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    Messaggio per la

    Giornata Mondiale

    della Pace

    Commento di Mario Toso *

    1. Difendere e promuovere la libertà religiosa è difendere e promuovere l’uomo: la Chiesa paladina delle libertà

    Il Messaggio di Benedetto XVI per la celebrazione della Giornata Mondiale della Pace (1° gennaio 2011) vuole essere un segno inequivocabile dell’impegno della Chiesa a difesa non solo di un diritto fondamentale, ma soprattutto dell’uomo in quanto tale, della sua dignità e libertà intesa integralmente, vale a dire di tutte le libertà con i rispettivi doveri e diritti, della stessa democrazia, della laicità positiva, in una parola, della civiltà.
    Oggi, attorno alla concezione della libertà religiosa e della sua interpretazione si gioca il destino della pace e, quindi, dell’umanità. Da essa dipende l’identità, il futuro morale e culturale dei popoli. La Chiesa desidera coinvolgere tutti gli uomini per renderli consapevoli che mobilitarsi per la libertà religiosa non significa intraprendere una battaglia di «retroguardia» della storia, bensì farsi promotori di vero progresso e autentico sviluppo per tutti, avendo il futuro come prospettiva.
    Con il suo Messaggio, Benedetto XVI invita, in particolare, ad approfondire la verità del diritto alla libertà religiosa, ossia le sue implicanze antropologiche, etiche, giuridiche, politiche, civili e religiose. Se il diritto alla libertà religiosa è frainteso, la conseguenza inevitabile è lo stravolgimento dello statuto morale e giuridico dell’essere umano. È posto a repentaglio il rispetto per l’altro, singolo o popolo che sia. Si innesca così un processo di perdurante conflittualità sociale, che porta all’accensione di focolai di guerra.

    2. La libertà religiosa si radica nella dignità trascendente della persona

    Si è detto che la Chiesa difende e promuove la libertà religiosa, come via per difendere e promuovere la dignità dell’uomo e la sua libertà. Essa, peraltro, fa dipendere il significato della libertà religiosa e, quindi, il futuro del diritto e del dovere corrispettivi, dalla concezione della dignità della persona.
    La visione della dignità umana di cui si fa portatrice la Chiesa è quella di una dignità trascendente, impressa da Dio in ogni uomo e donna, accessibile a tutti mediante la ragione. Consiste nella capacità di conoscere e volere il vero, il bene e Dio, ossia di trascendere se stessi, il proprio essere corporeo, di ricercare la verità sia come singoli sia assieme agli altri, nella propria comunità di appartenenza, nella società. Si tratta, pertanto, di una dignità che va letta ed interpretata secondo quella metafisica della relazione a cui rimanda Benedetto XVI nella Caritas in veritate (cf nn. 52-55), alla ricerca di un nuovo Umanesimo, di una nuova moralità.
    L’essere umano non è qualcosa, ma qualcuno. Possiede una naturale vocazione a realizzarsi nella relazione con gli altri e con Dio. «Senza il riconoscimento del proprio essere spirituale, senza l’apertura a Dio – si legge nelMessaggio - la persona si ripiega su se stessa». Non riesce a «trovare risposta agli interrogativi del suo cuore circa il senso della vita e a conquistare principi e valori etici duraturi», e «nemmeno a sperimentare un’autentica libertà e a sviluppare una società giusta» (n. 2).

    3. Al di là della mera tolleranza: la libertà religiosa è il midollo di ogni moralità e libertà, del rispetto reciproco, della pace

    La libertà religiosa è radicata nella capacità, di cui è dotato ogni essere umano, di ricercare il vero, il bene e Dio. E quindi è libertà che non è indifferente a questi valori, bensì innervata in un dinamismo che la specifica e la qualifica, contribuendo a strutturare l’uomo dal punto di vista etico.
    In effetti, la libertà religiosa – intesa non solo come immunità dalla coercizione, bensì come potestà di regolare il proprio rapporto con Dio e, pertanto, di ordinare le proprie scelte secondo l’amore a Lui – è all’origine della condottaretta o virtuosa delle persone e dei popoli.
    È proprio su questo punto – ossia su una morale costruita sul fondamento dell’amore a Dio e non sulla sua marginalizzazione, come vorrebbe una cultura post-moderna e secolaristica - che il Messaggio per la celebrazione della Giornata mondiale della pace smaschera l’aporia moderna, basata su una lettura forzata dell’etsi Deus non daretur di Grozio, e che pretende di risolvere i conflitti sociali con un’etica pubblica che prescinde da Dio.
    Per Benedetto XVI, una libertà nemica o indifferente a Dio nega se stessa, non garantisce una convivenza pacifica, perché una volontà che si oppone a Dio o si crede radicalmente incapace di ricercare il Sommo Vero e il Sommo Bene non ha ragioni oggettive né motivi per agire, se non quelli imposti da desideri momentanei e contingenti. Non ha un’identità da custodire e costruire continuamente, attraverso scelte veramente libere e consapevoli. Non può, quindi, reclamare il rispetto da altre «volontà», anch’esse sganciate dal proprio essere profondo, che possono far valere altre «ragioni» o addirittura nessuna «ragione».
    Solo una libertà amica di Dio, amato sopra ogni cosa, consente il perfezionamento dell’essere morale dei singoli e dei popoli, il rispetto, più che la mera tolleranza della fede dell’altro, la disponibilità di un autentico Stato di diritto sul piano nazionale ed internazionale.
    L’alternativa è rappresentata dal capovolgimento della scala dei beni-valori, dall’indebolimento dell’energia morale e degli ethos dei popoli. E, più concretamente, dal dogmatismo di un relativismo che conduce verso un «fare» senza limitazioni, che assegna il primato ai mezzi, emarginando l’uomo stesso e aprendo le porte ad ogni anarchismo giuridico e politico, ad inevitabili terrorismi culturali e civili, privi di qualsiasi razionalità. Questa situazione autorizza la libertà dei cittadini e dei loro rappresentanti a estrinsecarsi secondo una linea che rifiuta la verità dell’uomo, della società e del bene comune, deprivando di un’anima etica solida le regole procedurali della democrazia e lo Stato di diritto.

    4. I nemici della libertà religiosa: fanatismo, fondamentalismo e laicismo

    Nel Messaggio sono criticati in pari modo il fanatismo, il fondamentalismo e il laicismo, perché ignorano l’essenza della libertà religiosa, che è ricerca, libera e comunitaria, della verità trascendente. Questi «ismi» sono forme speculari ed estreme di rifiuto del pluralismo e del principio di laicità (cf n. 8).
    Le posizioni del fanatismo e del fondamentalismo finiscono per attribuire il diritto alla libertà religiosa solo ad alcuni soggetti e gruppi autoreferenziali e, nel contempo, vorrebbero imporre ad altri le proprie concezioni anche con l’uso della forza. Per questa via, negano l’universalità, l’intangibilità e la reciprocità della libertà religiosa. Al lato pratico, rifiutano la verità di un Dio, Padre di tutti, l’ uguaglianza di dignità delle persone, la figura di uno Stato laico, aconfessionale, nonché la libertà di pensiero, di coscienza e di religione, sancita nella Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo. Talora fomentano un atteggiamento di discriminazione, che provoca azioni irrazionali, sino a veri e propri atti di violenza, attentati contro luoghi di culto ed abitazioni, persecuzioni ed uccisioni, come documenta, relativamente ai cristiani, il recente volume di René Guitton.[1]
    Il laicismo secolaristico, maggiormente presente nei Paesi occidentali, giunge al rifiuto del pluralismo religioso e di una laicità positiva per la via singolare della negazione non solo del cristianesimo, ma di qualsiasi altra religione o tradizione, nel tentativo di promuovere una radicale emancipazione dell’uomo da Dio. Ciò viene fatto mediante un atteggiamento chiaramente prometeico. La marginalizzazione, ad esempio, del Dio cristiano o delle più volte menzionate «radici cristiane» non è espressione di una superiore tolleranza che rispetta in egual modo tutte le religioni, per non privilegiarne alcuna, bensì è l’assolutizzazione di una posizione che si contrappone a ogni credo e cultura religiosi.
    In taluni casi, purtroppo, si giunge all’estremo del cinismo.
    L’opposizione ai segni religiosi o, meglio, al cristianesimo, che in ultima analisi è opposizione a Gesù Cristo, può prendere a pretesto il rispetto per i mussulmani, i quali però, più che essere feriti nei loro sentimenti religiosi per un’eventuale inserzione delle «radici cristiane» nella Costituzione europea, restano scandalizzati da una cultura secolarizzata che nega le proprie basi.[2]
    Esistono oramai veri e propri dossier che testimoniano la discriminazione non solo delle religioni «importate» dai flussi migratori, ma anche del cristianesimo in Europa, regione che pur è a riconosciuta maggioranza cristiana.[3] Si tratta, il più delle volte, di un’intolleranza sottile, strisciante, quasi invisibile, concernente la libertà di coscienza e di espressione. Si manifesta in atti di vandalismo contro chiese e cimiteri, in parzialità nei luoghi di lavoro e nelle scuole, in rimozione dei simboli religiosi. A proposito di questi ultimi, è sintomatica la recente decisione della Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo del 2009, relativa alla richiesta di togliere il Crocifisso dalle aule scolastiche italiane.
    Tutto ciò conferma la crisi culturale dell’Europa. Essa appare in preda ad una scissione identitaria, che pregiudica il suo futuro e crea mille difficoltà nelle relazioni con le religioni «importate». Un soggetto schizofrenico – l’insegna la scienza psicologica – non è in grado di gestirsi e di relazionarsi con l’esterno.

    5. Il dialogo tra religioni in vista della pace, sulla base della comune ricerca della verità

    Per la Chiesa, il dialogo tra i seguaci di diverse religioni costituisce uno stimolo importante a collaborare con tutte le comunità religiose per la promozione della pace. È così che, in un mondo globalizzato, caratterizzato da società sempre più multi-etniche e multi-confessionali, le grandi religioni possono costruire non un problema bensì una risorsa, un importante fattore di unità e di concordia.
    Sulla base di tale dialogo, che presuppone una comune ricerca della verità, viene rigettato tutto quello che è contro la dignità dell’uomo e della donna, si fa tesoro di ciò che è positivo per la convivenza civile; si trova la convergenza su una misura condivisibile di bene, quale fondamento universale per la morale di una convivenza giusta e pacifica.
    Evidentemente – come ha sottolineato Benedetto XVI nella CIV – ciò è fattibile qualora si disponga di una razionalità non imprigionata nel limite, ma aperta al Trascendente. Una tale razionalità sussiste e si esercita entro un discernimento che partecipa all’Amore e alla Verità di Dio.

    6. Perché la Chiesa difende la dignità della persona e il connesso diritto alla libertà religiosa

    La Chiesa difende la dignità della persona e il connesso diritto alla libertà religiosa non solo per proprio interesse o esclusivo tornaconto. Lo fa a vantaggio di tutti e primariamente perché essa fa «memoria» ed esperienza quotidiana dello sguardo d’amore che Dio ha permanentemente per ogni persona, per l’umanità. In tale sguardo è custodita e voluta la piena verità sull’uomo, sulla sua dignità: una dignità non semplicemente umana, bensì divina.[4]
    Il mistero del Natale ci ricorda che nel Cristo, che si incarna e nasce nel mondo, ogni vita umana è definitivamente accolta e potenziata secondo il desiderio del Padre. La comunità ecclesiale, facendone memoria, si pone a servizio della dignità della persona e del suo diritto alla libertà religiosa, quali doni ricevuti dalla mani stesse di Dio Amore.

    * Segretario del Pontificio Consiglio di Giustizia e Pace


    NOTE

    1 Cf R. GUITTON, Cristianofobia. La nuova persecuzione, Lindau, Torino 2010.
    2 Cf J. RATZINGER, L’Europa di Benedetto nella crisi delle culture, Introduzione di Marcello Pera, Libreria Editrice Vaticana-Edizioni Cantagalli, Roma-Siena 2005, pp. 39-40.
    3 Cf OBSERVATORY ON INTOLERANCE AND DISCRIMINATION AGAINST CHRISTIANS IN EUROPE, Rapporto sull’intolleranza e la discriminazione contro i cristiani in Europa 2005-2010. Un tale rapporto è stato presentato a Vienna presso la sede dell’OSCE l’11 dicembre 2010. Ma si vedano anche, per uno sguardo su tutto il mondo: AIUTO ALLA CHIESA CHE SOFFRE, Libertà religiosa nel mondo. Rapporto 2010, Aiuto alla Chiesa che soffre (ACS), Roma 2010; UNITED STATES COMMISSION ON INTERNATIONAL RELIGIOUS FREEDOM, Annual Report 2009, United States Commission on International Religious Freedom, Washington 2009.
    4 Cf J. RATZINGER, L’Europa di Benedetto, p. 89.


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