“Un mondo a parte”
Istruzione vs indifferenza
Ilaria Falcone *
Michele, maestro elementare idealista, dopo 35 anni di lavoro nelle scuole romane, stanco della prepotenza di genitori e alunni, chiede il trasferimento in un un istituto più piccolo, fuori dalle grandi città. Lo ottiene. Ma deve fare i conti con una realtà di 300 abitanti scarsi, la neve, la stufa a legna che non sa accendere, un’unica classe.
"Nella capanna dei pastori mi imparai a conoscere le lettere dell’alfabeto e, per istinto di natura ebbi un bel gusto di ascoltare le storielle. Popolari scritte in ottave: i racconti Cavallereschi della Tavola Rotonda mi davano molto da penzare. E così, nella mia idea, a pena cominciai a scrivere, scriveva versi ispirati dalla mia fantasia” è una citazione degli scritti di Cesidio Gentile detto Jurico” (1847 -1914) il poeta pastore (di Pescasseroli) cresciuto “colmo di miseria e nell’ignoranza, a motivo che a quei tempi scole elementari non esistevano e, nella scuola privata, mio padre non ebbe il potere di mandarmi”.
Al Poeta Pastore è intitolata la Scuola dove viene assegnato il protagonista del film, il maestro Michele Cortese. Nel cuore del Parco Nazionale d’Abruzzo c’è un’unica classe composta da bambini dai 7 ai 10 anni (1a, 3a, 5a), a proprio agio in una perfetta rotazione di lezioni e compiti.
Michele è entrato a far parte di “un mondo a parte”: è costernato dal sistema scolastico autonomo eppure efficace, dal clima, dalle consuetudini montane, spicce ma premurose, dove nessuno viene lasciato indietro.
I grandi ideali che lo avevano spinto verso un piccolo centro alla riscoperta del suo mestiere si impattano contro una realtà di lotta per mantenere aperta la Scuola, presidio culturale e sociale. Quella intrapresa dalla vicepreside Agnese è una quotidiana battaglia sul campo: se non c’è la Scuola, il paese muore; se non c’è istruzione non c’è futuro. Come ha detto il regista del film Riccardo Milani: “È una resistenza culturale contro un nemico comune, indifferenza e rassegnazione, impegnarsi per un presente e un futuro migliori per se stessi e per il proprio paese. E tutto questo passa attraverso chi questo futuro lo difende – cioè i nostri insegnanti – e chi lo incarna – cioè i nostri bambini e la loro educazione”.
Nel film “proteggere e rigenerare” (la Scuola e il Paese) sono la sintesi delle proteste legittime e dei sotterfugi brillanti che da anni maestri e abitanti si tramandano e portano avanti per garantire i loro diritti.
La burocrazia fredda e ferrea impone un numero minimo di allievi per tenere aperta una scuola. Ma come diceva don Bosco “l’educazione è una cosa di cuore”.
Agnese è cresciuta in quelle valli, e lo sa da sempre, e lo comprende ora Michele come mai in tanti anni di insegnamento.
Come lo ha capito Ugyen, un giovane maestro della moderna capitale del Bhutan, mandato per castigo a insegnare a “Lunana - il Villaggio alla Fine del Mondo” (Pawo Choyning Dorji, 2019). Gli abitanti di Lunana non posseggono nulla, ma riconoscono l’istruzione come bene primario. Asha il capovillaggio gli dice: “Spero che darai a questi bambini l’istruzione di cui hanno bisogno per diventare qualcosa di più che semplici pastori di yak e raccoglitori di cordyceps [funghi della medicina cinese]”. Alla fine dell’anno Ugyen - che quando chiede a un bambino perché da grande vuole fare l’insegnante, ottiene come risposta “perché gli insegnanti toccano il futuro” - ha forse appreso più dei suoi allievi.
In “C’è ancora domani" (2023) di Paola Cortellesi una rabbiosa figlia, Marcella, urla alla madre: “Non fai mai niente!
“Questo lo dici tu!” risponde quasi sottovoce ma con la forza della dignità la madre Delia. La II Guerra Mondiale è finita, le donne si apprestano a votare per la prima volta in Italia. Marcella si sta per sposare, Delia è contenta finché origlia una conversazione tra la figlia e il futuro marito. Brusco il ragazzo dice alla promessa sposa che lei non andrà più a lavorare perché lei è sua. L’infaticabile Delia corre da mattina alla sera, dalla colazione alla cena, fa tanti lavori per portare a casa un po’ di soldi in più, senza che il marito Ivano le riconosca meriti, anzi alzando le mani ad ogni occasione che lui ritiene giusta. I risparmi faticosamente guadagnati e nascosti li dà alla figlia (“con questi ci vai a scuola”) perché possa prendere un titolo di studio ed essere indipendente.
Nel film “Il mio posto è qui” (2024) di Cristiano Bortone e Daniela Porto - tratto dall’omonimo romanzo (2024, Sperling & Kupfer) della Porto, ambientato alla fine della Guerra, in un piccolo paese della Calabria, Marta è una ragazza madre che accetta di sposare un vedovo perché i suoi genitori le dicono che non ha altra scelta. Manca poco al Referendum sulla forma istituzionale dello Stato; contrariamente alla sua famiglia patriarcale (che voterà per la monarchia, che sbeffeggia il suffragio universale, e non accetta che una donna abbia un lavoro perché è il capo famiglia a portare i soldi a casa), Marta non solo è intenzionata ad andare a votare per la Repubblica, ma segretamente inizia a seguire un corso per dattilografa. Ha le basi elementari, e giorno dopo giorno, quando tutti dormono, riprende caparbiamente a scrivere, a ricopiare articoli di giornale, trova abilmente escamotage per recarsi nel paese vicino dove impara a scrivere a macchina, per sognare un futuro diverso.
Don Milani (1923-1967) nella Scuola di Barbiana insegnava ai figli dei contadini e della classe operaia; “su una parete della nostra scuola - diceva - c’è scritto grande "I Care” che significa ho a cuore, me ne importa”. Motto contro l’indifferenza.
L’ispirazione struggente e attuale di Cesidio Gentile, che capì l’importanza di leggere e scrivere, sua religione esistenziale, il coraggio spietato e orgoglioso di Marta e Delia rappresentano una piccola/grande parte di quel “mondo a parte” che ha tracciato il solco dei diritti di cui oggi noi godiamo, e che dobbiamo preservare costantemente.
“La nostra storia ci dovrebbe insegnare che la democrazia è un bene delicato, fragile, deperibile, una pianta che attecchisce solo in certi terreni, precedentemente concimati, attraverso la responsabilità di tutto un popolo” scrive Tina Anselmi, partigiana, prima donna ministro in Italia.
E qui torniamo al film “Un mondo a parte” che ben chiarisce con dolcezza, semplicità e profondità l’importanza dell’istruzione. Raggirare con sagacia gli ostacoli, non arrendersi al nulla - difendere il fiore fragile della democrazia - capire che l’istruzione spalanca le porte all’indipendenza, è il fil rouge che lega queste storie.
Il Cinema ha dedicato alla Scuola, agli studenti e agli insegnanti meravigliosi film decodificando la realtà con diversi registri narrativi, dalla tenerezza alla denuncia alla docufiction.
In un’epoca grigia, che rischia di annegare nell’ indifferenza che genera sentimenti ostili e ottusi, e che tende a precipitare verso l’omologazione, il Cinema inquadra il mondo e lo interpreta, restituendo un ampio respiro di speranza carico di energia; senza fare prediche, senza “mettersi in cattedra” fornisce spunti di riflessione spesso con trasgressione creativa.
Proviamo ad attingere ai film “più recenti”. Oltre a quelli già citati qui sopra,
L’Attimo Fuggente (1989), Non uno di meno (1999), School of Rock (2003), La classe (2008), Monsieur Lazhar (2011), La bicicletta verde (2012), Una volta nella vita (2014), Il campione (2019), Figli del sole (2020), Una voce fuori dal coro (2021).
In un arco temporale ampio, come potrebbe essere l’anno scolastico/accademico, sarebbe interessante selezionare qualcuno tra questi film, guardarli insieme, per tracciare ad esempio l’importanza: dell’insegnante nella vita degli alunni e l'importanza di questi ultimi nella vita degli insegnanti/adulti; della capacità e necessità di ascolto e collaborazione in una comunità; di mantenere sempre accesi, vegliando, i diritti come quello all’istruzione.
* Giornalista per nonsolocinema.com, Socia del CGS Adelasia di Alassio (SV)