Aldo Giraudo
SCRIVO A VOI GIOVANI...
Appunti di spiritualità salesiana
9. Il fervore di un vissuto intraprendente e operoso
I santi hanno sempre ritenuto che obbedienza e umiltà siano le virtù che maggiormente ci configurano al nostro Signore e Maestro. Anch’io sono dello stesso parere. L’orgoglio e la superbia, infatti, sono tra le passioni più radicate in noi. Da esse si generano molti mali, soprattutto la presunzione, le discordie, le sopraffazioni e l’oscuramento della ragione.
Nel Giovane provveduto, libro di spiritualità per ragazzi dell’oratorio, ho scritto che l’ubbidienza è la prima virtù di un giovane. Portavo l’esempio di Gesù il quale, quantunque onnipotente, per insegnarci ad ubbidire fu in tutto sottomesso a sua Madre e a Giuseppe, esercitando l'umile mestiere di artigiano; per ubbidire poi al suo Padre celeste morì spasimando in croce.
Ringrazio mia madre che mi ha educato ad un’obbedienza amorosa e generosa, sempre sostenuta con motivazioni di ragione e di fede.
Sulle basi dell’umiltà e dell’obbedienza, che mi hanno reso docile alla volontà di Dio e duttile nelle scelte, ho potuto costruire tutte le virtù che hanno caratterizzato la mia personalità. In un sogno fatto quando avevo nove anni, ero stato sollecitato a prepararmi alla missione di salvezza e formazione dei giovani percorrendo proprio questa strada. «Con l’obbedienza e con l’acquisto della scienza», mi aveva detto il personaggio del sogno, avrei potuto realizzare la mia vocazione, sotto la guida di Maria, maestra di vita cristiana e modello di ogni vocazione. Da lei ricevevo l’invito a seguire un programma ben definito: «Renditi umile, forte e robusto». A distanza di anni verificai la fecondità di questo invito.
Vorrei che tutti capissero che il superamento di sé, la custodia del cuore, l’impegno ascetico esigente, di cui sopra ho parlato, sono il presupposto necessario di un modello di vita intraprendente, dinamico e temerario. Nulla avrei potuto realizzare di quanto ho fatto senza queste basi. Tanto meno sarei stato in grado di forgiarmi una personalità forte, equilibrata, affettuosa, capace di fede e di coraggiosa speranza.
La stessa strada io ho proposto ai giovani. Il buon cristiano e l’onesto cittadino che ho voluto coltivare in essi, sono caratterizzati dalla fedeltà, dalla coerenza e dall’operosità ordinata, e animati da una vitalità interiore e da una luminosità e da una gioia prorompenti.
A me non sono mai piaciuti i musoni, i brontoloni, i pedanti e i poltroni. Io sogno donne e uomini ferventi ed entusiasti, positivi e costruttivi, competenti e innovativi. L’oratorio da me realizzato era un vulcano di novità e di attività, un laboratorio di creatività e di espressione, un ambiente di allegria e di ottimismo, una palestra per la formazione di personalità vivaci e significative. Volevo che in esso si creasse il micro-clima ideale per far crescere una generazione fresca, coraggiosa e forte, aperta alla collaborazione e all’accoglienza, tempestiva e generosa davanti alle urgenze e alle novità della storia.
Ho sognato un mondo nel quale il lievito cristiano portasse inquietudini attive di trasformazione. Ho coltivato l’utopia di una società animata da uomini nuovi, perché vivi nello spirito.
A questo mira l’esigente itinerario interiore che ho delineato. Per questo ho sempre invitato i giovani a guardare in alto, a vedere oltre, a sperare e operare con coraggioso ardimento.
In questa prospettiva li ho messi in guardia dalla mediocrità e dal peccato: tarlo che distrugge il fervore, situazione interiore mortificante e debilitante, menomazione dello spirito, ottundimento della mente e del cuore, catena e carcere dell’anima.
Chi non coglie la vastità di questo mio modello ideale di uomo e di cristiano, non può comprendere e condividere la mia insistenza sulle virtù passive: ubbidienza, umiltà, mortificazione dei sensi…
Soprattutto, non intende il motivo dell’importanza che ho assegnato alla virtù della castità. Amavo chiamarla “bella virtù”, la “regina delle virtù”, perché volevo che si avvertisse il suo aspetto radioso. Non l’ho mai presentata semplicemente come continenza o come controllo e orientamento della sensualità. L’ho vissuta e l’ho proposta come libertà e luminosità di una vita completamente orientata a Dio, animata da un amore oblativo e avvolgente. Come sintesi e amalgama di tutte le altre virtù. Ho cercato di illustrarne gli effetti trasformanti sull’animo degli adolescenti descrivendo il fascino di giovani personalità riuscite e caste.
Non è facile capire questo discorso, ma io non cesserò di riproporlo ai giovani. Domenico Savio sintetizzava tale modello di vita, dicendo ad un compagno: «Sappi che noi qui facciamo con-sistere la santità nello stare molto allegri. Noi ci preoccupiamo soltanto di evitare il peccato, perché è un grande nemico che ci ruba la grazia di Dio e la pace del cuore. Cerchiamo di adempiere esattamente i nostri doveri, e di curare la preghiera con fedeltà. Comincia fin da oggi a scriverti per ricordo: Servite Domino in laetitia, servite il Signore in santa allegria».
Rifletti e confrontati
• Perché Don Bosco sostiene che l’obbedienza, l’umiltà, il superamento di sé e la custodia del cuore (virtù passive) sono in grado di generare un vissuto intraprendente, operoso e allegro?
• Quali ideali e quale modello di umanità stanno dietro all’insistenza di Don Bosco sulla virtù della castità?
• Sei disposto a lottare contro la mediocrità e il peccato?