Perché la Pasqua
diventi una festa
Un quasi editoriale
È PASQUA!
È il “passaggio” da un modo di vivere “da schiavi” e “nella tristezza” ad un altro modo di vivere “da liberi” e “nella festa”.
È FESTA!
La festa come fatto educativo e spirituale
Ai giovani del suo tempo don Bosco ha presentato la vita come festa e ha fatto sperimentare la fede come gioia, allegria, felicità. L’originalità di don Bosco è duplice: da una parte egli ha intuito il grande valore educativo della festa e ha voluto che l’allegria e il canto, come l’amicizia e lo scherzo, non mancassero mai nella sua casa; dall’altra egli ha intuito che la festa è un fatto spirituale, cioè un luogo in cui si afferma che la vita intera è nelle mani di Dio Padre. La naturale tendenza alla festa nei giovani don Bosco l’ha maturata alla luce della fede nella risurrezione. Fare festa, in una spiritualità che prende sul serio l’educazione, è una confessione solenne che il mondo intero è nelle mani di Dio Padre, che davvero Gesù è risorto e la vita può diventare una festa.
Per condividere la festa
Occorre essere un poco più precisi nel dare contenuto alla festa.
La prima domanda che ci si pone è: fare festa ci allontana dalla serietà che i problemi di ogni giorno impongono? In altre parole: vivere la festa ci impedirebbe di prendere parte alle tensioni e all’impegno per la giustizia e la pace?
La risposta la si può trovare in una riflessione di un teologo moderno che osserva:
«Solo per chi è capace di essere contento, le proprie e altrui sofferenze diventano dolore. Chi può ridere può anche piangere. Chi ha speranza diventa capace di sopportare il mondo ed essere triste.
Là dove si è fatto sentire il soffio della libertà incominciano a fare male le catene». La festa allora non è il contrario dell’impegno, ma l’unico vero luogo in cui si genera un impegno e lungo termine, un impegno che si radica in una fede umana e cristiana.
La seconda domanda è: dove e come concretamente fare festa, vivere la festa?
Nella società ci sono molti modelli di ricerca della festa e della felicità.
C’è il modello “consumistico” di chi trova la festa nell’accumulare oggetti ed esperienze, nel lasciarsi mangiare dalle cose e dalle attività e cerca la quantità delle occasioni.
Quale “passaggio” fare?
* Dal “consumare cose”… al sostituire la qualità delle esperienze e la essenzialità delle cose da utilizzare.
C’è il modello “del fai da te” di chi crede di potersi costruire la felicità tutta con le sue mani, con il suo impegno “senza gli altri”.
Quale “passaggio” fare?
* Dall’“essere solo”… al condividere ciò che si è e ciò che si ha, coinvolgendo gli altri.
C’è il modello “dell’attimo fuggente” di chi dice: “goditi quel poco che la vita ti passa, che altro non esiste”; oppure : “vivi la felicità nell’attimo perché quando è finito non c’è più nulla, e quel che deve venire non lo sai e in ogni modo sarà un altro attimo!”
Quale “passaggio” fare?
* Da “avere tutto e subito”… al curare la capacità di attesa, il senso della speranza e del sogno, la capacità di prolungare l’esperienza fatta, illuminando la propria vita quotidiana.
Allora, se siamo disposti a “fare i passaggi da… a…”, anche per noi è “Pasqua-Festa”.
Un giovane prete, don Franco Delpiano, anche di fronte a una diagnosi che fissava il termine della sua vita, ha saputo scrivere:
«Se nonostante tutto siamo ottimisti
è perché Cristo è risorto!
Se spero in un mondo migliore
è perché Cristo è risorto!
Se non mi spavento di me stesso
è perché Cristo è risorto!
Un augurio a voi:
sentite Cristo risorto
anche per ognuno di voi
e per tutti i vostri cari».
Che sia una pasqua-festa di vita così anche per noi, e i nostri giovani.