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    «Chi viene a me

    non avrà più fame

    e chi crede in me

    non avrà più sete, mai!»

    Lectio divina di Gv 6,24-35

    Giuseppe De Virgilio


    Il testo biblico:

    24Quando dunque la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafarnao alla ricerca di Gesù. 25Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?».
    26Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. 27Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo». 28Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». 29Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato».
    30Allora gli dissero: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? 31I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: Diede loro da mangiare un pane dal cielo». 32Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. 33Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo». 34Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane. 35Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai! (Gv 6,24-35)

    Per introdurmi

    - Ho sempre pensato - da quando l’amore per la Parola si è acceso nel mio cuore - che non sarebbe possibile fare un incontro capace di cambiarti dentro se non avviene anzitutto attraverso la comunicazione e il dialogo.
    Pertanto stamani siamo chiamati a «cercare insieme» di vivere un incontro «nella misericordia» in cui si incrocia la lettura di un testo ispirato da Dio e scritto tanti anni fa, con la «vita» concreta che segna la nostra quotidianità, qui in Ancona, precisamente nelle coordinate storiche delle nostre relazioni.
    - La lectio si presenta come un «ponte» che ti permette di collegare la forza spirituale del testo con il bisogno della tua vita. Ascoltare con la mente e il cuore questa Parola significa percorrere quel cammino di misericordia che fa da ponte tra te e Dio, tra passato e futuro, tra ciò che oggi sei e ciò che puoi diventare nel «suo progetto di amore». Tu possiedi un «potere»: quello dell’ascolto, capace di assumere la forza trainante della Parola e declinarla in modo unico e irripetibile. Ecco il senso profondo dell’ascoltare.
    - Ascoltare la Parola significa anzitutto «imparare ad ascoltarsi» e questo processo diventa un autentico e singiifcativo momento in cui mi comprendo e mi apro verso la speranza. Il senso della nostra lectio ha quindi una finalità chiara: incontrare attraverso l’ascolto del Vangelo una presenza, una presenza di misericordia che ha un volto e un nome: Gesàù Cristo, il solo che può dare risposte alle domande che mi porto dentro. Risposte non ricette! Nulla di magico, nulla di fantasioso: tutto può cominciare se lasciamo che lo Spirito di Dio operi in noi e penetri nelle nostre debolezze e fragilità. Egli le conosce ed oggi vuole anche abitarle. Tutto dipende ora dalla nostra risposta di fede.

    Sguardo panoramico su Gv 6,24-35

    - Come a cerchi concentrici osserviamo come l’autore in Gv 7 racconta e ripresenta il fatto della moltiplicazione dei pani e le reazioni della gente che ha seguito fin nel luogo deserto il Signore[1]. Al centro di tutta la scena c’è Gesù, il Nazareno che «sta» con chi ha fame e conosce la fragilità umane. Intorno ci sono uomini e donne che vivono in modo diverso la presnza di Gesù. I discepoli fanno corona al Signore. Sono essi a coinvolgere un «giovane» che dona i cinque pani e i due pesci. Vediamo la gente che è attratta dai segni operati sugli infermi. Tutto sembra bellissimo, senza problemi chè conflitti: le malattie sono guarite, la fame viene sfamata, le debolezze diventano certezza. Addirittura aAlla moltiplicazione dei pani segue il segno notturno di Gesù che cammina sulle acque del lago[2]. La presenza di Gesù costituisce la risposta a tutte le difficoltà. Ma Gesù lascia quel posto per recarsi altrove, a Cafarnao.
    E poi?
    - Il racconto giovanneo inaugura un secondo momento che rende comprensibile i due segni precedentemente raccontati. Partendo dalla ricerca di Gesù, tutte le figure menzionate nel racconto sono chiamate a passare dal «vedere» i segni all’«ascoltare» una persona che si fa presenza. Il «vedere» i segni stimola la curiosità, ma può rimanere solo un fatto esterno. Occorre «comprendere» il valore dei segni: moltiplicare il pane, camminare sulle acque del lago nella notte.
    Che significa?
    - La risposta arriva solo alla fine del lungo e profondo insegnamento che Gesù offre ai suoi interlocutori. Comprendiamo come il nostro capitolo si compone di due parti: i segni mostrati e la loro spiegazione. Siamo nella fase della spiegazione ma dobbiamo avere presente quanto è accaduto prima, nel deserto e durante la notte. Precisamente la pagina giovannea costituisce una parte di questo strardinario mosaico che illumina il nostro cammino spirituale. L’affermazione di fondo è chiara: avere fame è un bisogno fondamentale dell’uomo. Nella storia di Israele questo bisogno è stato recepito da Dio, che nel deserto ha sfamato il popolo con la manna. E oggi? Gesù risponde così: solo chi «va da Lui e crede in Lui» troverà una risposta piena e definitiva alla sua fame e alla sua sete!
    Cosa cambia?
    - Non c’è più una terra dove scorre latte e miele, ma c’è un incontro che cambia radicalmente la nostra storia: l’incontro con «Colui che è» pane e sorgente per sfamare e dissetare. Da qualcosa a «Qualcuno», una presenza che si traduce in amore misericordioso: ecco la rivelazione che siamo chiamati ad accogliere e che ci fa cambiare. C’è un pasaggio, un «ponte» da attraversare: percepire la Sua presenza in me, che va oltre l’atto miracoloso e il bisogno del momento. Se non riesco a credere a questa presenza e non cambio il mio modo di relazionarmi con Lui, mi privo di questo incontro.

    Lectio

    - Il nostro brano costituisce la prima parte dal grande discorso sul «pane di vita» pronunciato nella sinagoga di Cafarnao[3].
    Nei vv. 24-29 si registra un primo dialogo, a cui segue una rivelazione. Segnalo alcuni passaggi-chiave determinati dalla forza dei simboli presenti nel testo.
    * Dal cercare qualcosa (il pane / le sicurezze) al cercare Qualcuno (vv. 24.26)
    * dai segni che saziano temporaneamente, al cibo che non fa perire per l’eternità (vv. 26-27)
    * dal ricordo della manna, alla fede nel Figlio dell’uomo (v. 27)
    * dalla fatica degli sforzi fatti degli uomini, all’opera compiuta da Dio (v. 28)
    * Dio conferma con il «suo sigillo» il Figlio e per questo la sua opera implica la fede in colui che egli ha inviato.
    - Nei vv. 30-35 si registra un secondo dialogo, che interpella il valore autentico della fede.
    * si evidenzia una notevole tensione tra vedere i segni e credere nell’opera di Dio
    * mentre i presenti insistono sul «compiere» (al centro la potenzialità umana), Gesù sottolinea l’azione del Padre celeste (la gratuità divina)
    * la fede non nasce dai segni ma dalla scoperta di un progetto (verità) che viene da Dio
    * il progetto è quello di donare la vita piena non mediante il pane ma attraverso «Colui che discende dal cielo» (v. 34)
    * la gente chiede a gesù questo pane «che discende dal cielo» (v. 34)
    * il dialogo culmina al v. 35 con la definizione di identità del Signore: «Io sono il pane della vita» e con la risposta che tutti ci attendiamo nella vita.
    In Cristo io posso trovare la mia risposta di amore, di misericordia e di futuro.

    Il messaggio fondamentale

    - L’importanza del discorso eucaristico di Cafarnao evidenzia alcuni elementi teologici centrali che compongono il messaggio fondamentale: il rapporto tra sacramento dell’Eucaristia e mistero dell’incarnazione del Logos. «Mangiare la carne» e «bere il sangue del Figlio dell’uomo» esprimono il realismo della comunione sacramentale con il Verbo incarnato; l’Eucaristia si collega con il mistero pasquale e rievoca il sacrificio redentore del Cristo sulla croce «per la vita del mondo».
    - In questa pagina i credenti sono posti in un rapporto vitale con il mistero della redenzione mediante l’Eucaristia che implica la risposta della fede[4]. Il rapporto tra Incarnazione di Cristo ed Eucaristia è fondamentale per comprendere la logica del «dono totale di sé» nella fede e per la salvezza[5]. In questo mistero dell’Incarnazione possiamo cogliere il sendo della sua Presenza e della sua misericordia.

    Meditatio

    - Un primo aspetto antropologico del brano giovanneo è il passaggio dal «segno» alla Persona. Si tratta di uno sforzo ermeneutico che implica la dimensione intima della fede: «vi ho detto che voi mi avete visto e non credete» (Gv 6,36). La capacità interpretativa dell’uomo deve consentire al credente l’incontro con la persona del Cristo che si rivela nel «segno del pane». Il brano della moltiplicazione dei pani ci mostra la preoccupazione di Gesù di dare una risposta concreta alla «fame» del popolo. La sua preoccupazione evidenzia ancora di più la condivisione dei bisogni e della realtà umana, mediante i mistero dell’incarnazione. Il «pane quotidiano», esigenza rilevata nella stessa preghiera al Padre (Mt 6,11) è donato dal Cristo stesso che oltrepassa il solo bisogno umano del cibo «che perisce» e intende donare il «cibo per la vita eterna» (Gv 6,27). Il Verbo incarnato, presentandosi come «pane» della vita evidenzia la dimensione escatologica del suo messaggio: egli è colui che rivela all’uomo la sua definitiva destinazione, manifestando e comunicando la volontà del Padre.
    - Il «pane che discende dal cielo» posto in parallelo con la Legge (Torah) simboleggiata dalla manna, indica come Cristo prende il posto dell’antica legge mosaica e si proclama rivelatore della vita divina. Già nel dialogo con Nicodemo Gesù aveva parlato dell’esaltazione del «Figlio dell’uomo» (Gv 3,13s.). Nel discorso di Cafarnao si aggiunge un ulteriore aspetto: Dio si fa dono eucaristico per ottenere all’umanità la vita eterna. Egli è fonte della vita e del nutrimento mediante la sua carne e il suo sangue (Gv 6,53).
    - Si nota la centralità del verbo «donare» (Gv 6,27) che colloca la manifestazione del Figlio dell’uomo in una prospettiva futura della sua Pasqua, cioè il «dono totale di se stesso» per la salvezza dell’umanità. La funzione del pane celeste è quella di donare la vita: la salvezza piena e la felicità che l’uomo ricerca derivano dalla fede nel Verbo incarnato (Gv 6,35). La vita eterna ha una duplice sorgente: il dono del pane celeste (elemento oggettivo) e l’accoglienza mediante la fede personale e comunitaria (elemento soggettivo).
    - Si ripropone in modo primario il tema della morte e della contrapposizione tra vita e morte. La tematica è sviluppata mediante le antitesi morire/vivere (Gv 6,49-51.58), cibo perituro/cibo per la vita eterna (Gv 6,26s.), perdizione eterna/risurrezione nell’ultimo giorno (Gv 6,39s.). La domanda antropologica sulla vita e sulla morte si impone alla riflessione umana come domanda di senso, lasciando emergere come la vita piena secondo Dio consista in una «donazione eucaristica» che supera il segno puramente umano e si colloca nella prospettiva della felicità eterna.

    Actio

    - Il nostro cammino richiede la fede, la condivisione, la testimonianza della vita, ma soprattutto l’imprescindibile rapporto intimo e personale con il Figlio di Dio in un modo del tutto nuovo: mangiare la sua carne e bere il suo sangue. Il valore pedagogico di questo messaggio implica un coinvolgimento totale della propria vita con la vita stessa di Dio[6].
    - L’Eucaristia chiede la condivisione del «poco» dell’uomo con il «tutto» di Dio. La narrazione della traversata del lago, che simboleggia il potere cosmico del Figlio di Dio sulla natura, rivela in Cristo ogni paura e ogni distanza viene annullata dalla presenza divina nella vita dei discepoli, che è fonte di serenità e di pace. L’incontro con Gesù realizzato nella fede si esprime nella più completa fiducia e nella totale adesione alla sua volontà salvifica (cf. Sal 27,1-3). Nel verbo «donare» si esplica lo stile dell’esistenza filiale di Cristo: essere dono per l’umanità e nello stesso tempo «diventare dono» (cf. Mc 6,37:«date loro voi stessi da mangiare»)[7].
    - E’ questo il messaggio più forte che deve vincere ogni egoismo e ogni tentazione di particolarismo. L’esperienza cristiana, in quanto esperienza eucaristica, si traduce nel dono totale di sé a Dio e ai fratelli. Come il segreto della vita trova la sua origine nell’incarnazione del Figlio, così la sussistenza del credente trova la sua unica fonte nell’Eucaristia. Donare implica il «donarsi», consegnarsi nella mani del Padre. La preghiera diventa espressione di tale donazione, sull’esempio del Figlio di Dio. Il Sacramento dell’Eucaristia assume una eminente valenza progettuale. Vivere l’Eucaristia si traduce quotidianamente nella decisione di «donare» con tutto me stesso la vita a Dio e ai fratelli[8].

    Epilogo: ti lascio tre parole

    * Le tue ferite possono essere guarite
    - La gente (e i discepoli) sperimenta il bisogno di essere guarita dalla sue ferite. In questa pagina ci viene confermata la promessa che le nostre debolezze e fetire possono essere guarite. Questa guarigione segue il processo dell’Incarnazione: saper passare attraverso il tempo della prova, della debolezza per entrare nella guarigione e nella pace. Il cibe che non perisce rimanda all’opera di Dio: essa è la misericordia.
    * Non fermarti al segno, ma cerca la Presenza che ti cambia
    Abbiamo bisogno di sicurezze. Quali? Possiamo fare un elenco interminabile di urgenze che oggi vediamo emergere nel nostra ambiente, nella vita delle nostre famiglie. Il nostro brano giovanneo ci aiuta a fissare lo sguardo su una Presenza che ti cambia e che ti permette di affrontare tutte le fatiche e le debolezze della vita.
    C’è una realtà davanti al te, che non si impone ma che si propone nella logica della libertà. Questa realtà è definita in modo straordinario con questa espressione: «Io sono il pane della vita».
    * Dal «vedere per credere» al «credere per vedere»
    Quest’ultima parola è forse la chiave di lettura del tuo bisogno di misericordia. La guarigione più profonda che siamo chiamati a sperimentare è quella della fede, che va oltre il vedere umano. Entrare nel cuore del Padre che pone il suo sigillo mediante lo Spirito nella Presenza misericordisa del Figlio, pane di vita eterna. Oggi tu hai bisogno di «credere» per vedere! Tutto comincia da questo cambiamento «dentro» il tuo cuore. In questo Congresso Eucaristico sperimenti come l’Eucaristia è Presenza di misericordia per la tua vita e la vita del mondo.


    NOTE

    [1] Un primo aspetto concerne la divisione del capitolo in due momenti: i vv. 1-21 il segno della moltiplicazione dei pani e del ritorno di Gesù attraverso il lago; i vv. 22-71 il discorso eucaristico (vv. 22-59) e la reazione dei presenti con il dialogo di Simon Pietro (vv. 60-71). Tuttavia le due parti sono strettamente connesse tra di loro sia cronologicamente che teologicamente.
    [2] Il racconto del segno della moltiplicazione dei pani possiede una serie di elementi simbolici che preparano ed introducono il discorso eucaristico successivo: una grande folla segue Gesù per i segni che egli compiva sui malati; il contesto è quello della festa di Pasqua ormai vicina; il dialogo tra Gesù e Filippo; la descrizione del miracolo mediante i gesti «eucaristici» descritti dall’evangelista (si osserva l’importanza simbolica dei verbi: «far sedere, rendere grazie, distribuire, radunare»). La reazione al «segno» dei pani fa esultare la gente in una esclamazione di fede: «questi è davvero il profeta che deve venire nel mondo!» (v. 14). Gesù si ritira sulla montagna a pregare mentre i suoi discepoli, venuta la sera decidono di attraversare il lago in direzione di Cafarnao. Una seconda esperienza miracolosa si presenta ai discepoli nel lago (vv. 16-21): Gesù cammina sulle acque e si avvicina alla barca che era in difficoltà per il forte vento. Alla paura dei discepoli si contrappone la rassicurazione di Gesù e delle sue parole: «Io sono, non temete!», espressione rivelativa che richiama l’autorità del nome divino (Es 3,14) e ne simboleggia il potere cosmico sugli elementi della natura (camminare sul mare, placare la furia del vento, ecc.).
    [3] L’articolazione del testo è chiara: vv. 22-27: l’annuncio di un cibo che non perisce e la richiesta di una fede completa; vv. 28-40: Gesù parla di sé come «pane disceso dal cielo» e ribadisce l’importanza della fede in lui come l’unica «opera» richiesta per la salvezza; vv. 41-51: di fronte all’incredulità dei giudei si rinnova l’invito a credere, superando l’idea di un cibo materiale (il nutrimento della manna nel deserto) e proponendo se stesso come «pane di Dio che discende dal cielo» donato dal Padre. Gesù si presenta nuovamente come «pane della vita» ed afferma che il «pane della vita eterna» è la sua carne; vv. 52-59: di fronte all’incredulità e alla protesta dei giudei, il Signore ribadisce che la sua carne e il suo sangue sono dati in cibo per la vita del mondo. Il messaggio eucaristico raggiunge qui il suo culmine. Nei vv. 60-71 si descrive la reazione sdegnata di alcuni discepoli di fronte a quelle parole e il dialogo diretto con i Dodici, di cui Simon Pietro diviene il portavoce: «Signore da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio» (vv. 68-69).
    [4] Un ulteriore significato dottrinale è dato dall’aspetto comunitario ed ecclesiale del messaggio eucaristico. Già nel racconto del miracolo Gesù chiede che «siano radunati i pezzi avanzati» e nel discorso di Cafarnao appare chiaro come gli interlocutori si dividono e si scandalizzano delle parole di Gesù, mentre i «dodici», come comunità riunita attorno a Gesù accettano la rivelazione del Maestro e la vivono nella piena comunione.
    [5] L’itinerario giovanneo è segnato da una direttrice che parte dal Prologo (Gv 1,14) e raggiunge nel discorso eucaristico il suo culmine (Gv 6,33-35). Il «discendere del Figlio nel mondo» inizia con il mistero dell’incarnazione e si rivela compiutamente nell’eucaristia, che in IV vangelo anticipa e preannunzia la glorificazione pasquale; cf. G. Crocetti, Questo è il mio corpo e lo offro per voi. La donazione esistenziale e sacramentale di Gesù alla sua Chiesa (SB 34), Dehoniane, Bologna 1999.
    [6]Cf. in Panimolle S.A., Lettura pastorale del vangelo di Giovanni, II, 209-210; X. Léon-Dufour, Condividere il pane eucaristico secondo il Nuovo Testamento, LDC, Leumann 1983, 39-54.
    [7] Cf. Cei, Io ho scelto voi. Il catechismo dei giovani/1, 134-138; 148-155; Cei, Venite e vedrete. Il catechismo dei giovani/2, 153-156; 256-260; Cei, La verità vi farà liberi. Catechismo degli adulti, 684-699.
    [8] Cf. SC, 48; LG, 26; UR, 15; PO, 6.

    XXV Congresso Eucaristico Nazionale - Ancona, 6 settembre 2011


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