Se questo è un uomo
Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d'inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per la via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.
Da Se questo è un uomo (Einaudi,1947)
Per celebrare la Giornata della Memoria, oggi 27 gennaio 2011, abbiamo scelto una poesia di Primo Levi, quella che apre il suo libro più famoso e sconvolgente: Se questo è un uomo (Da Silva, 1947; ripubblicato nel 1958 da Einaudi, ultima edizione 2005), continuamente riproposto in edizioni economiche o scolastiche, e studiato dalle medie all'università.
E' una scelta è motivata da molte ragioni: 1) perché è un testo molto bello, non solo dettato dall'emozione del ricordo ma anche dal distacco letterario che rende più forte il timore del ripetersi dell'incubo sia nella mente sia nella realtà, 2) perché il ritmo è perfetto, la lingua è semplice ma incisiva, 3) perché il tono è in bilico tra la preghiera (laica) e l'imperativo, per finire quasi in un anatema.
Certo, ci sono moltissimi testi di grande effetto sulla Shoah, sul genocidio di ebrei, omosessuali, handicappati, rom, messo in atto strategicamente e diabolicamente dal regime nazista.
Avremmo potuto pescare per esempio in Paul Celan (Fuga di morte), disperato e polemico verso chi ha pensato di offenderlo nel suo dolore e nella sua sincerità, accusandolo di voler sfruttare la sua esperienza nei lager a vantaggio della carriera letteraria (il riferimento è al filosofo Adorno), oppure in Vittorio Sereni (La pietà ingiusta), molto problematico e scettico sulla speranza che episodi di violenza, razzismo, oppressioni, programmi di distruzione di intere minoranze ("nubi d'anime/ esalanti-esulanti da camini") non si verifichino più, e soprattutto amareggiato dall'idea che si possa, si voglia, dimenticare per l'ambizione di realizzare affari.
Ma abbiamo voluto ricordare anche Primo Levi, con la sua poesia, non solo perché interpreta perfettamente lo spirito della Giornata della Memoria, cioè la necessità di non dimenticare, ma anche perché, alla fine di una vita sommersa dai tremendi fantasmi, egli stesso fu vittima a distanza di quella primigenia violenza che aveva segnato, devastato, la sua esistenza e che è stata all'origine della sua scrittura.
Ha tentato di ricostruirsi, di ricostruire, di fare qualcosa di utile per l'umanità, scrivendo quattro romanzi uno più bello dell'altro, uno più "dimostrativo" dell'altro (Oltre al libro citato, La tregua, La chiave a stella, Se non ora, quando?) e inoltre la raccolta di poesie Ad ora incerta.
Questa giornata del 27 gennaio dedicata alla memoria dell'Olocausto (come stabilito da una legge del Parlamento: n. 211 del 20 luglio 2000), ricorda il giorno dell'ingresso delle truppe alleate (1945) nel campo di concentramento di Auschwitz e della liberazione dei prigionieri superstiti.
Ma non possiamo dimenticare tutti gli altri genocidi nel mondo, a cominciare da quello armeno nel 1915 a quelli degli khmer rossi in Cambogia (1975-79) per arrivare a quello del Ruanda nel 1994.
"Vi comando queste parole./ Scolpitele nel vostro cuore/ .../ Ripetetele ai vostri figli. O vi si sfaccia la casa".
Un'imperiosa voce che non concede alternative.
(Ottavio Rossani)