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    Guardando indietro

    (e un pochino dentro)

    Giuseppe Profetto *

    Giuseppe Profetto


    Guardarsi dentro. Non è scontato trovare e dedicare del tempo a farlo, a interrogarsi. Non tanto perché non ci sia, ma perché non si vuole; è sempre difficile stare in silenzio davanti a se stessi anche perché… chi è questo me stesso?
    Al termine della mia iniziazione cristiana, con la cresima, la prima domanda che mi sono fatto è stata: “E ora che faccio?” (da punto di vista del mio essere cristiano, ovviamente).
    Ecco, questa domanda è stata il punto di partenza verso la scoperta di me che naturalmente non è ancora finita e non so se finirà mai. Era il tempo del famigerato covid, e ho iniziato a frequentare, o meglio ri-frequentare l’oratorio (anche se il più delle volte online), attraverso gruppi formativi, con il sogno un giorno di poter essere animatore, come qualcosa dello sviluppo della mia identità, non come esperienza in più da aggiungere al mio fare tante cose. Quell’anno per me è stato fondamentale: ho stretto le prime amicizie vere della mia vita, quelle che – di un certo tipo – sono davvero rare. Ho iniziato anche a fare esperienza di animazione dentro l’oratorio ma anche fuori, allenando i bambini piccoli nella scuola calcio dove prima andavo (ma che poi ho dovuto lasciare per problemi fisici). Allenare sembra una roba da poco, far fare qualche corsetta attorno al campo, dare un pallone, impartire qualche ordine, lavorare sulla tecnica, far sì che tutti siano coinvolti nel gioco appunto di squadra… ma assicuro che non è stato semplice: devi entrare in empatia con ogni bambino e aiutare a pensarsi squadra, dove tutti sono al servizio della squadra e non concentrati su di sé. Qui ho sperimentato quello che dice il vangelo sulla pecorella smarrita: adesso dovevo lasciare le novantanove “tranquille” per dedicarmi a quella un po’ più difficile.
    Ritornando in ambiente oratoriano, gli incontri di gruppo e di animazione mi hanno fatto capire che quello che c’è dentro di me (ma anche dentro il mio compagno, e persino il mio ragazzo di scuola calcio) è un autentico mondo, ricco di sfaccettature, frutto di carattere e diverse sensibilità, incontri, esperienze, anche dolorose, e che io in realtà non ero totalmente consapevole di chi veramente fossi: mi sentito come un pesciolino che naviga, ma senza sapere dove e perché. Infatti, prima ero molto sicuro di me, ligio al dovere, non dovevo sbagliare mai; invece alla fine di quell’anno ho iniziato a comprendere che anche i migliori sbagliano, che non bisogna essere già perfetti, ma andare avanti con degli obiettivi e degli ideali, e migliorarsi, sapendo che c’è sempre Qualcuno a cui affidarsi e da cui sentirsi protetti. Poi ho conosciuto l’MGS attraverso il primo campo estivo, che per me rimane ancora oggi il più bello. Qui ho iniziato a capire che non sono solo e che c’è un mondo di giovani come me da scoprire; inoltre, questo mi ha permesso di capire sempre più che quel famoso “Qualcuno” forse stava bussando alla mia porta, una porta ancora semichiusa che mi doveva difendere dalle invasioni esterne.
    Arriviamo finalmente al grest, il mio primo grest da animatore insieme agli amici di cui dicevo: un’esperienza coinvolgente, lunga abbastanza di dover fare i conti anche con le stanchezze e gli scoraggiamenti, e capace di valutarmi sulla distanza. Anche questa non è stata una passeggiata, perché c’era quasi uno scontro generazionale e livello di animatori, la solita dialettica vecchi-nuovi, dove noi nuovi pensavamo di poter rinnovare i metodi perché più vicini al mondo dei ragazzi. Ma siamo comunque riusciti ad ascoltarci sinceramente e a ritrovare un’unità di intenti.
    In particolare, l’ascolto degli altri è una caratteristica che mi appartiene particolarmente, ma che ancora non sapevo fosse così faticosa e alla fine così promettente.
    Nei due anni seguenti mi sono molto concentrato sul tema della spiritualità, perché sentivo che senza radici profonde il mio albero si sarebbe presto seccato. In particolare gli incontri organizzati dall’MGS e il percorso iniziato con la mia guida spirituale sono stati determinanti. Ho sentito forte il desiderio di conoscere di più questo Qualcuno con cui avevo già avuto sporadici incontri e ho capito che già mi aveva parlato, soprattutto attraverso la Parola e Gesù. Il mio grande desiderio era imparare a guardare con i suoi occhi… vedere e giudicare il mondo e le cose, e me stesso, nella sua luce e verità… Eppure mancava ancora qualcosa, non mi sentivo libero veramente e il guaio era che non riuscivo ad aprirmi pienamente con la mia guida: ascoltavo tutti, ma non mi sentivo libero io di parlare dei miei problemi, delle mie mancanze, anche delle mie aspirazioni. Temevo di passare o per un esaltato o per uno che non si impegna veramente.
    L’estate successiva, con il grest del mio terzo anno, è stata per me particolarmente pesante: c’era stato un grande afflusso di ragazzi, e noi animatori eravamo pochi, e in particolare io mi sono ritrovato a non avere un ruolo preciso, a fare cose mai fatte (e inoltre la mattina ero fuori per lavoro). Mi sono sentito molto giù perché pensavo che facevo solo cose sbagliate. Ma ho potuto vivere l’esperienza della GMG, un toccasana. Ciò che mi ricordo di più è il fatto che mi sono sentito veramente amato dal Papa che, nonostante la lunga distanza, mi ha trasmesso l’amore che solo i genitori danno.
    Inizia così il quarto anno, anche questo fondamentale. La mia guida mi suggerisce di leggere “L’abbraccio benedicente”, che parla della parabola del padre misericordioso. Era un tempo n cui dentro non sentivo niente, anzi mi sentivo abbandonato. Impiegai un po’ a leggerlo, ma alla fine capii cos’era quella cosa che mi mancava: credevo di sapere tutto e quindi davo per scontato le cose; infatti, sapevo che Dio mi amava così e com’ero, ma in realtà avevo ancora la visione di un Dio giudice. Inoltre, essendo stato sempre ligio al dovere, quasi ho invidiato gli altri ragazzi che prendevano strade non tanto belle, per certi versi avrei voluto essere trasgressivo come loro. Ed ecco che oggi sto iniziando ad accettare i miei limiti. Questo anno è stato molto difficile, avrei voluto mollare tutto, ma la mia guida mi ha sempre detto di persistere, facendomi sperimentare la virtù della fortezza.
    Adesso ho più consapevolezza di me, delle mie “stanze interiori”. Sono un ragazzo “normale” come tanti, che però sa di essere unico nel suo modo di amare, che non ha bisogno di adeguarsi ad altri modelli e di copiarli. Devo seguire quello che sento in me più spontaneo: l’ascolto attento degli altri, il metterli spesso al primo posto, qualche volta trascurando me stesso… anche sbagliando. Ma anche attraverso il mio essere allegro, strappando una risata in un momento brutto, e pure con la mia testardaggine o i miei vizi che cerco sempre (inutilmente?) di combattere. E soprattutto sono un animatore. Dico “sono”, non “faccio” l’animatore. Chi lo fa, lo fa solo nel momento specifico in cui è chiamato a farlo (grest, villaggi, ecc.); ma chi lo è, è animatore in ogni contesto della sua vita: è una specie di vocazione che mi precede e da cui mi sento chiamato, e che devo quotidianamente scoprire, ascoltare, ubbidirvi.
    Ho raccontato soprattutto gli ultimi anni della mia storia. Chissà, forse un giorno racconterò il seguito. Da questa mia brevissimo esperienza ho capito che il problema non è sbagliare, perché davvero sbagliando si impara, si impara a conoscere le proprie fragilità, e si impara a contare si qualcosa o qualcuno al di fuori di sé: solo così sento di poter mettere delle basi ancora più salde per realizzare grandi sogni.
    Prendo alla fine a prestito un pensiero del papa, che ridico a modo mio: noi ragazzi dobbiamo cambiare il mondo senza farci condizionare da esso (dai modelli prevalenti, dai percorsi scontati, dai valori apparenti), perché siamo foto e non fotocopie. Spero tanto che la mia “foto” sia un originale.

    * Nato a Modica nel 2006. Frequenta l’oratorio salesiano del quale è animatore Frequenta il quarto anno del liceo scientifico: studi tosti, ma si sente a suo agio. Oltre all’animazione in oratorio allena i bambini di 5-6 anni nella scuola calcio. Nel tempo libero suona la chitarra insieme ai miei amici.


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