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    Celebrazione

    e spiritualità

    dell'Eucaristia

    Carlo Tarli 

    I. “La grande preghiera eucaristica” nella Messa

    1. Nella Messa la “grande preghiera eucaristica” va dal Prefazio fino alla Dossologia, e la Chiesa quando lo intona vuole ringraziare Dio come lo ha ringraziato Gesù, e vuole benedire Dio per tutti i suoi doni come li ha benedetti Gesù.
    La riflessione è su quello che costituisce il centro della Celebrazione eucaristica, ciò che noi chiamiamo “La grande preghiera eucaristica”, che nella Messa va dal Prefazio fino alla Dossologia.
    Il “Prefazio” è quello che dice all’inizio: “Il Signore sia con voi” (…) “In alto i nostri cuori” (…) “Rendiamo grazie al Signore, nostro Dio” (…).
    La “Dossologia” è la formula che dice: “Per Cristo, con Cristo e in Cristo, a te, Dio Padre onnipotente…”, fino all’“Amen”.
    Tra quei due momenti c’è un’unica “grande preghiera” che costituisce il cuore della Celebrazione eucaristica.
    La domanda è: da dove viene fuori questa preghiera? e perché è così?
    Viene chiamata a volte il “Canone” della Messa, e a volte (quelli che preferiscono i termini antichi) la Anàfora; in ogni modo è proprio il cuore, e viene fuori da un fatto molto semplice.
    Il Vangelo ricorda che il giorno prima di morire Gesù ha fatto la cena con i suoi discepoli:
    «[26]Ora, mentre essi mangiavano, Gesù prese il pane e, pronunciata la benedizione» – quindi fa una preghiera di benedizione a Dio per il pane – «lo spezzò e lo diede ai discepoli dicendo: Prendete e mangiate; questo è il mio corpo. [27]Poi prese il calice e, dopo aver reso grazie» – quindi ancora prega con una preghiera di ringraziamento – «lo diede loro, dicendo: Bevetene tutti…» (Mt 26, 26-27).
    Alla fine Gesù dice ai suoi discepoli: «fate questo in memoria di me» (Lc 22, 19); e nel “fate questo” ci sta dentro la preghiera che Gesù ha fatto.
    I Vangeli non ricordano, non ci dicono, quale sia stato il contenuto preciso di questa preghiera, le parole che Gesù ha usato; però ci ricordano che questa preghiera era un rendimento di grazie, una Eucaristia, era una benedizione.
    Ebbene, è proprio questo quello che la Chiesa vuole fare quando intona la “grande preghiera eucaristica”: vuole ringraziare Dio come lo ha ringraziato Gesù, vuole benedire Dio per tutti i suoi doni come li ha benedetti Gesù.

    2. Il contenuto della grande preghiera eucaristica è il ricordo di tutto quello che di bello e di buono di grande e di santo Dio ha fatto per noi, della sua azione di amore e di benevolenza.
    E in che modo lo fa? Qual è il contenuto di questa preghiera?
    Il primo contenuto è quello che per un ebreo sarebbe stato normale, e che Gesù certamente ha usato nell’“ultima cena”, è il ricordo di tutto quello che di bello e di buono di grande e di santo Dio ha fatto per noi, della sua azione di amore e di benevolenza. Questo ricordo Gesù lo ha usato alcune volte nella sua preghiera, quando per esempio dice:
    «Ti rendo grazie, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli» (Lc 10, 21).
    Oppure, quando dice:
    «Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato. [42]Io sapevo che sempre mi dai ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato» (Gv 11, 41-42).
    In tutti questi casi Gesù ringrazia il Padre, per quello che il Padre gli ha donato, per quello che il Padre ha operato nella sua vita.
    E quando celebra l’Eucaristia la Chiesa fa esattamente lo stesso: la Chiesa rende grazie a Dio perché sa di avere ricevuto da Dio una moltitudine di doni, ed esprime la riconoscenza per questi doni.
    Prendo come esempio la “Preghiera eucaristica II”, la più breve che abbiamo nel nostro Messale; incomincia con il Prefazio così, dopo quella introduzione che abbiamo già detto:
    “È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo (…)”.
    Quindi la preghiera è rivolta al Padre, ed è una preghiera di ringraziamento.

    3. Il motivo per cui la Chiesa ringrazia è uno solo: “Ti rendiamo grazie, Padre, Signore del cielo e della terra, per Gesù Cristo tuo Figlio che ci hai donato”.
    E per che cosa ringraziamo? Qual è il motivo, il contenuto, del nostro ringraziamento?
    “(…) A te, Signore, Padre santo, per Gesù Cristo tuo dilettissimo Figlio. Egli è la tua parola vivente, per mezzo di lui hai creato tutte le cose, lo hai mandato a noi salvatore e redentore, fatto uomo per opera dello Spirito Santo, e nato dalla Vergine Maria”.
    Quindi si può dire: il motivo per cui la Chiesa ringrazia è uno solo, perché lo contiene tutto, si chiama “Gesù Cristo”.
    Dentro a Gesù Cristo:
    C’è il dono della creazione: Dio ha creato. E la creazione è dono del suo amore: ringraziamo a motivo della creazione.
    Ci sta la redenzione, la salvezza. Ringraziamo il Padre a motivo di Cristo salvatore e redentore: per l’Incarnazione e la passione e la morte.
    Per tutto questo si ringrazia. E questo si può dire in una parola sola, e ci sarebbe tutto:
    “Ti rendiamo grazie, Padre, Signore del cielo e della terra, per Gesù Cristo tuo Figlio che ci hai donato”.

    4. Quello che si può dire in una parola, lo si può dire anche attraverso una lunga storia, raccontando le meraviglie dell’azione di Dio.
    Ma quello che si può dire in una parola, lo si può dire anche attraverso una lunga storia, raccontando le meraviglie dell’azione di Dio; e se ricordate la “Preghiera eucaristica IV” fa esattamente questo.
    “Noi ti lodiamo Padre santo, per la tua grandezza: tu hai fatto ogni cosa con sapienza e amore,” (quindi la creazione) “a tua immagine hai formato l’uomo” (la creazione del mondo e la creazione dell’uomo) “alle sue mani operose hai affidato l’universo, perché nell’obbedienza a te, suo creatore esercitasse il dominio su tutto il creato. E quando per la sua disobbedienza, l’uomo perse la sua amicizia, tu non l’hai abbandonato in potere della morte (…)”.
    E c’è in fondo una lunga storia della salvezza, che partendo dalla creazione arriva fino a Gesù Cristo, alla sua morte e risurrezione, e al dono dello Spirito Santo. Quindi la “IV preghiera eucaristica” dice lo stesso della “II”, ma lo dice con molte più parole ripercorrendo tutto il cammino dell’opera di salvezza di Dio attraverso Gesù Cristo.

    5. L’Eucaristia è memoriale della Pasqua, ricordo per ringraziare rivolto al Padre, attraverso Gesù Cristo, e nello Spirito Santo.
    E questo ringraziamento, con cui incomincia la “grande preghiera eucaristica”, viene ripreso dopo il racconto della istituzione della Eucaristia. Per esempio, nella “II preghiera eucaristica” si dice:
    “Mistero della fede” (…) “Annunziamo” (…) Celebrando il memoriale della morte e risurrezione del tuo Figlio, ti offriamo, o Padre, il pane della vita e il calice della salvezza, e ti rendiamo grazie per averci ammessi alla tua presenza a compiere il servizio sacerdotale”.
    Quindi, ricordiamo la Pasqua di Gesù. L’Eucaristia è memoriale della Pasqua, ma s’intende non ricordo semplicemente perché mi rimanga in mente; ma ricordo per ringraziare. Il ricordo è il fondamento del rendimento di grazia: ringrazio per tutto quello che sta nella mia storia, nel mio passato, per tutto quello che Dio ha compiuto e di cui faccio memoria nella preghiera.
    Potete aggiungere che questo grande ringraziamento, nell’ottica dell’Eucaristia, è rivolto al Padre, è chiaramente attraverso Gesù Cristo, ed è nello Spirito Santo.
    Di fatto la conclusione della preghiera dice:
    “Per Cristo, con Cristo e in Cristo, a te, Dio Padre onnipotente, nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria”.

    6. Il ringraziamento della Chiesa ha una figura Trinitaria
    Allora, il ringraziamento della Chiesa ha una figura Trinitaria; e la vita cristiana è così:
    La vita cristiana viene dal Padre, per mezzo di Gesù Cristo, ed è vissuta nello Spirito Santo.
    E la vita cristiana, nello Spirito Santo, attraverso Gesù Cristo, torna al Padre.
    Quindi il cammino della Trinità è quello di Dio che ci è venuto incontro ed è quello dell’uomo che ritorna a Dio; passa attraverso di lì:
    nella forza dello Spirito, che santifica, che dà la vita nuova;
    attraverso Gesù Cristo, che è l’unico mediatore;
    nel rapporto con il Padre, che è la sorgente ultima della divinità.

    II. Al centro della Preghiera eucaristica c’è la narrazione dell’”ultima cena”

    1. Al centro della “preghiera eucaristica” c’è la narrazione della Pasqua di Gesù, dell’ultima cena di Gesù, che è l’evento fondante della Eucaristia.
    Mentre la Chiesa ricorda i doni di Dio e fa memoria per ringraziare, è chiaro che racconti il dono per eccellenza, quello che nella Eucaristia viene celebrato in modo diretto. Sono celebrati tutti i doni di Dio, ma è celebrato in modo particolare quello che ci è stato dato nell’”ultima cena”.
    Allora ancora al centro della “preghiera eucaristica” c’è la narrazione della Pasqua di Gesù, dell’ultima cena di Gesù, che è l’evento fondante della Eucaristia.
    “Egli, offrendosi liberamente alla sua passione, ” (e capite che in questo c’è una interpretazione di fede del venerdì santo) “Gesù prese il pane e rese grazie, lo spezzò, lo diede ai suoi discepoli, dicendo: Prendete, e mangiatene tutti: questo è il mio Corpo offerto in sacrificio per voi”.
    “Dopo la cena, allo stesso modo, prese il calice e rese grazie, lo diede ai suoi discepoli e disse: Prendete, e bevetene tutti: questo è il calice del mio sangue, per la nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati. Fate questo in memoria di me”.
    Non c’è dubbio, questo è – contiene – il dono che Dio ci ha fatto in Gesù Cristo: il dono della passione, morte e risurrezione del Signore; in quel dono del pezzo di pane spezzato, che è il suo corpo, di quel calice di vino versato che è il suo sangue.
    Allora dentro la “grande preghiera eucaristica” ci sta la narrazione dell’ultima cena, per cui tutte le volte “raccontiamo”.
    Ma notate bene, raccontiamo non come si racconta semplicemente un fatto storico del passato, ma raccontiamo rendendo grazie: questo è il dono di Dio di cui gli riconosciamo l’origine, quindi riconosciamo che viene da lui; e lo riconosciamo con gioia e con amore, con tutta la disponibilità del nostro cuore.

    2. Attraverso il Prefazio, questa parte della preghiera eucaristica scandito in tutti i diversi tempi dell’anno, viene fuori un inno grande di rendimento di grazie che la Chiesa innalza al Signore.
    Dentro a questa grande celebrazione del rendimento di grazie ci sta, come dicevo, il Prefazio. Il “prefazio” (nella terminologia attuale perché in antico era un po’ diverso) è la prima preghiera che termina con il Sanctus.
    “È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno, Per Cristo nostro Signore…”
    e va avanti fino
    “… Cantiamo con voce incessante l’inno alla tua gloria: Santo, Santo, Santo…”.
    E quello è il Prefazio. Ora, se voi ci badate, il Prefazio è variabile, non è sempre uguale. Ce ne sono alcuni che si possono scegliere nelle domeniche ordinarie, ma cambia secondo i tempi liturgici; ci sono prefazi di Avvento, di Quaresima, del tempo pasquale; possono cambiare secondo le celebrazioni, quando si celebra il Matrimonio o la Cresima o il Battesimo; cambiano secondo le feste, se è festa di un Santo, di un Confessore, o di un Apostolo, se è una festa della Madonna; cambiano secondo i momenti particolari, per cui nelle Messe dei defunti ci sono dei prefazi particolari; ecc.
    Perché ogni Prefazio prende un pezzettino della storia della salvezza; cioè di tutti i doni che Dio ha donato alla Chiesa nella sua storia, il Prefazio ne ricorda qualcuno, quello che è più vicino al momento che stiamo vivendo, alla Celebrazione che stiamo facendo. Invece di fare tutta la storia, sottolinea un aspetto della bontà e della misericordia del Signore.
    Se poi i prefazi li mettete tutti insieme, allora ci viene fuori il grande ringraziamento della Chiesa. Per cui, attraverso il Prefazio – questa parte della preghiera eucaristica, scandito in tutti i diversi tempi dell’anno – viene fuori un inno grande di rendimento di grazie che la Chiesa innalza al Signore.

    3. Con il Sanctus, quel triplice “Santo”, è letto nella tradizione della Chiesa come una indicazione della Trinità, che costituisce il primo e fondamentale mistero della fede.
    E il Prefazio termina con il Sanctus e il Benedictus.
    Il Sanctus:
    “Santo, Santo, Santo, il Signore Dio dell’universo. I cieli e la terra sono pieni della tua gloria. Osanna nell’alto dei cieli”.
    Questo viene dal cap. 6, 2-3 del profeta Isaia, dal racconto della sua vocazione, ed è il canto dei Serafini al cospetto di Dio. Nella descrizione di Isaia i “Serafini” – che sono gli angeli più in alto, più vicini al volto del Signore – intonano continuamente questo canto. E la Chiesa ha messo questa preghiera, così è entrata nella “grande preghiera eucaristica”; perché il nostro ringraziamento a Dio porti come l’impronta del ringraziamento angelico, del paradiso; cioè sia come uno squarcio, per cui la nostra piccola liturgia che facciamo in questa piccola chiesa entra però dentro la grande liturgia del cielo, alla grande liturgia angelica.
    Chiaramente, nel Libro di Isaia, quel triplice Santo – “Santo, Santo, Santo” – è rivolto a Dio, il Padre.
    Ma, nella tradizione della Chiesa, il fatto che sia ripetuto per tre volte quella parola, è letto come una indicazione della Trinità, di quel mistero grande di amore che sta all’origine della nostra fede, che costituisce il primo e fondamentale mistero della fede.

    4. Nella Eucaristia celebriamo la santità di Dio che si è fatto vicino a noi attraverso Gesù Cristo.
    Poi c’è il Benedictus:
    “Benedetto colui che viene nel nome del Signore”.
    E questo viene dal Salmo 118, 26, ma attraverso la mediazione dei Vangeli. Perché i Vangeli ricordano che queste parole sono state pronunciate all’ingresso di Gesù a Gerusalemme nella settimana santa. Nella Domenica delle Palme la venuta del Messia, in mezzo alla città santa, è celebrata con queste parole: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore» (Mt 21, 9; Mc 11, 9; Lc 19, 38; Gv 12, 13).
    Ebbene, noi nella Eucaristia celebriamo ancora questo: la santità di Dio che si fa vicino a noi, che si è fatto vicino a noi attraverso Gesù Cristo.
    Allora, Prefazio, Sanctus, Benedictus, sono la dilatazione della lode, del ringraziamento della Chiesa. E questo è il primo aspetto.
    La domanda era: qual è il contenuto della “grande preghiera eucaristica”, con la quale la Chiesa vuole ripetere la preghiera di Gesù nell’ultima cena? (“ripetere” non materialmente, ma nei suoi atteggiamenti di fondo).
    E abbiamo risposto:
    Il primo contenuto fondamentale è il rendimento di grazia a Dio per le sue opere di salvezza: che sono contenute nel Prefazio, che sono raccontate nella istituzione della Eucaristia, che sono un tema centrale.

    III. L’Eucaristia è anche sacrificio

    1. L’Eucaristia è il sacrificio di Cristo; ed è in qualche modo il sacrificio della Chiesa.
    Però qui ci devo aggiungere subito una cosa. Quando si vive nel modo corretto l’esperienza del dono, quando ci viene fatto un dono, ricevere il dono richiede ringraziare. E se il ringraziamento è sincero, non è un ringraziamento fatto solo a parole, ma è un ringraziamento che coinvolge la vita. Per cui quando ho ricevuto qualche cosa, questo deve suscitare in me il desiderio di restituire, ma non alla pari perché molte volte nemmeno posso restituire alla pari, ma di esprimere la mia riconoscenza attraverso il coinvolgimento della mia vita, in modo che la mia vita anch’essa, poco o tanto, in un modo o nell’altro, diventi dono. E questo è uno dei contenuti dell’Eucaristia: nel momento in cui la Chiesa riceve e riconosce il dono di Dio, attraverso Gesù Cristo, la Chiesa esprime la sua riconoscenza con la preghiera, ma dentro la preghiera ci mette la sua vita, e la offre a Dio attraverso Gesù Cristo, come un dono totale della propria esperienza, della propria vita.
    Per questo in qualche modo la Eucaristia è anche sacrificio: è il sacrificio di Cristo ed è in qualche modo il sacrificio della Chiesa.
    Ma non nel senso che la Chiesa possa dare a Dio qualche cosa di cui Dio ha bisogno; ci mancherebbe altro! Ma nel senso che la Chiesa sente il dono che ha ricevuto da Dio – cioè Gesù Cristo – come il fondamento di una vocazione a donare, di una vocazione ad amare, a diventare lei stessa «sacrificio vivente, santo e gradito a Dio» (Rm 12, 1), attraverso una esistenza che sia fatta di amore, di generosità. E qualche cosa di questo genere lo trovate, quando noi diciamo:
    “Celebrando il memoriale della morte e risurrezione del tuo Figlio, ti offriamo, Padre, il pane della vita e il calice della salvezza” (II Preghiera eucaristica).
    Cioè noi offriamo il sacrificio di Cristo al Padre.
    Ma nel momento in cui offriamo il sacrificio di Cristo:
    “Ti preghiamo umilmente: per la comunione al corpo e al sangue di Cristo lo Spirito Santo ci riunisca in un solo corpo”.
    E questo è il nostro sacrificio. Quello che possiamo dare a Dio è solo una vita cambiata, resa nuova, dallo Spirito che Dio ci ha donato: c’è una vita di unità, di comunione, di amore; ed è questa l’offerta a Dio.

    2. Nel Canone romano” c’è una lunga preghiera di offerta di una esistenza trasformata in dono da Dio, dal dono che abbiamo ricevuto, cioè Gesù Cristo.
    Dicevo, non diamo a Dio qualche cosa di cui lui ha bisogno, ma diamo a Dio la gioia di una vita cambiata da quel dono che abbiamo ricevuto, da quella offerta che abbiamo ricevuto.
    E questo tema dell’offerta, che è presente come abbiamo visto in tutte le preghiere eucaristiche, lo trovate nella “I Grande preghiera Eucaristica” – nel “Canone romano” – in modo amplissimo; lì si può dire che dall’inizio alla fine è tutta una lunga preghiera di offerta. Incomincia:
    “Padre clementissimo, noi ti supplichiamo e ti preghiamo, per Gesù Cristo tuo Figlio e nostro Signore, di accettare questi doni, di benedire queste offerte, questo santo e immacolato sacrificio te lo offriamo anzitutto per la tua Chiesa, Santa e Cattolica, perché tu la protegga (…) Accetta con benevolenza, o Signore, l’offerta che ti presentiamo, noi tuoi ministri e tutta la tua famiglia (…) Santifica, O Signore, questa offerta con la potenza della tua benedizione (…) In questo sacrificio, o Padre, noi tuoi ministri e il tuo popolo santo celebriamo il memoriale della passione, e offriamo alla tua maestà divina tra i doni che ci hai dato, la vittima pura santa e immacolata, pane santo della vita eterna, e calice dell’eterna salvezza. Volgi sulla nostra offerta il tuo sguardo sereno e benigno. Ti supplichiamo, Padre e Dio onnipotente, fa che questa offerta…”.
    Insomma, dall’inizio alla fine c’è questo immenso tema, che è il tema di una esistenza trasformata in dono da Dio, dal dono che abbiamo ricevuto, cioè Gesù Cristo.

    3. Il ringraziamento diventa invocazione, epíclesi, perché quello per cui ringraziamo è proprio ringraziamento per la creazione e per la redenzione.
    Facciamo un passo avanti.
    “Ringrazio Dio per i doni che mi ha fatto”… nel passato…
    Come, solo nel passato? Evidentemente, quando ringrazio so che anche domani e dopo domani la mia vita dipende dal dono di Dio, cioè che non posso vivere sempre senza di lui. Cioè questa grazia – che sta all’origine nella creazione e nella redenzione, che sta in tutta l’esperienza della mia vita, nei Sacramenti che ho ricevuto – so che mi dovrà accompagnare anche in futuro, non ne posso fare a meno. E quando ringrazio, proprio nel momento in cui ringrazio, è come se io dicessi al Signore: “Continua a fare quello che hai fatto, io riconosco che tu mi hai amato, mi hai redento, mi hai voluto bene, e mi conosci per nome; allora continua a operare la tua salvezza nella mia vita”.
    E il ringraziamento diventa invocazione – (oppure usando la parola tecnica greca) –, diventa epíclesi.
    La parola “epíclesi”, vuole dire di per sé “invocazione”, chiamata a Dio perché Dio si rivolga verso di noi, e ci sia propizio, e ci doni quello di cui abbiamo bisogno.
    Chiediamo, che cosa?
    Tornate al discorso della istituzione della Eucaristia nell’”ultima cena”.
    “Prendete, e bevetene tutti: questo è il calice del mio sangue, per la nuova ed eterna alleanza”.
    Quindi chiediamo che la Eucaristia sia “nuova ed eterna alleanza” (Is 55, 3), cioè che Dio confermi il legame di appartenenza a noi, che è il legame della alleanza stessa, che si confermi come il nostro Dio, e che continui a considerarci come il suo popolo, legati a lui.
    “Versato per voi e per tutti in remissione dei peccati”.
    Quindi chiediamo che avvenga il perdono dei peccati, perché questo è il dono grande di Dio. E chiediamo che il Signore ci nutri con la sua vita: il “prendete e mangiate” (…) “prendete e bevete”. Chiediamo in fondo che attraverso l’Eucaristia la nostra esistenza diventi immortale.
    “Immortale”, vuole dire: l’Eucaristia è un cibo, ma non è un cibo mondano che serve a tenere in piedi le strutture biologiche della nostra esistenza; per questo ci vogliono le calorie, i grassi, le proteine. L’Eucaristia con il pane e il vino con cui è fatta, di calorie e grassi e proteine ne ha pochissimo. Però l’Eucaristia possiede una energia di vita diversa, che è la vita dell’amore di Cristo, che è la vita dello Spirito Santo, che è la vita della comunione con Dio. E se uno mangia il cibo di questa vita, partecipa della vita di Dio, che è evidentemente vita eterna. Non è che io sono eterno, ma partecipo della vita di Dio. E questa partecipazione alla vita di Dio mi libera dalla condizione di mortalità.
    Per questo S. Ignazio di Antiochia aveva quella formula bellissima sulla Eucaristia, quando la chiamava “farmaco di immortalità”. La parola “farmaco” intendetela nel senso proprio di medicina. Le medicine servono a togliere le malattie quando ci sono. Ebbene, noi abbaiamo una malattia che è la nostra mortalità; moriamo! Quindi tutti i giorni ce la portiamo dentro, ci vorranno 50 speriamo 120/130 anni perché faccia effetto, ma quella malattia che ci portiamo dentro prima o poi ci porterà alla tomba.
    Ebbene, la Eucaristia è medicina che libera dalla mortalità, perché introduce nella vita stessa di Dio.
    Tutto questo è implicito nel rendimento di grazia, perché quello per cui ringraziamo è proprio questo: ringraziamo per la creazione, e per la redenzione. La redenzione ci libera dal peccato, e la redenzione ci fa diventare figli di Dio, e quindi partecipi della vita stessa di Dio; allora il ringraziamento diventa anche invocazione.

    4. L’epíclesi di consacrazione, e l’epíclesi di comunione
    E nella Messa i liturgisti distinguono due grandi invocazioni, o se volete due epíclesi.
    La prima è l’epíclesi di consacrazione, che si trova prima del racconto della “cena”. Nella “II Preghiera eucaristica” questa epíclesi è così:
    “Santifica questi doni con l’effusione del tuo Spirito, perché diventino per noi il corpo e il sangue di Gesù Cristo nostro Signore”.
    Quindi, è invocazione a Dio, perché il pane e il vino, che abbiamo portato sull’altare e che “sono il frutto della terra e del nostro lavoro”, Dio li faccia essere il corpo e il sangue di Cristo, attraverso il dono dello Spirito. Come sapete lo Spirito Santo dove arriva fa Gesù Cristo. E quando lo Spirito Santo è invocato sul “pane e sul vino”, e Dio lo dona, il “pane e il vino” sono Gesù Cristo, perché questo è l’effetto tipico, si potrebbe anche dire l’effetto unico. Lo Spirito Santo non è capace di fare altro, però è capace di trasformare il mondo in Gesù Cristo (cfr. 2 Cor 3, 17-18), “il pane e il vino in Gesù Cristo”, nel suo sacrificio, nella sua offerta.
    Allora, prima invocazione, sempre al Padre: “Santifica questi doni con l’effusione del tuo Spirito”.
    La seconda epíclesi, che è la epíclesi di comunione, è quella che abbiamo letto prima:
    “Ti preghiamo umilmente: per la comunione al corpo e al sangue di Cristo lo Spirito Santo ci riunisca in un solo corpo”.
    “Ci riunisca in un solo corpo”, vuole dire che cresca la Chiesa, perché la Chiesa è il corpo di Cristo. Allora, dove arriva lo Spirito Santo, gli uomini diventano corpo di Cristo, diventano Chiesa: “e l’invocazione dello Spirito – questa epíclesi – è sopra di voi, perché voi diventiate il corpo del Signore; facendo la comunione alla carne e sangue del Signore voi diventiate il suo corpo”. E questo evidentemente è per il dono dello Spirito Santo.
    Attraverso la partecipazione all’Eucaristia la comunità diventa Chiesa, le persone sono costruire come Chiesa.

    5. Nella Eucaristia noi chiediamo che il Signore anticipi il paradiso, che la nostra speranza incominci a manifestarsi nell’amore concreto che abbiamo tra di noi, nella unità che lo Spirito Santo produce in mezzo a noi.
    Oppure, se volete che è la stessa cosa, nella “III Preghiera eucaristica”, questa epíclesi è detta così:
    “Riconosci nella offerta della tua Chiesa, la vittima immolata per la nostra redenzione; e a noi, che ci nutriamo del corpo e del sangue del tuo Figlio, dona la pienezza dello Spirito Santo, perché diventiamo in Cristo un solo corpo e un solo spirito”.
    È la stessa cosa, lo si può dire in tanti modi.
    Quello che noi chiediamo è: l’unione e la pace. Però intendete bene, quando usate queste parole, “unione” e “pace”, intendetele non nel senso in cui gli uomini delle volte sono uniti perché fanno una associazione, o sono in pace perché non stanno facendo la guerra. Ma queste due parole, “unità” e “pace”, sono l’espressione di quello che noi chiamiamo il paradiso, il regno di Dio, l’oggetto della nostra speranza.
    “Noi speriamo nei cieli e terra nuova” (cfr. 2 Pt 3, 13), dove la pace di Dio e l’unità della Trinità raccolgono e trasformano l’umanità intera e la coadunano in una esperienza che è straordinaria, che va ben al di là delle nostre associazioni umane.
    Ebbene, nella Eucaristia noi chiediamo che il Signore anticipi il paradiso, che la nostra speranza incominci a manifestarsi nell’amore concreto che abbiamo tra di noi, nella unità che lo Spirito Santo produce in mezzo a noi.

    6. La grazia del Signore la chiediamo in particolare per alcune dimensioni di cui la Chiesa ha particolarmente bisogno.
    Questa grazia del Signore, che noi chiediamo, la chiediamo poi in particolare per alcune dimensioni di cui la Chiesa ha particolarmente bisogno. Leggo sempre la “II Preghiera eucaristica”.
    Primo bisogno particolare della Chiesa.
    “Ricordati, Padre, della tua Chiesa diffusa su tutta la terra: rendila perfetta nell’amore in unione con il nostro Papa Giovanni Paolo, con il nostro Vescovo, e tutto l’ordine sacerdotale”.
    Quindi, questo dono dello Spirito, che deve trasformare la nostra realtà, lo chiediamo in particolare per tutta la Chiesa. E il fatto di ricordare, il Papa e il Vescovo, vuole dire che ogni piccola comunità, anche nella comunità più lontana, è però in comunione vitale con tutta la Chiesa: appunto con il Vescovo, con il Papa, e attraverso loro con tutti i vescovi, e attraverso i vescovi con tutta la Chiesa.
    Secondo bisogno particolare della Chiesa.
    “Ricordati dei nostri fratelli, che si sono addormentati nella speranza della risurrezione, e di tutti i defunti che si affidano alla tua clemenza: (…)”.
    Quindi c’è la preghiera per i defunti, e se notate in due momenti. La prima è per i cristiani, per i battezzati – “ricordati dei nostri fratelli”, questo si riferisce ai battezzati. La seconda è per tutti – “e di tutti i defunti che si affidano alla tua clemenza”, quindi si allarga il cerchio a raccogliere l’umanità intera.
    “(…) ammettili a godere la luce del tuo volto”.
    E poi ancora, per quelli che sono in chiesa:
    “Di noi tutti abbi misericordia: donaci di avere parte alla vita eterna (…)”.
    E qui entra un aspetto caratteristico della preghiera della Chiesa – che evidentemente non era nella preghiera di Gesù – della “comunione dei santi”, cioè della comunione che ci lega con tutti i credenti che prima di noi hanno testimoniato e vissuto la fede, e in particolare con i Santi e con la prima dei Santi e cioè Maria Santissima:
    “(…) Insieme con la beata Maria, Vergine e Madre di Dio, con gli apostoli e tutti i santi, che in ogni tempo ti furono graditi: e in Gesù Cristo tuo Figlio canteremo la tua gloria”.
    Allora, abbiamo detto due temi fondamentali: il ringraziamento e l’invocazione: “ringraziamento” è Eucaristia; “invocazione” è epíclesi.
    Ringraziamento per tutto quello che Dio ha fatto, per quello che ha compiuto in Gesù Cristo. E nel momento in cui ringraziamo è offerta della nostra vita come risposta grata e ricca di gratitudine a Dio.
    Invocazione, epíclesi, per il dono dell’Eucaristia, e per l’effetto che l’Eucaristia deve avere sulla vita cristiana, sulla vita della Chiesa sempre.

    IV. La conclusione della“Grande preghiera eucaristica” è la Dossologia

    Ci rimane solo una ultima breve parola per la conclusione della “Grande preghiera eucaristica”, che è la Dossologia.

    1. La dossologia è una formula di glorificazione di Dio, come termine della preghiera.
    Voi portate pazienza per le parole che sono un po’ difficili.
    “Eucaristia”, lo sapete, questa è una parola greca, però il significato ormai è diventato semplice.
    “Epíclesi”, è un po’ più complicato, però prendetela, è invocazione; ma in senso tecnico è invocazione dello Spirito Santo, la richiesta perché lo Spirito Santo operi.
    La parola “Dossologia” viene sempre dal greco, dalla parola doxa, che è gloria. La dossologia è una formula di glorificazione di Dio: perché è immensamente grande e straordinariamente santo; perché la sua grandezza e la sua santità superano infinitamente la vita dell’uomo e quello che l’uomo può anche semplicemente pensare.
    E facilmente, nella tradizione cristiana, e non solo cristiana, le preghiere terminano con la dossologia. Voi provate a pensare, noi tutti i Salmi li concludiamo con “Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo…”; questa è una dossologia, “gloria”. Dove c’è quella parola, “gloria”, c’è una formula tipica che viene chiamata “dossologia”, e che trovate varie volte nelle Lettere di San Paolo. Per esempio, la conclusione della Lettera ai Romani è una straordinaria dossologia, che dice così:
    «[25]A colui che ha il potere di confermarvi secondo il vangelo che io annunzio e il messaggio di Gesù Cristo, secondo la rivelazione del mistero taciuto per secoli eterni, [26]ma rivelato ora e annunziato mediante le scritture profetiche, per ordine dell’eterno Dio, a tutte le genti perché obbediscano alla fede, [27]a Dio che solo è sapiente, per mezzo di Gesù Cristo, la gloria nei secoli dei secoli. Amen» (Rm 16, 25-27).
    Questa è una dossologia, solennissima: “a Dio, la gloria nei secoli dei secoli”; e molte volte le trovate alla fine della Lettera o alla fine delle sezioni grandi delle Lettere.
    Nei giorni scorsi abbiamo letto quella della lettera agli Efesini, alla fine del cap. 3, cioè la parte dogmatica che chiude la prima parte della Lettera:
    «[20]A colui che in tutto ha potere di fare molto più di quanto possiamo domandare o pensare, secondo la potenza che già opera in noi, [21]a lui la gloria nella Chiesa e in Cristo Gesù per tutte le generazioni, nei secoli dei secoli! Amen» (Ef 3, 20-21).
    Vi risparmio tutte le altre, perché sono tantissime; anche nell’Apocalisse di dossologie ce ne sono più di una.
    Comunque si capisce, è una glorificazione di Dio come termine (compimento) della preghiera. E la “grande preghiera eucaristica” termina con un dossologia, e l’abbiamo già letta:
    “Per Cristo, con Cristo, in Cristo, a te Dio Padre onnipotente, nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria, per tutti i secoli dei secoli”.

    2. A questo punto l”Amen” è la risposta alla dossologia, a tutta la “Grande preghiera eucaristica”.
    A questo punto l”Amen”, è la risposta alla dossologia, ma è la risposta a tutta la “Grande preghiera eucaristica”. Quindi quell’Amen è evidentemente importante, importantissimo, nella dinamica della preghiera eucaristica nella Messa. Perché con quell’Amen l’Assemblea rende gloria a Dio, accentando quindi tutto quello che è stato detto in precedenza; e cioè accettando:
    il ringraziamento a Dio,
    il riconoscimento delle sue grandi opere,
    l’offerta della propria vita a Dio perché diventi un sacrificio santo a lui gradito,
    l’invocazione, sottoscrivendo l’invocazione dello Spirito, perché l’Eucaristia che abbiamo celebrato porti frutto.

    V. La Grande preghiera eucaristica corrisponde alla rivelazione di Gesù nel Vangelo

    Allora in questo modo dovreste potere capire facilmente il contenuto della “Grande preghiera eucaristica”.
    E se ne avete voglia, una volta o l’altra, prendete il messalino e con calma leggete la “II Preghiera eucaristica” che è antichissima, risale a Ippolito, e contiene tutti questi elementi che abbiamo detto; è breve e allora gli elementi vengono fuori in modo molto facile, li potete riconoscere con chiarezza: il ringraziamento, la narrazione, la duplice invocazione, la dossologia.
    E se ci entrare dentro questo dovrebbe – potrebbe – diventare anche un insegnamento sul come pregare, come è fatta una preghiera cristiana, una preghiera che corrisponda davvero alla rivelazione di Gesù nel Vangelo.

    1. La “Grande preghiera eucaristica” è proprio cristiana, è straordinariamente aderente al contenuto della nostra fede.
    Ebbene, la “Grande preghiera eucaristica” è proprio cristiana, è straordinariamente aderente al contenuto della nostra fede.
    E varrebbe la pena che noi imparassimo a ringraziare Dio raccontando le sue grandi opere, che sono le grandi opere della storia della salvezza – non c’è dubbio: creazione, redenzione, ecc. Ma ciascuno le potrebbe poi anche scrivere nella sua vita: uno può raccontare la sua vita come ringraziamento, a cominciare dalla nascita, o dal Battesimo, o dai momenti fondamentali che ci sono stati nel cammino della nostra vita.
    E “imparare a ringraziare” vuole dire imparare:
    Ad accettare la vita così com’è, senza risentimenti.
    A rispondere al dono della vita con l’offerta di noi stessi al Signore; perché il dono ricevuto provoca un dinamismo di risposte: che è fatto di parole e di sentimenti; ma che è fatto anche di vita, di dedizione della propria vita.
    A concludere la nostra preghiera con la dossologia, con quella che conosciamo bene perché è quella classica e che ricordavamo prima: “Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo”. Ma le dossologie si possono anche inventare, costruire. Quello che è tipico della dossologia è quella parolina lì: “Gloria a Dio”. Poi ci mettete dentro tutto quello che può arricchire o completare questo atteggiamento di fondo.

    2. La “Grande preghiera eucaristica”, che sta al centro della Messa, è per noi un modello straordinario di preghiera.
    Insomma, dice san Cirillo di Alessandria, commentando il racconto dell’“ultima cena”:
    “Il Signore rende grazie prendendo il calice; cioè parla con il Padre con una forma di preghiera. Nello stesso tempo dà a noi in anticipo anche il tipo del rendimento di grazie da fare, e così della frazione e della distribuzione del pane”.
    Che tradotto vuole dire: nell’”ultima cena” Gesù ha pregato, ha pregato personalmente rendendo grazie al Padre per la sua vita e consegnando la sua vita al Padre, in risposta al suo amore.
    Ebbene, facendo questo Gesù non solo ha pregato lui, ma ci ha insegnato a pregare, ci ha messo davanti il modello fondamentale del rendimento di grazia da fare, per cui noi non facciamo altro che imitare Gesù, fare quello che ha fatto lui, pregare come ha pregato lui. Da lui impariamo l’atteggiamento fondamentale, giusto, da tenere nei confronti di Dio.
    Dicevo, la “Grande preghiera eucaristica” (o “canone” o “anafora”) che sta al centro della Messa, è per noi un modello straordinario di preghiera.

    (Convegno ministri straordinari della comunione. Testo trascritto da registrazione e non rivisto dall’autore)


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