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    Pastorale

    dei preadolescenti:

    un itinerario

    A cura di Mario Delpiano

    (NPG 1990-02-45)


    Il tema dell'itinerario di educazione alla fede dei preadolescenti è una tappa importante di arrivo del cammino di ricerca comune compiuto. In questi anni un gruppo di educatori interessati al mondo dei preadolescenti e alla loro educazione alla fede, ha lavorato assiduamente attorno all'educativo, attraverso gli strumenti della progettazione.
    Sono nati così momenti impegnativi di ricerca e di confronto con tantissimi gruppi di base di operatori di pastorale, momenti in cui abbiamo potuto rivisitare quanto avevamo insieme intuito e prodotto.
    Le tappe di questa ricerca sono via via sbocciate una dopo l'altra, a volte anche senza averle programmate, perché abbiamo vissuto l'esperienza di un'avventura collettiva. Esse poi hanno trovato una importante occasione di confronto, di conferma e di ripensamento in alcuni convegni nazionali di operatori di pastorale coi preadolescenti.
    Il punto di partenza è stato il momento di analisi della situazione dall'ottica pastorale, tesa a far luce sul rapporto tra comunità ecclesiale e preadolescenti e sullo stato della comunicazione tra questi due mondi.
    La situazione di complessità della società post-industriale e di crisi dei processi di trasmissione culturale è stato il contesto alla lettura della condizione sul versante dei destinatari; da essa abbiamo rilevato che i soggetti preadolescenti, con le loro domande esplosive e fragili di vita e di senso intorno ad essa (domande forse disturbate, manipolate, più implicite che esplicite), sono i portatori di una «grande domanda educativa» che impegna e sfida tutte le istituzioni educative, in primo luogo la comunità ecclesiale, in quanto essa si qualifica come luogo vitale di educazione alla fede.
    La tappa successiva percorsa è quella dell'analisi della situazione sul versante dell'offerta della comunità ecclesiale che avanza la pretesa di aver «qualcosa di importante» da offrire alla domanda vitale dei ragazzi di oggi, per farla crescere e aprirla all'inedito e al mistero.
    L'analisi di queste offerte educative ci ha condotto a chiamar per nome i motivi della crisi educativa tra ragazzi e comunità, in particolare i «problemi di comunicazione», che oggi si pongono come sfida alle comunità di credenti adulti che cercano compagnia e spazi di incontro e di comunicazione con i preadolescenti, oggi contesi tra mille offerte di mercato affascinanti e catturanti.
    Dalla riflessione intorno ai disturbi di comunicazione tra comunità ecclesiale e ragazzi, abbiamo riscoperto e riaffermato la fiducia anzitutto nei soggetti destinatari che intendiamo raggiungere, i preadolescenti, e poi negli adulti credenti di oggi, che vogliono comunicare, insieme alla vita, anche le ragioni della loro appassionata fiducia.
    Abbiamo altresì affermato la fiducia in tutti coloro che credono nell'educazione come via di incontro tra giovani e adulti, come tentativo, sempre da rinnovare, di ricerca di comunicazione vitale con le nuove generazioni, per dilatare gli spazi della vita, cioè della soggettività personale di ognuno, della solidarietà, della collaborazione attorno a progetti di trasformazione della realtà e di produzione di esperienze nuove di vita da interpretare in profondità.


    La scommessa sull'animazione

    La terza tappa a cui la scommessa nell'educazione «con una sua qualità» ci ha condotto, è stata quella del progetto di animazione con i preadolescenti.
    L'animazione è modello educativo, in un tempo di pluralismo, per il quale ci siamo sentiti di scommettere; ciò in sintonia con la storia dell'essere educatori vissuta da ognuno, raccordata a quella di tanti amici che, un po' dappertutto, in gruppi, associazioni, comunità, da anni stanno vivendo. E ciò in un tempo in cui, attorno alle stesse parole, non si crea più il medesimo consenso di un tempo; perché le parole più importanti sono divenute quei contenitori in cui c'è tutto e il contrario di tutto. In tempo di veloce cambio culturale, infatti, l'area di significato sottesa alle diverse parole non è più la medesima per tutti, né da dare scontatamente come condivisa: essa ha bisogno di essere «ricontrattata».
    L'animazione culturale ha rappresentato per noi proprio il «terreno condiviso», l'esito del faticoso cammino di condivisione sulle cose che contano, attorno a cui abbiamo inteso ridefinire l'essere educatori oggi e il ricercare comunicazione con le nuove generazioni per produrre vita.

    La scommessa nell'educazione come via dell'evangelizzazione

    Scommettendo nell'educazione «in stile di animazione», abbiamo percorso ancora un po' di strada insieme: l'educazione infatti è per noi la via fondamentale attraverso cui possiamo servire il mistero del dialogo intimo e vitale tra Dio e l'uomo.
    Siamo consapevoli che la realtà della salvezza, in quanto comunicazione gratuita di Dio all'uomo, lungo la sua storia, è anzitutto mistero, realtà sulla quale l'educatore non può metter le mani a piacimento, dal momento che il luogo dell'incontro e del dialogo, del «farsi vicino», di Dio all'uomo, e al contempo delle risposte, è il cuore dell'uomo, la sua interiorità, il tempio santo e inviolabile della sua coscienza. Crediamo infatti che questo dialogo si attui e cresca, misteriosamente, in ogni uomo, in ogni ragazzo come in ogni educatore. Sappiamo però anche che la cultura, animata da una fede, e la comunicazione sul terreno della cultura (cioè la comunicazione di vita, di ragioni fondamentali per vivere e di parole che nascono dalla vita) tra soggetti restituiti alla responsabilità, è il luogo unico entro cui le offerte di salvezza assumono figura storica, e le domande di senso e di salvezza vengono suscitate ed educate; cosicché, nella cultura di un popolo, di una comunità, gesti e parole di salvezza prendono carne e divengono appello alla coscienza dell'uomo e possibilità di risposta libera incarnata dentro relazioni, gesti, eventi personali, interpersonali e comunitari.
    In questo senso abbiamo creduto alla funzione e al ruolo sacramentale dell'azione educativa: essa è il luogo in cui può essere servito il dialogo Dio-uomo dentro le forme, sempre storicamente relative, della comunicazione vitale tra diversi che si incontrano.
    È nato così, da una ricerca appassionata e da una fiducia grande nello strumento povero dell'animazione, il progetto di educazione alla fede dei preadolescenti, pubblicato in diversi tempi sulla rivista. Abbiamo chiamato per nome i problemi, le domande di vita come domande di salvezza, la qualità delle offerte. Abbiamo ridefinito il grande obiettivo dell'integrazione fede-vita per i preadolescenti di oggi, individuato alcune aree d'obiettivo intermedio, e all'interno alcuni sentieri rivolti più concretamente verso l'operativo.
    Poi sono seguite le scelte di metodo e la valorizzazione di alcune risorse, in particolare: l'accoglienza e la disponibilità verso ogni ragazzo e ragazza perché dotati ognuno di una grande voglia di vivere e di crescere; il gruppo, luogo educativo e mondo vitale, in cui l'educatore promuove esperienze e narrazioni efficaci intorno alla vita; i vari livelli di esperienza, assieme ai linguaggi diversi per interpretarla e lavorarla in profondità.
    Delineato il quadro del progetto, eccoci giunti all'itinerario.


    1. Itinerario perché?

    Itinerario è diventato oggi una parola di moda; tutti parlano e programmano itinerari; troppo giocata e gettonata, essa rischia di sbiadirsi nelle nebbie dei luoghi comuni.
    C'è chi parla di itinerario perché non sa «dove andare» ed è in cerca disperata di obiettivi; altri invece parlano di itinerario per trovare soluzione ai problemi «del come», per darsi un metodo.
    Per altri ancora itinerario è il modo migliore per incastonare sfilze di contenuti, nella preoccupazione di «dire tutto» senza dimenticare proprio nulla.
    Noi parliamo di itinerario, a questo punto della ricerca, per «mettere le gambe» al progetto, per passare da una fase statica e globale a una dinamica e progressiva.
    Abbiamo infatti individuato degli obiettivi, nel tentativo anche di operazionalizzarli in termini di atteggiamento.
    Essi ora vanno montati secondo una certa logica, per costruire con essi una sequenza progressiva, capace di far vedere, a chi vuol sollecitare le persone a cambiamenti vitali, che si realizza progressivamente, come in un crescendo sinfonico, la grande meta dell'integrazione fede-vita.
    L'itinerario permette così di aiutare l'educatore col gruppo a scorgere e rallegrarsi dei piccoli passi che vengono compiuti quotidianamente dal gruppo dei ragazzi. Essi sono come tappe successivamente tutte orientate verso la metà; anzi, ogni tappa dell'itinerario è già, in un determinato momento del processo, la realizzazione «in piccolo», l'anticipazione qui ed ora, in germe, della meta.
    Ne sono in un certo senso la sua realizzazione in situazione, quale promessa di «un di più», che successivamente potrà avvenire.

    La sequenzialità dei processi vitali

    L'integrazione fede-vita non è da vedersi come il traguardo finale di un giro ciclistico: finché non lo si è «tagliato», esso non è ancora assicurato.
    Essa è da vedere piuttosto dentro la «logica del seme e della pianta»: la prima fogliolina è l'anticipazione di tutta la grande chioma ombrosa che verrà; e il primo fiore di primavera la promessa, ma anche la premessa, dei frutti saporiti dell'estate. Così ogni obiettivo intermedio dell'itinerario appare germinalmente connesso con quello che lo precede e con quello che segue, in una successione che, più che essere soltanto logica (per esempio, dal più semplice al più complesso) o temporale, è anzitutto vitale: secondo la prospettiva dell'«in piccolo» e «in grande».
    Scegliamo dunque l'itinerario per dare una sequenza ordinata e progressiva agli obiettivi che abbiamo individuato nella fase della progettazione.
    Le logiche sono quelle dei processi vitali, per cui tutto è ricorrente e tutto è contenuto nel piccolo, e procede «dall'implicito verso l'esplicito».

    Gli obiettivi come «percorso»

    C'è una seconda caratteristica con cui leghiamo tra loro gli obiettivi.
    Mentre gli obiettivi, anche in sequenza ordinata e progressiva, hanno una loro formulazione statica, nell'itinerario gli obiettivi vengono riformulati, almeno a livello intermedio, in forma di «movimento»: descritti perciò come «percorso» da un punto di partenza minimale a un punto di arrivo ottimale; essi diventano così movimento da una tappa all'altra, da un obiettivo intermedio all'altro.
    L'itinerario inoltre non è soltanto costituito di tappe e movimenti; esso è anche il montaggio, attraverso un processo di selezione e di organizzazione, delle risorse distribuite nell'ambiente educativo, in particolare quelle fondamentali e irrinunciabili che sono le «esperienze»: i «contenuti vitali» che producono il cambiamento nei soggetti, qualora essi vengano fatti circolare all'interno della comunicazione educativa.
    Le esperienze sono le «unità» di contenuto attorno a cui lavorare, il materiale culturale col quale il gruppo si esercita nella ristrutturazione dei propri atteggiamenti verso la realtà (cose, persone, se stesso e gli altri, le istituzioni...).
    Le esperienze inoltre hanno bisogno di essere lavorate con i diversi linguaggi e interpretate: solo così diventa possibile il radicamento e la valorizzazione della memoria culturale. L'esperienza vissuta dal gruppo si apre all'incontro con l'esperienza elaborata da chi ha vissuto prima e la offre in dono a chi viene dopo.
    Nell'itinerario dunque organizziamo attorno ai movimenti progressivi le esperienze da vivere insieme ai ragazzi e i contenuti culturali a cui le esperienze rinviano.
    Un lavoro ulteriore potrà eventualmente precisare gli interventi dell'educatore e la strumentazione necessaria e disponibile in una data tappa. Ma questa è un'operazione che solo chi prospetta un concreto itinerario in situazione può realizzare.

    LE SCELTE A MONTE DELL'ITINERARIO

    Dopo aver richiamato il perché e il senso dell'itinerario cui ci riferiamo, è importante esplicitare le scelte di fondo del nostro progetto di educazione alla fede, cui l'itinerario stesso vuole essere fedele.

    Il modello ermeneutico per dare rilevanza alla situazione

    Nell'itinerario abbiamo continuamente a che fare con la ridefinizione di obiettivi, la produzione di esperienze, la loro interpretazione attraverso la molteplicità dei linguaggi.
    Si tratta di attivare dei veri processi di scambio sul terreno della cultura e di una fede inculturata. Gli adulti, nell'interpretare la loro esperienza credente dentro l'esperienza quotidiana di vita, riformulano atteggiamenti, contenuti linguistici, sequenze operative di comportamenti che esplicitano e definiscono l'esistenza credente oggi e il suo di- venire sempre più consapevole.
    Questa esperienza vitale di cultura animata dal «senso» accolto della fede, essi la riconoscono come un dono grande, da consegnare alle nuove generazioni di preadolescenti, in quanto nuovo universo di soggetti, portatori potenziali di cultura vitale, entro cui la fede può incarnarsi e dar vita a nuove espressioni.
    Per questo la comunità degli adulti riscopre il suo ruolo di «comunità educatrice alla fede» dei ragazzi. È la sua grande passione e preoccupazione.
    Qui nasce l'interrogativo: come avviene questa comunicazione di cultura vitale e di fede inculturata da una generazione all'altra? Come avviene questa «consegna» della fede alla nuova generazione dei ragazzi e delle ragazze di oggi?
    Questo è il punto delicato e la ricollocazione specifica che caratterizza la nostra progettazione e il nostro itinerario.
    La comunicazione della fede e dei suoi contenuti vitali da parte del mondo adulto verso le nuove generazioni, la induzione di atteggiamenti di vita ad essa aspirati, la ricomprensione della vita dei ragazzi all'interno di un linguaggio capace di assicurare una «lettura di fede» della vita, non avvengono con un procedimento di tipo deduttivistico, dal mondo degli adulti verso il mondo dei preadolescenti.
    La comunicazione non può essere pensata in termini di trasferimento di materiali (nel nostro caso si tratta di materiali simbolici) da un magazzino all'altro. E nemmeno avviene «dal basso», quasi che dal mondo dei ragazzi, senza un contatto con la memoria generazionale, possa sbocciare una nuova esistenza credente.

    La comunicazione vitale della fede

    La comunicazione della fede segue la via della comunicazione vitale sul terreno della cultura.
    Essa avviene perciò all'interno di un processo vitale di scambio, in cui adulti e preadolescenti danno e ricevono allo stesso tempo.
    Nella comunicazione vitale accade qualcosa come ciò che avviene all'interno di un laboratorio chimico, meglio ancora, biologico.
    Lì dentro si operano «nuove sintesi», appaiono nuovi elementi, attraverso operazioni di scomposizione e ricomposizione del materiale.
    Lo stesso, per la comunicazione vitale, avviene attraverso processi di decodifica e di transcodifica.
    Gli adulti esprimono il senso della fede all'interno di gesti, parole, atteggiamenti, che sono tutti collocati dentro la loro cultura.
    Così però essi difficilmente raggiungono il «mondo esperienziale e simbolico» dei ragazzi, nella misura in cui i ragazzi non abitano più il mondo degli adulti.
    Il senso della fede offerto in dono dagli adulti raggiunge i preadolescenti soltanto quando prende figura cultura le attraverso gesti, atteggiamenti, parole e simboli, che sono familiari a quel mondo linguistico che i ragazzi oggi abitano.
    Dunque, definire obiettivi pastorali conseguibili da parte dei preadolescenti, collocati nel loro mondo, implica da parte della comunità adulta nella fede la capacità di una lettura attenta, di una conoscenza approfondita della «situazione concreta» del loro mondo. Implica lo sforzo, da parte del mondo adulto, di «trasferirsi dentro il mondo dei ragazzi», o per lo meno di avvicinarsi ad esso e di guardarlo con simpatia. In tal modo vengono formulati i punti di partenza, delineate le reti linguistiche, privilegiati alcuni codici comunicativi che rappresentano la «chiave» di ingresso nel mondo dei destinatari.
    È questo il senso del tentativo, sul piano della progettazione pastorale, di assicurare il posto dovuto alla «situazione» dei destinatari.
    Esso è un gesto di fedeltà all'Incarnazione, al dono della salvezza comunicata da Dio nella piena fedeltà all'uomo, al suo essere storico e linguistico.
    L'Incarnazione esige sempre una riformulazione continua nell'universo simbolico dei destinatari.
    Gli obiettivi che esprimono le esigenze irrinunciabili della fede adulta, le esperienze considerate fondamentali dagli adulti, le interpretazioni linguistiche normative, devono allora essere riformulati a partire dai preadolescenti stessi, con i loro bisogni, le domande di vita, i linguaggi loro propri. Nascono in tal modo obiettivi, esperienze di vita, narrazioni della vita e formulazioni della fede «nuovi», perché acculturati nel mondo dei preadolescenti. Nuovi, ma sempre in tensione di fedeltà con l'evento che li ha generati.

    La educabilità indiretta della fede

    La ragione ultima del nostro itinerario è l'educazione alla fede dei preadolescenti. È ciò che costituisce la nostra scelta di campo, pregiudiziale a tutte le altre. È anche la scelta che ci permette di ritagliare l'oggetto concreto della ricerca.
    Cosa significa, nella nostra prospettiva, educare alla fede?
    Significa «sollecitare e sostenere una decisione personale dell'uomo per Gesù Cristo, l'evento ultimo e costitutivo della vita cristiana».
    Questa decisione è destinata a maturare progressivamente, anche in consapevolezza riflessa e tematica.
    Questa decisione è l'accoglienza operosa del dono della salvezza rivolto all'uomo, è la fede.
    Il luogo dell'incontro tra salvezza offerta e accolta o rifiutata, lo spazio sacro del dialogo tra Dio che chiama e l'uomo che risponde, è la coscienza dell'uomo. La coscienza rappresenta il sacrario invalicabile da parte di ogni educazione o di qualsiasi intervento formativo. Lì l'uomo è solo davanti al mistero che fascia la sua esistenza.
    Quale sarà lo spazio per l'educazione?
    L'educazione, attraverso la ricca valenza dei suoi processi comunicativi, può intervenire per liberare e destare la coscienza dell'uomo.
    L'educazione è dunque il servizio indiretto di liberazione della coscienza; essa, attraverso la comunicazione simbolico-vitale, aiuta il giovane ad «aprirsi a tutta la realtà» che lo circonda, fino a che il giovane diventi capace di riconoscere e accogliere le provocazioni alla sua azione libera e creativa che la realtà (soprattutto il mondo degli «altri») rilancia: queste provocazioni della realtà sono perciò vissute come appelli alla responsabilità intorno al mondo, agli altri, a se stesso, al mistero che viene incontro all'esistenza.
    Quando l'educazione è animata, nelle sue ragioni ultime, da un senso religioso accolto come dono, e quando questo «dono di senso» assume figura storica ed evento storico nella persona di Gesù confessato come Signore nella fede di una comunità, allora essa serve nella globalità il processo di umanizzazione e diviene servizio, sempre indiretto, che promuove e facilita l'incontro con Cristo. Essa da visibilità all'appello, alla chiamata.
    Se dunque la decisione di fede è lo spazio libero e gratuito del dialogo tra Dio che chiama e viene incontro in Gesù e il giovane che accoglie e risponde, l'educazione alla fede si ferma rispettosa e adorante, davanti a questo dialogo misterioso, celebrato nel tempio della coscienza. Qualora infatti l'educazione avanzasse la pretesa di intromettersi e interferire nel dialogo tra Dio e uomo, si ridurrebbe soltanto ad atto dissacratorio e violento, teso ad annullare lo spazio sacro della libertà e della gratuità del dono offerto e accolto o tragicamente rifiutato.
    Tutto questo però non conduce ad affermarne l'irrilevanza e l'inutilità nell'accoglienza della salvezza; ci dice solo che il suo compito è «relativo».
    Essa è una indispensabile mediazione per l'innesco e lo sviluppo del dialogo. In ciò sta la sua importanza e grandezza.
    Il dialogo, infatti, tra Dio e uomo, deve crescere in consapevolezza e responsabilità da parte del giovane, verso forme sempre più autentiche e piene di umanità; ha bisogno di essere servito dai processi culturali, e in particolare da quel processo fatto di comunicazione vitale tra soggetti «differenti» per esperienza, per linguaggio, qual è l'educazione.
    Attraverso i processi educativi il dono di Dio, come dono di salvezza nella vicenda storica dell'uomo, si fa vicino al giovane: prende gesto, figura, parola; entra nel gioco simbolico della sacramentalità della vita. L'appello di Dio si incarna così nelle forme della cultura in cui il ragazzo è collocato, e diviene (con un incremento in intensità che trova nella comunità di fede testimoniante e confessante la sua figura più trasparente) «chiamata a rispondere», invito ad accogliere e moltiplicare il dono; diviene attivazione di uno scambio vitale che ha in Dio la sua iniziativa e nell'uomo la sua prosecuzione, fino al compimento.

    Il servizio «povero» dell'educazione

    Il servizio dell'educazione è anzitutto questo: rendere trasparente, parlante il dialetto dei ragazzi, incarnato, il dono-appello di Dio in gesti e parole, esperienze vitali e messaggi, che parlano alla coscienza del ragazzo, così da dilatarla e da aprirla alla verità più profonda della sua esistenza.
    Dove cresce la consapevolezza intorno alla vita, cresce di conseguenza la capacità di risposta libera di un «cuore» che acconsente alla logica profonda della vita come dono.
    Ma l'educazione lavora anche sull'altro versante della mediazione: il versante della risposta che il ragazzo è sempre più in grado di offrire all'appello di Dio; risposta che prende corpo e figura dentro i gesti della vita quotidiana che possono crescere in trasparenza e radicalità: le infinite risposte alla salvezza che riguardano le cose, il mondo, gli altri, se stessi.
    Anche la risposta del ragazzo, pur pronunciata nel mistero della coscienza, s'incarna e diviene visibile: gesto di dono e perdono o loro rifiuto, nelle figure della vita quotidiana.
    Intorno alle figure quotidiane e ai gesti-parole che il soggetto pone e pronuncia, in quanto espressione della risposta di fede, la comunità ecclesiale può prestare un ulteriore indispensabile servizio attraverso la comunicazione educativa. Essa sollecita e promuove il ragazzo a che le sue risposte vitali divengano sempre più trasparenti in rapporto all'evento vissuto; e questa azione educativa la comunità la svolge attraverso la ricerca di un confronto disponibile, aperto, promuovente, attorno alle risposte che il giovane da una parte pone e quelle che la comunità dall'altra produce, all'interno della cultura in cui essa vive ed è capace di inventare nella fedeltà al suo Signore.
    L'educazione dunque, lungi dal sostituirsi alla capacità di risposta personale e creativa del ragazzo, e senza cedere alla tentazione di imporre modelli responsoriali assolutizzati e deresponsabilizzanti, si ritrova anche qui a servire un evento che la supera e misura la propria fedeltà.
    In questo gioco di grandezza e inutilità dell'educazione sta la nostra scelta di educazione alla fede.

    IL GRANDE OBIETTIVO DELLA PASTORALE DEI PREADOLESCENTI

    Anche l'attenzione e la modalità con cui abbiamo definito la meta ultima dell'educazione alla fede dei preadolescenti è un elemento importante che attraversa e condiziona tutto il cammino.
    L'obiettivo ultimo della pastorale è l'integrazione fede-vita; essa va realizzata in modo tale che Gesù Cristo risulti, nel processo di riorganizzazione e strutturazione della personalità del giovane, il «determinante» sul piano valutativo e operativo.
    Tale obiettivo inoltre, nel progetto dei preadolescenti, tenendo presente il mo mento cruciale e critico di avvio dell'elaborazione dell'identità personale, l'abbiamo ridefinito come «un sí insieme a Gesù Cristo, Signore della vita».
    Esso è «collocato all'interno di una decisione di appartenenza vitale qualitativamente nuova; è un sì alla costruzione corale di un contesto identificativo in cui Gesù Cristo sia giocato oggettivamente e consapevolmente come il determinante della produzione di vita al suo interno e della interpretazione della vita stessa» (NPG 8/88, pp. 23-24). La riorganizzazione della vita e dell'esperienza attorno a Gesù Cristo come determinante è dunque affidata non ancora totalmente al preadolescente, che vive appunto una fase di disorganizzazione di sé e del mondo circostante, ma a quel nuovo contesto vitale e identificativo che può invece garantire la qualità dell'integrazione fede-vita e sollecitarla nei soggetti, risvegliando il processo di elaborazione dell'identità personale.
    L'integrazione fede-vita del preadolescente è ancora in un certo senso «nuova integrazione» in un mondo vitale non già preesistente, ma da far sorgere con la sua collaborazione e con quella di tutti; dentro questo mondo vitale può progressivamente essere riconosciuta la presenza e la compagnia di Gesù Cristo, fino a farlo giocare come determinante nella liberazione della vita nuova e del cambio.
    Ma non è tutto qui il cammino percorso nella direzione dell'obiettivo. Il distacco tra fede e vita è grande e attraversa contesti educativi ed esistenza quotidiana: quella dei ragazzi come quella degli adulti.
    L'obiettivo così formulato non è condizione di partenza, bensì solo ideale di arrivo.
    Abbiamo individuato invece nella «vita progressivamente accolta e prodotta insieme in qualità» il luogo in cui progressivamente riformulare l'integrazione. Ogni piccolo passo di crescita del preadolescente verso la creazione di questo mondo vitale (verso la progressiva riscoperta della soggettività, verso l'apertura alla vita, agli altri, alla realtà tutta, fino al mistero che la realtà nasconde e manifesta e che la memoria culturale dona come senso incontrato e sperimentato) è «già», nella logica vitale del seme che cresce, integrazione fede-vita, accoglienza, magari solo implicita, di Gesù Cristo, anche se essa può e deve tendere a una crescente consapevolezza e tematizzazione.
    In conclusione riportiamo l'obiettivo di integrazione fede-vita che abbiamo riformulato in termini di progressività guardando ai preadolescenti di oggi: l'accoglienza del dono della salvezza dì Gesù Cristo, come accoglienza della vita nel suo mistero, per il preadolescente si manifesta come un «sì» che diventa sempre più grande: un «sì» a liberare la novità del cambio (la crescita) dentro un mondo vitale fatto nascere insieme, un «sì» fino a divenire soggetto nel liberare il cambio, un soggetto che rimane aperto «oltre» la vita accolta e riconquistata, che perciò accetta di incontrarsi con Gesù di Nazareth, confessato il Signore della vita da una comunità che narra di Lui dentro la grande storia della vita.

    L'ANNUNCIO DELL'EVANGELO AL LIVELLO DEL SENSO

    L'ultimo elemento di premessa si riferisce invece alla funzione della fede nella vita dell'uomo e del preadolescente in particolare.
    Lungi dal pensare l'integrazione fede-vita dentro il modello culturale dell'identità come «già data tutta d'un pezzo», abbiamo operato un tentativo di inculturazione della fede, in coerenza con la prospettiva ermeneutica assunta.
    Il punto nodale, e da tenere ben presente in tutto l'itinerario, è dunque quello di definire «come» la fede opera nella produzione umana di significato e di senso, che caratterizza il «cuore dell'identità».
    Il modello con cui pensiamo l'integrazione fede-vita è quello della «compagnia»: la fede opera come risignificazione globale dell'umano e come giudizio profetico.
    Al livello della rielaborazione dell'identità del giovane essa perciò non si offre come identità alternativa, ma come «una esperienza che inonda di luce nuova, improvvisa e abbagliante, le esperienze della vita quotidiana» (Tonelli, Q8, p. 14). Essa si offre come «nuovo dono di senso» dell'esperienza di vita dell'uomo, che non annulla i frammenti di senso che attraversano l'esperienza dei ragazzi stessi, ma li traspone in «un altro mondo», quello costruito dal linguaggio della fede, cioè della fantasia e dell'amore.
    La difficoltà in cui ci siamo imbattuti nella nostra ricerca intorno all'obiettivo integrazione fede-vita dei preadolescenti, si colloca proprio a questo livello.
    I preadolescenti «vivono» il senso dell'esperienza in maniera poco riflessa e tematizzata, si potrebbe dire che «lo gustano felici», disponibili magari a cantarlo e a danzarlo, più che a interpretarlo con i linguaggi discorsivi.
    Essi inoltre vivono spesso «totalizzati» al livello dei significati (funzionali e strumentali) e del «senso parziale» che abita l'attività e la loro vivace vita quotidiana.
    Il «di più di senso» o, se vogliamo, «l'altro senso» offerto dalla fede all'esperienza quotidiana, rimane anch'esso, per la maggior parte, vissuto implicitamente, scoperto magari nelle tematizzazioni quotidiane operate dagli educatori, ma soprattutto celebrato festosamente quando esso permea l'esperienza educativa; questo livello del di più di senso, nei preadolescenti di oggi, sembra tuttavia restare ancora in gran parte «disancorato» dalla domanda vitale da loro stessi elaborata e interpretata.

    La scommessa educativa

    Qui sta proprio la scommessa educativa che attraversa l'itinerario e che sentiamo di dover operare con i preadolescenti: il ricupero di una autentica comunicazione educativa intorno all'esperienza vissuta da educandi ed educatori insieme, finalizzata a liberare la vita nei ragazzi, diventa la modalità simbolica (sacramentale) attraverso cui l'offerta del «di più di senso» della fede si incarna ed è messa in circuito nella comunicazione vitale.
    È dunque a livello anzitutto di «vissuto» che vogliamo operare nella educazione alla fede: nel far gustare, assaporare e incontrare ai ragazzi di oggi il potere e l'efficacia liberante della fede che diviene passione e compagnia educativa. Così l'autocomunicazione di Dio al giovane viene «simbolizzata», incarnata, nei gesti quotidiani di comunicazione vitale dell'educatore e della comunità ecclesiale.
    Così come la risposta misteriosa del ragazzo si incarna e prende figura sacramentale nella comunicazione educativa, nel mettersi in gioco nella relazione. In tal modo riconosciamo e scommettiamo nella capacità imprevedibile dell'offerta educativa (che è sempre offerta di compagnia nella produzione di esperienze di vita immesse nel circuito dei giochi interpretativi) di destare e liberare la «domanda grande di senso» vissuta dentro la comunicazione educativa, di far nascere il «gusto» e la ricerca intorno al senso che intesse, come trama, l'esperienza quotidiana di vita di ogni uomo, anche quella del ragazzo.
    Se nel preadolescente la «domanda religiosa» resta dunque ancora spesso implicita, embricata all'interno della ricerca di piccoli frammenti di senso, per lui «appaganti» in maniera quasi totale, la situazione educativa si rivela come il luogo privilegiato attraverso cui l'orizzonte del senso viene ampliato a livello della coscienza soggettiva; e la domanda di vita, in quanto domanda globale, viene accolta e sollecitata alla sua più piena maturazione.
    In tale clima vitale la domanda religiosa viene liberata proprio attraverso una offerta di senso che anticipa la domanda stessa e la fa nascere alla coscienza.

    2. Le aree, le tappe, i movimenti progressivi dell'itinerario

    Alcuni problemi attendono di essere affrontati, prima della presentazione articolata dell'itinerario. Il primo può essere formulato così: quali sono i destinatari che l'itinerario intende raggiungere?

    LA SCELTA DEI DESTINATARI: UNA SCELTA PREGIUDIZIALE

    Non è un dato irrilevante la scelta dichiarata dei destinatari. Essi infatti influenzano in maniera determinante il cammino.
    Non pensiamo infatti a un itinerario per il preadolescente astorico, ma abbiamo dinanzi a noi dei destinatari concreti. Non ci collochiamo al livello immediato della prassi incarnata in un determinato contesto locale, però c'è un'attenzione privilegiata che fa da filtro.
    Sogniamo e cerchiamo un'educazione alla fede che si incarna dentro proposte capaci di raggiungere tutti. Non ci piace un itinerario fatto per i primi della classe, o per quel sempre più ristretto numero di preadolescenti che allietano le sacrestie o le sale parrocchiali. Non ci sogniamo nemmeno di provocare l'allontanamento di quei pochi. Siamo tuttavia interessati per quei molti che «girano altrove», che fanno dei cortili, delle piazzette, della strada, dei pochi metri quadri di campetto ciottoloso, il loro punto d'incontro, in ricerca di spazio e attenzione per loro.
    Ma vogliamo anche stare insieme a quelli che lo spazio l'hanno trovato: pensiamo ai preadolescenti degli oratori, delle associazioni, dei gruppi.
    Ci piace camminare con tutti.
    Siamo inoltre interessati a quei preadolescenti che diventano sempre più «omini da appartamento», oppure mini-campioni stressati da quotidiani addestramenti.
    Per tutti questi pensiamo a un'offerta educativa dentro un ambiente articolato, elastico, accogliente, costruito a loro misura.
    Vogliamo costruire un itinerario capace di farci camminare con tutti i preadolescenti, e proprio per questo avere una particolare attenzione a quelli che restano indietro, perché camminano più adagio e con maggior difficoltà; a quelli che non hanno più da soli la forza o la possibilità di mettersi in cammino in compagnia dei loro coetanei.

    La compagnia con gli ultimi

    La compagnia di tutti ci sollecita a riconoscere che soltanto al passo con gli ultimi, con i ragazzi poveri a cui è persino negato il diritto di essere ragazzi, possiamo camminare davvero con tutti.
    Progettare un cammino al passo lento e paziente di chi non vuol seminare caduti per strada, implica l'attenzione appassionata ai punti di partenza più deboli, ai livelli più impliciti e meno elaborati della domanda di vita dei ragazzi di oggi; implica la capacità di cogliere lo scarto culturale tra il livello d'avvio del cammino formulato, e la situazione reale di partenza di quelli che finora sono vissuti sempre e solo ai margini delle proposte e delle istituzioni educative.
    Il tentativo di delineare i destinatari che intendiamo privilegiare costituisce perciò anche la dichiarazione del criterio di verifica e di giudizio prioritario della nostra proposta. Sono anzitutto i destinatari e il livello della loro domanda di liberazione della vita, la misura della praticabilità e della qualità educativa dell'itinerario.
    La fedeltà all'uomo in situazione (gli ultimi tra i preadolescenti) e la capacità di accoglierlo nella sua dignità negata e implorante, divengono così il metro incarnato di misura della fedeltà all'evento salvifico e al progetto di liberazione della vita assunto da Gesù, come il progetto di vita per l'uomo sognato da Dio.
    L'attenzione agli ultimi non ci fa tuttavia rifiutare i primi, e neppure delegare ad altri la loro formazione. Non accettiamo l'ottica della divisione del lavoro e della separazione dei destinatari, in base al criterio della diversa qualità della loro domanda educativa.
    La scelta di camminare con tutti dice a noi il compito di richiamare al passo con i più poveri quelli che camminano spediti. Ciò significa non un impoverimento e una riduzione della qualità educativa della proposta. Per dirla con un esempio, non vogliamo che i preadolescenti ben educati imparino a dir parolacce e demolire l'ambiente, come fanno magari alcuni loro coetanei, privi di cure educative e abbandonati a se stessi. Non accettiamo però che per gli uni e per gli altri si delimitino luoghi diversi e separati di crescita.
    Crediamo invece di poter costruire una compagnia, anche se faticosa e forse solo sognata, in cui chi corre veloce e ha buone gambe rallenta e si fa carico del peso di chi non può ancora camminare con le sue. Vogliamo dar vita a una situazione educativa in cui la piena umanizzazione dell'educativo consiste proprio in questo chinarsi e farsi carico dell'uomo disumanizzato; la qual cosa è poi nient'altro che il «farsi povero» e farsi piccolo condividendo l'avventura col povero.
    La proposta di un cammino per i preadolescenti da fare insieme agli ultimi si rivela dunque la condizione più ricca di fecondità per un cammino educativo: in essa infatti è sempre garantita la possibilità di raggiungimento degli atteggiamenti più maturi e radicalizzati della fede.

    UN ITINERARIO IN TRE AREE: PERCHÉ?

    L'itinerario che viene proposto è unico, e nasce dalla preoccupazione di rispettare la globalità dei processi educativi.
    Non è un itinerario per dimensioni, perché non riconosce la positività, a livello dell'educativo, di scomporre e sezionare l'uomo in alcune sue dimensioni, compromettendone l'unità. Ciò non esclude tuttavia che, da altre prospettive non formalmente educativo- pastorali, sia non solo accettabile ma anche necessario operare questa divisione.
    Ciò che a noi interessa, dal punto di vista dell'educazione alla fede, è l'assicurare il rispetto della globalità della domanda di vita dei ragazzi e dell'offerta educativa: esse investono sempre tutto il ragazzo.
    Questa scelta della globalità tuttavia assume della logica educativa anche l'esigenza della progressività nel raggiungimento dell'obiettivo integrazione fede-vita: assume come punto di partenza la appropriazione della vita nel suo spessore, per giungere in progressione alla riformulazione della vita nella prospettiva della fede cristiana.
    Proprio per questo parliamo di «area» e operiamo una distinzione tra le tre aree, che intendono esprimere tre diversi livelli dell'integrazione fede-vita. In questi livelli si passa progressivamente dall'implicito all'esplicito, dal preriflesso al riflesso, dal non tematizzato al tematizzato a livello della consapevolezza personale.
    Le aree esprimono tutte e tre la globalità del processo di umanizzazione e di integrazione fede-vita. Non intendono spezzare tale continuum né porre delle cesure inadeguate. Esprimono però dei livelli qualitativamente nuovi nel processo di integrazione e si innestano tra loro attraverso dei passaggi, delle strozzature che, in qualche modo, le distinguono e ne segnano la logica interna, senza per nulla annullare la «logica educativa» che tutte le attraversa. Per questo diciamo che le tre aree sono caratterizzate da «logiche regionali» o, se si vuole, da prospettive differenti.

    Le logiche delle aree

    La prima, l'area dell'identità personale costruita attraverso lo scambio con l'alterità, descrive un primo fondamentale livello di consapevolezza intorno alla vita e alla integrazione fede-vita. Essa costituisce il punto di partenza per intessere l'integrazione dei due poli inscindibili in tutto il continuum: il polo della fede incarnato dentro il polo della vita.
    La riappropriazione della vita fino all'apertura verso il mistero che essa si porta dentro, è vista dentro quella area come cammino progressivo verso l'elaborazione, seppur minima nei preadolescenti, della domanda religiosa come apertura al di più di senso che si esprime nell'invocazione.
    La seconda area invece orienta il cammino di ricerca della vita in pienezza (per i preadolescenti la liberazione del «cambio»), nella consapevolezza del limite che l'attraversa e del mistero che la abita, verso l'incontro festoso e liberante con Gesù e con il Dio di Gesù testimoniato e narrato dalla comunità credente. È il momento privilegiato per la tematizzazione della fede cristiana, approfondita, celebrata, testimoniata.
    La terza area rappresenta invece un livello ulteriore di consapevolezza attorno alla vita illuminata dalla fede e liberata nell'incontro. Rappresenta lo sforzo esplicito e tematizzato di integrare la fede, potenziata dall'incontro, con la vita quotidiana.
    La vita qui tenta una sua riformulazione entro uno stile che la fa «nuova», perché arricchita dalla autocomprensione credente e dalla decisione di «far nuove tutte le cose».
    Questo livello di consapevolezza verrebbe a costituire l'espressione più piena dell'integrazione fede-vita nella esperienza del preadolescente credente in Gesù.
    Le tre aree costituiscono perciò lo sviluppo di un continuum che riassume sempre, in una sintesi nuova, la consapevolezza intorno all'esperienza che lo procede, e insieme tende verso quello che segue, anticipandolo implicitamente.
    La circolarità vitale inoltre, che non ammette logiche riduzionistiche secondo un pensiero lineare che scandisce il «prima» e il «dopo», segna immancabilmente tutto l'itinerario; essa relativizza ogni tentativo di stabilire una netta sequenzialità temporale, e stabilisce soltanto una sequenzialità logico-progettuale, funzionale alla strumentalità dell'itinerario stesso.
    È opportuno per questo richiamare funzione e scopo del progetto e dell'itinerario stesso. Essi si presentano soltanto come strumentazione più o meno utile, più o meno ingombrante forse, per sviluppare una prassi pastorale intelligente e guidata, capace di dotarsi di strumenti che permettano una continua verificabilità e autocorrezione.
    Sarà la circolarità vitale tra prassi e strumenti teorici di riflessione intorno alla prassi, che «relativizzerà» le logiche un po' costringenti di ogni strumentazione.

    Elementi che costituiscono le aree

    Movimenti progressivi, esperienze educative da produrre, strumentazioni linguistiche da privilegiare, interventi dell'educatore e mezzi, sono gli elementi che permettono la descrizione del percorso educativo che ogni area rappresenta. Attraverso questa molteplicità di elementi (obiettivi e risorse in particolare), ci è permesso di montare i «pezzi» del progetto in una realtà dinamica.
    Il cuore dell'itinerario è rappresentato come sempre dall'attivazione della relazione educativa sul terreno dell'esperienza di vita tra i soggetti-attori del processo educativo: ragazzi in gruppo ed educatore.
    Tale relazione dinamica non gira mai a vuoto. È sempre scambio comunicativo «di esperienza» (di vita) e «sull'esperienza». Tutte le altre risorse collocate dentro lo spazio educativo: strumenti linguistici e non, memoria culturale (contenuti), tecniche di conoscenza della realtà educativa e di facilitazione della comunicazione, sono orientate al buon funzionamento della relazione, e perciò, ridimensionate in ordine a quello che potremmo chiamare «l'accadimento educativo».

    3. Prima area: liberare il «cambio»

    Il cammino educativo della prima area è caratterizzato dal liberare tutto quello che «di nuovo e di diverso da prima» il cambio preadolescenziale comporta ed esprime.
    Questa liberazione della vita che esplode tra le mani, il preadolescente di oggi non può metterla in moto e realizzarla da solo, nell'isolamento dagli altri; l'avventura può avvenire solo all'interno di una compagnia nuova, tutta da costruire, perché la nascita delle relazioni è la condizione indispensabile per lo sviluppo dell'identità.
    Il preadolescente viene perciò sollecitato anzitutto ad uscire dal nido protettivo e dai rifugi deresponsabilizzanti e comodi della fanciullezza, perché collabori alla tessitura di un mondo vitale fatto di nuove relazioni, di nuove simbologie vitali, di nuovi linguaggi.
    Dentro questo mondo che viene a crearsi a poco a poco, il preadolescente accetta di cominciare a cambiare, cresce e matura insieme ad altri, nella solidarietà; si scopre soggetto che si appassiona alla crescita e l'assume in proprio, senza deleghe in bianco ad antichi e nuovi padri; diviene un soggetto che apprende l'amore alla vita appassionandosi alla propria crescita, e vive il «cambio» come un'avventura grande e misteriosa.
    Protagonista di questa prima area è anzitutto il destinatario del processo, co-protagonista, in un primo momento, all'interno di una soggettività che si declina nel plurale «noi» e sollecita, poco alla volta, l'emergere dell'io e di conseguenza il protagonismo dei singoli.
    Strumento privilegiato di questa prima area sono i processi di socializzazione e di inculturazione assunti dentro i processi educativi. È il terreno proprio dell'educazione in quanto ricerca appassionata e produzione di esperienza di vita, realizzata attraverso lo scambio e il confronto comunicativo sull'esperienza e sulle sue figure storiche conservate nella memoria culturale. Il confronto e lo scambio di vita possono realizzarsi in maniera feconda soltanto nella relazione tra generazioni diverse, tra ragazzi, poveri di memoria ed esperienze di vita, adulti portatori di esperienze e di memoria.
    L'animatore e la comunità educante si fanno carico in prima persona proprio della responsabilità di questa comunicazione vitale; perciò divengono testimoni della vita, portatori e garanti dell'intenzionalità di incontro e di scambio. Sono essi ad assumersi la responsabilità della nascita del patto educativo, per sollecitare in tutti i soggetti la decisione di mettersi insieme, creare compagnia e far circolare vita.
    Possiamo così formulare l'obiettivo della prima area:
    Decidersi per l'avventura di «liberare insieme il cambio» e di aprirsi al mistero che la vita custodisce.

    PRIMO MOVIMENTO

    Da una «vita confezionata»,
    a un sì all'avventura di liberare la crescita insieme,
    dentro un nuovo mondo vitale da costruire.

    Il sì ad una vita confezionata è il sì del preadolescente che ancora vive de- responsabilizzato, e consegna la gestione totale della crescita e dei bisogni ad altri interpreti, verso cui, in un passato che si trascina fino al presente, egli ha riposto una grande e incondizionata fiducia. Tale fiducia, su cui poggiano la consegna totale di sé e l'adesione acritica e indiscussa ai progetti altrui, viene progressivamente minata o almeno ridimensionata proprio alla soglia della preadolescenza. La mutata situazione di crescita richiede dunque una assunzione di responsabilità da parte del preadolescente, che si esprime in un sì nuovo e più maturo alla vita, cioè all'avventura della propria crescita e a tutto quello che essa comporta. Questo iniziale «sì alla vita da preadolescente» è assicurato quando il preadolescente:
    - supera le paure di «uscire dal rifugio» e dai sentieri rassicuranti;
    - accetta di uscire dal guscio e di coinvolgersi in una avventura «insieme» ai suoi coetanei;
    - collabora attivamente alla costruzione del nuovo «mondo del noi» (il «villaggio» da costruire) ed impara a coniugare al plurale i verbi del cambiamento;
    - accoglie con simpatia, superando l'estraneità e la rivalità, i nuovi compagni di viaggio e di avventura, e sviluppa con essi rapporti di solidarietà e di collaborazione;
    - accetta di ritagliarsi il proprio posto all'interno del gruppo: si coinvolge creativamente nell'assunzione dei diversi ruoli;
    - ricerca insieme con gli altri e produce nuove esperienze liberanti, e le esprime con parole cariche di vita e di fantasia.

    Le esperienze come contenuto

    Indichiamo alcuni grappoli di esperienze da produrre insieme, che sembrano doversi privilegiare per produrre il cambiamento all'interno e favorire il conseguimento delle competenze indicate. Per le caratteristiche e la funzione che assumono in questa tappa, le qualifichiamo come esperienze liberatrici:
    - esperienze di «stanamento» che sollecitano l'uscita dall'ambiente familiare;
    - esperienze esplorative (scoperta dell'ambiente circostante, oltre i confini finora stabiliti: natura, territorio, aggregazione, società vicina);
    - esperienze di autogestione della «sopravvivenza» (elaborazione di risposte ai bisogni primari senza ricorrere direttamente all'aiuto della famiglia e degli adulti;
    - esperienze di solidarietà all'interno del gruppo;
    - esperienze di amicizia e di comunicazione affettiva allargate;
    - esperienze celebrative: l'esperienza di vita inventata insieme comincia a essere simbolizzata (disegnata, rappresentata, raccontata, analizzata, cantata...);
    - esperienze di creatività linguistica (dar vita a forme linguistiche capaci di esprimere la vita vissuta coi suoi colori e gusti);
    - aggancio e recupero dell'esperienza quotidiana vissuta fuori del gruPpo e comune a tutti i soggetti.

    SECONDO MOVIMENTO

    Dalla fusione nell'identità collettiva del «noi»
    alla scoperta dell'«io»
    e del proprio mondo personale.

    Il nuovo mondo vitale, costruito con fatica, diviene anzitutto il luogo privilegiato entro cui il preadolescente può dare un nome e trovare un percorso ai bisogni e al cambio. In questo vero e proprio grembo materno, può perciò progressivamente sbocciare la soggettività di ognuno e prendere avvio in forma consapevole, sollecitato proprio dal rapporto, l'altro (l'altro simile a me: l'amico; l'altro che si oppone o è diverso da me; il gruppo stesso in quanto «altro da me»), il processo di autodefinizione del preadolescente, che diviene «soggetto» non solo di, ma anche in relazione. Questa tappa verrà raggiunta attraverso l'acquisizione di alcune competenze come:
    - saper riconoscere e prendere le distanze dalle nuove forme di dipendenza dagli altri e di consegna della gestione del cambio (il nuovo conformismo dei preadolescenti);
    - accogliere l'esigenza di divenire soggetto consapevole e protagonista delle proprie azioni, anche se poste dentro un tessuto sociale;
    - rinunciare all'indipendenza assoluta e accettare l'interdipendenza;
    - compiere il «viaggio nel mondo personale»: scoprire le proprie risorse, le potenzialità e le capacità acquisite;
    - chiamare per nome i propri bisogni vitali;
    - conoscersi in profondità, liberandosi delle paure del proprio mondo sconosciuto;
    - sviluppare un'immagine positiva e una concezione realistica di sé, sapendo integrare i molteplici rispecchiamenti (le immagini degli altri su di me) con senso critico;
    - assumere con interesse e responsabilità crescente la crescita, in particolare le trasformazioni del proprio corpo e del proprio mondo interiore;
    - accettarsi, sviluppare stima e valorizzazione verso la propria persona, anche nell'esperienza del proprio limite, in positivo e negativo (accettare e amare la propria «ombra»);
    - ricostruire la propria storia personale, e raccontare se stesso con passione: in particolare l'esperienza del cambio al presente e quella passata dell'infanzia e della fanciullezza, riscoperta e guardata con simpatia.

    Le esperienze come contenuto

    Le esperienze che qui consideriamo, le denominiamo esperienze generatrici, dal momento che il contenuto di vita in esse offerto sembra particolarmente generatore di soggettività.
    In particolare sottolineiamo:
    - esperienze intorno alle cose essenziali per vivere e a quelle superflue;
    - esperienze di gratificazione (di elaborazione di risposta ad alcuni bisogni personali individuati);
    - esperienze di «saper fare»: cioè di potenziamento di alcune capacità o di sviluppo di alcune potenzialità (espresse implicitamente attraverso gli interessi) che diventano competenze da offrire al gruppo;
    - esperienze di scoperta-appropriazione del corpo, del cambio corporeo, del sé corporeo;
    - esperienze di coeducazione: l'incontro e il confronto con la «differenza» dell'altro a partire dalla esperienza della differenza sessuata, è un'esperienza da privilegiare per scatenare il processo di autodefinizione del preadolescente;
    - esperienze auto-esplorative, che favoriscono il viaggio all'interno del proprio mondo soggettivo (ascolto del vissuto, riflessione, espressione dei sentimenti, rispecchiamento, comunicazione non verbale);
    - esperienze ludiche: qui il gioco è assunto come luogo privilegiato per l'affiorare della soggettività in situazione più libera;
    - esperienze espressive e comunicative;
    - esperienze del limite personale: verso il «confine del proprio mondo»;
    - esperienze di contatto o di confine: incontro-scontro con il «corpo» e il «mondo» degli altri, e con la consistenza-resistenza delle cose e della natura;
    - esperienze narrative (ricerca, scoperta e riespressione del proprio passato e della propria storia raccontata dagli altri).

    TERZO MOVIMENTO

    Dalla scoperta del proprio mondo soggettivo
    all'apertura alla vita che sconfina «oltre» l'io
    e rilancia «al di là» del nuovo mondo vitale.

    Il cambio del preadolescente, vissuto e liberato dentro il «mondo allargato» del noi, non può diventare prigioniero di questo pur indispensabile grembo vitale, che si trasformerebbe invece in luogo di morte anziché di liberazione della vita. Il cambio spinge fuori, «oltre» ogni limite costruito, è apertura sconfinata verso l'ulteriore.
    La spinta del cambio è allora la molla che rilancia il preadolescente, che assapora il gioco di divenire soggetto, verso nuove conquiste, lo schiude a nuovi orizzonti sulla vita e sul mistero che essa si porta dentro.
    Il «noi» e l'«io» riconquistati non devono trasformarsi in barriera invalicabile e orizzonte chiuso.
    Il sì alla vita, declinato del preadolescente, è anche un piccolo e germinale sì a tutto «quel di più» e «quell'altro» che la vita porta con sé, quando essa viene vissuta in tutto il suo spessore.
    L'azione educativa della comunità ecclesiale si trova qui impegnata ad affrontare un nodo problematico. In un tempo in cui è facile adagiarsi nella delimitazione almeno «minimale» del proprio mondo, in un momento storico nel quale le strategie della sopravvivenza sembrerebbero consigliare un restringimento degli orizzonti, magari per una giusta critica ai pensieri e desideri di onnipotenza (individuali e collettivi che siano) di un tempo, l'azione educativa è pronta a scommettere sull'allargamento degli orizzonti, sul superamento continuo del limite positivo: essa è espansione del desiderio ed assunzione e valorizzazione della sua apertura e tensionalità verso «l'altro», proprio ciò che è altro dal desiderio, l'«altro» con il suo desiderio irriducibile a quello del soggetto, l'altro che non può esser afferrato dal desiderio ma di fronte al quale il desiderio si flette e si piega, per accoglierlo ospite e non rivale, amico e non nemico.
    Un grappolo di specifiche competenze sembrerebbero assicurare oggi il verificarsi di questo movimento progressivo:
    - capacità di aprirsi al futuro attraverso il «sogno», di sporgersi oltre il presente vissuto, e immaginare per sé e per gli altri una vita «diversa», colorata dalla fantasia;
    - capacità di riconoscere ed accogliere l'altro da sé, col suo bisogno e il suo desiderio irriducibili ai propri: l'altro con cui fare i conti, un «tu» da accogliere con le sue domande di vita;
    - capacità di riconoscere e accettare i propri limiti, nella fiducia di poterli in parte superare, con l'aiuto di tanti, e nella consapevolezza della tensione ineliminabile tra superamento e limite;
    - scoprire i segni e riconoscere i «volti» della gratuità e del dono nella vita quotidiana;
    - ricerca e conoscenza della storia della vita che sta prima e da cui si proviene.

    Le esperienze come contenuto

    Possiamo chiamare queste esperienze da produrre insieme ai preadolescenti col nome di esperienze di trascendenza della vita.
    Ne elenchiamo alcune:
    - esperienze di liberazione della fantasia e del sogno intorno alla vita;
    - esperienze simboliche di relazione: esperienze di amicizia, simpatia, solidarietà con chi ha bisogno;
    - esperienze di incontro-scontro con il limite soggettivo e il limite della realtà stessa (sofferenza, insuccesso, emarginazione, rifiuto, abbandono);
    - esperienze simbolico-celebrative di festa e di gratuità;
    - esperienze simbolico-celebrative di tipo religioso;
    - esperienze privilegiate di contatto-riflessione con i valori culturali (tradizionali ed emergenti).

    QUARTO MOVIMENTO

    Dall'apertura all'oltre
    alla scoperta del conflitto che attraversa la vita
    mai pienamente posseduta, perché abitata dal «mistero».

    Anche se a briciole e frammenti, il preadolescente può giungere alla presa di coscienza che la vita, alla quale si appassiona, si sporge sul mistero che l'attraversa in profondità.
    Anche solo in forma germinale, attraverso una percezione-intuizione globale, il preadolescente può giungere ad acquisire un atteggiamento personale di attesa fiduciosa, di invocazione e consegna al mistero che abita la sua vita.
    La conflittualità, le situazioni di tensione spesso perdurante, lo scontro con quegli aspetti irriducibili della realtà personale e storica (propria e altrui) che non si piegano ad alcun progetto e lacerano sogni, frantumano aspettative accarezzate, possono essere vissuti dai preadolescenti in due modi contrapposti: come pareti rocciose contro cui si schianta l'amore alla vita e si spegne il desiderio e lo slancio del cambio, oppure come limiti, soggettivamente e collettivamente invalicabili, che spingono l'amore alla vita a divenire attesa, consegna fiduciosa, invocazione spesso solo silenziosa e vissuta senza parole, verso una realtà grande e misteriosa, che non è posseduta e dominata, ma che viene essa stessa incontro e che illumina l'esistenza lacerata dai conflitti.
    Una serie di atteggiamenti-competenze indicano il percorso possibile per questo movimento progressivo:
    - capacità di individuare e chiamar per nome valori e disvalori embricati e sperimentati nell'esperienza quotidiana, come le «qualità» che sono in rapporto al grande e unico valore: la vita in abbondanza per tutti;
    - saper leggere in profondità, con senso critico, fatti della vita quotidiana e avvenimenti della storia personale e collettiva, e chiamar per nome, smascherandole, le forme di morte che minacciano la vita;
    - riconoscere anche in se stesso la frattura e la lotta, sperimentata e sofferta, tra vita e morte, accettando la propria fragilità e chiamando per nome i tradimenti della vita;
    - capacità di ricercare e accogliere aiuto e sostegno da coloro i quali, divenuti compagni di viaggio, si sono messi dalla parte della vita.

    Le esperienze come contenuto

    Esperienze di incontro con il mistero profondo della vita:
    - esperienze di interpretazione e di simbolizzazione della vita quotidiana e del suo conflitto in atto, che riguarda anche le nuove figure della vita inventata insieme;
    - esperienze esplorativo-critiche sull'ambiente;
    - esperienze di rispecchiamento e di autocritica;
    - esperienze di dialogo e di collaborazione con il mondo degli adulti;
    - esperienze simbolico-rituali di invocazione e di scommessa-fiducia sulla vita e sul futuro.

    4. Seconda area: verso l'incontro con Gesù di Nazareth Signore della vita

    Il cammino educativo di questa seconda area sarà vissuto secondo una logica nuova.
    L'apertura all'oltre e al mistero della vita ha condotto il preadolescente alla soglia dell'invocazione.
    Tuttavia, proprio in questa fase d'età, la domanda di vita non sembra poter giungere pienamente al livello più maturo dell'autocomprensione, se non attraverso l'offerta e l'accoglienza di una risposta capace di educarla e sollecitarla ulteriormente, di «darle profondità».
    L'incontro con Gesù, la sua storia e la sua offerta di vita, non è ancora tanto, per il preadolescente, il sopraggiungere atteso e desiderato di un'offerta che satura la domanda vitale di un «di più» di senso, di un fondamento all'amore alla vita.
    L'incontro con Gesù e la ricerca della sua compagnia è piuttosto sulla linea del «rimanere aperto all'incontro» con quanto supera la vita stessa del preadolescente, le sue stesse attese e domande vitali, spesso ancora troppo a corto respiro.
    È proprio l'incontro con l'ulteriore, l'accoglienza della storia della vita di tanti uomini e donne vissuti nel tempo, l'accoglienza della storia di Gesù di Nazareth, con colui che si offre come la risorsa fontale e fondante dell'amore alla vita: è questo ciò che libera dal profondo la ricchezza della domanda di vita del preadolescente e la fa uscire dall'inespresso e dall'indistinto, la trascina al livello della autocomprensione.
    La comunità, che attraverso i suoi testimoni qualificati raggiunge il preadolescente con le sue offerte di un «di più di vita» e di un «supplemento di storia», diviene in questa area il soggetto-che-interpella, che assume l'iniziativa, che ricerca comunicazione con il preadolescente, soggetto-destinatario del messaggio e del dono di esperienza ad esso sotteso; soggetto che rimane sempre collocato «al centro» del processo educativo.
    Qui ciò che prevale è la «proposta», nella sua caratteristica di gratuità e imprevedibilità inattesa; l'offerta del dono di un'esperienza liberante e di una storia grande ad essa legata inscindibilmente, hanno la pretesa di coinvolgere il preadolescente nella produzione dell'esperienza stessa, e nella continuazione della stessa storia: la storia della passione per la vita dell'uomo, che è la passione di Dio ed è diventata la passione di Gesù e di tanti uomini e donne solidali con lui.
    Siamo dinanzi al capovolgimento della logica lineare e della sequenzialità temporale «domanda-offerta»; per far sì che l'offerta diventi essa stessa ciò che è capace di liberare la domanda fino a farla giungere alla piena consapevolezza soggettiva; una domanda invece che, proprio nel preadolescente di oggi, corre il rischio dell'implosione e dell' imprigionamento.
    Possiamo così allora formulare l'obiettivo della seconda area:
    Dal mistero della vita attraverso la grande storia narrata dalla comunità dei credenti all'incontro con Gesù di Nazareth accolto come il Signore della vita e il rivelatore del vero volto di Dio.

    PRIMO MOVIMENTO

    Dall'incontro con il mistero
    all'apertura e confronto con una persona (l'educatore testimone)
    che offre, insieme a doni di vita, la sua storia.

    Nella logica dell'incontro imprevedibile, l'itinerario si articola, in questo primo movimento della seconda area, come un riconoscere l'inadeguatezza, l'insufficienza delle proprie ragioni vitali che si dissolvono nel mistero che la vita contiene.
    Da qui l'atteggiamento di apertura, di attesa, di disponibilità e di ricerca di «qualcuno» che offra fondate ragioni di speranza, e sostenga la fiducia vitale dalla caduta nel vuoto.
    Tutto ciò per il preadolescente che vive l'avventura nella compagnia del gruppo, si concretizza nella capacità di riconoscere come già presente, all'interno del nuovo mondo vitale, questo dono, e di accoglierlo disponibilmente.
    Il dono per tutti è dato dalla presenza di un adulto nel gruppo, che si è fatto compagno di strada: è l'educatore, che non è un isolato, ma un inviato dalla comunità, in essa vitalmente radicato, che solidarmente offre doni di vita attraverso le esperienze efficaci che propone e le ragioni vitali che le ispirano.
    Il «sì» all'incontro con la grande storia della vita e del suo mistero diviene perciò, a questo punto del cammino, un sì alla relazione con l'educatore e all'accoglienza disponibile della sua storia di vita, fino a farsi provocare da essa.
    Indichiamo alcune competenze da acquisire:
    - accettazione della presenza e della relazione con l'adulto educatore, anche se ciò implica la conflittualità che nasce dalla asimmetria educativa;
    - riconoscimento del ruolo dell'adulto e della sua funzione condivisa di garante della qualità della vita prodotta insieme, e da lui stesso testimoniata;
    - accoglienza e valorizzazione della storia di vita di cui l'adulto è portatore, come accettazione del dono che egli fa delle ragioni vitali del suo farsi compagno di strada e servitore della vita di tutti;
    - ricerca e confronto con la storia della vita della comunità da cui l'educatore adulto è mandato.

    Le esperienze come contenuto

    Esperienze di accettazione dell'alterità ed esperienze propriamente narrative:
    - esperienza di riscoperta, ricontrattazione e risignificazione «vitale» del ruolo e del senso della presenza dell'animatore, in quanto «diverso», all'interno del gruppo, vissuto come garante riconosciuto della qualità della vita prodotta;
    - esperienze di comunicazione vitale (sul senso, sulle ragioni di vita) tra gruppo e animatore;
    - esperienze di festa e collaborazione dei ragazzi con figure diverse di educatori e con la comunità degli adulti;
    - esperienze di narrazione della storia della vita dell'adulto animatore e degli educatori, collocata dentro la storia più grande di una comunità e di un popolo;
    - esperienze di ricerca e scoperta della storia della vita di altri soggetti, individuali e collettivi, vicini o lontani nello spazio e nel tempo, che arricchiscono la storia della vita e delle sue ragioni.

    SECONDO MOVIMENTO

    Dal confronto con l'adulto
    alla riscoperta della «storia grande della vita» intrecciata con ogni storia:
    la storia di Gesù di Nazareth
    e dell'incontro con Lui, il Signore della vita.

    Il preadolescente ha già sentito tante volte la storia di Gesù, forse la sa ripetere come una bella lezione scolastica o di catechismo. Più difficilmente percepisce la storia di Gesù intrecciata insieme con la vita dei suoi educatori e con la sua.
    Questa tappa dell'itinerario vuole condurre il preadolescente a una «nuova narrazione» della vita di Gesù, a un nuovo incontro con Lui, il Signore della vita, fino ad aprirsi all'accoglienza della sua compagnia liberante ed esigente di Amico che chiama.
    Indichiamo alcune competenze da raggiungere:
    - capacità di interrogare con interesse e domande nuove la storia di Gesù di Nazareth, e di collocarla dentro la storia della vita degli uomini e della gente;
    - narrare, con le parole cariche di vita dei ragazzi, la storia di Gesù di Nazareth come il compagno di strada dell'uomo e l'amico che dona vita al di là di tutte le aspettative dell'uomo, la storia perciò del Signore della vita;
    - saper riscrivere, nell'oggi, il «vangelo di Gesù raccontato dei ragazzi».

    Le esperienze come contenuto

    Esperienze simboliche, celebrativo- rituali e narrative:
    - esperienze di catechesi in stile narrativo;
    - esperienze di traditio-redditio operate sui testi evangelici e catechistico-liturgici;
    - esperienze di approfondimento anche critico della dimensione storica della vita di Gesù di Nazareth (IRC - campi scuola);
    - esperienze di incontro con gruppi, le cui storie e messaggi testimoniano la riscoperta e la riappropriazione della storia di Gesù (recitals, spettacoli teatrali e cinematografici...);
    - esperienze celebrative simbolico- rituali, (anche la celebrazione di riappropriazione di alcuni sacramenti, in particolare quelli dell'iniziazione cristiana) che esprimono l'incontro e l'accettazione della compagnia di Gesù.

    TERZO MOVIMENTO

    Dall'incontro con la storia di Gesù
    all'accettazione di essere in tanti a condividerla
    e a confessarlo «Signore della vita».

    L'incontro con Gesù e la riscrittura della sua storia con le parole dei ragazzi di oggi non lo sequestra dentro il piccolo mondo della vita del gruppo e dei ragazzi. La sua storia e la sua amicizia appartengono a tutti gli uomini Il preadolescente è sollecitato a divenire consapevole che la storia di Gesù è condivisa e narrata nella comunità deí credenti. Egli acquista perciò coscienza di trovarsi in compagnia di tanti che lo confessano Signore e cercano di ripetere i gesti di Lui.
    L'incontro con Gesù, mediato dalla stessa comunità, diviene qui incontro e riscoperta dell'esperienza di chiesa-comunità, riunita nel nome del Signore, che narra di Lui, prega con Lui e serve la sua causa.
    Il sì all'incontro con Lui porta dunque alla decisione di confrontarsi con la sua comunità fino a trovare il proprio posto in essa, allargando così il cerchio dell'appartenenza.
    Alcune competenze da assicurare:
    - scoperta del senso dell'essere chiesa nel piccolo mondo vitale;
    - riconoscimento e riattivazione dei legami vitali che uniscono il gruppo, piccola chiesa, alla chiesa più grande che è la comunità;
    - scoperta e decisione di essere membri attivi;
    - consapevolezza di un'appartenenza «grande» oltre tutti i confini;
    - disponibilità a incontrare e comunicare, collaborando, con altri gruppi-chiesa;
    - disponibilità ad assumere alcuni ruoli come gruppo dentro la comunità e ad assumere il proprio posto in essa.

    Le esperienze come contenuto

    Esperienze di comunicazione, di cooperazione e di appartenenza:
    - esperienze di appartenenza allargata alla propria comunità ecclesiale nei momenti celebrativi della fede e del servizio alla vita;
    - esperienze di confronto e dialogo sulla fede e sulla vita con rappresentanti diversi della comunità e con altri gruppi di ragazzi, che condividono la storia di Gesù e riconoscono i loro legami con la comunità cristiana;
    - esperienze di scoperta della chiesa locale e della chiesa universale;
    - esperienze di condivisione di momenti celebrativi e di servizio al Regno nella comunità;
    - esperienza di catecumenato alla confermazione come maturazione della decisione per la causa di Gesù dentro una comunità con lo stile dei ragazzi;
    - esperienze celebrative di comunità.

    QUARTO MOVIMENTO

    Dall'incontro con la comunità che condivide la storia di Gesù
    alla scoperta del volto di Dio che Gesù rivela:
    un Dio appassionato di chi cerca vita.

    La riscoperta della storia e della verità di Gesù, confessato Signore della vita nella comunità dei credenti, conduce il preadolescente a liberarsi dai volti opachi del Dio onnipotente dell'infanzia e della fanciullezza, e dai volti nuovi del Dio condiscendente, ricalcanti forse troppo i desideri dell'immaginario. All'interno di questo movimento il preadolescente accetta di mettere in discussione tutte le sue rappresentazioni di Dio, per misurarle con quel vero volto di Dio che è quello rivelato da Gesù di Nazareth.
    Il preadolescente può acquisire alcune nuove competenze fondamentali:
    - opera una revisione critica dei volti sfigurati (gli idoli) del Dio dell'infanzia e di quelli che si è costruito «su misura»;
    - individua i tratti caratteristici del volto di Dio di cui Gesù parla e che chiama con il nome di «papà»;
    - sviluppa un atteggiamento di fiducia nel Dio di Gesù e consegna al Padre il proprio desiderio di vita.

    Le esperienze come contenuto

    - Esperienze critico-interpretative: quasi un «processo» ai «volti di Dio» che ci si è costruiti, che smascheri gli «idoli», i falsi assoluti della cultura attuale, soprattutto quella adolescenziale;
    - esperienze celebrative simbolico- rituali;
    - esperienze di deserto e di riflessione.

    QUINTO MOVIMENTO

    Dalla consegna fiduciosa al Dio di Gesù,
    alla scoperta del grande «sogno di Dio»:
    la causa della vita piena per tutti,
    a partire da chi è aggredito dalla morte.

    L'incontro con Gesù e il Dio di Gesù non è pienamente compiuto se non sbocca nella scoperta e comprensione di quello che è stato il grande sogno del Dio di Gesù sul mondo dell'uomo, e non diviene disponibilità a condividere con Gesù la grande causa di Dio, da portare a compimento: è la causa del Regno di Dio, la ricerca e l'offerta di felicità per tutti, a partire da chi non ha vita e non è felice. Questo è il grande progetto di Dio che Gesù ha avviato; questa la verità più piena della storia di Gesù.
    Il sì a Gesù come Signore della vita implica dunque la conoscenza e la condivisione appassionata nell'oggi della sua causa per la vita, perché solo attraverso la responsabilità dell'uomo, del preadolescente, la grande causa può compiersi in pienezza.
    Indichiamo alcune competenze da privilegiare:
    - scoperta e formulazione della causa di Dio nella vita di Gesù e in coloro che l'hanno condivisa nel tempo;
    - identificazione delle figure e forme storiche entro cui oggi tanti uomini vivono e servono la causa della vita per chi non ha vita;
    - saper delineare i tratti caratteristici di ciò che è vita e di ciò che è morte nel gruppo, nel proprio ambiente, nel mondo di oggi;
    - individuare gli appelli di chi invoca vita e impegnarsi per qualche «piccola causa» nell'oggi;
    - scoperta e presa di coscienza dell'altra parte del mondo (il sud del mondo) oggi di fatto esclusa dalla festa della vita, come alterità che interpella i preadolescenti di questa parte del mondo.

    Le esperienze come contenuto

    - Esperienze di catechesi narrativa;
    - esperienze di ricerca e incontro con soggetti (singoli o gruppi, soprattutto ragazzi) che cercano di vivere oggi nel loro piccolo la causa di Gesù;
    - esperienze di esplorazione e analisi della realtà vicina e dell'ambiente circostante, entro cui individuare i segni inequivocabili e le sfide silenziose che chiamano a donare vita e lottare contro le forze di morte;
    - esperienze di narrazioni: incontro con storie di piccole e grandi figure di personaggi (gli eroi della causa), conosciuti e sconosciuti, che operano o hanno operato per il Regno;
    - esperienze di solidarietà e condivisione verso gli ultimi;
    - esperienze di solidarietà con il Terzo mondo.


    5. Terza area: la vita esplode in pienezza

    L'incontro con Gesù di Nazareth e col Dio appassionato all'uomo che egli rivela, l'esperienza di sentirsi dentro una compagnia grande che vive la causa della felicità dell'uomo fatta propria da Gesù, rilanciano il preadolescente nella sua esperienza quotidiana, perché la «contempli» con occhi nuovi, la trafori in profondità tanto da liberarne il tesoro che essa contiene, e la «trasfiguri», lasciandola percorrere dalla qualità che la può rendere nuova.
    Per questo la terza area dell'itinerario la denominiamo l'area della vita nuova: la vita del preadolescente può esplodere in pienezza e diffondere la sua qualità all'attorno.
    Il legame con l'area precedente è dato dal contributo prezioso che da essa riceve; la luce dell'esperienza di fede, cioè il senso che donano la compagnia di Gesù e la vicinanza del Dio di Gesù, si espande e intende risignificare e valutare l'esperienza quotidiana di vita del ragazzo.
    La risignificazione della vita quotidiana si snoda lungo due direzioni privilegiate:
    - la riformulazione dell'agire del preadolescente, cioè della sua vita etica;
    - una prima risignificazione e ricomprensione dell'esperienza del cambio alla luce della fede, che diventa riformulazione della vita nello Spirito, cioè spiritualità dei preadolescenti.

    Un problema di priorità

    Un primo problema da affrontare è quello di trovare la priorità (logica e forse anche cronologica, ma non necessariamente) e la connessione vitale- generativa tra una serie di tappe che descrivono la spiritualità del preadolescente (una vita che si sforza di dire con parole nuove il mistero che la abita) e quelle che ritessono in unità il suo agire disorganizzato e fortemente disintegrato, dando vita a un agire etico da credenti (una vita che si riorganizza e si riformula lasciandosi attraversare dal senso nuovo della fede).
    Guardando alla realtà dei preadolescenti di oggi, al loro ricercare l'attività e la dimensione concreta dell'esperienza, sembra importante asserire la priorità del momento etico su quello mistico, e individuare nella tappa della riformulazione della vita etica (la vita che si riorganizza) il primo passo in ordine alla riformulazione della vita nuova da parte di chi ha già vissuto l'esperienza dell'incontro liberante con Gesù di Nazareth. Se il cammino del cambio, che ha portato all'incontro con il Signore Gesù dentro un legame vitale con la comunità dei credenti, può essere evocato dalla simbologia dell '«esodo» e della liberazione come dono inaspettato, questa area contigua dell'itinerario potrebbe essere evocata dalla simbologia del «dono della terra» (la presa di coscienza in profondità della propria realtà come dono alla libertà) e dalla «costituzione del popolo attraverso il dono della legge» (la vita che si «riorganizza», all'interno del preadolescente e intorno a lui, in autonomia e responsabilità).
    Possiamo così allora formulare l'obiettivo della terza area:
    Iniziare un processo di «riorganizzazione» della vita del preadolescente attorno ad alcune qualità nuove caratterizzate dalla apertura all'«altro» nel dono gratuito di sé e dalla capacità di esprimersi con gesti, parole e simboli che rinviano al mistero di una «presenza».

    CONSIDERAZIONI INTORNO ALLA VITA ETICA DEL PREADOLESCENTE

    È urgente come premessa richiamare il nodo della problematica etica. del preadolescente di oggi.
    Attraverso alcune categorie interpretative sembra possibile descrivere ciò che sta accadendo durante il cambio preadolescenziale.

    Vita etica e ricerca di «autonomia»

    La categoria della «contro-dipendenza» richiama il tentativo di «ricerca di autonomia» del preadolescente, non solo a livello psicologico ma anche di vita etica.
    I preadolescenti di oggi, anche se fortemente dipendenti da modelli etico-comportamentali e etico-valoriali derivati negli ambiti della socializzazione, vivono una situazione di «presa di distanza», di disaffezione dai modelli etici indotti dall'educazione (soprattutto da quelli parentali).
    Ciò è connesso al fatto della perdita o dell'esaurimento di potere identificativo di queste figure e modelli affascinanti.
    Ciò è indice anche che non si è compiuta l'interiorizzazione dei modelli e dei valori dominanti nei contesti educativi.
    La non interiorizzazione significa, in termini di strutturazione dell'identità del preadolescente, che non è ancora chiaramente delineato, e meno ancora stabilizzato, il quadro dei valori dell'«io», il nucleo dell'identità che seleziona e organizza il suo mondo personale e gli offre insieme una visione critica della realtà e un quadro operativo che regola l'azione e le scelte.
    Questo dato ci sollecita a pensare alla preadolescenza, anche da un punto di vista etico, come a un momento di tipo «esplorativo» e di sperimentazione, quasi per operare un inventario dei modelli e acquisire alcune competenze fondamentali per una vita etica autonoma.
    Contemporaneamente a questa crisi della dipendenza, assistiamo però anche a un massiccio ritorno di forme di dipendenza da modelli comportamentali e valoriali di tipo esterioristico e narcisistico, propri della cultura del consumo di massa e del mercato del look, o anche di una cultura emergente che veicola, nelle sue simbologie e ritualità, modelli «vitalistici» che esaltano il corpo, l'affettività, la qualità della relazione con l'altro e col mondo.
    Queste nuove forme di dipendenza acritica rivelano anche un aspetto contraddittorio della socializzazione; nel contrasto tra valori proclamati e nominati e valori di fatto vissuti (in famiglia e in altre agenzie educative), i preadolescenti sembrano aver in realtà interiorizzato i modelli valoriali di fatto vissuti nell'ambiente educativo coerenti con la cultura di massa, e non tanto invece quelli proclamati, per lo più e scarsamente sperimentati, ed in ogni caso non rafforzati dalla cultura dominante.
    Più che non-interiorizzazione valoriale si dovrebbe allora parlare di interiorizzazione parziale di modelli comportamentali, di atteggiamenti valorizzanti.
    La contro-dipendenza e le nuove dipendenze dei preadolescenti acquistano a questo punto un significato simbolico nuovo: quello di un'emancipazione incipiente, non supportata da reali possibilità di valorizzazione personale alternativa e liberante. Tutto ciò fa pensare a una situazione di «autonomia e libertà germinali», fortemente condizionate nel preadolescente.
    Libertà e autonomia che necessitano per crescere di un forte balzo in qualità della coscienza personale.
    La norma oggettiva che risuona nella coscienza, l'appello dell'altro, l'imperativo incondizionato che mobilitano risorse e libertà della persona verso il bene morale (l'impegno per produrre e diffondere vita), restano ancora fortemente ancorati al «di fuori» della coscienza del preadolescente in quanto soggetto.

    Vita etica e coscienza personale

    Una seconda categoria è quella della «coscienza personale», da assumere sia nella accezione psicologica che etica (dalla consapevolezza di sé, dei propri bisogni, fino all'appello che in essi risuona di accoglierli ed elaborarli insieme a quelli dell'altro da sé).
    Il preadolescente matura la propria presa di coscienza della realtà sviluppando in maniera preferenziale la consapevolezza intorno al proprio «mondo personale», corporeo innanzitutto e insieme psico-affettivo. Con ciò sta compiendo alcuni passi importanti verso la scoperta e la liberazione della propria soggettività.
    Questa concentrazione intorno all'io, e al sé corporeo anzitutto, si accompagna a uno sfuocamento dell'attenzione e dell'apertura verso il mondo esterno: gli altri, le cose, l'oggettività delle realtà personali e istituzionali, non riducibili alla soggettività.
    Lo sviluppo della coscienza sarà quindi un dilatare progressivamente la propria apertura cognitiva ed affettiva alla realtà nella sua totalità (un saper leggere la realtà e cogliere lo spessore oggettivo di essa) a partire però da questo «punto di vista privilegiato».
    Dilatazione della coscienza vuol dire allora anche scoperta e presa di coscienza dell'appello, delle urgenze e provocazioni che la realtà nella sua globalità rivolge alla coscienza e alla libertà, cioè alla «responsabilità» di fronte a se stessi, alle cose, al mondo, agli altri, a Dio.

    IL NODO DEL PROLEMA NELLA PREADOLESCENZA

    A questo punto sembra possibile formulare il «nodo» del problema etico nei preadolescenti di oggi.
    Nel momento in cui l'eteronomia vacilla e in cui il soggetto si apre alla scoperta e al riconoscimento della realtà e delle esigenze da accogliere e da collocare dentro un progetto personale (quadro di valori e passione per la vita), ciò che fa problema è la possibilità di individuare un punto di unificazione e di riorganizzazione del cammino morale del preadolescente.
    La responsabilità intorno al cambio e a tutto quello che esso trascina con sé (il cambio personale è realmente il cambio del mondo e delle relazioni con esso, gli altri, le cose, se stessi) sembra che possa essere un punto unificante, un tema generatore, se coniugato insieme alla categoria della interdipendenza, cioè dell'essere in ogni caso in relazione.
    In particolare individuiamo come privilegiati alcuni passaggi:
    - il passaggio dalle diverse dipendenze, vecchie e nuove, al loro smascheramento e alla contro-dipendenza, fino a scoprire, definire e liberare il proprio mondo soggettivo come avvio dell'autonomia nella relazione;
    - il passaggio dalla «eteronomia» morale alla scoperta dell'appello (la voce che chiama) che proviene dalla realtà: gli altri, le cose, l'esperienza stessa di crescita si fanno «voce che chiama» al dialogo, allo scambio e chiede risposta.
    Queste tappe dell'area però non esauriscono il problema etico della preadolescenza. Esso inizia ed è contenuto fin nel primo movimento della prima area, in cui figurano obiettivi che fanno crescere coscienza, libertà e responsabilità. In quest'area ci interessa la riformulazione di uno stile di vita nuova con gli altri, nella consapevolezza della grande compagnia di Gesù e del Dio di Gesù che chiama nella esistenza quotidiana.
    Vuole dunque essere una riformulazione da credenti della vita etica; perciò in essa deve essere giocata la consapevolezza della priorità del dono come chiamata e dell'acconsentire al dono riconosciuto come risposta.
    L'amore, la passione per la vita e il cambio, si declinano in responsabilità operosa, come capacità di dare delle risposte liberanti di vita per tutti, perché la soggettività cresce solo nella inter- soggettività.

    PRIMO MOVIMENTO

    Dalla scoperta della grande causa di Gesù per la vita
    alla nuova responsabilità personale nel gestire il «cambio»
    come prima risposta alla chiamata a vivere con Lui la passione per la vita.

    Questo primo movimento vuole offrire l'ordito per una ritessitura in unità dell'azione del preadolescente nella vita quotidiana. Esso ritrova perciò nel «divenire responsabile verso se stesso», dilatando consapevolezza e libertà, un principio di riorganizzazione dell'esperienza del cambio.
    La responsabilità nuova intorno alla propria vita è il modo con cui concretamente il preadolescente si appassiona alla vita, a partire dalla passione per quella vita che in lui esplode; allo stesso tempo è anche il luogo in cui riconosce un appello, una chiamata da parte di Gesù, a vivere responsabilmente la crescita, nel confronto con gli altri, intorno alle ragioni e alle qualità che deve possedere una vita liberata.
    Chiamata di Dio e risposta del preadolescente si articolano qui come responsabilità anzitutto intorno a quello che in lui avviene e sta cambiando.
    Queste le competenze che intendiamo promuovere:
    - individuazione e presa di distanza critica dalle antiche o nuove forme di dipendenza acritica da modelli e da proposte deresponsabilizzanti;
    - assunzione di responsabilità riguardo alla elaborazione e gestione dei nuovi bisogni legati al cambio, come risposta personale al dono della vita (con particolare riferimento al cambio corporeo, alla sessualità, alla affettività);
    - individuare, recensire e valutare, alla luce della passione di Gesù per la vita, i diversi «modelli» d'uomo e di valori diffusi nella cultura sociale;
    - «nominare» i valori vitali (le qualità della vita insieme) finora sperimentati e assunti nei diversi contesti educativi;
    - individuare i «perché», cioè le ragioni vitali, che guidano e orientano le azioni proprie e altrui (i bisogni, i valori fatti propri, i valori non ancora interiorizzati);
    - formulare il proprio quadro di valori, dando nome e organizzazione alle «qualità» che devono caratterizzare la propria vita quotidiana;
    - capacità di autovalutazione e autocritica della propria azione in relazione al quadro di valori prescelto;
    - riconoscimento e accettazione serena del limite e della fragilità che attraversano ogni azione responsabile, imparando a chiamar per nome i propri e altrui gesti di responsabilità mancata, senza smarrire la fiducia di chi si sente profondamente accolto nella propria debolezza.

    Le esperienze come contenuto

    - Esperienze esplorative e di lettura critica dell'ambiente in quanto luogo in cui sono sempre incarnati valori e disvalori;
    - esperienze di autonomia etica e di responsabilizzazione (ad esempio, i ruoli come responsabilità);
    - esperienze di produzioni valoriali collettive (pace e risposte non violente, solidarietà, giustizia, rispetto dell'altro e dell'ambiente, cooperazione, attenzione al Terzo mondo...);
    - esperienze ludiche;
    - esperienze simboliche ed espressive.

    SECONDO MOVIMENTO

    Dalla nuova responsabilità verso se stessi
    alla responsabilità verso gli altri
    come risposta premurosa a Gesù che chiama a condividere vita.

    Questo secondo movimento di ricomposizione della vita quotidiana del preadolescente sviluppa il percorso della fuoriuscita dal proprio mondo di bisogni e di esigenze di crescita, pur essenziali e urgenti da accogliere e da gestire, e propone il cammino dell'esodo verso l'altro, e della accoglienza dei bisogni e delle domande di vita di quegli altri che popolano le relazioni quotidiane.
    La vita nuova, da preadolescente che si appassiona alla vita e si lascia afferrare progressivamente dalla causa di Gesù per viverla nel quotidiano, non può dunque sfuggire dal misurarsi con il compito della responsabilità verso l'altro, gli altri vicini.
    Naturalmente, nella prospettiva esplicitamente credente in cui è collocata la terza area, la responsabilità verso l'altro vicino o a cui avvicinarsi è la risposta a una chiamata e a un dono che giungono da lontano.
    La voce dell'altro che implora vita e compagnia è il farsi udibile di una Voce che chiama dal mistero.
    L'altro è dono di una presenza viva e appello a che il dono di vita continui a circolare.
    Queste le competenze a cui abilitare:
    - saper individuare, nominare e riconoscere i bisogni e le domande di vita degli altri, quelli vicini e quelli non ancora troppo vicini;
    - accogliere le domande dell'altro come appello che sollecita a uscire da se stessi e a dare risposte di condivisione di vita;
    - valorizzare le capacità e risorse personali in quanto doni da distribuire agli altri;
    - condividere con gli altri beni materiali ed esperienze personali;
    - saper condividere, con quelli che sono «fuori» del gruppo e dell'ambiente, alcune esperienze di vita liberanti e scatenanti vissute all'interno;
    - disponibilità alla condivisione di alcuni momenti di vita e di festa verso coloro che sono i più poveri, i più svantaggiati, i più deprivati.

    Le esperienze come contenuto

    Le esperienze che qui intendiamo privilegiare sono quelle che possiamo chiamare di «ospitalità verso l'altro»:
    - esperienze di gratuità; condivisione del gioco e della festa;
    - esperienze di reciprocità e di scambio delle cose possedute per condividerle; esperienze di solidarietà;
    - esperienze di ospitalità;
    - esperienze di tipo cooperativo;
    - esperienze di responsabilità...

    TERZO MOVIMENTO

    Dalla responsabilità verso gli altri
    alla scoperta e accettazione della logica del dono anche di fronte al suo rifiuto:
    conversione dalla violenza alla risposta non violenta
    e dal rifiuto del dono al perdono accolto e condiviso.

    Il punto culminante della vita etica per il preadolescente è quello della condivisione del senso più profondo della causa di Gesù nella vita quotidiana: continuare a donare vita, a condividere i doni ricevuti a coloro che chiamano e invocano aiuto, anche di fronte all'esperienza della chiusura e del rifiuto.
    Di fronte all'esperienza personale del limite negativo che attraversa la propria azione quotidiana (morte, aggressione dell'altro, rifiuto dell'altro e sperpero dei doni da condividere con lui), la compagnia con Gesù apre a una esperienza più grande che tutto supera e travolge: l'abbraccio di Dio che vince il male con il perdono e restituisce all'uomo la capacità di ricominciare a donare.
    Di fronte all'esperienza del limite negativo, cioè del male e del rifiuto del dono da parte degli altri, la risposta istintiva del preadolescente è la chiusura, la fuga, quando non la risposta aggressiva che moltiplica violenza e riproduce le logiche del rifiuto.
    La vita di Gesù e la sua compagnia, in particolare la storia della sua croce e della sua risurrezione, il cui senso è anticipato dalle tante storie di perdono e di vittoria sulle molteplici forme di morte, aiutano il preadolescente di oggi a non sfuggire al confronto radicale con il male e le forme di morte che aggrediscono l'uomo.
    Dal confronto con Gesù nasce l'impegno ad accogliere il suo perdono come risposta radicale di non-violenza e di accoglienza amorosa, carica di fiducia, verso l'uomo che compie il male, e insieme a moltiplicare intorno a sé risposte di perdono e di non-aggressione dell'altro. Così soltanto il dono trionfa e l'altro è accolto pienamente nel mistero: il mistero della sua violenza unito alla possibilità radicale, che soggiace sempre in lui, di convertirsi nuovamente al dono.
    Queste le competenze che intendiamo sottolineare in quanto atteggiamenti fondamentali che esprimono la mai compiuta ricomposizione in unità della vita e la sua qualità credente:
    - comprensione della violenza e del male che lo circonda come «morte», cioè rifiuto del dono di vita;
    - superamento della chiusura in sé, della fuga, e della rinuncia a resistere e lottare contro ciò che è morte;
    - capacità di autocontrollo e di rinuncia a risposte violente verso l'altro vissuto come aggressore;
    - comprensione e accettazione fiduciosa del proprio e altrui rifiuto del dono, come fragilità che chiede di essere accolta;
    - apertura ad accogliere e condividere il perdono;
    - fiducia e consegna al Dio di Gesù, padre che perdona sempre;
    - condivisione del «mistero» che attraversa la vita di Gesù: accettare di «donare la vita» con Lui perché fiorisca vita per tutti dalla propria morte.

    Le esperienze come contenuto

    - Esperienze di scoperta e di incontro con le diverse forme di morte e violenza che colpiscono l'uomo;
    - esperienze del limite proprio e altrui; di quello valicabile e di quello invalicabile;
    - esperienze di incontro con persone che lottano quotidianamente contro la morte e scelgono risposte non- violente;
    - esperienze simbolico-celebrative intorno al mistero della vita/morte e del perdono (festa e sacramento del perdono);
    - esperienze di rinuncia a risposte violente;
    - esperienze di impegno nella lotta verso alcune forme di morte vicine e accessibili;
    - esperienze di riconciliazione e di perdono;
    - esperienze di solidarietà e di condivisione della sofferenza.

    MOVIMENTI CHE RIFORMULANO LA SPIRITUALITÀ

    Richiamiamo il senso della terza area dell'itinerario di educazione alla fede dei preadolescenti.
    La logica che la attraversa è quella del ritorno alla vita quotidiana, perché essa esprima la novità che contiene e che deve far esplodere in pienezza.
    Il ritorno alla vita quotidiana è sì una riorganizzazione attorno a un senso da costruire con responsabilità nell'azione, nella prassi; è però anche un nuovo modo di autocomprensione di sé, del cambio, di ciò che avviene.
    Ritorno alla vita è dunque anche «riformulazione» e tematizzazione nuova di quel che si vive.
    Questi movimenti, che segnano le tappe finali dell'itinerario, riesprimono, a un nuovo livello, l'integrazione fede-vita in termini di «spiritualità».
    Essa consisterà in un progressivo «imparare a leggere nel profondo» delle cose (i fatti, gli avvenimenti, gli incontri, le esperienze del preadolescente) per saper riconoscere gli indizi, le tracce di una presenza, e accoglierne il suo appello; tutto ciò è appunto quel «mistero» che la vita quotidiana si porta dentro e di cui ne è simbolo vitale.
    La capacità di saper andare in profondità delle cose e di saper leggere con gli occhi nuovi del credente la vita quotidiana, è ciò che appunto indichiamo come cammino di interiorità, che conduce all'acquisizione di una lettura simbolica, carica di amore e di fantasia, dell'esistenza.
    Questo grande gioco linguistico da liberare (il gioco della sacramentalità della vita quotidiana) è il frutto dell'incontro con Gesù di Nazareth e col suo dono di senso che svela il mistero contenuto nella vita e la rende nuovamente «trasparente» all'uomo.
    Questa nuova consapevolezza, che può già svilupparsi nel preadolescente di oggi, fatta di capacità di ascolto e di «perforazione» in profondità della vita, porta in se stessa l'esigenza, per divenire consapevolezza piena, di esplodere nel linguaggio celebrativo, all'interno di figure (gesti, parole, riti) capaci di contenere e al contempo rinviare al mistero che avvolge ogni cosa.
    La nuova consapevolezza intorno alla vita esprime inoltre, per la preadolescenza in maniera tutta particolare, il senso contenuto, anche se sempre in forma inadeguata e approssimata, in tutti quei gesti di vita nuova che nascono dalla «presa in consegna responsabile» della vita.

    La relazione tra vita etica e spiritualità

    Questi ulteriori movimenti costituiscono la presa di coscienza della ragione profonda di ogni impegno etico, il pieno svelamento in termini di consapevolezza riflessa e tematizzata, dentro le figure simbolico-rituali del celebrativo, della novità della vita quotidiana, quando è avvenuto l'incontro liberante e scatenante con Gesù il Signore della vita e ha preso avvio l'avventura alla sua sequela.
    Ancora una annotazione sul fatto che solo a questo punto sia tematizzato il cammino della spiritualità.
    Siamo consapevoli che ogni imperativo etico, ogni rivisitazione della prassi di vita credente, nasce da un «indicativo teologico-esistenziale».
    La vita nuova del cristiano sorge infatti come esigenza di trasparenza del mistero che ogni vita contiene; essa è perciò ben espressa dal conciso detto: «sii quel che sei», nel senso di una risposta piena a un dono di esistenza che precede ogni buona volontà e ogni decisione dell'uomo, anzi che sostiene e alimenta ogni possibilità di vita etica e di cammino di autoliberazione.
    Eppure, con i preadolescenti, noi abbiamo ritenuto opportuno far precedere i movimenti di riorganizzazione della vita attorno all'azione e alla nuova prassi, rispetto all'immediato sviluppo di questa nuova autocomprensione credente della vita.
    Forse può sembrare che il tutto vada a scapito di una linearità logica e di una piena coerenza anche teologica dell'itinerario.
    I motivi che ci hanno sollecitato a privilegiare il momento della riunificazione, seppur minima, dell'agire responsabile, sono tutti collocati sul versante della situazione dei destinatari; essi ci sollecitano a riconoscere proprio nell'agire, nella incontenibile voglia di fare, di agire insieme, di provare, sperimentare, inventare forme nuove di liberazione della vita e del cambio, la modalità e la via principale per far sbocciare, dall'interno dell'azione, una nuova consapevolezza, una richiesta di «supplemento di coscienza» intorno alla vita.
    Per questo i movimenti che seguono rappresentano per noi anche il punto più elevato dell'integrazione fede-vita riformulata nell'attenzione appassionata a questi particolarissimi nuovi compagni di strada delle comunità ecclesiali.

    Spiritualità: «una vita che si comprende ed esprime con gesti e parole carichi di vita»

    Non mancano difficoltà e ostacoli che possono rendere faticoso il cammino di questa tappa.
    Anzitutto la superficialità e la poca capacità dei ragazzi di fermarsi ad ascoltare, contemplare e capire nel profondo le cose; poi la crisi e la disaffezione, registrabile in questa fase evolutiva, verso i momenti rituali- celebrativi, essenziali per raggiungere il mistero delle cose e per essere raggiunti da esso.
    In questa tappa crediamo anche di dover sollecitare la comunità cristiana a ripensare alcune «scadenze sacramentali» (per esempio la cresima) e alcuni momenti oggi, in molti casi, sovra-espansi di formazione religiosa.
    La comunità è sollecitata a ripensare, dentro una logica educativa di itinerario globale, quelle scadenze anche sacramentali e quegli appuntamenti che di fatto oggi sanciscono poi il «congedo» di gran parte dei preadolescenti dall'appartenenza ecclesiale, e in alcuni casi impediscono o congelano ogni possibilità di ulteriore elaborazione religiosa dell'esperienza di vita.
    Proseguiamo dunque con i movimenti progressivi della terza area.

    QUARTO MOVIMENTO

    Dalla vita che si riorganizza attorno al dono e perdono
    al «viaggio in profondità» nelle cose
    alla scoperta del «tesoro» nascosto.

    I preadolescenti, così abituati a sorvolare sulle cose, a saggiare soltanto per pochi millimetri la profondità del terreno su cui la loro vita si radica, vengono sostenuti e sollecitati dall'animatore a traforare la vita; a giocare con la sonda per un autentico «viaggio dentro la profondità» delle cose, degli avvenimenti, degli incontri quotidiani, per coglierne il senso profondo in essi contenuto, la presenza discreta e silenziosa del quotidiano.
    Il quotidiano infatti, attraverso le sue figure discrete, si offre imprevedibilmente e gratuitamente come «dono e perdono», come qualcosa da accogliere, come Qualcuno a cui acconsentire.
    I preadolescenti saranno aiutati ad apprendere a leggere la vita in profondità, per passare dai fatti agli eventi, dai gesti ai loro significati, dagli oggetti al loro senso più profondo, dagli incontri ai volti.
    Vivere la spiritualità del credente è essere immersi nel mistero grande che fascia la storia e la vita quotidiana, e che essa contiene e lascia affiorare, qualora la si lavori con passione e con ascolto.
    Il mistero che la vita si porta dentro può divenire per il preadolescente il «grande tesoro» del quotidiano. Un tesoro che è dentro il mistero della sua soggettività, dentro le cose, i fatti, gli incontri, le avventure progettate insieme o gli avvenimenti anche imprevedibili, che segnano la vita quotidiana.
    Questo movimento è assicurato quando alcune competenze vengono raggiunte:
    - la capacità di far nascere degli interrogativi (dei «perché») intorno alle cose;
    - voler conoscere qualcosa di più intorno ai fatti e avvenimenti;
    - la iniziale capacità di servirsi delle molteplici letture della realtà, come vengono offerte dai linguaggi propri dell'analisi, senza mai esaurire la domanda intorno alla realtà;
    - la capacità di osservazione, di ascolto, di descrizione dei diversi aspetti della realtà;
    - la capacità di riconoscere (intuire almeno) il limite misterioso delle cose e dei fatti (in positivo e in negativo), legato al mistero stesso delle persone e della vita;
    - la capacità di passare dai gesti alle intenzioni e ai loro significati;
    - la percezione che si dà sempre un «oltre» (un di più) nel cercare di capire e ascoltare cose, fatti, persone;
    - la presa di coscienza della dimensione di «dono», e di rinvio delle cose a una presenza discreta e sempre velata del Dio di Gesù che offre vita.

    Le esperienze come contenuto

    Qui si colloca il contributo prezioso di tutte quelle esperienze diffuse nelle diverse realtà educative che vogliono aiutare il preadolescente e «scoprire la realtà», ad ascoltarla, ad analizzarla nel tentativo di interpretarla.
    - I momenti scolastici di lettura critica della vita attraverso la pluralità dei linguaggi interpretativi della realtà; i momenti della catechesi esperienziale e delle riflessioni in gruppo, possono essere le risorse da individuare e utilizzare per questa lettura in profondità della vita.
    - Momenti privilegiati saranno poi i «ritiri spirituali», gli incontri di gruppo settimanali per la «revisione di vita», i momenti di deserto guidato, i momenti privilegiati di silenzio-ascolto. Esperienze di analisi e confronto con le diverse e molteplici letture (compreso il confronto con la vita e la storia di Gesù di Nazareth che apre al mistero delle cose e della presenza nascosta) possono essere i due elementi su cui l'intervento dell'educatore può giostrare.
    Le risorse linguistiche non saranno soltanto i «linguaggi della testa» (gli strumenti critico-analitici della ragione), ma anche «quelli del cuore» (linguaggi simbolici evocativi e narrativi).
    Un contributo particolare potrà venire dall'incontro con «personaggi», figure di testimoni, le loro storie di vita, che richiamano e rinviano a progetti, valori, significati che stanno oltre la loro storia o i gesti da loro raccontati.

    QUINTO MOVIMENTO

    Dalla scoperta del tesoro che la vita si porta dentro
    alla sua celebrazione nei simboli della festa.

    Il viaggio in profondità attraverso la traforazione del quotidiano ha portato alla scoperta dei significati e del senso delle cose e della realtà: è l'incontro non con qualcosa di astratto, con un'idea, ma con il mistero delle presenze che lasciano la loro traccia nascosta negli avvenimenti, nelle cose, negli incontri. È anche l'esperienza dell'incontro con il Volto del Dio di Gesù nel quotidiano.
    Questo movimento dunque prende le mosse da questa incipiente «presa di coscienza», ed essa stessa intende favorire ed espandere, per sollecitare il preadolescente a far festa per l'incontro col tesoro contenuto nella vita quotidiana.
    Si tratta di educare i preadolescenti a trovare le parole, ma soprattutto i gesti e i simboli della festa, le forme rituali (cariche di significati vitali) adatte per festeggiare, in un momento tutto gratuito, la gioia grande che nasce dall'incontro col mistero; e per esprimere anche in gesti simbolici l'atteggiamento di appassionata ricerca, di attesa, di apertura al mistero che viene incontro, di disponibilità a lasciarsi coinvolgere in esso.
    I gesti e le parole-immagini (figure) simboliche che sono il linguaggio capace di «contenere» (non spiegare e sezionare infrangendone l'unità) e di «rinviare» al mistero grande che la vita stessa contiene, non sono parole facili da inventare. Né sono figure che un gruppo di preadolescenti fa nascere dal nulla.
    Esse possono fiorire e reinventarsi, soltanto se ci si impegna nella fatica di andare a ricuperare ciò che nella vita quotidiana ci si è buttato troppo frettolosamente dietro le spalle: i riti, i simboli, le figure, le narrazioni che caratterizzano la fede vitale di una comunità, in cui finora ci si è trovati inseriti quasi per abitudine, e dalla cui memoria-eredità magari il preadolescente ha cercato di distanziarsi e separarsi.
    Il preadolescente per raggiungere questa tappa del cammino è sollecitato dall'educatore a ricollegarsi e ritrovare la sintonia con la memoria simbolica della sua comunità di appartenenza, per radicarsi in essa; per ritrovare al suo interno i materiali linguistico- espressivi (immagini, narrazioni, simboli, riti) coi quali soltanto potrà celebrare, in forma personale e collettiva nuova, la festa per il mistero della vita che si fa vicino e si offre.
    Non sarà soltanto radicamento nella memoria simbolica collettiva, ma impegno anche ad operare un lavoro di cucitura, di trasfigurazione di quelle forme simbolico-rituali già presenti nella vita quotidiana e in quella del gruppo, per assumerle in un orizzonte nuovo e più grande, e renderle così capaci di rivelare la ricchezza di senso contenuto nella vita stessa.
    Anche qui occorre individuare una serie di indicatori, in termini di competenze, che rivelano il conseguimento di questa tappa dell'itinerario.
    Ne indichiamo alcune:
    - riscoperta delle forme simboliche del gruppo e della cultura di appartenenza che esprimono la festa;
    - partecipazione alle feste e ai momenti celebrativi della comunità più ampia, gustando e vivendo in prima persona il gioco simbolico;
    - disponibilità, interesse, impegno attivo nel preparare e vivere i momenti celebrativi simbolici della vita di gruppo;
    - disponibilità e impegno alla riscoperta e alla riespressione delle forme simboliche privilegiate della fede cristiana: i sacramenti, con particolare attenzione a quelli che il preadolescente oggi può rivivere in prima persona: battesimo-confermazione, eucaristia e riconciliazione;
    - riscoperta e riappropriazione della preghiera (di ringraziamento-lode, di richiesta-invocazione) come momento quotidiano personale e anche comunitario di celebrazione della presenza del mistero e come momento di trasparenza della vita.

    Le esperienze come contenuto

    Questo movimento, che apre alla possibilità di educazione alla sacra- mentalità della vita, in senso ampio e ristretto, richiede la valorizzazione e il potenziamento di tutte le risorse disponibili capaci di educare al simbolico e alle feste.
    - Individuiamo innanzitutto le esperienze di tipo celebrativo-simbolico, cioè quelle che sottolineano maggiormente l'importanza di condurre ogni esperienza, al di là della sua interpretazione «corta», immediata, alla sua verità più profonda.
    Non sono da valorizzare soltanto le molteplici esperienze di festa e di celebrazione della fede tipiche di una comunità credente, di un gruppo o istituzione (le scadenze straordinarie e ordinarie), ma anche tutta quell'area del simbolico e della ritualità che si caratterizza come momento festivo-celebrativo laico e popolare (le feste di quartiere, di paese, gli appuntamenti rituali allo stadio e ai concerti; i momenti simbolico-celebrativi che scandiscono un anno scolastico, un campionato, un anno oratoriano, un anno sociale, un cammino annuale del gruppo e di una istituzione).
    - C'è inoltre tutto quel tessuto di simboli e di ritualità che sono tipici della vita quotidiana che si esprime in figure simboliche da riscoprire, da interpretare e da assumere nella transignificazione del mistero.
    - Ci sono infine quei momenti privilegiati di esperienza liturgica e sacramentale che caratterizzano particolari periodi dell'anno e intorno ai quali possono essere approntati veri e propri cammini di riscoperta dei sacramenti.

    Un'attenzione educativa

    Un'attenzione particolare deve accompagnare tutte queste esperienze: la loro connotazione in termini «educativi». Esse devono essere offerte e vissute insieme in stile educativo.
    Non intendiamo operare primariamente per conservare la memoria simbolica e simbolico-religiosa di una comunità, di un popolo, di una istituzione, né rivitalizzarla soltanto per garantirne la sopravvivenza.
    Il nostro intento è quello di aiutare le persone a costruirsi in umanità attraverso la scoperta e la appropriazione della memoria e della capacità simbolica e rituale. Assumiamo infatti come precomprensione il fatto che solo attraverso il radicamento nei linguaggi perduti o dimenticati dalla cultura attuale, l'uomo può realizzare un rapporto autentico, vero, pieno con «tutta» la realtà.
    È per superare una visione riduttiva e fuorviante di uomo; è per ricuperare e ricostruirne una sua immagine più vera.
    Per garantire qualità educativa al cammino, alcuni interrogativi anzitutto devono per noi continuamente accompagnare il cammino dell'educatore: «perché» celebrare? «che cosa» celebrare?
    Allora può acquistare anche senso l'altro interrogativo, certo non secondario: «come», con quali figure culturali celebrare?
    Sembra possibile indicare alcune condizioni senza le quali non ci può essere dimensione educativa della celebrazione:
    - il suo collegamento con la vita, cioè con l'esperienza (con il senso e il di più di senso) di tutti i soggetti coinvolti in una celebrazione;
    - il collegamento con le simbologie vitali presenti nel contesto vivo della vita collettiva ai diversi livelli, innanzi tutto quelli dei mondi vitali;
    - l'apertura alla memoria simbolica e lo scambio creativo con essa;
    - l'importanza del «ritorno» alla vita quotidiana, connettendo il senso celebrato con il senso da produrre con fatica nella prassi di vita quotidiana;
    - la gradualità e la commisurazione dei tempi/spazi celebrativi con ritmi e le modalità di strutturazione di ristrutturazione dell'esperienza di vita dei preadolescenti stessi (abitudine, abbandono, fatica della continuità);
    - l'attenzione alla preadolescenza come momento felice per il ricupero del gioco simbolico attraverso la valorizzazione della gestualità corporea, e la riscoperta della nuova funzione simbolica di gesti, mode, abbigliamenti, oggetti che costituiscono l'immaginario adolescenziale odierno, pur conservando tutta l'ambivalenza della loro funzione di tipo sostitutivo e difensivo (dipendenza), ma anche di tipo proattivo (autonomia) in essi contenuta.


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