1. «CAMMINARE CON»: UN BISOGNO DEI GIOVANI
Un quarto compito si prospetta all'animatore: accompagnare ciascuno dei membri del gruppo nel suo cammino di maturazione e nelle sue scelte più personali.
Ci sono due motivi che fondano questo compito: il carattere educativo del gruppo e lo stile di animazione salesiano che riflette quello di Don Bosco.
Il gruppo, proprio perché luogo educativo, comporta che la persona sia raggiunta nella sua individualità, anche quando è attivamente inserita in un ambiente e in una comunità. La prassi pedagogica di Don Bosco ha sempre unito allo stare insieme in cortile la parola personale «all'orecchio»; all'incontro tra tutti in momenti suggestivi, il dialogo personalizzato.
L'animatore è in possesso di alcuni dati di immediata percezione che confermano questa prospettiva.
- La vita del giovane non si esaurisce nel gruppo, anche quando lo considera un'esperienza decisiva e gratificante. Questa constatazione porta ad affermare che il gruppo stesso diventa arricchente a due condizioni: che si apra verso l'esterno e che rilanci i suoi membri verso quegli ambiti in cui maturano la loro identità personale: la vita familiare, l'esperienza sociale ed ecclesiale, i rapporti personali con gli adulti, la vita di coppia. Il giovane ha bisogno di stare nel gruppo, ma nella stessa misura ha bisogno di andare oltre il gruppo, sia per il suo personale arricchimento, sia per dare nuova vitalità al gruppo medesimo. È infatti accogliendo il singolo con il suo bagaglio di esperienze molteplici che il gruppo può svolgere la sua funzione di confronto ed elaborazione critica e di sintesi. Se non si prende in considerazione seria il fatto che la vita del giovane non si esaurisce nel gruppo, possono comparire forme anormali di rapporto: l'identificazione acritica con il gruppo, la dipendenza eccessiva, la pretesa del gruppo di determinare minutamente la vita della persona.
- La vita del singolo è segnata da'scelte personali. Per queste, pur camminando insieme, il gruppo può offrire ai suoi membri solo un sostegno esterno, franco e amichevole, ma nulla di più. I tempi in cui queste scelte avvengono non sono uguali per tutti e neppure sono uguali le situazioni e le decisioni di fronte a cui ci si trova. Se ne possono tuttavia indicare alcune, alle quali tutti vanno incontro e che interessano sia l'animatore che il gruppo:
* il tempo in cui, dopo un certo cammino insieme al gruppo, si è chiamati a esprimere la decisione personale per la fede;
* il tempo in cui si avverte che il gruppo non basta più, non sa o non può offrire spazi e risposte alle esigenze percepite;
* il tempo in cui ci si orienta verso una vocazione di servizio nella Chiesa e nella società;
* il tempo in cui ci si avvia alla vita di coppia.
- La vita del singolo è sottomessa a esperienze-limite che mettono alla prova il senso dell'esistenza. Sono momenti in cui si è chiamati a dare alla propria vita una nuova e più ricca impostazione o in cui si avverte la sensazione del vuoto e della scissione interiore. Tali possono essere la morte di una persona cara, l'esperienza della malattia o di gravi insuccessi, un'esperienza religiosa singolare... e simili.
- L'animatore svolge il suo servizio educativo principalmente nei confronti del gruppo, ma non stacca da questo servizio l'attenzione verso i singoli.
Considera il gruppo come luogo privilegiato di esperienza e di orientamento, in cui la qualità e l'intensità delle interazioni facilitano i processi di crescita. Dialoga quindi prima di tutto con il gruppo in quanto tale. Ad esso propone itinerari. Con esso discute problemi. Sente la responsabilità di attivare al suo interno un confronto critico e serio, nella cui fecondità e validità crede fermamente.
La vita e le decisioni del gruppo non vengono affrontate attraverso il dialogo individuale separato. È questa una scelta precisa di metodo da parte dell'animatore, capace di fare del gruppo stesso un luogo di direzione spirituale dei singoli.
Questo però non esclude che egli sia vicino a ciascun membro. Anzi egli svolge il suo compito verso le singole persone, contemporaneamente attento ad:
* abilitare il gruppo ad accompagnare i singoli;
* aprire i giovani verso i molteplici rapporti educativi;
* assumere il suo ruolo specifico nell'accompagnamento.
2. IL GRUPPO PER LA PERSONA
Valorizzazione dell'esperienza personale
L'animatore orienta il gruppo ad accompagnare efficacemente i singoli, e lo abilita a valorizzare le scelte ed esperienze personali.
Per molti giovani associati sembra indifferente quel che accade ai compagni ogni giorno. Se ne parla a volte, ma con distacco. Non è semplice del resto portare il gruppo a farsene carico rispettando ciascuno, nonostante le incoerenze e le difficoltà. Animare però è educare alla valorizzazione del vissuto personale.
Il rispetto del singolo non significa tuttavia assumere il principio che «tutte le scelte vanno ugualmente bene». Consapevole di questo l'animatore aiuta ogni giovane a interessarsi della vita degli altri e fa del gruppo un luogo in cui le esperienze vengono ascoltate, rilette, interpretate e valutate sostenendo la libertà personale e abilitando ad apprendere anche dalle situazioni meno positive.
Al rispetto per la dimensione personale l'animatore educa il gruppo giorno per giorno, ma soprattutto in quei momenti decisivi della vita di ciascuno a cui abbiamo accennato. C'è volontà di comprensione e accoglienza anche verso i dissidenti, cioè verso coloro che decidessero di abbandonare il gruppo o distaccarsi dalle sue scelte.
Spazi personali
L'animatore educa all'assunzione di tempi e spazi personali. La cura per la dimensione personale della vita richiede che il gruppo programmi e viva esperienze che la accentuano. Questo comporta creare occasioni perché ognuno verifichi la propria esistenza e si renda consapevole del proprio orientamento.
Su questa linea vanno annoverati, soltanto come indicazione:
- i tempi che il gruppo come tale si concede per la preghiera, il confronto col Vangelo, la riflessione. Vissuti in modo sincero e con forte coinvolgimento collettivo, diventano anche momenti di valido sostegno per il singolo;
- gli spazi di solitudine personale a cui singoli e gruppo vengono abilitati, per interiorizzare le esperienze quotidiane e decifrarne i messaggi, per riconciliarsi con se stessi e ricuperare la calma interiore.
L'immersione nel silenzio e nel fascino della natura, il raccoglimento e la meditazione sono abitudini e gusti che il gruppo cerca di sviluppare;
- gli spazi e i tempi per un incontro rinnovato e arricchito con la propria famiglia. L'animatore vigila perché il gruppo e le altre attività non invadano tutta la vita, ma ci sia posto perché anche i genitori sostengano la crescita del figlio.
3. RAPPORTI EDUCATIVI MOLTEPLICI
Necessità di relazioni aperte
Per maturare, il giovane ha bisogno di stabilire un rapporto educativo e di identificarsi parzialmente con diverse figure di adulto.
Ciascuna di queste dà un proprio contributo e lascia il segno della propria personalità, della propria competenza, del proprio ruolo.
Il metodo dell'animazione promuove il rapporto personalizzato tra il mondo degli adulti e quello dei giovani proprio attraverso la mediazione dell'animatore che vive a contatto quotidiano con il gruppo.
È dunque l'animatore stesso che, pur consapevole del suo ruolo unico e specifico in mezzo ai giovani, favorisce il formarsi di una pluralità di rapporti educativi, tutti orientati alla crescita dell'autonomia dei singoli.
Figure diversificate nella comunità educativa
La comunità educativa offre molteplici possibilità di identificazioni positive. L'animatore ne sottolinea l'utilità ed evidenzia il rischio di coloro che vagano senza riuscire a entrare in dialogo autentico con nessuno.
Il gruppo apprende così ad avere altre figure di riferimento:
- esperti di problemi psicologici e sociali;
- leader in ambito culturale e religioso;
- uomini e donne con una singolare esperienza ecclesiale e umana.
Gruppo e singoli vengono abilitati a distinguere fra i diversi educatori per riferirsi a loro a seconda dei bisogni avvertiti.
Ci sono educatori che incarnano di più la funzione della ragione: sono quelli capaci di offrire analisi razionali dei problemi sociali, psicologici, culturali, oppure abili nel soddisfare la sete di informazioni teoriche e tecnico-operative.
Altri esprimono prevalentemente la dimensione religiosa e spirituale della vita: sono quelli che, come il direttore spirituale, il catechista, il confessore manifestano una concentrazione sull'esperienza cristiana.
Altri, infine, esprimono fortemente la funzione dell'amorevolezza: sanno stare vicino ai giovani e rassicurarli con la loro presenza, mentre li sollecitano a non rassegnarsi o arrendersi di fronte alle difficoltà quotidiane.
Per l'animatore accompagnare i singoli nelle scelte personali significa aiutarli a collocarsi attivamente all'interno di questa rete comunicativa, di questi apporti originali e diversi.
Egli sollecita a saper distinguere tra i diversi problemi personali, come possono essere la ricerca di motivazioni di fondo per vivere, il bisogno di chiarezza intellettuale, il desiderio di sperimentare accoglienza e riconoscimento. Guida nello stesso tempo a far tesoro degli aiuti parziali che vengono offerti e a non pretendere tutto da ogni educatore. Infatti, anche nell'incontro adulto-giovane si fa esperienza del limite
4. L'IMPEGNO PERSONALE DELL'ANIMATORE
Un rapporto singolare con i giovani
Il gruppo, in quanto luogo di accoglienza e amicizia, dialogo e discernimento, illuminazione evangelica e sostegno reciproco, è già occasione di direzione spirituale. Tutto quanto abbiamo già esposto sull'incoraggiamento ad avvicinare gli adulti e a servirsi delle loro qualifiche ed esperienze, è accompagnamento personale.
Ma l'animatore sa che il suo rapporto con i membri del gruppo è del tutto particolare e diverso da quello che il giovane ha con gli altri educatori. Egli condivide l'avventura del gruppo, è vicino ai giovani, intuisce i loro problemi, le ansie e le contraddizioni in cui si dibattono. Diverse sono dunque le attese dei giovani nei suoi confronti e singolare è l'aiuto che egli può dare alla maturazione delle persone.
La capacità di rispondere alle loro attese è radicata nell'insieme della personalità dell'animatore. Piuttosto che scendere a indicazioni dettagliate, enunciamo alcune caratteristiche che assume lo svolgimento del suo compito.
- L'animatore è quasi un nodo o incrocio nella rete di rapporti che il giovane instaura con le varie figure educative. Tocca dunque a lui aiutare il giovane a far sintesi degli apporti formativi che gli altri educatori, l'ambiente e il gruppo offrono. Aiuta a fondere, a rielaborare e a qualificare, attraverso una valutazione e assimilazione personale, quanto da essi proviene.
Serve così al giovane come confronto, compagnia, istanza critica.
- Può costituire per il giovane un punto di riferimento oltre il suo ruolo di animatore: egli diventa così il consigliere, l'amico, il maestro di spirito. Infatti sono la sua testimonianza, la sua persona, la sua esperienza di vita che aiutano il giovane nelle circostanze più difficili. Egli diventa, nel senso più vero e profondo, colui che è capace di mediare e celebrare nel cammino della propria vita l'incontro misterioso con Dio, colui che sa essere sacramento di un grande amore che accoglie e perdona.
- L'animatore ha sempre con il giovane un rapporto asimmetrico, cioè non da uguale a uguale, ma da adulto a giovane. Il dislivello si nota soprattutto quando la differenza di età è notevole. Ma rimane anche quando questa differenza è minore. È proprio in questa asimmetria, per cui sono diverse le sensibilità, le fasi della vita e le relative esperienze, che animatore e giovane si possono aiutare e completare. Allo stesso tempo ci sono momenti di solitudine per l'uno e per l'altro. Il rapporto alla pari arriva solo quando il gruppo è così cresciuto da... sciogliersi per dare vita a nuovi impegni. Allora le strade forse si dividono e rimane il riferimento e il risultato dell'accompagnamento.
Un unico obiettivo in una gamma di modalità
L'animatore svolge il compito di accompagnamento personale in una molteplicità di circostanze, modalità e interventi. Il cammino di animazione offre fin troppe occasioni e possibilità di dialogo a tu per tu. I momenti spontanei e informali di condivisione sono più abbondanti e ricchi di quelli concordati e nello stile salesiano sono più sottolineati.
L'animatore deve saper fare della comunicazione col singolo più un fatto di qualità che di quantità. Contano allora molto la testimonianza umana e di fede, i gesti e il silenzio. Silenzio vuol dire parlarsi attraverso le attività di gruppo, intuire i messaggi dei movimenti, delle assenze, delle cose non dette. La parola a questo punto non basta.
- Il modo molteplice che l'animatore sceglie per accompagnare personalmente il giovane ha di mira un unico obiettivo, anche se articolato in diversi aspetti. Immediatamente esso vuole creare una situazione interpersonale nella quale il giovane:
- possa percepire meglio se stesso acquisendo una conoscenza più illuminata delle proprie possibilità e dei rischi che può correre;
- possa diventare anche più libero, rendendosi consapevole degli orientamenti e delle sintesi di vita che va elaborando e delle prospettive che la vita gli apre.
Questo obiettivo si espande e si scagliona nel tempo con diverse accentuazioni:
* rafforzare la maturità personale in ogni suo aspetto;
* consolidare la fede come vita in Cristo e come radicale senso dell'esistenza;
* discernere la propria vocazione nella Chiesa e nel mondo;
* crescere permanentemente nella vita spirituale verso la santità.
- L'animatore sa che in una grande varietà di circostanze e interventi l'incontro-colloquio ha un suo valore e una sua funzione particolari. Serve per sostare, fare il punto, tirare le somme, mettere a fuoco problemi trattati molte volte di sfuggita, discernere situazioni che richiedono di soppesare con calma tutti gli elementi. Il colloquio, non necessariamente formalizzato, aiuta il giovane a formulare ed esprimere le impostazioni di vita e le convinzioni a cui è pervenuto; lo aiuta anche a obiettivare gli interrogativi e i disagi che avverte internamente e a vederli a quella distanza che gli consente di giudicarli serenamente.
Qualificazione e disponibilità
Se non è facile fare l'animatore di gruppo perché non basta imparare una tecnica e applicarla, tanto meno è scontata l'abilità nell'accompagnare i singoli al ritmo del loro cammino di crescita.
È necessaria una specifica preparazione e una grande disponibilità.
- Il fatto che l'accompagnamento personale si articoli in momenti diversi e si sviluppi in molteplici forme non vuol dire infatti che il tutto vada consegnato alla combinazione spontanea di interventi spiccioli e che bastino piccoli e parziali risultati per sentirsi a posto. L'animatore deve avere una visione della vita spirituale, così pure una conoscenza anche riflessa dei suoi sviluppi e dei suoi singoli dinamismi nei soggetti.
- La disponibilità dell'animatore a questo compito si manifesta in alcuni atteggiamenti:
* è pronto all'ascolto e accoglie le confidenze del giovane con rispetto, senza mai forzarle per entrare nell'intimità della coscienza, nemmeno sotto pretesto di una migliore formazione;
* sa disporre di un tempo per il dialogo. Non si lascia sopraffare dalle preoccupazioni organizzative e dalle attività; sa farsi trovare tranquillo, in un luogo dove il comunicare personale non è interrotto e frettoloso;
* sa provocare il colloquio interpretando le domande del giovane; sa svilupparlo conformandosi alla misura dell'interlocutore e lasciandogli la possibilità di esprimere situazioni, interrogativi, soluzioni. Sa di non avere in questo colloquio la parte principale, ma di dover esercitare una funzione di sostegno all'intelligenza in ricerca e alla volontà in via di allenamento alle scelte;
* accetta profondamente la sua responsabilità educativa di assistere i giovani nel loro sforzo di crescita: la loro vita gli interessa.
Aver camminato accanto a ogni giovane per aiutarlo a individuare la propria strada è un'esperienza umana e di fede che lascia una traccia nella vita di ciascuno. L'animatore si porterà dentro, anche dopo molti anni, la storia di tutti i giovani incontrati, e sarà felice che abbiano imparato ad assumersi in proprio la vita.
I giovani sapranno di poter ritornare da lui. Il confronto e il dialogo diventeranno forse più profondi, al di là dei lunghi silenzi o delle distanze.
Il gruppo come tale avrà imparato a non vivere di nostalgie, ma a progettare esperienze da scambiare per generare continuamente vita nuova.