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    La salvezza nella

    prospettiva dinamica

    Carlo Molari

    Il tema della salvezza è stato centrale anche per Gesù, durante la sua vita terrena. Nel pensiero biblico, ed ebraico in generale, la formula “regno di Dio” esprime la sovranità di Dio sul mondo che si sarebbe manifestata trionfalmente nel tempo della salvezza.
    Gesù nella sua predicazione si richiama continuamente a questo significato. Dopo la sua morte e resurrezione, il Regno annunciato diventa la salvezza offerta in Cristo Gesù.
    Sono venuto perché abbiano vita e l’abbiano in pienezza… Sono venuto a portare la pace scrive Giovanni nel suo vangelo citando le parole pronunciate da Gesù. Ricevete lo Spirito santo, a chi rimetterete i peccati saranno rimessi, a chi non li rimetterete resteranno non rimessi scrive ancora Giovanni. La pace, che è il dono salvifico per eccellenza, si realizza nella remissione dei peccati.
    Salvezza, pace, remissione dei peccati, dono della vita, sono i termini che condensano l’ansiosa attesa del popolo ebraico al tempo di Gesù. Lo esprime il cantico di Zaccaria: per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza nella remissiohne dei peccati e dirigere i nostri passi sulla via della pace (Lc 1,77). Lo stesso Gesù ha legato salvezza, pace, remissione dei peccati, come nell’episodio raccontato da Luca al capitolo 7, relativo alla peccatrice pentita. Dopo averla perdonata dai peccati le dice: la tua fede ti ha salvata, va in pace. Gli elementi ritornano e si intrecciano tutti.
    Con questa introduzione, voglio chiarire che tutti gli eventi richia-mati sono più significativi e profondi delle formule che li esprimono e li traducono. La salvezza non sta nelle formule con cui la si racconta, sta negli eventi che introducono dinamiche salvifiche nella storia. Questi eventi oggi li interpretiamo in un modo nuovo, perché i modelli culturali sono cambiati e con essi l’interpretazione che diamo della vita.
    Allora la domanda che dobbiamo porci è: in che modo i cambiamenti culturali in corso, in particolare il passaggio dalla visione statica della realtà alla visione evolutiva e dinamica, incidono nella riformulazione della dottrina della salvezza? E quindi nell’inter-pretazione dell’azione di Cristo per la salvezza?
    Presento adesso sette cambiamenti intervenuti su questo tema a partire dal cambio culturale in atto.

    “La salvezza non sta nelle formule con cui la si descrive, ma negli eventi che introducono dinamiche nuove”

    1. La creazione non è ancora compiuta. La salvezza è garanzia del senso, possibilità di camminare fino al traguardo.
    Nella prospettiva statica tutto ciò che accadeva nella storia umana doveva essere interpretato in modo positivo, o per lo meno provvidenziale, in ordine alla salvezza voluta da Dio. Anche la morte di Cristo veniva interpretata così, perché si pensava che la realtà fosse già realizzata compiutamente e tutto si svolgesse secondo quanto stabilito.
    Nella prospettiva evolutiva, che diventa sempre più comune anche se nella teologia non è ancora stata assunta compiutamente, riconosciamo che il processo contiene anche degli eventi negativi e fallimentari, per la casualità esistente, per le componenti di resistenza in atto, ma soprattutto per l’imperfezione della condizione creata.
    Nella prospettiva evolutiva la creazione non è ancora compiuta, cioè la forza creatrice non ha ancora potuto esprimere tutta la perfezione che contiene, per cui le realtà sono imperfette e inadeguate e anche le loro azioni sono insufficienti
    Annunciare la salvezza quindi non vuol dire che tutto ciò che accade è positivo e voluto da Dio, ma vuol dire che c’è un traguardo positivo che permette di cogliere l’orientamento. Ci sono delle situazioni in cui il senso non c’è, ma la salvezza è garanzia del senso, è offerta della possibilità di camminare fino al traguardo.

    2. Il male è una componente essenziale del processo. La salvezza è la garanzia che il male non prevale.
    Nella visione statica il male è una intrusione indebita, un’ingiusti-zia di cui deve essere ricercata la causa, mentre nella prospettiva evolutiva esso è una componente essenziale del processo, perché non esiste processo storico né creatura umana che non contenga imperfe-zione o inadeguatezza.
    La salvezza è la garanzia che il male non prevale, cioè che è possi-bile a bene prevalere, nella misura in cui gli uomini lo accolgono. Si tratta quindi di una salvezza precaria, possibile attraverso la fedeltà degli uomini, è offerta della possibilità, è grazia donata.

    3. Non esistono doni “soprannaturali”. La salvezza è offerta di pienezza, garanzia dell’unità del processo.
    Nella prospettiva statica la creatura ha già tutti gli elementi per essere se stessa, e gli eventuali doni successivi sono “soprannaturali”, perché la natura contiene già tutti gli elementi suffi-cienti e necessari,
    il che porta a considerare secondario o accidentale quello che viene offerto successivamente.
    Nella prospettiva evolutiva invece il dono successivo è necessario, la creatura non può fare a meno di accogliere il dono che gli altri le offrono per diventare se stessa, per pervenire al proprio destino eterno, per raggiungere la propria identità.
    L’offerta di vita lungo la storia è necessaria, e quindi non è “soprannaturale”, non cade dal cielo ma fiorisce dalla terra, dall’intreccio delle relazioni, dalle esperienze storiche.
    La salvezza è garanzia dell’unità del processo, offerta di pienezza che deriva da quella fonte della perfezione che nella prospettiva della fede chiamiamo Dio. Salvezza è precisamente garanzia di quel filo d’oro che può condurre chi lo trova fino al proprio compimento, alla propria pienezza.

    4. La salvezza non viene donata alla fine. Il tempo presente è il luogo della salvezza.
    Una quarta differenza riguarda l’importanza del tempo intermedio, cioè il tempo che stiamo vivendo oggi. Nella prospettiva statica tutto il valore del cammino stava nel ricevere alla fine il dono atteso. Si pensava che tutto verrà donato daccapo, sulla terra non facciamo altro che acquistare il diritto a ricevere quel dono attraverso un patto con Dio, ma qui non succede nulla del destino definitivo. Questa prospettiva è stata a lungo analizzata, ma neppure il Concilio Vaticano II l’ha chiarita; è stato Yves Congar a introdurre una soluzione intermedia, secondo cui: Tutto viene da Dio come dono definitivo però la sua misericordia è tale che utilizzerà per la corona che offrirà ai giusti, delle perle preziose che desumerà dalla storia degli uomini.
    Nella prospettiva evolutiva invece il tempo attuale è il luogo della salvezza. La salvezza è il nome del dono che continuamente accogliamo quando ci trasmettiamo reciprocamente la forza di vita. Essa ha la sua origine nella forza creatrice di Dio, ma diventa dono che ciascuno di noi offre e accoglie dagli altri, per cui è in questo tempo che si costruiscono quelle strutture di salvezza che ci renderanno in grado di vivere in modo nuovo. La nostra identità de-finitiva non sarà il risultato di un’aggiunta successiva, è ora che stiamo diventando figli. “Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo veramente, ciò che saremo però ancora non lo sappiamo”, secondo la formula della prima lettera di Giovanni.

    5. Il contenuto concreto della salvezza cambia nel tempo. La salvezza oggi può acquistare un nome nuovo che ancora non conosciamo.
    Nella prospettiva evolutiva dobbiamo tenere presenti due cose: gli eventi salvifici sono quelli accaduti duemila anni fa, ma l’interpretazione della salvezza è in evoluzione perché l’evoluzione non riguarda soltanto l’aspetto biologico della vita, ma anche quello psichico e spirituale. Inoltre anche i beni che abbiamo designato come pace, remissione dei peccati, pienezza di vita, nel tempo vengono ad assumere contenuti diversi, cioè si riferiscono a qualità diverse di vita.
    Anche oggi l’umanità deve fare un salto qualitativo, sperimentare una forma nuova di amore. In questo senso la croce è espressione di una capacità nuova di amore, in grado di sconfiggere la violenza e di introdurre nella storia dinamiche nuove. Per questo la salvezza può acquistare un nome nuovo che ancora non conosciamo.
    Forse ci sarà qualche santo nel mondo che sta cominciando a conoscere il segreto di questa nuova forma di amore oggi necessario, qualcuno che starà sperimentando forme nuove di comunicazione di vita che diventerà appannaggio di tutta l’umanità nel corso dei secoli.
    Dobbiamo avere consapevolezza che c’è qualcosa di nuovo che sorge, la Pentecoste non è il semplice ricordo di ciò che è avvenuto un giorno, è un evento che oggi accade se ci sono uomini che accolgono lo Spirito.

    6. La croce non è evento di espiazione dei nostri peccati. La croce è salvezza perché segno che l’amore può sconfiggere la violenza e l’odio.
    Nella prospettiva statica il riferimento a Gesù era centrato sulla croce come evento di espiazione, cioè come pagamento per i peccati degli uomini.
    Nella prospettiva evolutiva il riferimento alla croce ha un significa-to completamente nuovo: punta sulla testimonianza di amore che Gesù ha dato e sul dono dello Spirito immesso nella storia degli uomini. La croce era contraria al volere di Dio perché era una ingiustizia, ma Gesù si è trovato nella necessità di compiere il volere di Dio, cioè di rivelare il suo amore ed esprimere la potenza della sua misericordia proprio in una situazione ingiusta e contraria al suo volere. La croce è stata il segno che l’amore può sconfiggere la violenza e l’odio. Se oggi noi riusciamo ad infondere amore dove c’è odio, o esprimere mitezza dove c’è violenza, allora siamo in grado di annunciare il mistero, cioè la croce come salvezza.
    La risurrezione è il risvolto della croce: Gesù ha compiuto la volontà di Dio perché ha realizzato il suo amore e ha mostrato che Dio è vicino a chi soffre. Ha comunicato quella forza che consente di tradurre in gesti di solidarietà e di fraternità l’inedita azione di Dio che salva, quella che anche oggi deve diventare forza di vita per coloro che si trovano in quelle condizioni.
    “La salvezza non cade dal cielo ma fiorisce dalla terra, dall’intreccio delle relazioni, dalle esperienze storiche”

    7. La salvezza non è il premio che si raggiunge nell’oltremorte. Salvezza è la pienezza della vita quotidiana.
    Nella visione statica salvezza indicava pienezza di vita raggiunta nella morte, meritata lungo il cammino attraverso la pazienza nella contrarietà, “portando la croce” nell’attesa della venuta di Dio.
    Nella visione evolutiva salvezza designa la pienezza della vita quotidiana, cioè il vivere ogni istante pienamente e la possibilità di attraversare tutte le situazioni, anche quelle negative e insensate, in modo sensato e positivo.
    Noi possiamo accogliere l’azione di Dio, fidarci talmente di lui anche nelle situazioni ingiuste, peccaminose, contrarie al suo volere, come è stata la croce per Gesù, così da accogliere il suo amore e espri-merlo nella nostra vita.
    Essere salvati è la capacità di aprirci all’amore di Dio anche nelle situazioni più negative e contrarie al suo volere.
    Questi cambiamenti che stanno avvenendo hanno notevole incidenza anche nell’impostazione concreta della vita dei discepoli di Gesù. Sono tre le conseguenze concrete che possiamo individuare.
    Prima di tutto le pratiche che costituivano i “buoni premio” per la vita futura perdono valore.
    Perde valore l’impostazione giuridica della salvezza che aveva uno sviluppo notevole, come indica ad esempio la teologia delle indul-genze.
    In secondo luogo acquista valore lo sviluppo della dimensione spirituale della persona. La problematica delle opere oggi è scompar-sa, non ha più valore, perché è l’azione di Dio che opera in noi.
    Importante non è ciò che facciamo, ma il farlo con atteggiamento di innocenza, di abbandono fiducioso in Dio per cui cresciamo come figli di Dio.
    In altre parole, rilevante non è ciò che facciamo, ma chi diventiamo attraverso ciò che facciamo, quali dinamiche di vita mettiamo in circolo, quali forze spirituali consegniamo agli altri e accogliamo dagli altri.
    In terzo luogo acquistano valore le diverse religioni del mondo, perché non è più l’appartenenza che garantisce la salvezza. Le religio-ni nel mondo sono realmente lo spazio dove lo Spirito può esprimere delle ricchezze che nella nostra tradizione sono state trascurate o anche impedite, e che possiamo accogliere entrando in dialogo con gli altri.
    Il dialogo diventa un momento essenziale del cammino salvifico. Anche la Chiesa ha bisogno di parlare con gli altri per sapere dove è la salvezza, per sapere come sviluppare tutte le dinamiche della persona e pervenire a quella pienezza di vita a cui il Signore ci chiama. È questo l’impegno che dobbiamo assumere.

    Tracce di risposta

    Il tempo è una condizione essenziale per noi in quanto creature. Noi siamo tempo per struttura creata, cioè non possiamo accogliere in un istante tutta la perfezione di cui abbiamo bisogno, ma solo frammento dopo frammento perché veniamo dal nulla. Anche il cosmo ha iniziato soltanto da quel piccolissimo nucleo di energia di cui parlano gli scienziati, precisamente perché il tempo è una componente essenziale dell’esistenza.
    Diverse domande partono dalla supposizione che Dio può comunicare già tutto dall’inizio; in realtà Dio offre tutto ma noi non possiamo che cogliere qualche piccolo frammento. Anche la modalità impersonale della fase della creazione, è una modalità necessaria non da parte di Dio ma delle creature, che non possono accogliere l’azione della consapevolezza e della libertà se non a un determinato livello di completezza. In altre parole l’azione creatrice è sempre spirituale, ma ciò che la creatura accoglie è ancora impersonale, inadeguato, insufficiente perché non ha le strutture sufficienti per esprimere altro.
    Quando è giunta al livello umano, la forza creatrice è riuscita a far esprimere la dimensione spirituale che prima non poteva. Esisteva già nella fonte, per cui possiamo dire che tutta la realtà portava la “nostalgia” dello Spirito, per usare un termine metaforico. Theilard de Chardin sottolineava questo e diceva che” lo Spirito è l’espressione del tutto cui la materia tende”.
    Il concetto di azione creatrice o “creazione continua” vuol dire che tutta la realtà creata è in continua dipendenza da una forza più grande. Questo è molto comprensibile se esaminiamo la nostra strut-tura; noi siamo continuamente dipendenti a tutti i livelli; a livello fisico dipendiamo dalle cinque forze fondamentali; a livello biologico dipendiamo dalla necessità continua di respirare, alimentarci, curare la nostra salute, ecc.; a livello psichico abbiamo bisogno continuamen-te dell’amore degli altri. A livello spirituale quando giungiamo a scoprire l’amore di Dio impariamo ad attraversare anche le fasi in cui l’amore creato viene meno, fidandoci interamente dell’azione dello Spirito e vivendo in modo positivo anche le situazioni negative.
    Ma perché Dio non poteva fare figli di Dio fin dall’inizio? Li ha fatti, solo che sono sorti dopo quattordici miliardi di anni perché prima non potevano sorgere. Cito ancora Theilard de Chardin: “Dio non fa le cose, offre alle cose di farsi”, alimenta il processo così che giunga ad un certo momento ad esprimersi e fiorire.
    Venendo alle singole domande, vorrei osservare che quello della legge naturale è proprio uno dei problemi che la Chiesa avverte. Lo stesso cardinale Ratzinger, nel 2004, quando si confrontò con il filosofo Jurgen Habermas all’Accademia cattolica di Monaco di Baviera, riconobbe chiaramente che, stando al modello evolutivo, non era più possibile ricorrere alla legge naturale. Nel novembre succes-sivo, come Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, spedì una lettera a ventiquattro Università di tutto il mondo esortandole a riflettere sul problema della legge naturale. Il cammino che la Chiesa e la cultura stanno facendo è quello di individuare le leggi di fondo che regolano il processo della vita, e in particolare della vita umana, e gli sviluppi che nel tempo queste leggi e queste dinamiche possono avere. Questo lavoro è ancora in corso, le risposte non possono arrivare subito.
    Riguardo al fatto che la divinità abbia già predisposto tutto e fissato che tutto sia salvato, questo non è vero. Prima di tutto perché l’azione di Dio non impone nulla, l’azione creatrice offre, e in tante situazioni sono realizzabili diverse possibilità, ma se ne realizza una sola. La stessa casualità è espressione di una casualità abbondante, cioè di una offerta numerosa per cui accadono eventi condizionati da tanti elementi che non possono essere predeterminati. Ho sempre resistenza a mettermi dalla parte di Dio e dire che cosa fa Dio, perché non lo possiamo sapere. Dobbiamo rinunciare a parlare di cosa av-viene in Dio, perché di Dio possiamo dire soltanto quello che emerge nelle creature umane, quindi limitiamoci a parlare delle creature. Il resto ci sfugge.
    Come si fa a trasmettere questo pensiero? La ragione di questi incontri è proprio questa, favorire i cambiamenti culturali che avvengono pian piano. Questo è il lavoro da fare con pazienza. Quel-lo che è importante è che tutti ci sentiamo attori di questo processo. Non sono solo i vescovi o i teologi a dover fare questo lavoro, lo dobbiamo fare tutti insieme, confrontandoci, esprimendo la nostra esperienza di fede nei nuovi orizzonti culturali.
    Riguardo al peccato originale, se noi pensiamo ad esso come lo trasmette la tradizione popolare, certamente non sta in piedi. Noi non nasciamo nel male perché all’inizio c’è stato uno che ha sbagliato, il punto è che la perfezione della vita viene comunicata in modo imperfetto e inadeguato per le scelte negative compiute dall’umanità. Certamente possono esserci stati degli ambienti dove la vita è stata trasmessa in modo pieno, ma è sempre un’esperienza limitata a un determinato ambiente e una data fase culturale. È una pienezza prov-visoria, che deve poi svilupparsi e procedere oltre. La dottrina del peccato originale ha un’importanza notevolissima, e oggi dobbiamo affermare che le generazioni che fanno delle scelte negative trasmettono la vita non solo in modo limitato, ma inadeguato, non come dovrebbe essere. Per cui la generazione consapevole di questo, si impegnerà, si metterà insieme per alimentare la vita, per testimoniare la possibilità di salvezza.

    (FONTE: “La salvezza nella prospettiva dinamica” pubblicato sul n. 9 – settembre 2009 – dedicato al tema Chi ci salva? Da che cosa?, di “Oreundici” – Crescita umana e spirituale nel quotidiano, Roma.


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