ipotizzabili in coscienze radicalmente cristiane poste di fronte a situazioni storiche e sociali particolarmente esigenti. 

    La porzione dell'umana Società, su cui sono fondate le speranze del presente e dell'avvenire, la porzione degna dei più attenti riguardi è, senza dubbio, la Gioventù. Questa rettamente educata, ci sarà ordine e moralità; al contrario, vizio e disordine. La sola Religione è capace di cominciare e compiere la grand'opera di una vera educazione.177 Io che ho consacrato tutta la mia vita al bene della gioventù, persuaso che dalla sana educazione di essa dipende la felicità della nazione, io che mi sento in certo modo trascinato ovunque possa anche poco giovare a questa porzione eletta della civile società (...).178 Una volta, solo nelle grandi città, bisognava provvedere all'anima e al corpo di tanti poveri giovani, abbandonati, scandalizzati, vittime infelici del delitto, della miseria, del vizio; ma ora in quanti altri luoghi anche piccoli bisogna provvedere alla gioventù pericolante, se si vuole salvare la società. 179 E Voi dovete essere contenti pel santo fine cui fu diretta la Vostra beneficenza, e pei frutti morali e materiali che se ne ottennero in pro delle anime e della civile Società. 180 D. Bosco fece la sua conferenza, in cui parlò dell'Opera degli Oratorii festivi pei giovanetti, del concorso che prestano a quest'Opera i Cooperatori Salesiani, e conseguentemente del gran bene che ne deriva ai giovanetti, e quindi a tutta la società.181 Qui [a Lucca] sarebbe a promuovere un'opera di grande utilità, perché col ritirare, istruire, educare i giovanetti pericolanti si fa un bene a tutta la civile società. Se la gioventù è bene educata avremo col tempo una generazione migliore; se no, fra poco sarà composta di uomini sfrenati ai vizi, al furto, all'ubbriachezza, al mal fare.182 Della gioventù noi dobbiamo intrattenerci. Secondo la parola di uno dei vostri più illustri prelati, monsignor Dupanloup, la società sarà buona, se voi darete una buona educazione alla gioventù.183 Volete che vi suggerisca un lavoro relativamente facile, molto vantaggioso e fecondo dei più ambiti risultati? Ebbene, lavorate intorno alla buona educazione della gioventù, di quella specialmente più povera ed abbandonata, che è in maggior numero, e voi riuscirete agevolmente a dare gloria a Dio, a procurare il bene della Religione, a salvare molte anime e a cooperare efficacemente alla riforma, al benessere della civile società; imperocché la ragione, la Religione, la storia, l'esperienza dimostrano che la società religiosa e civile sarà buona o cattiva, secondo che buona o cattiva è la gioventù, che ora ci fa corona.184 La vostra carità giova alla civile società, giova alle famiglie cristiane, e, diciamolo pure, giova anche alle non cristiane; imperciocché se non altro mediante la carità vostra si avranno degli uomini bene educati ed istruiti.185 

    Diviene un fine capitale della sua opera, talvolta connesso con il fine religioso e ultimo: la «gloria di Dio e la salute delle anime». 

    Si tratta del bene della società, si tratta di salvar anime, Dio è con noi, Egli ci aiuterà.186 Secondiamo ora il comune desiderio, affinché ognuno possa prestare l'opera sua con unità di spirito e rivolgere unanimi le nostre sollecitudini ad un punto solo: La gloria di Dìo, il bene della Civile Società.186 Non si tratta di opere estranee a questa città, ma di fondare stabilmente un Istituto per i poveri orfanelli, la cui buona educazione io so starvi molto a cuore e che in questo tempo versano in grave pericolo della moralità e religione.

    188 Per non lasciare cosa intentata in un'opera diretta a bene della religione e della moralità pubblica e privata ricorro eziandio al suo zelo ed alla sua carità.189 Esporre lo stato delle opere, che noi ci siamo proposto di sostenere a vantaggio della religione e della civile società.190 

    3. Il cristiano con diritto di cittadinanza in tre diverse città 

    Ma analisi della situazione e proposte di intervento  - pastorale, educativopreventivo, benefico, professionale  - sono inscindibili in don Bosco dalla sua visione cristiana del mondo e del destino umano. Essa è basata sulle diadi corpo e anima, tempo ed eternità, salvezza temporale ed eterna, esistenza civile («in mezzo alla civile società») e appartenenza ecclesiale («in faccia alla religione»).

    Lo schema più articolato di questi molteplici intrecci sembra offerto dalla conferenza tenuta a Casale Monferrato il 17 novembre 1881. Trattando della «Limosina» e dei suoi vantaggi egli sviluppa questo tema di base: «La limosina che si elargisce in favore delle opere Salesiane si estende al corpo e all'anima, alla società e alla religione, al tempo e alla eternità».191 È una felice opportunità per accennare alle molteplici «cittadinanze» del cristiano. Se ne possono estrarre gli elementi più caratteristici.192 

    Si estende al corpo, perché serve a provvedere albergo, vitto e vestito a più migliaia di poveri giovanetti, raccolti nelle nostre Case di beneficenza, i quali senza di questo aiuto languirebbero nella più squallida miseria, o perché privi di parenti, o perché abbandonati [sarebbero dei «senza famiglia», o al di fuori del «civile consorzio»]. Si estende all'anima, perché questi giovanetti ricevono in pari tempo una istruzione religiosa, sono educati nel timor di Dio e nel buon costume, sono in mille guise aiutati a procacciarsi l'eterna salvezza, a divenire un giorno felici abitatori del regno dei Cieli. Si estende alla società domestica e civile, perché i prelodati ragazzi, se sono addetti ad un laboratorio, si faranno col tempo capaci, coll'esercizio dell'arte loro, a provvedere un onesto sostentamento alla propria famiglia, e colla loro industria ed attività recheranno pure non lieve giovamento al civile consorzio; se poi attendono allo studio delle scienze o delle lettere si renderanno utili alla società colle opere d'ingegno, o con questo o con quell'altro civile impiego. E poi, tanto gli uni quanto gli altri, essendo non solo istruiti, ma, quello che più importa, saviamente educati, saranno sempre tra il popolo una guarentigia di moralità e di buon ordine, saranno onesti cittadini, e non daranno fastidii alle autorità né politiche né giudiziarie. Si estende alla Religione, poiché oltre che serve, come ho detto, a rendere buoni cristiani tanti giovanetti, giova in pari tempo ad aiutare molti di essi a divenire Sacerdoti, dei quali altri impiegheranno la loro persona e il loro talento, in sostegno della Religione nei nostri paesi, altri più coraggiosi battendo le orme degli Apostoli andranno come Missionari a propagarla tra i popoli, che ancor non la conoscono, come fanno oggidì molti Salesiani nella Patagonia. Si estende ancora alla Religione (...). Che poi si estenda al tempo e all'eternità chiaramente si rileva da altri vantaggi, che la limosina apporta a chi la riceve e a chi la fa.193 

    Con parole simili la triplice cittadinanza è evocata in interventi successivi: in una conferenza ai cooperatori di Genova del 30 marzo 1882; in altra conferenza ai Cooperatori di Lucca del mese seguente; in una lettera ai Cooperatori del gennaio 1886. 

    Ma oggi più che mai sono degni di nostra commiserazione, di nostra cura, di nostra carità i giovanetti poveri ed abbandonati (...); in fine, e il più delle volte sul fior dell'età, li vediamo a cadere in una prigione, ad essere il disonore della famiglia, l'obbrobrio della patria, inutili a se stessi, di peso alla società. Se invece una mano benefica li strappa per tempo al pericolo, li avvia per una carriera onorata, e li forma alla virtù per mezzo della religione, essi si fanno capaci di giovare a sé ed agli altri, diventano buoni cristiani, savii cittadini, per divenire un giorno fortunati abitatori del Cielo.194 Questo disastro [un incidente grave avvenuto nella cartiera di Mathi, 3 febbr.

    1882] avrebbe potuto scoraggiarci e farci abbandonare opere utilissime alla religione ed alla civile società (...). Ormai sapete a che cosa serve la vostra carità, la vostra limosina nelle mani di D. Bosco. Essa serve a raccogliere dalle vie tanti poveri giovanetti, a dar loro col pane della vita il cibo dell'anima, istruirli nella religione, avviarli ad un mestiere o a qualche carriera onorata, a formarne dei buoni figliuoli di famiglia e de' savii cittadini; serve a dare alla civile società dei membri utili, alla Chiesa dei cattolici virtuosi, al Cielo dei fortunati abitatori (...).195 Da tutte parti poi ci chiamano a nuove fondazioni, a fine di ricoverare giovani che vagano per le vie e per le piazze in pericolo di perdere la religione e la moralità, e incamminati sulla via del disonore e della prigione (...). Sì, da voi pure dipende la salute del corpo e dell'anima di tanti giovani e di tante fanciulle. Nelle vostre mani sta la loro sorte temporale ed eterna.196 Prendiamo animo a vivere da buoni ed operosi cristiani (...). In Italia gli ospizi, le scuole, i laboratorii e gli oratori festivi furono ognor pieni di giovanetti da più a meno bisognosi di speciale carità, per non rimanere o andare esposti ai pericoli della miseria, dell'ignoranza, dell'irreligione e del mal costume.197 (...) Né mi sarebbe anco possibile accennare il bene spirituale e morale, che con queste ed altre opere si è potuto fare alle anime nell'anno scaduto; imperocché furono a migliaia le persone adulte, che poterono essere istruite nella nostra santa Religione, conservate e ricondotte alla virtù; a migliaia i fanciulli, i giovanetti e le zitelle, strappati dalla via del male e dal pericolo della perdizione. 198 

    3.1 Cittadini della città terrena e della città celeste 

    La duplice «cittadinanza»  - temporale ed eterna, terrena e celeste  - è proposta da don Bosco nel suo primo libro di pietà  - il più importante, il più diffuso, con più di cento tra edizioni e ristampe -, Il giovane provveduto (1847). 

    Vi presento un metodo di vivere breve e facile, ma sufficiente perché possiate diventare la consolazione dei vostri parenti, l'onore della patria, buoni cittadini in terra per essere poi un giorno fortunati abitatori del cielo.199 

    È quanto ripete letteralmente alcuni anni dopo, verso il 1854, in un documento rimasto inedito, ma che esprime un assillo pastorale che l'accompagna per tutta la vita. 

    Quando mi sono dato a questa parte di sacro ministero intesi di consacrare ogni mia fatica alla maggior gloria di Dio ed a vantaggio delle anime, intesi di adoperarmi per fare buoni cittadini in questa terra, perché fossero poi un giorno degni abitatori del cielo.200 

    3.2 Cittadini di due diverse città in terra: civile ed ecclesiale 

    Orizzontalismo e soprannaturalismo non trovano spazio nel pensiero di don Bosco. Il cristiano  - e lo stesso religioso salesiano  - gode dei pieni diritti civili, con i corrispondenti doveri, mentre confessa la sua sicura appartenenza alla Chiesa cattolica. Non meraviglia che nella indicazione dei fini educativi ritorni spesso il duplice obiettivo: provvedere al bene della società con tutti gli apporti della formazione umana dei giovani e, insieme, contribuire al progresso della religione e della Chiesa con tutti i mezzi e i modi dell'educazione cristiana. La sostanza è tradotta in formule diversificate. Ma tutte si riconducono a quella più volte ripetuta: «per il bene della religione e della civile società» oppure «civiltà e religione». «Voi dovete venire in aiuto di D. Bosco, a fine di conseguire più facilmente e più largamente il nobile scopo, che si è proposto, il vantaggio cioè della Religione, il benessere della civile società, mediante la coltura della povera gioventù».201 

    Voi dovete essere contenti pel santo fine cui fu diretta la Vostra beneficenza, e pei frutti morali e materiali che se ne ottennero in pro delle anime e della civile Società.202 I Salesiani, giunti nella Patagonia (...). Le prime loro sollecitudini furono dirette alla erezione di chiese, di case di abitazione, di scuole pei fanciulli e per le ragazze. Mentre alcuni si occupano così ad insegnare arti, mestieri e l'agricoltura alle colonie costituite, altri continuano ad avanzarsi tra i selvaggi per catechizzarli e, se è possibile, fondare colonie nelle regioni più interne del deserto.203 Le buone disposizioni di Mons. Arcivescovo di Buenos Aires e del Governo Argentino per diffondere la civiltà e la religione tra gli Indi e tra le Colonie del Rio Negro mi mossero ad accettare di tutto buon grado l'offerta delle missioni destinate alla civilizzazione ed evangelizzazione degli abitanti in quelle vaste ed incolte regioni.204 Per non lasciare incompleta una impresa, da cui dipende un lieto o triste avvenire di tanti giovanetti, si fa umile ricorso a tutti coloro che amano il bene della religione e della civile Società.205 La grande stima che meritamente gode il suo Giornale e lo zelo con cui la S.V. lo dirige, mi fanno sperare il suo appoggio in una impresa che si riferisce direttamente al bene della Religione e della civile società.206 II raccogliere poveri fanciulli, l'educarli, il toglierli dal vestibolo delle carceri per ritornarli alla Società buoni cristiani ed onesti cittadini sono cose che non possono a meno d'avere l'approvazione di tutte le condizioni degli uomini (...). Le opere raccomandate alla pietà dei nostri Cooperatori sono dirette a sollievo dei più bisognosi della civile società, e a sostegno della Religione nostra santissima.207

    L'ossequiosissimo scrivente (...) si fa coraggioso di ricorrere alla Eccellenza Vostra per ottenere un favore che non riguarda a lui personalmente, ma sì al bene della civile società. Da oltre quarant'anni egli si è consacrato alla educazione morale e civile della gioventù, specialmente povera ed abbandonata (...). A tale scopo istituì fra le buone persone secolari una Pia Società che si chiama dei Cooperatori Salesiani, la quale approvata dal Papa Pio IX, e benedetta dall'attuale Pontefice, ha per fine di venire in aiuto con mezzi morali e pecuniari alle numerose opere di civile e religiosa utilità.209 La gioventù, specialmente la povera e derelitta, fu e sarà sempre la delizia di Gesù Cristo, fu e sarà sempre l'oggetto delle amorose sollecitudini delle anime pietose, amanti della religione e del vero bene della civile società (...). Ed ecco appunto la necessità degli Ospizi di carità pei giovanetti più bisognosi. Ivi sono provveduti di quanto è necessario alla vita; ivi gli uni in appositi laboratorii sono avviati all'imprendimento di un'arte, perché possano un giorno guadagnarsi un pane onorato; gli altri forniti da Dio di particolare ingegno sono indirizzati allo studio; di questi una parte abbracciano poscia la carriera civile, e in questo o in quell'uffizio servono alla famiglia ed alla società; un'altra parte entra nella carriera ecclesiastica, e diventano apostoli di religione e di civiltà non solo presso di noi, ma presso le barbare nazioni.209 Queste oblazioni vanno ad allevare questi giovanetti alla civile società, ad essere o operai cristiani, o soldati fedeli, o maestri ed insegnanti esemplari, o sacerdoti ed anche missionari, che portino la religione e la civiltà tra le barbare genti (...). Il vostro denaro serve a ritirare gli orfanelli delle tribù selvaggie, a fabbricare ospizi, scuole, chiese, per istruire nelle arti, nei mestieri, nell'agricoltura quei popoli, e, quel che più importa, per farne dei buoni cristiani.210 Tutti gli anni abbiamo la consolazione di aver cooperato alla salvezza di queste anime, da noi messe in grado di servir Dio, la religione, la patria, la famiglia, la società (...). Egli [il Signore] si è compiaciuto di favorire la mia opera, perché il bene della Società e della Chiesa risiede nella buona educazione della gioventù.211 Oh! quanto maggior bene noi potremmo fare, se potessimo fondare nuove case, se potessimo avere i mezzi onde provvedere vitto e vestito a tanti giovani derelitti! Quanti buoni figliuoli, quanti padri cristiani ed onesti, quanti migliori cittadini di più non potremmo dare alle famiglie, alla Chiesa, alla società! (...). Oltre la ricompensa del Cielo, voi avrete anche su questa terra la consolazione di cooperare al vantaggio della religione, delle famiglie, della società.212 

    Indubbiamente formule particolarmente interessanti sono riferite all'«evangelizzazione e civilizzazione» della Patagonia, dove don Bosco, dilatando realtà e possibilità, immagina la creazione di una nuova società civile e l'impianto di una nuova Chiesa locale sotto il segno di una rinnovata «civiltà cristiana», giovane nei contenuti e nei destinatari privilegiati. 

    Andate con coraggio e fiducia a raggiungere i vostri fratelli che ansiosi vi attendono, e con loro confermate il regno di Dio in mezzo ai già fedeli, e stendetelo soprattutto nelle regioni dei Pampas e della Patagonia, ove un popolo immenso aspetta da voi colla civiltà la salute eterna.213 Nel desiderio di rendere ognor più stabile l'opera civilizzatrice tra quei popoli [della Patagonia] e quindi agevolare fra gli Indi la cognizione e la pratica delle arti, dei mestieri, dell'agricoltura, mi sono recato a Roma (...). [il Papa] deputò una commissione di eminenti personaggi ad esaminare quanto si era fatto nei tempi passati, e quanto fosse opportuno a farsi per cooperare col Governo a civilizzare ed evangelizzare que' popoli.214 Quelle tribù pacificate e convertite alla Fede, avendo cominciato a gustare le prime dolcezze della vita cristiana e civile, non possono rassegnarsi a veder solamente di tanto in tanto il Missionario, che li chiamò alla vita sociale ed alla luce del Vangelo.215 La istituzione nostra prende poi proporzioni gigantesche nella Patagonia (...).

    Mons. Cagliero attorniato da tanta messe, di colà scrive ed esclama: Oh Europei! voi che siete nel fiore del cattolicismo, venite qui e vedrete. Vedrete un'immensa moltitudine di persone che vi segue, che vi chiede la carità, non la carità in denaro od in pane, ma la carità spirituale cioè istruzione, religione, incivilimento, la salute dell'anima.216 [I missionari] incoraggiati poi dagli aiuti materiali e morali che loro porgeste, raddoppieranno lo zelo, e se occorre, daranno volentieri anche la vita per cooperare alla salvezza delle anime, dilatare il regno di Gesù Cristo portando la religione e la civiltà tra quei popoli e nazioni che l'una e l'altra tuttora ignorano.

    217 Quanto bene di più potremmo fare, se avessimo tanti uomini, quanti ne richiede il bisogno! Noi potremmo allora raccogliere più migliaia di altri poveri giovanetti, educarli, istruirli nella religione, nella scienza, nelle arti, e dopo alcuni anni restituirli alla famiglia, alla società, alla Chiesa buoni figliuoli, savii cittadini, esemplari cristiani; noi potremmo allora e conservare e condurre a Gesù Cristo e paesi e popoli e tribù, allietare la Chiesa di nuove conquiste, rallegrare il cielo d'innumerevoli anime.218 (...) Far vedere che coloro, i quali si consacrano al Signore per predicare colla parola e coll'esempio il Vangelo, si rendono altamente benemeriti della stessa civile società e degli Stati, perché dal canto loro promuovono tra i cittadini, la moralità, la virtù, il buon ordine; e per tal modo cooperano al benessere morale e materiale del popolo più che non possano fare gli eserciti, le leggi, i tribunali, le prigioni.219 

    3.3 Cittadini di una «città nuova» in una nuova civiltà 

    Non raramente l'aspetto religioso ed ecclesiale appare soltanto in obliquo ed è dominante il motivo del risanamento della società civile mediante l'educazione della gioventù, quando addirittura non prevale l'idea della creazione di una società e di una civiltà nuova. Ciò appare più marcatamente quando il discorso  - spesso retorico  - si riferisce alla civilizzazione della Patagonia, che abbiamo già visto anche nell'esplicita connotazione religiosa. 

    Non si sente ogni dì ripetere ai quattro venti: Lavoro, Istruzione, Umanità? Ed ecco che, pel concorso che prestano i Cooperatori e le Cooperatrici, i Salesiani aprono in molte città laboratorii d'ogni genere, e colonie agricole nelle campagne per addestrare al lavoro giovanetti e fanciulli; fondano collegi maschili e femminili, scuole diurne, serali e festive, oratorii con ricreazioni domenicali per dirozzare le menti giovanili, e arricchirle di utili cognizioni; dischiudono a centinaia e a migliaia di orfani ed abbandonati figliuoli ospizi, orfanotrofi e patronati, recando la luce del Vangelo e della civiltà agli stessi barbari della Patagonia, adoperandosi a fare in guisa, che l’Umanità non sia soltanto una parola, ma una realtà.220 Ecco l'opera ch'io intendo di mettere sotto la protezione dell'E.V. [«una Missione Italiana nell'America del Sud»]: opera che ha per iscopo di diffondere la scienza, la moralità, la civiltà, il commercio e l'agricoltura in quei lontanissimi paesi in cui affluiscono continuamente famiglie Italiane.221

    L'Ospizio poi, l'Oratorio festivo, le scuole serali, le scuole diurne essendo in favore dei giovanetti provenienti da qualunque parte del mondo, ne segue che ogni oblatore colla sua attività aiuta a migliorare la classe più pericolante e più pericolosa della civile Società e non pochi giovanetti potrebbero così essere tolti dal vestibolo delle carceri, educati colla scienza e colla religione, istruiti in qualche arte e mestiere, per essere di poi ridonati alla civile Società buoni cristiani, onesti cittadini, capaci di guadagnarsi onorato sostentamento colle loro fatiche.222 Oltre le scuole esterne, questi due Ospizi sono di grande importanza; imperocché porgono il destro di (...) formarci degli aiutanti sul luogo stesso, per tentare la civilizzazione della Patagonia sopra una più vasta scala.223 Se vuolsi, noi facciamo anche della politica, ma in modo affatto innocuo, anzi vantaggioso ad ogni Governo. La politica si definisce la scienza e l'arte di ben governare lo stato. Ora l'opera dell'Oratorio in Italia, in Francia, nella Spagna, nell'America, in tutti i paesi, dove già si è stabilita, esercitandosi specialmente a sollievo della gioventù più bisognosa, tende a diminuire i discoli e i vagabondi; tende a scemare il numero de' piccoli malfattori e dei ladroncelli; tende a vuotare le prigioni; tende in una parola a formare dei buoni cittadini, che lungi dal recare fastidii alle pubbliche Autorità saranno loro di appoggio, per mantenere nella società l'ordine, la tranquillità e la pace.224 All'udire ciò il sommo Pontefice conchiudendo disse: «Se vogliamo una società buona dobbiamo far convergere tutti i nostri sforzi nell'educare cristianamente la gioventù, che fra breve formerà la umana generazione.

    Se essa sarà bene educata avremo la società domestica e civile costumata; se male, la società andrà ogni dì peggiorando (...)». La vostra carità giova alla civile società, giova alle famiglie cristiane, e, diciamolo pure, giova anche alle non cristiane (...).225 [Furono] a migliaia altresì i poveri indiani di Patagonia, che ebbero col lume della fede i principii di cristiana civiltà, e che mediante l'opera dei Missionarii formeranno una famiglia eletta di figliuoli dì Dio ed un popolo laborioso, morigerato e savio (...). Furono le vostre limosine, che sostennero, fondarono ed ampliarono le nostre case, per dare ricovero ad un maggior numero di giovani, i quali erano in pericolo di divenire la desolazione dei parenti e il flagello della società; furono le vostre limosine, che, provvedendo loro vitto e vestito, diedero ad un tempo il mezzo di rendersi buoni cittadini ed onesti cittadini e di riuscire il sostegno della famiglia e il decoro della Religione.226 (...) Voi già conoscete che in quella vastissima regione del mondo esistono innumerevoli tribù di uomini ancora ignari del vero Dio, di Gesù Cristo e della sua Religione, e perciò privi del benefizio della divina Redenzione e dei frutti della cristiana civiltà. Sui confini di quel regno dell'ignoranza e della barbarie già si sono stabiliti i nostri Missionarii e le Suore di Maria Ausiliatrice.227 Queste lunghe e pericolose escursioni apostoliche fecero sempre meglio conoscere la necessità di fondare residenze di Sacerdoti in più siti, a fine di poter raggiungere i selvaggi, istruirli, incivilirli, formarne un popolo cristiano e salvarli nell'anima e nel corpo.228 

    4. Un progetto educativo plenario e differenziato, cristiano e civile 

    La formula «buoni cristiani e onesti cittadini» ritorna  - com'è ovvio  - quando si parla del progetto educativo previsto per «i giovani poveri e abbandonati». Educazione umana e educazione religiosa ne sono i due poli. All'educazione religiosa è apparentata e, spesso, assimilata l'educazione morale (la moralità, la moralizzazione). La moralità è sempre parte o conseguenza della religiosità.

    Per cui si può anche parlare congiuntamente in termini di «istruire» e di «moralizzare». 

    I nostri Cooperatori seguendo lo scopo della Congregazione Salesiana si adopereranno secondo le loro forze per raccogliere ragazzi pericolanti ed abbandonati nelle vie e nelle piazze; avviarli al catechismo, trattenerli nei giorni festivi e collocarli presso ad onesto padrone, dirigerli, consigliarli, aiutarli per quanto si può per farne buoni Cristiani ed onesti Cittadini.229 

    Intorno a questi due poli viene di volta in volta ripresentato un programma variamente articolato: L’istruzione religiosa e civile, funzionalizzata al duplice obiettivo: capacità di governare cristianamente e onestamente la vita ed essere utili a se medesimi (certamente nella duplice dimensione), alle proprie famiglie ed al paese. È un progetto di «umanesimo plenario» esteso alle classi umili,230 che emerge già dalle esperienze benefiche e educative dei primi anni di insediamento torinese: «Fu allora [1841-1842] che io toccai con mano, che i giovanetti usciti dal luogo di punizione, se trovano una mano benevola, che di loro si prenda cura, li assista nei giorni festivi, studi di collocarli a lavorare presso di qualche onesto padrone, e andandoli qualche volta a visitare lungo la settimana, questi giovanetti si davano ad una vita onorata, dimenticavano il passato, divenivano buoni cristiani ed onesti cittadini».231 I testi si susseguono con varietà di motivi legati alla diversità delle istituzioni. 

    Divisarono di aprire una casa di domenicale convegno, in cui potessero gli uni e gli altri aver tutto l'agio di soddisfare a’ religiosi doveri, e ricevere ad un tempo una istruzione, un indirizzo, un consiglio per governare cristianamente e onestamente la vita. Fu perciò instituito un Oratorio dedicato a S. Francesco di Sales (...); si apprestò quant'era d'uopo per celebrare le funzioni religiose, e per dare ai giovani una educazione morale e civile; vari giocherelli atti a sviluppare le forze fisiche e a ricreare onestamente lo spirito furono pure adottati, e così si studiò di rendere utile ed insieme gradita la loro dimora in quel luogo (...). Instillare nei loro cuori l'affetto ai parenti, la fraterna benevolenza, il rispetto alle autorità, la riconoscenza ai benefattori, l'amor della fatica, e più d'ogni altra cosa istruire le loro menti nelle dottrine cattoliche e morali, ritrarli dalla mala via, loro infondere il santo timore di Dio, e avvezzarli per tempo all'osservanza dei religiosi precetti, sono queste le cose, a cui per due lustri da zelanti sacerdoti e laici si dà opera assidua e si consacrano le cure maggiori.

    Così (...) nel modesto Oratorio di San Francesco di Sales si compartisce largamente l’istruzione religiosa e civile a coloro, che quantunque siano stati meno favoriti dalla fortuna, hanno pure la forza ed il desiderio d'essere utili a se medesimi, alle loro famiglie ed al paese.232 Prego Dio che conceda ogni bene a V.S. ill.ma e a tutti quelli che danno opera ad educare la gioventù all'onore del cristiano ed al dovere del buon cittadino (...).233 Mentre i Salesiani fanno scuola ai fanciulli in una parte del paese, le Suore in altro lato insegnano i rudimenti della civiltà, della scienza e della religione ad un gran numero di povere fanciulle, che loro riesce di raccogliere.234 Dalla carità vostra aspetto il pane ed il necessario alla vita ed alla buona istruzione ed educazione cristiana e civile ai giovanetti ricoverati, ed a quelli che si sperano di accettare in seguito, e che, poveri ed abbandonati, non hanno altro patrimonio che il vostro buon cuore.235 Si concorre così [come Cooperatore salesiano] a promuovere un'opera tanto raccomandata dal Santo Padre (...). Essa ha per fine principale d'istruire la gioventù che oggidì è divenuta il bersaglio dei cattivi, e promuove in mezzo al mondo, nei collegi, negli ospizi, negli oratorii festivi, nelle famiglie, l'amore alla religione, il buon costume, le preghiere, la frequenza ai Sacramenti, e via dicendo.236 

    Analogo discorso è fatto quando l'opera umanizzatrice e cristianizzatrice non è più rivolta soltanto ai singoli, ma a intere popolazioni «selvagge» bisognose di tutto, onde essere ridotte a una vita sociale sia sul piano civile che religioso. 

    Egli [mons. Cagliero] non troverà che numerose tribù selvagge abbandonate alla inerzia ed allo squallore, perché prive del benefizio della religione, delle scienze, delle arti, dell'agricoltura, del commercio, e di tutto ciò che spetta alla vita civile (...). Dovrà nei luoghi più popolati e centrali erigere ospizi per ricoverare giovanetti, onde poterli più facilmente ammaestrare ed incivilire, e per mezzo loro gettare solide fondamenta di una popolazione cristiana, e ridurre alla fede i padri coll'aiuto dei figli.237 

    Era quanto in sostanza egli sintetizzava nelle formule più volte ripetute ai giovani: allegria, studio [sul versante dell'onesto cittadino] e pietà [sul versante del buon cristiano]; oppure, sanità, studio, moralità. 238 

    5. Il buon cristiano per l'onesto cittadino 

    Il discorso sul rapporto tra religione e moralità è vicino a un concetto che in certi contesti conferisce un valore sociale o, addirittura, politico alla religione. 

    5.1 Utilità sociale della religione 

    L'idea che la religione  - oltre che garantire la salvezza eterna  - costituisca il presidio più sicuro della vita sociale e politica è familiare anche a don Bosco.

    Chi crea una contrapposizione tra religione e benessere materiale e dice di promuovere questo combattendo quella è un ingannatore. «Io confido che codesto Circolo Cattolico  - scrive a un gruppo di cattolici militanti di Prato  - andrà ognora più allargandosi e raccogliendo al suo centro molti altri operai di buon volere, salvandoli così dalle insidie dei nemici della religione e della civile società, che col pretesto di migliorare la loro sorte la peggiorano invece di gran lunga, togliendo loro la pace della coscienza e la speranza di beni imperituri al di là della tomba».239 Oltre che a questa affermazione generale don Bosco si affida agli insegnamenti della storia. 

    Era di somma necessità che venisse un maestro, che colla santità di sua dottrina insegnasse ai regnanti il modo di comandare, ai sudditi quello di ubbidire. Questo fece la religione di Gesù.240 [Alessandro Severo] Persuaso che la sola religione è sostegno degli imperi, la sola che possa formare la felicità dei popoli, si mise a praticarla egli stesso, e a farla rispettare universalmente (...). Amava il Cristianesimo, udiva volentieri a parlare del Vangelo.241 Sebastiano che era coraggioso soldato ed intrepido Cristiano con fermezza prese a rispondere così: Della tua vita, o Principe, non hai più caldo e tenero sostenitore di me; l'onore ch'io rendetti e rendo tuttora a Gesù Cristo riguarda alla tua salute e a quella dell'impero (...). I vostri pontefici istigandovi contro ai Cristiani li calunniano chiamandoli vostri nemici, e nemici della Repubblica, quando al contrario ne sono i proteggitori e il sostegno pregando Iddio per la prosperità dell'Imperatore e dei sudditi.242 In questo lungo spazio di tempo l'Italia fu quasi continuamente il ludibrio de' barbari, i quali in varii tempi e da vari paesi la vennero ad assalire e con danno immenso degli italiani la fecero loro preda. Erano i barbari uomini senza leggi, senza politica e quasi senza religione. In ogni loro questione la forza teneva luogo di ragione, che valeva per ogni diritto.243 Ma siccome un re che non ha la vera religione, nemmeno può avere la vera moralità, così Teodorico [ariano] nel fine della sua vita divenne sospettoso e crudele.244 Questo fatto dimostra come la religione sia il sostegno dei troni, e la felicità dei popoli che la onorano e ne praticano i precetti.245 Finalmente vi rimanga altamente radicato nell'animo il pensiero che in ogni tempo la religione venne riputata il sostegno dell'umana società e delle famiglie, e che dove non v'è religione non v'è che immoralità e disordine.246 [Questi fatti] mentre faranno in modo straordinario risplendere la bontà e la carità incomparabile del suo cuore, faranno eziandio ad evidenza conoscere come la nostra santa religione guidi l'uomo alla suprema felicità del cielo, e nel tempo stesso sia socievole, utile materialmente.247 

    5.2 Buon cittadino «perché» buon cristiano? 

    La formula «buon cittadino perché buon cristiano» non ricorre letteralmente nel linguaggio di don Bosco. Non è, tuttavia, assente dalla sua prospettiva religiosa e pedagogica. Se ne trovano espressioni equivalenti, anche se non numerose: il che dimostra in don Bosco l'assenza di quell'«integralismo», che, invece, si è potuto osservare fortemente sottolineato dal vescovo Domenico Villa («bisogna vivere da cristiano per essere galantuomo»). 

    In poche parole: Lo scopo [dell'Oratorio] si è di radunare i giovani per farli onesti cittadini col renderli buoni cristiani.248 La limosina (...) si estende alla società domestica e civile, perché i prelodati ragazzi, se sono addetti ad un laboratorio, si faranno col tempo capaci, coll'esercizio dell'arte loro, a provvedere un onesto sostentamento alla propria famiglia, e colla loro industria ed attività recheranno pure non lieve giovamento al civile consorzio; se poi attendono allo studio delle scienze o delle lettere si renderanno utili alla società colle opere d'ingegno, o con questo o con quell'altro civile impiego. E poi, tanto gli uni quanto gli altri, essendo non solo istruiti, ma, quello che più importa, saviamente educati, saranno sempre tra il popolo una guarentigia di moralità e di buon ordine, saranno onesti cittadini, e non daranno fastidii alle autorità né politiche né giudiziarie.249 Ma oggi più che mai sono degni di nostra commiserazione, di nostra cura, di nostra carità i giovanetti poveri ed abbandonati. Poveri fanciulli! Orfani talora dei proprii genitori, ben sovente lasciati in balia di se stessi, privi d'istruzione religiosa e di morale educazione, circondati da malvagi compagni, a qual sorte mai non vanno essi incontro? (...) Se invece una mano benefica li strappa per tempo al pericolo, li avvia per una carriera onorata, e li forma alla virtù per mezzo della religione, essi si fanno capaci a giovare a se stessi ed agli altri, diventano buoni cristiani, savìi cittadini, per divenire un giorno fortunati abitatori del cielo.250 

    Questa formula, però, non è prevalente nel linguaggio di don Bosco. Vi domina, invece, e largamente, una formula più ampia e tendenzialmente «umanistica», come risulta dalla documentazione riportata nel paragrafo seguente. 

    6. L'armonia di buon cristiano e onesto cittadino 

    Nella relazione di Giovanni Bonetti sul primo incontro di don Bosco con il ministro Urbano Rattazzi nella primavera del 1854 si trova un'interessante notazione: Rattazzi «soleva dire che il Governo era obbligato a proteggere cotale istituzione [= l'Oratorio], perché cooperava efficacemente a scemare gli inquilini delle prigioni, e a formare dei savìi cittadini, nel mentre che ne faceva dei buoni cristiani».151 Due persuasioni sono implicitamente presenti in questa osservazione di un ministro laico e anticlericale amico e benefattore di don Bosco: l'essere buon cristiano è compatibile con l'essere buon cittadino; l'essere buon cittadino non esclude l'essere buon cristiano. L'originalità di don Bosco educatore sta nel fare l'uno e l'altro. Effettivamente, è ciò che egli testimonia con la sua opera, in innumerevoli discorsi e negli scritti.

    Da una parte, la formula «buon cristiano e onesto cittadino» ha un chiaro significato apologetico e rivendicativo. Non c'è scissione nei cattolici all'altezza dei tempi tra l'essere cristiano e l'essere cittadino. È posizione significativa e, per certi aspetti, originale in tempi di tensione tra il religioso e il civile e, in Italia, tra una politica ritenuta eversiva dei diritti della Chiesa e una intransigente fedeltà cattolica («né eletti né elettori»). L'azione benefica e educativa di don Bosco è la quotidiana dimostrazione di un programma di conciliazione, che poi nel 1884 don Bosco dichiara assegnato da Leone XIII:252 «Voi avete la missione di far vedere al mondo che si può essere buon cattolico e nello stesso tempo buono e onesto cittadino».253 È la protesta contro un presunto divorzio tra fede religiosa e impegno mondano, che egli invece dichiara teorizzato e promosso da precisi circoli materialistici. Lo denuncia e nega categoricamente in un discorso conviviale del 13 luglio 1884 a ex-alunni sacerdoti in riferimento all'impresa evangelizzatrice e civilizzatrice salesiana nella Patagonia: «Quando questi selvaggi saranno convertiti, quando anche le migliaia di fanciulli saranno accolti nei nostri collegi, i loro principii saranno quelli stessi che voi avete imparati nell'Oratorio e in un secolo così poco curante di religione, essi pure faran vedere al mondo come si possa amar Iddio ed essere nello istesso tempo onestamente allegri: essere Cristiani e nello stesso tempo onesti e laboriosi cittadini».254 

    Io confido che codesto Circolo Cattolico andrà ognora più allargandosi e raccogliendo al suo centro molti altri operai di buon volere, salvandoli così dalle insidie dei nemici della religione e della civile società, che col pretesto di migliorare la loro sorte la peggiorano invece di gran lunga, togliendo loro la pace della coscienza e la speranza di beni imperituri al di là della tomba.255 Oltre la ricompensa del Cielo, voi avrete anche su questa terra la consolazione di cooperare al vantaggio della religione, delle famiglie, della società (...). In questi tempi i malvagi cercano di spargere l'empietà e il mal costume, e vogliono rovinare specialmente l'incauta gioventù con società, con pubbliche stampe, con riunioni, che hanno per iscopo più o meno aperto di allontanarla dalla religione, dalla Chiesa, dalla sana morale.256 

    D'altra parte, più positivamente, la formula ha la funzione di una tesi che scaturisce con coerenza dalla totalità delle convinzioni religiose e dell'esperienza di educatore cristiano di don Bosco, fautore di un nuovo stile di educazione cattolica in una società nuova, anche se non sempre affidabile. In una lettera a una signora milanese don Bosco dice che fa pregare i suoi giovani per i figli della benefattrice perché il Signore voglia aiutarli «ad essere buoni cristiani nell'umana società in questi tempi cotanto depravati».257 

    6.1 Il cristiano nel mondo 

    Ciò implica in don Bosco un'idea precisa del «buon cristiano». Persona di «eternità», egli è anche ben radicato nel mondo, dove è chiamato a operare la sua «eterna salute» con l'esercizio delle buone opere, il lavoro, la carità.258 L'accostamento dei due termini non è conformità a una formula abitudinaria, ma corollario ben preciso di un'opzione teologica del tutto ovvia: intrinseca assunzione dei valori «mondani» accanto al trascendente apprezzamento di quelli eterni. La «moralità» e il «guadagnarsi onestamente il pane della vita» non sono meno importanti, in sé e come mezzo al fine, del raggiungimento della vita eterna.

    Ne offre un modello nella protagonista della Conversione di una valdese, Giuseppa; e in altri personaggi presenti nei suoi scritti. 

    La sua buona condotta, il suo amore al lavoro, e la singolare attitudine pel maneggio delle cose di commercio la misero in grado di potersi procacciare un'onesta sussistenza, e d'avere ancora di che far limosine. Mediante un'esatta occupazione del tempo, ella trova campo a praticare puntualmente la santa cattolica religione, di cui con esemplare fervore osserva le pratiche; e per virtù, zelo e carità si potrebbe proporre a modello di virtù a tutti i veri cristiani.259 Pietro, padrone di casa, (...) aveva letto e studiato quanto è necessario ad un cristiano; accudiva i suoi affari, amava tutti e da tutti era amato. Sua prima cura era di educare la sua famiglia nel timore di Dio.260 Non essendoci mezzi di sorta per questo bisogno si fa ricorso a tutti quelli che amano il bene di N.S. Cattolica Religione e desiderano di impedire la rovina dei poveri fanciulli per avviarli alla moralità e ad un mestiere con cui potersi a suo tempo guadagnare onestamente il pane della vita.261 In questo ospizio si raccolgono ragazzi poveri dell'età di 12 a 18 anni. Qui sono istruiti colle scuole serali e per alcuni anche colle diurne, colla musica, colla ginnastica; e intanto sono avviati a diversi mestieri con cui potersi a suo tempo guadagnare onestamente il pane della vita.262 I nostri sforzi, i quali tendono ad istruire e moralizzare i figli della classe povera o meno agiata del popolo.263 Volendo poi venire a qualche augurio particolare io vi desidero dal cielo sanità, studio, moralità (...). Studio. Siete in collegio per farvi un corredo di cognizioni con cui potervi a suo tempo guadagnare il pane della vita. Qualunque sia la vostra condizione, la vocazione, lo stato vostro futuro, dovete fare in modo, che se vi mancassero tutte le vostre sostanze domestiche e paterne, voi possiate altrimenti essere in grado di guadagnarvi onesto alimento. Non si dica mai che noi viviamo de’ sudori altrui.264 Questo ospizio ha per iscopo di accogliere fanciulli poveri ed abbandonati a fine di istruirli, educarli ed avviarli ad un mestiere con cui potere a suo tempo guadagnarsi onestamente il pane della vita.265 A fine di provvedere a quel crescente bisogno in modo normale e più proporzionato avrei appunto aperto un ricovero per tali giovanetti collo scopo di procurare ai medesimi una educazione che valga a farli buoni cittadini, atti col tempo a guadagnarsi onestamente il pane della vita, secondo lo scopo degli istituti sopra menzionati.266 Abbiamo pure avuto la grande consolazione d'aver ritirato non centinaia, ma più migliaia di giovanetti dai pericoli e possiamo dire dalle carceri, collocati per la buona strada, avviati sul sentiero della virtù, e resi abili ad un tempo a guadagnarsi onestamente il pane della vita.267 Ho però piena fiducia che l'Autorità scolastica, riconosciuta la posizione in cui questo Istituto si trova in faccia alla legge ed alla civile società, mi permetterà di poter quanto prima raccogliere i miei allievi, per continuar loro quella educazione, che valga a metterli in grado di vivere la vita dell'onesto cittadino e nel tempo stesso guadagnarsi onesto sostentamento.268 Coi mestieri o collo studio si preparano ad essere col tempo in grado di guadagnarsi onestamente il pane della vita.269 Fo anche notare alla Giuria che i lavori sovr'accennati sono fatti in tutte le mie Tipografie da poveri giovani raccolti ne’ miei Istituti, ed avviati per tal modo a guadagnarsi in seguito ed onoratamente il pane della vita.270 

    6.2. Il buon cristiano e l'onesto cittadino in operosa coabitazione 

    Don Bosco, un «restauratore cattolico», in un tempo di inarrestabile progresso, conciliabile con le permanenti esigenze autentiche d'ancien régime - fedeltà cattolica, moralità, senso del dovere, rispetto dell'ordine religioso e sociale  - coniuga con naturalezza i due versanti, divino e umano, celeste e terreno, dell'essere cristiano e dell'essere cittadino;271 e quindi, coerentemente, dell'educazione.

    La formula ripetuta, come si è detto, ha un duplice valore: apologetico e positivo.

    In un secolo che eredita la critica illuministica della religione cristiana come mitica, oscurantista, è ovvio che don Bosco rivendichi alla propria fede la dignità di veicolo massimo di umanizzazione e di civilizzazione.

    Ancor più ciò doveva accadere in Italia, dove per più motivi si era creato uno stato di profonda antitesi e diffidenza tra autorità civile e società ecclesiastica, tra laici e credenti.

    Per questo l'apologia diventa in lui anche affermazione di principio: la religione cattolica, religione «salvifica», si rivolge a tutto l'uomo; non si ferma all'anima, non mira solo alla città celeste; vuole l'uomo «salvo» anche nel corso dell'esistenza terrena, compresa l'essenziale dimensione sociale. Questo è il senso dell'intera sua opera caritativa e benefica, oltre che spirituale e pastorale. Il buon cristiano può, dev'essere ed è anche buon cittadino. Non è un «alienato» o perché tutto proteso al cielo o perché scarsamente interessato ai beni terrestri o perché più o meno patologicamente assillato dalla «salute eterna» o perché unicamente preoccupato dei «diritti» della Chiesa e del Papa. Egli è insieme «buon cristiano e onesto cittadino».

    Si dà prima l'elenco pressoché completo della formula quale ricorre sotto la penna e nella bocca di don Bosco. Seguiranno alcune esemplificazioni in modo da avere presente il «contesto» nel quale essa generalmente viene collocata, ricordando che non poche citazioni sono già state anticipate nei paragrafi precedenti. 

    La formula con le varianti in ordine cronologico 

    Farli onesti cittadini e buoni cristiani272

    Farsi buoni cristiani ed onesti artigiani273

    Possano diventar tutti buoni cittadini e buoni cristiani274

    Fare tutti buoni cristiani ed onesti cittadini275

    Educare la gioventù all'onore del cristiano ed al dovere del buon cittadino 276

    Divenivano buoni cristiani ed onesti cittadini277

    Fare quel po' di bene che posso ai giovanetti abbandonati, adoperandomi con tutte le forze affinché diventino buoni cristiani in faccia alla religione, onesti cittadini in mezzo alla civile società278

    Preparare buoni cristiani alla Chiesa, onesti cittadini alla civile società279

    Farne buoni cittadini e buoni cristiani è lo scopo che ci proponiamo 280

    Farne buoni Cristiani ed onesti cittadini281

    Sono (...) utili cittadini e buoni cristiani282

    Diventano buoni cristiani, onesti cittadini283

    Entrando un giovane in quest'Oratorio deve persuadersi che questo è luogo di religione, in cui si desidera di fare dei buoni cristiani ed onesti cittadini284

    Ridonarli alla civile società buoni cristiani e buoni cittadini285

    Educati a virtù cristiane e civili (...) farne buoni cristiani ed onesti cittadini286

    Si tratta di renderli onesti Cittadini e buoni Cristiani287

    Vivere sempre da buoni cristiani e da savii cittadini288

    Speranza che essi diventino buoni cristiani, onesti ed utili cittadini289

    Sont maintenant de bons chrétiens et d'honnêtes citoyens290

    Io godo assai nel sapere che voi (...) vivete da buoni cristiani, da cittadini Onorati291

    Dovunque vi troviate mostratevi sempre buoni cristiani e uomini probi292

    Scopo dei nostri collegi è di formare dei buoni cristiani, e degli onesti cittadini293

    Per essere poi ridonati alla civile Società buoni cristiani, onesti cittadini 294

    Escono buoni Cristiani e bravi cittadini295

    Ritornarli alla Società buoni cristiani ed onesti cittadini296

    Educarli in modo da farne buoni cittadini e veri cristiani297

    Apprendendo a vivere da buoni cristiani e da savii cittadini298

    Ammaestrati a vivere da buoni cristiani e savii cittadini299

    Diventano buoni cristiani, savii cittadini300

    Rendendoli buoni cristiani ed utili cittadini301

    Continuate dunque ad essere buoni cristiani e savii cittadini302

    Dare alla civile società dei membri utili, alla Chiesa dei cattolici virtuosi, al Cielo dei fortunati abitatori303

    Farne buoni cittadini e buoni cristiani304

    Ridonarli (...) alla civile società buoni cristiani, onesti cittadini305

    Faran vedere al mondo come si possa (...) essere Cristiani e nello stesso tempo onesti e laboriosi cittadini306

    Istruirli, educarli e farne così dei buoni cristiani ed onesti cittadini307

    Quanti buoni figliuoli, quanti padri cristiani ed onesti, quanti migliori cittadini di più non potremmo dare alle famiglie, alla Chiesa, alla società!308

    Rendersi buoni cristiani ed onesti cittadini309

    Restituirli alla famiglia, alla società, alla Chiesa buoni figliuoli, savii cittadini, esemplari cristiani.310 

    Formule in contesto 

    Tra questi giovani, siano della città, siano dei paesi di provincia, se ne incontrano alcuni (per lo più orfani) i quali sono talmente poveri ed abbandonati, che non si potrebbero avviare ad un'arte o mestiere senza dar loro alloggio, vitto e vestito; e a tal bisogno si è provveduto con una casa annessa all'Oratorio di Valdocco, ove sono accolti in numero di oltre centocinquanta: loro è somministrato quanto occorre per farsi buoni cristiani ed onesti artigiani.311

    Non mancherò di raccomandare ai giovani beneficati che invochino le benedizioni del cielo sopra di chi coopera così efficacemente per farli onesti cittadini e buoni cristiani. 312

    Prima di chiudere le relazioni di questa lotteria le voglio ancora fare rispettosa preghiera di volermi cioè continuare i suoi favori nelle caritatevoli di Lei largizioni, e di voler anche pregare per me e per questi giovanetti in certo modo dalla Divina Provvidenza a me affidati, affinché coll'aiuto di Dio possano diventar tutti buoni cittadini e buoni cristiani in questa vita per poter poi un giorno ringraziare di presenza i loro benefattori nella patria de' beati in Paradiso.313

    Preghi per questi distruggitori di pagnottelle affinché li possiamo fare tutti buoni cristiani ed onesti cittadini. Nel suo progetto di iniziare qualche cosa che giovi ai fanciulli poveri e pericolanti, torli dai pericoli di essere condotti nelle carceri, farne buoni cittadini e buoni cristiani è lo scopo che ci proponiamo.315

    Utilità del sistema Preventivo. (...) I. L'allievo sarà sempre amico dell'educatore e ricorderà ognor con piacere la direzione avuta, considerando tuttora quali padri e fratelli i suoi maestri e gli altri superiori. Dove vanno questi allievi per lo più sono la consolazione della famiglia, utili cittadini e buoni cristiani.316

    Io nutro viva fiducia che questo atto generoso contribuirà a formare giovanetti nella fede e nella moralità, giovanetti che spargendosi nella civile Società saranno ad altri e poi ad altri modelli di civiltà e di pietà.317

    Si spera che Dio pietoso o manderà i mezzi necessari o inspirerà a V.S. qualche dovizioso cattolico, il quale mosso dalla gravità del bisogno voglia venire in soccorso alla capitale del cristianesimo, liberando tanti fanciulli dalla rovina materiale e morale per ridonarli alla civile società buoni cristiani e buoni cittadini.318

    Nell'anno novello più cose sono a proporsi. La prima, usare ogni mezzo materiale e morale, che sia in nostro potere, per promuovere i Catechismi parrocchiali, e tutte le altre opere che sono dirette a vantaggio dei giovanetti abbandonati e pericolanti. Si tratta di liberarli dai pericoli che loro sono imminenti, dal mal fare, dalle medesime carceri; si tratta di renderli onesti Cittadini e buoni Cristiani. 319

    Io godo assai nel sapere che voi vi regolate sempre bene, vivete da buoni cristiani, da cittadini onorati (...). Dovunque vi troviate mostratevi sempre buoni cristiani e uomini probi (...). Voi farete altrettanto [come i missionari] secondo il vostro potere, e così tra tutti propagheremo nel mondo la maggior gloria di Dio, coopereremo alla salute delle anime, a scemare nella società il mal costume e il delitto. Allora voi vi dimostrerete buoni Salesiani, veri figli di D. Bosco, il cui più vivo desiderio si è di popolare il Cielo di anime e disertarne l'inferno, se dato gli fosse.320

    Scopo dei nostri collegi è ài formare dei buoni cristiani, e degli onesti cittadini; non si tratta adunque nel promuovere le vocazioni di sforzare allo stato ecclesiastico chi non ha ad esso la vocazione, ma di coltivarla e svilupparla ne' giovanetti che ne dessero chiari segni.321

    D. Bosco in Firenze (...) vorrebbe aprire anche un Ospizio per ricoverare tanti poveri figliuoli abbandonati, salvarli dalla corruzione dei costumi e dalla perdita della fede, ed educarli in modo da farne buoni cittadini e veri cristiani.322

    Le cento e trenta Case, Collegi, Ospizi, Oratorii ecc. aperti negli anni addietro, continuarono ad abbondare di gioventù. Oltre ad ottanta mila giovanetti proseguirono a ricevervi l'istruzione e l'educazione cristiana e civile; gli uni imparando un'arte o mestiere, gli altri percorrendo la via degli studii, tutti apprendendo a vivere da buoni cristiani e da savii cittadini323 (...).

    A Navarra in Francia è cominciata una fabbrica, a fine di raccogliervi il gran numero di orfanelli contadini, che sono raccomandati per la colonia agricola; e detta fabbrica va pure proseguita, per togliere dall'abbandono tanti poveri giovanetti della campagna, affinché, mentre si addestreranno ai lavori della terra, sieno pure ammaestrati a vivere da buoni cristiani e savii cittadini e a guadagnarsi il Cielo.324

    Con un tal mezzo [la carità dei fedeli] questo Istituto potrà forse riuscire a soddisfare ai suoi debiti passati, ed anche a tener fronte alle spese future per mantenere, calzare e vestire tanti poveri giovanetti della Liguria, salvandoli nel corpo e nell'anima, rendendoli buoni cristiani ed utili cittadini.325

    Continuate dunque ad essere buoni cristiani e savii cittadini, e così sarete ognora la mia consolazione, il mio gaudio, la mia corona.326

    Mi dispiace di non potervi esporre l'opera, in favore della quale io vengo a chiedervi limosine. Essa consiste nel raccogliere fanciulli orfani e vagabondi per farne buoni cittadini e buoni cristiani.327

    L'Ospizio del Sacro Cuore di Gesù avrebbe per iscopo di ricoverare giovanetti poveri e abbandonati, provenienti da qualsiasi città d'Italia o di altro paese del mondo, educarli nella scienza e nella religione, istruirli in qualche arte e mestiere, e così allontanarli dal vestibolo delle prigioni, ridonarli alle loro famiglie e alla civile società buoni cristiani, onesti cittadini, capaci di guadagnarsi onorato sostentamento colle proprie fatiche.328

    Quando questi selvaggi saranno convertiti, quando anche le migliaia di fanciulli saranno raccolti nei nostri collegi, i loro principii saranno quelli stessi che voi avete imparati nell'Oratorio e in un secolo così poco curante di religione, essi pure faran vedere al mondo come si possa amar Iddio ed essere nello istesso tempo onestamente allegri: essere Cristiani e nello stesso tempo onesti e laboriosi cittadini.329

    In quella memoranda occasione mi sono profondamente convìnto che tra voi fiorisce lo spirito di religione, di carità e generosità ed ebbi a ringraziare il Signore. In quei giorni ognuno di voi palesava vivo desiderio che D. Bosco fondasse una casa in Parigi, la quale avesse per iscopo di accogliere i fanciulli dalle vie e dalle piazze a fine d'istruirli, educarli e farne così dei buoni cristiani ed onesti cittadini.330 

    6.3 Il buon cristiano latente nell'onesto cittadino 

    Il programma positivo comprende la naturale integrazione di buon cristiano e di onesto cittadino. Il concetto è presente anche in quelle formule nelle quali don Bosco  - per ragioni «apologetiche» e di aderenza realistica alle necessità dei giovani e a una loro educazione completa  - sottolinea l'aspetto umano e sociale, dando per scontata l'educazione religiosa e morale.

    È da notare che tali formule talvolta vogliono essere intenzionalmente «laiche»  - prive di esplicito riferimento religioso, cristiano  - soprattutto quando vengono utilizzate in circolari, lettere e documenti rivolti a laici e laicisti. È chiaro che don Bosco non per questo negli istituti, reali o ipotetici, di cui parla, rinuncia alla pratica dell'educazione religiosa; anzi egli normalmente intende assicurare all'onestà civile un fondamento religioso.

     

    I risultati finora ottenuti furono assai soddisfacenti; giacché non pochi giovanetti in procinto di mettersi per la mala vita, mercé le cure che loro si usano, ora battono il sentiero dell''onesto cittadino con grande vantaggio loro e della civile società.331 Io che ho consacrato tutta la mia vita al bene della gioventù, persuaso che dalla sana educazione di essa dipende la felicità della nazione, io che mi sento in certo modo trascinato ovunque possa anche poco giovare a questa porzione eletta della civile società (...).332 A fine di provvedere a quel crescente bisogno in modo normale e più proporzionato avrei appunto aperto un ricovero per tali giovanetti collo scopo di procurare ai medesimi una educazione che valga a farli buoni cittadini, atti col tempo a guadagnarsi onestamente il pane della vita.333 Quali fanciulli debbano dirsi ne' pericoli (...). 2° Quelli che fatti orfani dei genitori non hanno chi li assista quindi rimangono abbandonati al vagabondaggio e alla compagnia dei discoli, mentre una mano amica, una voce caritatevole avrebbe potuto avviarli nel cammino dell'onore e dell'onesto cittadino (...). 4° I vagabondi che cadono nelle mani della pubblica sicurezza, ma che non sono ancora discoli. Costoro se venissero accolti in un ospizio ove siano istruiti, avviati al lavoro, sarebbero certamente tolti alle prigioni e restituiti alla civile società.334 Risultati (...). 1o Molti ragazzi usciti dalle carceri con facilità si avviarono ad un'arte con cui guadagnarsi onestamente il pane della vita. 2° Molti che versavano in estremo pericolo di venir discoli, cominciavano a cagionar molestia agli onesti cittadini, e già davano non leggeri disturbi alle pubbliche autorità; costoro si ritrassero dal pericolo e si posero sulla strada dell’onesto cittadino.335 Qualunque deliberazione nella sua saviezza giudichi di prendere, io la prego di gradire la costante mia volontà di adoperarmi per diminuire il numero dei discoli e di accrescere quello degli onesti cittadini.336 Scopo principale era di far loro apprendere un'arte o mestiere per renderli capaci di guadagnarsi un giorno onesto sostentamento.337 Ho piena fiducia che l'Autorità scolastica, riconosciuta la posizione in cui questo Istituto si trova in faccia alla legge ed alla civile società, mi permetterà di poter quanto prima raccogliere i miei allievi, per continuar loro quella educazione, che valga a metterli in grado di vivere la vita dell'onesto cittadino e nel tempo stesso guadagnarsi onesto sostentamento.338 (...) tanti poveri figli del popolo che raccolti in mezzo alle vie, mentre stavano per divenire un manifesto pericolo per la società, attendono ora a migliorare se stessi e mediante una buona educazione lasciano fondata speranza di poter riuscire probi ed onesti cittadini, onore della società, speranze di più lieto avvenire.339 Coi mestieri e collo studio si preparano ad essere col tempo in grado di guadagnarsi onestamente il pane della vita.340 Fo anche notare alla Giuria che i lavori sovr'accennati sono fatti in tutte le mie Tipografie da poveri giovani raccolti ne' miei Istituti, ed avviati per tal modo a guadagnarsi in seguito ed onoratamente il pane della vita (...). In questo caso a me basta di aver potuto concorrere coll'Opera mia alla grandiosa Mostra dell'ingegno e industria italiana, e di aver dimostrato col fatto la premura che nel corso di oltre 40 anni mi sono sempre dato, a fine di promuovere in un col benessere morale e materiale della gioventù povera ed abbandonata, il vero progresso eziandio delle scienze e delle arti.341 Come popolazione industriale essa [Barcellona] ha più interesse d'ogni altra a proteggere i Talleres Salesiani. Da queste case escono annualmente cinquantamila giovani alla società, i quali vanno nelle officine e nei laboratori a diffondere le buone massime; così stanno lontano dalle carceri e dalle galere e si cambiano in esempi viventi di salutari principi. Il giovane che cresce per le vostre strade, vi chiederà da prima una limosina, poi la pretenderà e infine se la farà dare con la rivoltella in pugno. Come risultato della missione incivilitrice dei Talleres, posso citare il frutto che ottengono le Missioni Salesiane in Patagonia (...).342 

    * * * 

    Don Bosco non è un teorico. È uomo di azione. È, però, uomo di azione che «riflette» sul senso delle sue iniziative operative. Perciò, mentre non sorprende che il suo patrimonio lessicale, la verbalizzazione, la concettualizzazione, risultino poveri e ripetitivi, emerge chiaro che il suo operare si muove lungo linee ben precise e dalla sicura consapevolezza «teorica»: sia a livello di conoscenza delle situazioni e dei problemi sia nel momento delle soluzioni operative.

    I due aspetti risaltano con particolare evidenza a proposito di una delle formule più care e ripetute: «buon cristiano e onesto cittadino».

    Sulla ripetitività non c'è dubbio. Lo dimostra l'intera rassegna appena abbozzata. Ma ciò nulla toglie alla lucidità dei significati. Essi rispondono alla chiarezza delle scelte educative concrete. Anche se l'uso della formula può rispondere spesso a esigenze di propaganda e ricerca di solidarietà (simpatia, sostegno dell'opinione pubblica, aiuti finanziari), essa rispecchia soprattutto una sicura posizione di vita e di azione. Seriamente preoccupato della propria e dell'altrui «salvezza», don Bosco non trascura gli interessi temporali dei giovani, assunti nella più vasta estensione, individuali, professionali, sociali o «patriottici»: la piccola «patria», che è il luogo di nascita, e la grande patria, che è la propria «nazione» e la comunità politica e religiosa (la Chiesa cattolica), di cui vuol tutti «cittadini» vivi e operosi. In questo senso, la formula «buon cristiano e onesto cittadino»  - che è di gran lunga la più frequente  - raggiunge l'altra, evangelica, particolarmente amata e più volte illustrata «date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio»:343 per don Bosco un «manifesto» di spiritualità, di azione sociale e pastorale, di pedagogia.

    In quest'ottica, l'approfondimento della formula «buon cristiano e onesto cittadino» diventa elemento essenziale, non solo per definire in termini rigorosi la sua visione «umanistico-cristiana» dell'educazione, ma anche e in particolare la dimensione sociale e politica di essa. Entra in gioco il problema capitale dei due millenni cristiani: il rapporto tra valori eterni e valori temporali, tra la religione e le altre forme di cultura, tra evangelizzazione e umanizzazione, tra «salvezza eterna» e presenza nel mondo, tra fede e politica, tra appartenenza e fedeltà alla Chiesa e impegno nella società civile e nella comunità politica.344

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