La penitenza
nel disegno di Dio
Dio richiamò a sé il popolo e lo rinfrancò con i molti favori della sua bontà, pur avendolo riscontrato ingratissimo; e dopo averlo esortato in continuazione alla penitenza, gli inviò gli oracoli di tutti i profeti per predicarla. Appena promessa la grazia che negli ultimi tempi avrebbe illuminato l`universo intero per mezzo del suo Spirito, comandò che la precedesse la promulgazione della penitenza, affinché coloro che per grazia chiamava alla promessa del seme di Abramo, per l`adesione alla penitenza fossero destinati ad essere in anticipo raccolti.
Giovanni non tace, dicendo: "Fate penitenza" (Mt 3,2): già infatti si avvicinava la salvezza alle nazioni, ossia il Signore che arrecava la seconda promessa di Dio. A chi destinava la preordinata penitenza, prefissata a purgare gli spiriti perché, qualsiasi antico errore lo inquinasse, qualsivoglia ignoranza del cuore umano lo contaminasse, purificando, sradicando e traendo fuori, preparasse allo Spirito Santo venturo una casa interiore pulita, in cui egli potesse entrare per godervi i beni celesti.
Unico è il titolo di questi beni, la salvezza dell`uomo, premessa l`abolizione dei crimini antichi; questa la ragione della penitenza, questa l`opera, che assicura la mediazione della divina misericordia, a pro dell`uomo e a servizio di Dio...
Quindi, per tutti i delitti, commessi nella carne o nello spirito, in azioni o nella volontà, che egli con proprio giudizio ha destinato alla pena, agli stessi, per la penitenza, ha promesso il perdono, dicendo al popolo: Fa` penitenza e vedrai la mia salvezza (cf. Ez 18,21). E poi: "Come è vero che io vivo - oracolo del Signore Dio - preferisco la penitenza alla morte" (Ez 33,11). Quindi la penitenza è vita, che si contrappone alla morte. Tu peccatore, mio simile - o anche a me inferiore: io, infatti, riconosco la mia responsabilità nei delitti -, cosí pervaditi di essa, abbraccia la fede come un naufrago si aggrappa ad un qualsiasi pezzo di tavola. Questa preleverà te, liberato dai frutti dei peccatori e ti trasferirà nel porto della divina clemenza.
Afferra l`occasione d`impensata felicità, sí che proprio tu, un tempo nient`altro davanti al Signore se non recipiente arido, polvere del suolo e vasetto da nulla, divenga da ora in poi fico rigoglioso, albero che quasi sgorga acque, dalla chioma perenne e che porta frutti a suo tempo, in modo da non conoscere né fuoco né scure.
Conosciuta la Verità, pentiti degli errori; pentiti di aver amato ciò che Dio non ama. Noi stessi, del resto, non permettiamo ai nostri servi di conoscere quelle cose da cui ci riteniamo offesi: infatti, la ragione dell`ossequio risiede nella somiglianza degli animi.
Invero, occorre parlare diffusamente e con grande impegno del bene della penitenza, e io ne ho fatto materia del mio discorso: noi in effetti per le nostre angustie una cosa sola inculchiamo, che è cosa buona, anzi ottima, quella che Dio comanda. Reputo infatti cosa audace discutere i divini precetti; e non tanto perché si tratta di un bene, e quindi dobbiamo ascoltarli, quanto piuttosto perché è Dio che dispone: prima viene infatti la maestà della divina potestà nella disposizione all`ossequio; prima si pone l`autorità di chi comanda, e non l`utilità di chi serve.
E` dunque un bene o no fare penitenza? Cosa rispondi? Dio dispone! Peraltro, egli non tanto dispone, quanto piuttosto esorta; invita con il premio, con la salvezza; e lo giura persino, dicendo: "Come è vero che io vivo", e brama che gli si creda.
Beati noi dei quali Dio giura la causa; miserrimi se non crediamo neppure a Dio che giura!
Ciò che Dio raccomanda reiteratamente e insistentemente, ciò che anche nel costume umano viene attestato con giuramento, dobbiamo come somma gravità accettare e custodire, affinché nell`adesione alla divina grazia, permaniamo nel suo frutto e possiamo perseverare fino ad averne il premio.
(Tertulliano, De poenitentia, II, 4-7; IV, 1-8)