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    "Renditi umile,

    forte e robusto"

    Alcuni passi del Magistero salesiano


    Ha tutta l'aria di un paradosso: mentre la "trilogia" educativa proposta dal sogno dei 9 anni ha una notevole rilevanza nella memoria dei giovani (come si vede dalle testimonianze riprodotte nel dossier), non sembra che abbia avuto tanta cittadinanza né negli studi su don Bosco né nel magistero salesiano.

    Certo, il sogno viene citato, approfondito, "ermeneutizzato" da tutti... ma in genere per quanto riguarda la modalità del "sogno", i ragazzi che compaiono (lupi e agnelli), la presenza autorevole e consolante di Gesù e della Madonna.
    Ma il trinomio viene citato e dato per scontato, senza approfondimenti storici (don Bosco si è formato "davvero" su queste linee?), spirituali e pedagogici (cosa vuol dire percorrere questi sentieri educativi nella vita e nella crescita dei giovani?), ecc.
    Non ci chiediamo se questo è un problema, indichiamo e basta.
    Per arrivare a questa conclusione abbiamo fatto una ampia ricerca sulle fonti, che ora sono facilmente disponibili on line, sia quelle del sito ufficiale della Congregazione (di non immediata e facile consultazione), sia quelle più abbordabili di "Salesian Online Resources") a cura dell'Università Salesiana.
    Con i vari sofisticatissimi motori di ricerca si arriva certamente a trovare molte occorrenze, ma perlopiù riproposizioni del sogno e la citazione della trilogia senza approfondimenti.
    Quel qualcosa in più che cercavamo (approfondimento pedagogico-spirituale del trinomio) lo riproponiamo qui di seguito, se non altro per la curiosità del lettore.

    Il senso dei contenuti dei sogni di don Bosco

    Passiamo ad altri aspetti attinenti l'analisi critica delle fonti. Qualsiasi manuale di critica documentaria insegna quanto sia importante, in ordine a una storia del testo, reperire e segnalare correttamente le varianti di scrittura, dalle prime fasi redazionali fino al testo definitivo fissato dall'autore. Non si tratta di una pura esercitazione accademica. Tale operazione infatti si rivela di notevolissima importanza, quando dall'analisi del testo si passa, ad esempio, allo studio della mentalità dell'autore. A questo proposito è interessante notare i termini che DB sceglie e le varianti che introduce allorché narra nelle MO il sogno dei nove anni. Riferendo le parole udite dal personaggio celeste, egli aveva scritto in un primo tempo: «Renditi sano, forte e robusto». Poi, intervenendo sulla propria scrittura, corresse: «Renditi umile, forte e robusto».
    La prima redazione poteva apparire l'invito alla sanità fisica e implicitamente a quella psichica. Era un monito che del resto esprimeva bene l'intuizione sviluppata nella Vita di Domenico Savio e altrove, che cioè la vita cristiana e la stessa perfezione non erano contro i valori ai quali aspirava la natura umana.
    Correggendo il proprio autografo DB pose l'accento su un tema che qua e là riaffiora nella trama delle MO: non la vanagloria, ma l'umile sentire di sé comportava la benedizione di Dio.
    Che cosa allora sognò veramente DB? quali parole ricordò di avere udito dal personaggio celeste? Le ipotesi che si possono avanzare sono più d'una. Ma se si bada al modo come DB in quei medesimi anni scrive i suoi sogni e poi li racconta, si è portati a credere che la concretizzazione di parole e di concetti sia un'operazione che DB fa tranquillamente a tavolino, alle prese con il testo che sta scrivendo e che poi si ripromette di narrare. Questo è constatabile nel sogno cosiddetto di Lanzo (1876). Nell'appunto autografo che DB aveva predisposto troviamo descritto un mazzetto di fiori e spighe di grano, simbolo di distinte virtù, in mano all'apparizione di Domenico Savio. Esponendo poi a voce il sogno, DB cambiò qualche fiore, ne omise qualcun altro, cambiò anche il significato simbolico di un fiore. Ancora più indicativo è quanto si nota nel sogno di S. Benigno (1881). Sul manto del personaggio celeste DB aveva visto risplendere una serie di dieci diamanti. Al centro dei cinque incastonati sulla parte posteriore in un primo tempo aveva scritto che c'era il diamante della «castità»; in un secondo tempo cancellò e scrisse: «obbedienza». Ma anche le didascalie di ciascun diamante subirono varianti. In un primo tempo DB aveva cominciato a scrivere in italiano, in un secondo tempo le riscrisse in latino: «carità» divenne «caritas»; «obbedienza, povertà, castità» divennero rispettivamente «votum obedientiae, votum paupertatis, votum castitatis».
    Ammesso che dietro il «sogno» che conosciamo ci sia stata veramente un'esperienza onirica, si è posti in guardia dalle libertà che DB si prende nei confronti del suo proprio manoscritto. La sua parola rimane in ultima analisi l'unica testimonianza circa fatti di questo tipo. Lo stesso è da dire del sogno dei nove anni. Sulla sua realtà, sul significato che poté avere nel corso della sua vita, sul modo come ne è stato fissato il racconto nelle MO unito testimone è soltanto lui. E di DB si conosce bene la propensione a giocare sul significato delle parole e sulla portata evocativa dei numeri. Nel sogno dei nove anni scrive di aver visto folle di giovani scalmanarsi in un «cortile»: adopera cioè un termine evocativo del cortile dell'oratorio; in quello del 1844 scrive di avere sognato una chiesa «stupenda ed alta» con la scritta: «Hic domus mea, inde gloria mea» (MO 136); fa pensare cioè non tanto a un edificio sacro che comunque sostituisse le chiese e le cappelle entro cui radunavano precariamente i suoi giovani, quanto piuttosto al tempio dell'Ausiliatrice che costruì tra il 1863 e il 1868. Quest'uso elastico del linguaggio, allusivo a fatti che potrebbero essere l'avveramento delle predizioni, induce a saper entrare nel gioco mentale di colui che lo adopera, individuandone il nocciolo solido e accettando il resto in modo altrettanto elastico, allusivo e relativo.
    (Pietro Stella, Apologia della storia. Piccola guida critica alle Memorie biografiche di don Bosco)


    Una proposta per i Salesiani

    Questo sogno, o meglio visione, ho voluto dare e far dare a tutti voi, miei cari, come Ricordo degli Esercizi Spirituali di quest'anno. Il suo contenuto infatti è di tanta importanza che, in questa centenaria ricorrenza, dobbiamo farci uno stretto dovere di approfondirlo con più assidua meditazione in ogni suo particolare, e di metterne con generosità in pratica gli ammaestramenti, se vogliamo meritarci il nome di veri figli di Don Bosco e perfetti Salesiani.
    Don Bosco a suo tempo ha compreso e praticato alla perfezione quanto la celeste Maestra gli andò man mano insegnando.
    In questo sogno tutta la sua vita gli fu mostrata quasi per speculum in aenigmate (I Cor., X III, 12), nello specchio della fede e nell'oscurità dell'enimma. Ma noi, che sappiamo com'egli abbia compiuto tutta la sua missione con crescente fedeltà, docilità e corrispondenza ai voleri e alle grazie divine, noi vediamo quel sogno divenuto realtà nella vita di lui; esso per noi non è più speculum in aenigmate, ma una luce potente che c'illumina e conforta nella via che per divina chiamata dobbiamo percorrere.
    Con questo sogno, compiutosi nella sua vita, il buon Padre ci può ripetere le divine parole: Exemplum enim dedi vobis, ut quemadmodum ego feci, ita et vos faciatis (S. Giov., X III, 15).
    Sì, figli miei, anche in voi deve avverarsi quanto qui la Divina Sapienza si è degnata additare e fissare per la nostra missione.
    Qui infatti, o miei cari, troviamo la nostra vocazione, il nostro metodo, i mezzi e le doti necessarie per praticarlo efficacemente.
    Pur nella nostra vita c'è stato un giorno in cui il Signore ci chiamò per nome e ci ordinò di consacrarci all'educazione della gioventù povera e abbandonata, sotto il vessillo e secondo il metodo di Don Bosco: metodo fondato non sulle percosse ma sulla mansuetudine, carità ed istruzione serena e completa del bene da praticare, e combattente il male con la legge della riverenza e del silenzio: nec nominetur in vobis. Anche noi abbiamo avuto l'ordine di acquistare i mezzi necessari a mettere in pratica questo metodo, cioè l’obbedienza e la scienza, sotto la guida della Vergine; il che abbiamo fatto (o stiamo facendo) negli anni della nostra formazione religiosa e sacerdotale. Durante tutti questi anni felici la Vergine SS. prese anche noi con bontà per mano e, additandoci il futuro campo della nostra azione, ci stimolò in tutti i modi all'acquisto dev’umiltà, della fortezza e della salute, che sono le qualità strettamente necessarie per ogni vero figlio di Don Bosco.
    Anche a noi infine sarà dato vedere moltitudini di giovani, prima ignoranti affatto delle cose di Dio, e forse già vittime infelici del male, correre illuminati, risanati e gioiosi a far festa a Gesù e a Maria SS. Ausiliatrice. E questa buona Madre, nei momenti di prova e quando non comprenderemo il perché di certi avvenimenti e di certe disposizioni, pure a noi porrà dolcemente la mano sul capo, dicendoci con voce di paradiso: A suo tempo tutto comprenderai!
    Questo sogno dunque è pieno di sapienza per noi, e ci ricorda come Don Bosco lo ha praticato con la più gran diligenza, ottenendo effetti sorprendenti con mezzi giudicati impossibili.
    (D. Filippo, Rinaldi, ACS 26, p. 314ss)


    Propositi di Esercizi Spirituali

    Si avvicina l’epoca degli Esercizi Spirituali e vi esorto a ricavare da quei giorni di benedizioni frutti copiosi a vantaggio delle vostre anime. Purtroppo durante parecchi anni ci siamo trovati nella necessità di farli in condizioni disagiate e a volte anche in forma, ridotta. Spero che quest’anno sia possibile il ritorno alla normalità. Gl’Ispettori si adoprino perché ciò avvenga: e se ne avranno notevoli vantaggi.
    Pensando ai Ricordi, mi sovvenni del primo sogno di Giovannino Bosco alla età di nove anni.
    La Donna di maestoso aspetto lo prese per mano e gli disse: « Guarda — e Giovannino si vide a un tratto circondato da una moltitudine di animali. — Ecco il tuo campo — soggiunse la Signora — ecco dove devi lavorare. Renditi umile, forte, robusto ».
    L’umiltà è sempre necessaria a chi voglia seguire e imitare Gesù, mite ed umile di cuore. Ma ripensando alle difficoltà di ogni genere in cui ci dibattiamo e considerando i pericoli, le prove che ogni dì si moltiplicano e aggravano intorno a noi, mi è parso che forse mai come in questo prolungarsi di ostacoli, sofferenze e sciagure di ogni genere, ci sia necessaria la fortezza raccomandata a Giovannino Bosco per operare la trasformazione degli animali in mansueti agnelli. Ecco pertanto i Ricordi per i prossimi Esercizi Spirituali: SIAMO FORTI: nel vincere le passioni, nel superare le prove, nel conquistare anime a Dio.
    La virtù della fortezza risplendette in modo mirabile nel nostro Padre amantissimo, che, con indomito coraggio mai disgiunto da prudenza, seppe superare difficoltà che parevano insormontabili e perseverare tenacemente fino a raggiungere la mèta indicatagli dalla Divina Provvidenza. È giusto che noi, suoi figli, in queste ore di prova, che si prolungano oltre ogni previsione, ci mostriamo come Lui forti e robusti, perchè solo ai vigorosi e tenaci è riservato il trionfo.
    Invocando sui vostri Esercizi e sui propositi vostri l'abbondanza delle benedizioni celesti mi professo vostro aff.mo in G. e M. Sac. P. Ricaldone
    (D. Pietro Ricaldone, Lettera circolare 24 maggio 1946)


    Robuste e in buona salute per il lavoro con i giovani

    Facciamo insieme una breve riflessione, sentendo quanto ci dicono sia i nostri Fondatori sia i maestri di spirito che non fanno mai distinzione tra vita spirituale e vita fisica, evidenziando così la verità del detto «mens sana in corpore sano».
    È importante che ci convinciamo di due cose.
    • È santità – che si traduce per noi sempre in apostolato – accettare serenamente una malattia ed offrirne le sofferenze per la salvezza della gioventù. È la vita di tante sorelle, è l’esempio, che abbiamo ancora tanto vivo, della nostra cara madre Rosetta.
    • È santità – ed è pure nostro preciso dovere – conservare con ogni mezzo la salute, per metterci con tutte le forze a disposizione del Signore nello svolgimento del compito che ci è affidato.
    Esprimiamo perciò la nostra riconoscenza profonda alle sorelle che, sul letto del dolore, offrono con tanta generosità e a quelle che, loro malgrado, sono impossibilitate a lavorare, perché sentiamo che la loro preghiera ci sostiene e ci stimola ad essere attente nell’uso equilibrato delle nostre forze.
    Non possiamo risparmiarci, è vero, perché non è questo l’insegnamento di don Bosco, né di madre Mazzarello. Dobbiamo, come loro, donare tutto fino all’ultimo respiro e lavorare senza stancarci mai per la salvezza della gioventù.
    Chiediamoci però qual è il segreto per mettere in pratica quanto i Fondatori ci hanno detto: «Lavorate, lavorate pure molto, ma fate anche in maniera di poter lavorare a lungo» (MB XIV 254).
    «Mentre vi raccomando di lavorare, vi raccomando pure di aver cura della salute e raccomando anche a tutte di lavorare senza nessuna ambizione, solo per piacere a Gesù» (L 22,5). «Guarisci presto perché hai da lavorare!» (L 16,2).
    Don Bosco e madre Mazzarello ci stimolano al lavoro, logorante se vogliamo, ma allo stesso tempo ci invitano a riflettere sulla disciplina interiore che ci porta all’equilibrio psichico, indispensabile per mantenerci in buona salute.
    Don Bosco che, nel sogno dei nove anni, si era sentito raccomandare: «Renditi umile, forte e robusto», sapeva bene quanto fosse necessaria una buona costituzione fisica per svolgere il lavoro apostolico estenuante tra la gioventù ma, conoscendone il segreto, richiede tra le altre qualità «buona indole e spirito onestamente allegro».
    Non avrà anche visto don Bosco, in quell’ ‘umile’, la base per sviluppare le altre due qualità? L’accettare il nostro essere totale come dono di Dio, l’abbandonarci a Lui con la certezza che Egli conduce e porta a termine ogni impresa, è l’umiltà che mette a sua disposizione tutto. E allora ci si allena anche nel rischio, senza timore di osare troppo, sapendo che l’esercizio rende forti. Un poco alla volta la persona diventa capace di governarsi meglio, di orientare e guidare il proprio corpo, di diventarne più padrona anche con una maggiore forza spirituale.
    Essere capaci di autodisciplinarsi è una conquista che per noi è favorita dalla libera assunzione di un orario ordinato al bene fisico e spirituale delle persone. Non siamo talvolta schiave di abitudini contratte a poco a poco, che ci portano a disordini nel riposo, nel lavoro, a tensioni psichiche pericolose sotto tutti gli aspetti? Le cause della diminuzione di salute possono essere molte e spesso non è in nostro potere eliminarle, però credo che una riflessione sui semplici mezzi suggeriti da don Bosco e da madre Mazzarello ci sia utile, tanto più se saremo capaci di esaminarci con serenità ed equilibrio, sia come persone sia come comunità.
    Vi riporto quindi, senza commento, alcuni brani. Fatene oggetto di riflessione.
    Don Bosco dice: «Per conservare la sanità e vivere lungamente è necessario: 1. coscienza chiara, cioè coricarsi alla sera tranquilli, senza timori per l’eternità; 2. mensa frugale; 3. vita attiva...» (MB VI 302).
    «Per conservare la sanità vi sia sufficiente riposo» (MB XIII 246).
    «Evita le austerità nel cibo. Le tue mortificazioni siano nella diligenza ai tuoi doveri e nel sopportare le molestie altrui. In ciascuna notte farai sette ore di riposo. È stabilita un’ora di latitudine in più 108 o in meno per te e per gli altri, quando vi interverrà qualche ragionevole causa. Questo è utile per la sanità tua e per quella dei tuoi dipendenti» (MB X 1041).
    «Il lavoro ben ordinato non è quello che reca danno alla sanità corporale» (MB II 517).
    «Il moto è quello che più giova alla sanità... La diminuzione proviene dal non fare più tanto moto come una volta» (MB XII 343).
    Dopo la visita alle suore di Alassio, raccomandò a don Cagliero di controllare bene le varie situazioni e di suggerire intanto i più urgenti provvedimenti: «... gran moto, aria libera, mutare sovente le suore addette alla cucina; annesso ad ogni casa un cortile o giardino dove potessero, senza soggezione di esterni, giocare, gridare, saltare, divagarsi; liberarne le coscienze da opprimenti angustie, perché molte di esse, a parer suo, si ammalavano per causa di pene interne, scrupoli, timori e simili» (MB XIV 50).
    E madre Mazzarello: «Fatti coraggio, abbi cura della tua salute; guarisci presto, onde presto possa ritornare con noi. Ancora una raccomandazione ti voglio fare, ed è che tu stia allegra; se sarai allegra, guarirai anche più presto» (L 11,4).
    «La ricreazione sia vivace e allegra. Il correre e saltare in questo tempo giova moltissimo alla sanità, scaccia la malinconia e sempre rende amabile l’adempimento esatto dei propri doveri. Così pure a questo fine si determini l’ora di passeggiate frequenti, quando non vi siano ostacoli che meritino seria considerazione» (Deliberazioni prese durante le adunanze generali delle Superiore – agosto 1878; Allegato n. 23, in Cron. II 429).
    Le raccomandazioni dei nostri Santi sono superate e non più adatte all’oggi, al ritmo di lavoro tanto diverso del nostro tempo? La Scrittura ci dice: «Un cuore lieto fa bene al corpo; uno spirito abbattuto inaridisce le ossa» (Prov 17,22).
    È possibile mantenere ancora questa capacità di vivere nella gioia oggi? di mantenere lieto il cuore, di saperci meravigliare di fronte alle bellezze della natura, di scoprire il bene per goderne dando gloria a Dio? Ciò dilata lo spirito, ci rende più ottimiste e quindi più capaci di sopportazione.
    Non ci consideriamo a volte persone troppo necessarie così da imporci orari stressanti, da non prenderci un momento di vera distensione condividendo con le sorelle la gioia di stare insieme? 109 Sappiamo godere con le giovani, rendendole a loro volta capaci di sana distensione? Care sorelle, dobbiamo convincerci che anche oggi è necessario quanto ci è stato detto un tempo. D’altronde potremmo sentire la voce di molti moderni maestri di spirito che ripetono le stesse raccomandazioni.
    Forse è un ricupero da fare per essere educatrici serene, equilibrate e per poter spendere senza melanconie la nostra vita a vantaggio della gioventù.
    Dice il card. Martini, arcivescovo di Milano, rivolgendosi ai sacerdoti: «Ci sono adesso dei disordini (nell’ora di coricarsi ad esempio, nel prolungare indefinitamente il tempo senza mai riuscire ad andare a dormire all’ora giusta) che guastano fatalmente l’equilibrio».
    E tale equilibrio è la condizione indispensabile per unificare in modo armonico il nostro essere, con una conseguente incidenza sulla salute.
    «Una delle cose più importanti è che noi impariamo a riposare veramente, a rilasciare i nostri muscoli e il nostro psichismo» (Don G. DHO, Conferenza a un corso di Formazione permanente per FMA).
    Inoltre, per godere buona salute, ci vuole la pace interiore e un cuore sereno.
    Il richiamo ai mezzi presentati nelle Costituzioni (art. 17.55) e nei Regolamenti (art. 5) per «giovare alla salute fisica e mentale e all’equilibrio armonico della persona», sia preso in considerazione da ogni comunità perché, se è vero che le modalità variano da luogo a luogo, è tuttavia indispensabile che essi siano tenuti presenti ovunque.
    Mi fermo qui, invitandovi a considerare soprattutto gli aspetti del riposo, del lavoro ordinato ed equilibrato, della sana distensione comunitaria. . Continueremo nel prossimo incontro le considerazioni sullo «spirito onestamente allegro», supporto indispensabile per conservare la buona salute e creare nelle comunità un vero ambiente salesiano.
    Chiediamo ogni giorno al Signore, le une per le altre, la salute necessaria per collaborare alla realizzazione dei suoi disegni su di noi e, da parte nostra, non trascuriamo alcuni mezzi per mantenerla. Alle care sorelle, a cui il Signore chiede l’offerta preziosa di una malattia, il grazie più vivo di tutto l’Istituto. Si sentano veramente i “Cirenei” di chi non sempre sa o non riesce a portare la croce quotidiana nella serenità. Nell’unico corpo che è l’Istituto partecipiamo, nel modo in cui ciascuna è chiamata dal Signore, alla missione della Chiesa.
    (Circolari di Madre Marinella Castagno N. 685)


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