Accettare la perdita
dei beni terreni
è un esercitarsi a donarli
Volentieri, dunque, accettiamo la perdita dei beni terreni, per assicurarci i celesti; cada pure tutto il mondo, perché io progredisca in questa accettazione! Che se uno non è deciso a sopportare con animo tranquillo una qualche diminuzione dei suoi beni per furto, rapina o per indolenza, non so poi se riuscirà facilmente e generosamente a farci un taglio a titolo di elemosina. Come mai, infatti, uno che non sopporta un taglio, quando gli vien fatto da un altro, riuscirà a infiggere lui stesso il coltello nel suo corpo? La tolleranza delle perdite è un esercizio per imparare a donare e a far gli altri partecipi del proprio: non ha difficoltà a donare, colui che non ha paura di perdere. Altrimenti come farebbe, chi ha due tuniche, a darne una a un altro, se questo stesso non è capace di dare il mantello a uno che gli avesse portato via la tunica? Come potremmo farci degli amici col mammona, se neanche riusciamo a tollerare la perdita di questo mammona? Perderemmo con esso anche la nostra anima. E che cosa troviamo, dove perdiamo tutto? Ma è proprio dei pagani perdere la pazienza in ogni danno di cose temporali, perché essi antepongono il danaro forse anche alla vita... Noi però, conservando la diversità dei valori, non diamo la vita per il danaro, ma il danaro per la vita, dandolo generosamente o sopportandone la perdita pazientemente.
(Tertulliano, De patientia, 7, 8-11.13)