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    1. Il cammino PG

    nella Congregazione Salesiana


    IL CAMMINO DELLA CONGREGAZIONE NELLO SVILUPPO DELLA PASTORALE GIOVANILE SALESIANA DOPO IL CONCILIO VATICANO II


    L’azione educativa e catechistica salesiana si era strutturata seguendo il modello dell’Oratorio di Valdocco, all’interno del quale, per rispondere al bisogno dei giovani, si erano sviluppati una casa per ospitare i giovani senza famiglia o lontani da essa, laboratori di arti e mestieri per insegnare un lavoro, e una scuola per quei giovani che potevano realizzare gli studi letterari o scientifici.
    L’animazione di queste opere venne affidata ad alcune figure che costituivano il nucleo della comunità: il Direttore, centro di unità e guida della comunità nel suo impegno educativo-pastorale; il Prefetto, primo collaboratore del Direttore e anche responsabile dell’amministrazione; il Consigliere, responsabile della disciplina e dell’aspetto accademico e organizzativo; il Catechista, che animava l’aspetto religioso, la formazione catechetica, i gruppi… Questo modello guidò lo sviluppo delle opere educative della Congregazione e restò codificato nelle Costituzioni e Regolamenti fino all’anno 1972.
    Negli ultimi cinquant’anni si cominciò a sentire il bisogno di adeguare questo modello alle nuove situazioni sociali. Si avviò così un cammino di ripensamento e di rinnovamento della pratica educativa e pastorale, che ci ha condotto sino all’attuale modello pastorale.

    1.1 Un lungo percorso

    1.1.1 I primi passi: dal CG19 (1965) al CG21 (1978)

    Il CG19 rappresenta il primo atto di consapevolezza comunitaria nella Congregazione riguardo al cambiamento che si sta operando nell’area giovanile e all’esigenza di riformulare la prassi educativo-pastorale tradizionale. Si incomincia con alcuni ritocchi parziali, ma soprattutto si tenta un primo rinnovamento delle strutture centrali di animazione e governo per renderle più adeguate alla nuova situazione, in fedeltà all’impostazione originaria.[1]
    Fino a quel momento le strutture di animazione e governo della missione della Congregazione si articolavano secondo i principali settori dell’attività: un Consigliere del Capitolo Superiore incaricato per la scuola, un altro per la formazione professionale, il Catechista che coordina l’animazione degli aspetti religiosi e la formazione cristiana… Il CG19 adotta, ad experimentum, fino al seguente Capitolo Generale, una strutturazione d’animazione mondiale che manifesta una visione più unitaria della pastorale salesiana, istituendo il Consigliere per la Pastorale Giovanile che assume la responsabilità dell’animazione di tutti i settori della pastorale salesiana nelle diverse opere.[2] A livello ispettoriale, corrispondentemente, si istituiscono Delegati ispettoriali incaricati per le varie attività con compiti di studio, sviluppo, organizzazione e coordinamento.
    In riferimento ai contenuti della Pastorale Giovanile il Capitolo presenta soltanto alcune priorità: l’Oratorio “opportunamente aggiornato e ridimensionato… perché riesca ad attrarre e servire il maggior numero di giovani, con varietà di istituzioni (centri giovanili, clubs, associazioni varie, corsi, scuole serali)”.[3] Elabora un documento specifico per le Scuole Professionali, chiedendo alle Ispettorie di «istituire una commissione per l’educazione dei giovani lavoratori con compiti di studio, di documentazione e di consulenza al servizio delle case».[4] A livello centrale, sotto la presidenza del Consigliere per la Pastorale Giovanile istituisce una Commissione centrale per l’educazione dei giovani lavoratori.
    Il CG20 (CGS), nel suo sforzo per ripensare la vita e la missione della Congregazione riformula la missione salesiana e i suoi destinatari, riaffermando la “priorità assoluta della Pastorale Giovanile”,[5] presenta gli atteggiamenti pastorali fondamentali che devono guidare i Salesiani nella loro azione pastorale[6] e incoraggia ad aprire la presenza salesiana ai nuovi bisogni dei giovani mediante “nuove presenze” che allarghino gli orizzonti dell’azione pastorale realizzata nelle opere tradizionali.[7] Contemporaneamente, ribadisce la nuova struttura dell’animazione centrale della PG includendola nelle Costituzioni.[8]
    Il CG21, assumendo gli orientamenti del CG20, li ripensa e li sviluppa proponendo i contenuti educativi dentro un quadro di riferimento maturato fino a quel momento; propone le linee fondamentali per un Progetto Educativo-Pastorale che risponda alla nuova situazione dei giovani;[9] ribadisce la stretta integrazione di educazione ed evangelizzazione nel sistema educativo salesiano.[10] Inoltre, impegna le Ispettorie a ripensare il Sistema Preventivo, a studiare la condizione giovanile odierna, ad esprimere in maniera adeguata le finalità, i contenuti e lo stile salesiano nel Progetto Educativo-Pastorale, a costituire e far crescere in ogni opera salesiana la Comunità educativo-pastorale.[11] Questi orientamenti saranno, poi, codificati nelle Costituzioni e Regolamenti dal Capitolo Generale 22.[12]

    1.1.2 Lo sviluppo delle linee del CG21 promosso dal Dicastero (1978-1990)

    Il CG21 aveva impegnato la Congregazione in un profondo rinnovamento della Pastorale Giovanile. Per aiutare le comunità e le Ispettorie a capirlo ed assumerlo pienamente, il Consigliere per la Pastorale Giovanile, D. Juan E. Vecchi, e la sua équipe realizzano un grande sforzo di approfondimento degli elementi fondamentali del Progetto Educativo-Pastorale salesiano e della Comunità educativo-pastorale, offrendo strumenti pratici per guidare la sua elaborazione, per qualificare i programmi educativi e pastorali nelle diverse opere secondo le indicazione dei Capitoli.[13] Attraverso questi strumenti il Dicastero orienta le Ispettorie a conoscere, assumere e sviluppare nella loro situazione concreta le linee centrali del modello della Pastorale giovanile salesiana come una realtà unitaria e organica.[14]
    Bisogna riconoscere che questo sforzo di riflessione, formazione e comunicazione sistematico e globale è seguito dalle Ispettorie in forma piuttosto irregolare. Mentre alcune Regioni e Ispettorie lo assumono e lo sperimentano, altre, per diverse cause, continuano con il modello precedente, a volte soltanto cambiando alcuni nomi. In generale, si percepisce la difficoltà dei confratelli e delle comunità per assumere la nuova mentalità e rinnovare la prassi quotidiana.

    1.1.3 I Capitoli Generali 23 (1990) e 24 (1996)

    In seguito, il CG23 raccoglie il cammino precedente della Congregazione e presenta una proposta unitaria di cammino pastorale che raccoglie organicamente tutti gli elementi fondamentali della Proposta educativa pastorale salesiana.
    Diceva il Rettor Maggiore nella sua relazione al Capitolo sullo stato della Congregazione: «L’area della Pastorale giovanile ha bisogno di una seria nuova considerazione organica e operativa […] Giudicando a livello mondiale, si può dire che l’area giovanile è stata oggetto di incoraggiamenti generali, ma non di spinte strutturali innovatrici, decisive e operative, con applicazione di persone, mezzi e orientamenti obbliganti».[15] Si può affermare che il CG23 costituisce la risposta a questo bisogno: una presentazione unitaria, organica e operativa di tutta la Proposta pastorale salesiana.
    Il Capitolo propone alla Congregazione le linee fondamentali di un itinerario salesiano di educazione alla fede che risponda alla complessa condizione giovanile nei suoi diversi contesti e realizzi nella prassi la sintesi tra educazione ed evangelizzazione che caratterizza il nostro sistema educativo; presenta, in forma dinamica e progressiva, gli elementi centrali delle quattro aree dell’itinerario di educazione alla fede, aree che corrispondono perfettamente con le quattro dimensioni della proposta educativo-pastorale salesiana, cioè, l’area della maturità umana, l’area dell’incontro con Gesù Cristo, l’area dell’appartenenza ecclesiale, l’area dell’impegno per il Regno.[16]
    Il Capitolo sviluppa pure i valori della Spiritualità Giovanile Salesiana, che, come progetto originale di vita cristiana e cammino di santità, costituisce la meta e l’ispirazione che deve guidare e sostenere tutto il cammino di educazione alla fede.[17]
    Oltre a presentare i contenuti, i valori e i passi della proposta, il Capitolo offre anche alcuni orientamenti per renderla operativa: la comunità salesiana, animatrice di una comunità educativo-pastorale, come il soggetto fondamentale della proposta;[18] un’animazione pastorale ispettoriale che favorisca e promuova l’unità organica dei diversi aspetti della pastorale (il Delegato ispettoriale per la Pastorale Giovanile e una sua équipe);[19] l’orientamento vocazionale come elemento qualificante dell’itinerario;[20] l’importanza della comunicazione sociale come cammino e forma attuale per l’evangelizzazione.[21]
    Dopo il Capitolo parecchie Ispettorie s’impegnano con sforzo ed entusiasmo a mettere in atto concretamente nel proprio contesto le indicazioni dell’itinerario di educazione alla fede. Ma sovente la scarsa formazione degli animatori rende poco operativi questi itinerari.
    Il CG24 approfondisce un aspetto centrale del modello pastorale, il suo soggetto fondamentale, la comunità educativo-pastorale, nella quale i Salesiani e i laici condividono lo spirito e la missione di Don Bosco. Alla luce di un’ampia verifica della situazione e del cammino realizzato nella Congregazione, il Capitolo presenta le motivazioni ecclesiali, carismatiche e culturali che invitano ad andare oltre e offre i criteri di azione e gli orientamenti operativi necessari.
    La novità, diceva il Rettor Maggiore alla conclusione del Capitolo, «proviene dall’irruzione dei laici nell’orizzonte salesiano e dall’inserimento della loro esperienza ricompresa nel cuore del carisma».[22] Il Capitolo ci invita a passare dall’accettazione dei laici come semplici collaboratori ad un vero loro coinvolgimento nella missione, da un aiuto operativo ad una vera e propria corresponsabilità, da rapporti prevalentemente funzionali ad una profonda comunicazione interpersonale e di gruppo attorno ai valori della pedagogia e della spiritualità salesiana, e tutto questo con itinerari sistematici di formazione qualificata.
    In questo modo il CG24 ribadisce e approfondisce l’importanza della CEP, come la forma concreta di realizzazione del progetto educativo-pastorale salesiano, coinvolgendo, in clima di famiglia, giovani, educatori, religiosi e laici; definisce il ruolo specifico della comunità religiosa salesiana nell’animazione della CEP e i criteri fondamentali per la formazione pastorale salesiana che deve animarla.[23]

    1.2 I grandi traguardi di questo cammino

    Lungo questo percorso la Congregazione scopre e riafferma alcuni aspetti caratteristici della sua prassi pastorale, che credo importante presentare sinteticamente per capire meglio l’insieme del quadro fondamentale di riferimento della Pastorale Giovanile Salesiana.

    1.2.1 Una percezione sempre più approfondita della nuova situazione dei giovani

    Gli ambienti e i contesti, sociali ed ecclesiali, si sono profondamente trasformati. I giovani vivono nuovi valori e hanno nuovi criteri di vita, che costituiscono una vera nuova cultura; gli anelli tradizionali della trasmissione culturale e religiosa (la famiglia, la scuola, la Chiesa…) si sono indeboliti e sovente sono entrati in crisi. La situazione nella quale si deve attuare l’impegno educativo e pastorale è diversificata e in continuo cambiamento. Non è possibile, dunque, limitarsi a piccoli ritocchi di aggiustamento della prassi tradizionale, né pensare ad uno schema di azione eguale per tutti.
    Con questa coscienza sempre più esplicita si comincia a disegnare una “nuova” presenza salesiana tra i giovani,[24] una “nuova evangelizzazione”,[25] una “nuova educazione”,[26] persino un “nuovo sistema preventivo”.[27] Con queste affermazioni si vuole esprimere il bisogno di ripensare ed approfondire i contenuti e l’impostazione della educazione e pastorale salesiana, in risposta alla nuova situazione dei giovani.

    1.2.2 Uno sforzo di riformulazione dei contenuti e delle modalità educative e pastorali tradizionali

    Le ripetute e pressanti chiamate della Chiesa a rinnovare la catechesi e la formazione cristiana, soprattutto dei giovani inseriti in contesti profondamente secolarizzati, dando priorità all’evangelizzazione e ad un annuncio rinnovato di Gesù Cristo, così come l’esperienza dell’inadeguatezza di molte proposte offerte nei nostri ambienti educativi, fanno sentire l’urgenza di ripensare in profondità i contenuti e le modalità dell’educazione alla fede, in particolare attorno ad alcuni punti fondamentali:
    Innanzitutto l’unità e l’integralità della proposta educativo-pastorale, superando la frammentarietà di una prassi che considera la pastorale come un settore (‘l’aspetto religioso’) che si aggiunge agli altri aspetti dell’azione educativa, piuttosto che la qualità che caratterizza tutta la proposta. Pensare l’azione pastorale come unità organica significa vederla come un unico processo nel quale i differenti elementi che lo costituiscono si articolano e si qualificano mutuamente, contribuendo insieme alla realizzazione della stessa finalità, che è lo sviluppo integrale del giovane considerato nella totalità del suo essere.
    Una manifestazione di questa unità è lo stretto rapporto esistente tra le quattro dimensioni della pastorale salesiana (dimensione educativa, dimensione evangelizzatrice, dimensione associativa e dimensione vocazionale) che devono essere pensate e svilupparsi in intimo collegamento, in modo speciale l’educazione e l’evangelizzazione: un’educazione che sviluppa il senso religioso della vita e apre e favorisce il processo di evangelizzazione, e un’evangelizzazione che propone all’educazione un modello di umanità pienamente riuscita e rispetta nel suo sviluppo la dinamica educativa.
    Il senso comunitario della proposta salesiana, che nasce da una comunità e crea comunità. La comunità educativo-pastorale, nella quale salesiani e laici condividono lo spirito e la missione salesiana, è il vero soggetto della pastorale salesiana. In questa ampia comunità educativa la comunità religiosa salesiana assume compiti specifici di testimonianza, di animazione, di comunione e di formazione, come afferma il CG24.[28]
    Una mentalità progettuale. Malgrado che l’elaborazione del Progetto Educativo-Pastorale fosse già richiesta alle Ispettorie nel 1978,[29] che esso fosse già codificato nei Regolamenti Generali sei anni più tardi,[30] e approfondito da parte del Dicastero con un insieme di orientamenti che chiarivano i suoi contenuti e metodologia, la sua concreta attuazione non è stata facile. Le comunità non riuscivano a capire che si trattava non tanto di elaborare un documento nel quale si presentassero le molteplici attività e interventi che si volevano sviluppare nell’opera educativa, quanto soprattutto di organizzarli e coordinarli in tal modo che costituissero un cammino progressivo verso obiettivi concreti e verificabili, con chiare opzioni di priorità e sequenzialità. Senza questa mentalità progettuale il progetto infatti non riusciva a guidare e orientare la prassi quotidiana.
    Uno stile di animazione che esprime nella nuova situazione giovanile alcuni elementi centrali del Sistema Preventivo: uno stile di presenza tra i giovani che privilegia i rapporti interpersonali su quelli istituzionali, un accompagnamento che cura soprattutto di approfondire le motivazioni degli orientamenti piuttosto che il semplice loro adempimento, un intervento che crea comunione e convergenza attorno ad un progetto condiviso più che moltiplicare le iniziative.

    1.2.3 Allargamento del campo di azione in risposta alla nuova situazione

    Con la crisi delle agenzie educative tradizionali emergono nuovi luoghi e nuove esperienze, che diventano significative per i giovani e capaci di trasmettere valori e stili di vita. Con l’allungamento dell’età giovanile sorgono anche nuove possibilità di formazione e coinvolgimento; un ambiente progressivamente secolarizzato e il moltiplicarsi dell’emarginazione giovanile presentano nuove sfide e aprono nuove possibilità di educazione tra i giovani.
    Per questo si sviluppano dappertutto “nuove presenze” che tentano nuove forme di approccio e d’incontro con i giovani, tanto nell’area dell’emarginazione giovanile, come anche nel campo dell’associazionismo, che matura attorno al 1988 nel Movimento Giovanile Salesiano; sorgono anche Centri di pastorale giovanile e catechesi, iniziative di comunicazione sociale rivolte ai giovani per sviluppare i nuovi linguaggi e campi di espressione giovanile, Centri di spiritualità, una maggiore attenzione al mondo dei giovani universitari attraverso pensionati e centri giovanili per loro, lo sviluppo del volontariato missionario, ecc.
    Se all’inizio parecchie di queste nuove presenze appaiono come giustapposizione e talvolta in contrapposizione con le presenze tradizionali, progressivamente sono assunte dalle Ispettorie e integrate nei loro progetti educativo-pastorali. Più ancora, il tema della “nuova presenza” si estende a tutte le opere, spingendo il rinnovamento della loro prassi pastorale in modo che divengano nuove forme di presenza e di servizio educativo tra i giovani.
    Questo nuovo tipo di presenza richiede un nuovo assetto educativo e pastorale, un nuovo rapporto con la comunità ecclesiale e con il territorio; per questo lentamente, ma senza pausa, le Ispettorie rinnovano le proprie presenze e tentano di renderle più significative (Scuole, Formazione Professionale, Oratori e Centri giovanili…).
    A partire del CG20 avviene un rapido sviluppo delle presenze parrocchiali, che cessano di essere considerate come ‘eccezionali’. E si moltiplicano nella Congregazione; ma questo sviluppo avviene con una notevole difficoltà ad assumere in esse le nuove prospettive e l’identità della pastorale salesiana. Nella sua relazione al CG22 (1984) il Rettor Maggiore manifesta le difficoltà riscontrate per dare alle nostre presenze parrocchiali un volto giovanile e una impostazione coerente con la proposta educativo-pastorale salesiana; il modello operativo di pastorale giovanile e gli itinerari di educazione alla fede non sono stati né esplicitati né assunti.[31]

    1.2.4 Rinnovamento delle strutture di animazione e governo pastorale nella Congregazione e nelle Ispettorie

    Dal CG19 la Congregazione sente il bisogno di rinnovare le strutture di animazione pastorale. Nella nuova situazione, contrassegnata dall’enorme varietà di contesti in cui operano i Salesiani, non è immaginabile che un medesimo programma o schema operativo possa applicarsi in forma univoca dappertutto. Gli orientamenti e il quadro di riferimento generale devono essere ripresi dalle Ispettorie per adeguarli alla propria situazione, in dialogo con le caratteristiche sociali e culturali del luogo. Per questo è indispensabile sviluppare nelle Ispettorie un sistema di animazione e governo pastorale capace di fare questa riflessione e di accompagnare le comunità locali nella messa in pratica del modello pastorale, assicurando anche un’agile comunicazione con le altre Ispettorie e con il centro della Congregazione.
    L’unità organica della pastorale salesiana esige che ci sia un unico punto di riferimento per tutta la pastorale nelle sue diverse manifestazioni e settori, che sono il Consigliere per la Pastorale Giovanile a livello mondiale e il Delegato per la pastorale giovanile a livello ispettoriale; ad essi compete animare e guidare i diversi settori e ambiti della pastorale nell’unità e nel coordinamento operativo; e per questo accanto al Delegato si richiede la presenza di una équipe che condivida con lui la responsabilità dell’animazione.
    Questa struttura è stata pienamente definita già nel CG23[32] e si è diffusa in tutta la Congregazione. La difficoltà consiste nell’assumere da parte dei confratelli questa importante funzione di animazione pastorale, che non può ridursi ad organizzare alcune attività con i giovani od a coordinare alcuni eventi o settori, ma che deve accompagnare le comunità locali nel loro sforzo per realizzare il modello della pastorale, superando la tendenza al settorialismo e crescendo nella mentalità progettuale e nella dimensione comunitaria della pastorale giovanile. Il Delegato inoltre, con la collaborazione dell’équipe, deve coordinare tutti i settori della pastorale dell’Ispettoria, procurando che in ognuno siano presenti le quattro dimensioni fondamentali della pastorale e si attui una vera convergenza operativa al servizio della stessa missione educativa e di evangelizzazione dei giovani. Questo richiede un Delegato a tempo pieno e con capacità di contatto con le comunità locali e uno stretto collegamento dell’animazione pastorale con il governo dell’Ispettoria, l’Ispettore con il suo Consiglio.
    Questa nuova impostazione non è stata facile da capirsi e soprattutto da mettere in atto in alcune zone, con conseguente eccessiva lentezza nella assimilazione e pratica del modello pastorale. Si è visto che le Ispettorie che contano su un’équipe di animazione pastorale costituita in base a criteri rinnovati, un Consiglio ispettoriale che dedica tempo alla riflessione pastorale, un continuo dialogo e scambio con il Dicastero e con altri organismi intermedi di animazione (Conferenze, Centri nazionali, ecc.) di fatto progrediscono nello sviluppo di una pastorale giovanile salesiana dinamica, significativa e rispondente alle nuove situazioni.

    1.2.5 Il punto focale di attenzione: la qualità dell’azione educativa pastorale

    Un primo sguardo al cammino percorso a partire dal 1970 ci mostra uno sviluppo di tipo prevalentemente estensivo. Ciò era richiesto particolarmente dai nuovi fronti missionari, dai bisogni sociali emergenti, dall’inserimento di forze laicali nelle nostre opere. Per questo è avvenuto un ingrandimento di ogni singola opera e una moltiplicazione delle presenze in quasi tutte le Ispettorie.
    Spesso tale estensione ha finito per produrre una certa dequalificazione nelle comunità, indebolite e oberate da compiti di organizzazione e di gestione; e soprattutto non ha rigenerato le forze come ci si attendeva.
    In questi ultimi vent’anni soprattutto si è insistito sul concentrarsi con preferenza sulla qualificazione dell’azione educativo-pastorale. In non pochi settori della società complessa la qualità si presenta oggi come condizione per essere significativi e anche per generare quantità. Si è tentato dunque di concentrare tutti gli sforzi di animazione sulla qualità, soprattutto in questi aspetti:
    - non accontentarsi di una pastorale dei primi passi, dell’intrattenimento, delle proposte generiche al grande gruppo o della sola tenuta amministrativa o gestionale delle attività, ma concentrare gli interventi sull’obiettivo della maturazione umana e dell’educazione alla fede, con proposte esplicite e forti, dedicando tempo e risorse a seguire sistematicamente i gruppi e le persone, offrendo diversità di proposte secondo il livello raggiunto…
    - assicurare un cammino sistematico di evangelizzazione (annuncio di Gesù Cristo) e di educazione alla fede, capace di condurre i giovani all’incontro personale con Gesù e con la Chiesa; educare al senso vocazionale della vita e all’impegno solidale, che susciti e accompagni vocazioni di speciale impegno e consacrazione nella Chiesa e nella Famiglia Salesiana.
    - sviluppare la dimensione educativa nelle nostre opere e nelle nostre proposte, promuovendo la personalizzazione dei valori e la ricerca del senso cristiano della vita, curando il tipo di cultura che trasmettiamo nei contenuti e nelle metodologie educative adoperate, stimolando l’attenzione e l’accettazione degli altri e la cura del bene comune, dando speciale attenzione allo sviluppo della dimensione religiosa della persona…
    - coinvolgere con più corresponsabilità e qualificare gli agenti della pastorale, comunità salesiane, laici collaboratori, animatori giovanili, ecc. per renderli capaci di rispondere adeguatamente alle sfide educative e pastorali dei giovani d’oggi e vivere con entusiasmo e dinamismo la missione.
    Queste sono state le preoccupazioni prioritarie nell’animazione pastorale in questi ultimi anni.


    NOTE

    [1] Atti del CG 19. “Le strutture della Congregazione”. ACS 244, gennaio 1966, pag. 17-47.
    [2] «Il Capitolo Generale ha creduto opportuno affidare ad un unico Consigliere tutta la Pastorale Giovanile e quella parrocchiale per i loro stretti rapporti... Il Consigliere incaricato curerà la formazione generale sotto l’aspetto religioso, morale, intellettuale in tutte le case salesiane (Oratori, Convitti, Esternati, Pensionati, Centri Giovanili, Circoli, Compagnie, Associazioni giovanili varie), salvo le competenze degli Ispettori e la collaborazione del Consigliere incaricato del gruppo di Ispettorie, per quanto riguarda la parte strettamente locale di carattere organizzativo, tecnico, scolastico, professionale, ecc.» Idem, pag. 24
    [3] CG19. “Apostolato giovanile”. ACS 244, gennaio 1966, pag. 103.
    [4] Idem, pag. 125.
    [5] CG20, n. 180
    [6] Cf. CG20, nn. 360-365
    [7] “La missione salesiana non ha saputo trovare, in parecchi luoghi, la presenza nuova che richiedeva un mondo in trasformazione. Molto del CG XIX è rimasto sulla carta” (CG20, n. 393)
    [8] Costituzioni della Società di S. Francesco di Sales. Ed. 1972. Art. 137. 140.
    [9] CG21, cf. n. 14. 80ss. 96ss; cf. n. 105 (progetto educativo ispettoriale); e successivamente per le diverse opere: n. 127 (oratorio); n. 132. 134 (scuola), n. 140 (parrocchia)
    [10] Idem, cf. n. 4. 14
    [11] Idem, cf. nn. 63-68. 79.
    [12] Cf. Costituzioni art. 47; Regolamenti art. 4 e 5.
    [13] Cf. I documenti elaborati dal Dicastero per la Pastorale Giovanile lungo gli anni 1979 – 1988. Si trova l’elenco in La pastorale giovanile salesiana. Quadro di riferimento fondamentale. Seconda edizione. Roma 2000, pag. 13-14
    [14] Vedi come sintesi finale il libro: Dicastero per la pastorale giovanile. Pastorale giovanile salesiana. Roma. 1993. In esso si raccolgono gli elementi fondamentali della Pastorale Giovanile Salesiana in disegni brevemente commentati.
    [15] Cf. “La Società di San Francesco di Sales nel sessennio 1984-1990”. Relazione del Rettor Maggiore (al CG23), n. 180
    [16] Cf. CG23, nn. 120-157.
    [17] Cf. CG23, n. 161 ss.
    [18] Cf. CG23, nn. 232-238.
    [19] Cf. CG23, nn. 239-246.
    [20] Cf. CG23, nn. 247-253.
    [21] Cf. CG23, nn. 254-260.
    [22] CG24, n. 231
    [23] Cf. CG24, nn. 149-161.
    [24] Cf. Pascual Chávez. Insieme per i giovani dell’Europa. Intervento finale del Rettor Maggiore nell’incontro degli Ispettori dell’Europa, 5 dicembre 2004. ACG 388, gennaio-marzo 2005, pag. 113-115
    [25] Cf. Egidio Viganò. “La nuova evangelizzazione”. ACG 331, ottobre-dicembre 1989.
    [26] Cf. Egidio Viganò. “Nuova educazione”. ACG 337, luglio-settembre 1991.
    [27] Cf. Egidio Viganò. Chiamati alla libertà. Riscopriamo il Sistema Preventivo educando i giovani ai valori. Commento alla Strenna per il 1995. Roma. FMA. pag. 9-12.
    [28] “In particolare il suo compito peculiare consiste nel testimoniare il primato di Dio e la dedizione totale all’educazione evangelizzatrice mediante le figure vocazionali di salesiano prete e salesiano coadiutore; garantire l’identità carismatica; essere centro di comunione e di partecipazione; accogliere, suscitare e convocare i laici a partecipare allo spirito e alla missione di don Bosco; promuovere la formazione spirituale, salesiana e vocazionale” (CG24, n. 159).
    [29] Cf. CG21, n. 105.
    [30] Cf. Regolamenti Generali, art. 4.
    [31] Cf. “La Società di San Francesco di Sales nel sessennio 1978-1983”. Relazione del Rettor Maggiore (al CG22), n. 184
    [32] Cf. CG23, nn. 243-246.


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