Cervantes
e l'eroe di campagna
Leonardo Servadio
Francisco Rico, membro della Real Academia di Madrid racconta il segreto del "Don Chisciotte": «È un romanzo accessibile a tutti, e insieme profondo come pochi altri»
Un romanzo popolare, uno dei maggiori successi della letteratura universale. Per quanto sia impossibile avere una classifica precisa, uno dei libri più stampati, e in quasi tutte le lingue del mondo. «Perché il personaggio di Don Chisciotte è vicino alle persone, ed è simpatico a tutti. Proprio in forza delle sue contraddizioni e ambivalenze, come anche in forza della sua nobiltà d'animo» spiega Francisco Rico, il massimo esperto dell'opera di Cervantes, membro della Real Academia spagnola, curatore di diverse edizioni critiche dell'opera, tra cui una pubblicata in italiano nel 2012. Si può dire che Cervantes col Don Chisciotte abbia inventato il romanzo moderno. Autore cardine del mondo di lingua spagnola, egli è molto diverso da altri scrittori che sono capisaldi delle loro culture nazionali, come Dante o Shakespeare. «La cultura dantesca è alta, e per comprendere la Commedia occorre sapere di teologia, di filosofia, di storia. La letteratura spagnola ha un taglio differente: più democratico. Così, chiunque e in qualunque circostanza può leggere il Don Chisciotte e lo capisce assai bene. Anche i molteplici riferimenti alla tradizione cavalleresca sono completamente spiegati nel testo. Non c'è bisogno di aver letto Amadis de Gaula per comprenderne le citazioni contenute nel libro di Cervantes, perché questi chiarisce tutto quel che è necessario sapere».
E se in Italia la Commedia si legge nelle scuole e per questo entra a far parte della cultura diffusa, ma solo dopo che si è consolidato il sistema scolastico nazionale, il Don Chisciotte in Spagna si diffonde subito e a vasto raggio. In breve diviene famoso, per forza propria e in tutto il mondo. «Si può considerare letteratura leggera – insiste il professor Rico –, un mio amico sostiene che per capirlo fino in fondo bisogna essere contadini: vivere nell'ambiente rurale, che è lo scenario entro il quale si svolgono gli avvenimenti narrati». E questo, per quanto lo sfondo sia cavalleresco – pur guardato con occhio ironico da Cervantes –, avvicina il
Don Chisciotte alla letteratura "fantasy" dove impera il supereroe, una figura che è stata sempre presente, anche nella letteratura antica, in miti quali quelli di Odisseo e di Enea, oppure oggi in personaggi quali Harry Potter. «Don Chisciotte è da un lato la caricatura di un eroe, dall'altro un personaggio dotato di profonda umanità. Si presenta come un pazzo all'inizio del racconto, quando si slancia contro i mulini a vento, poi nel corso della narrazione compaiono riflessioni attorno al senso della vita. Attraverso gli incontri con gli altri personaggi, in Don Chisciotte emerge pian piano una personalità migliore, e nei suoi discorsi è presente con sempre maggior frequenza una parola di saggezza». Per quanto si mantengano sempre le contraddizioni, le ambiguità, le passioni, le fantasticherie dei personaggi descritti da Cervantes: quegli aspetti che li rendono sotto una luce di vera umanità. Jorge Luis Borges ha detto di sentirsi amico personale di Chisciotte e Sancio. «E chi mai potrebbe provare un sentimento simile per personaggi letterari come Amleto o Macbeth? Sono figure con cui non può esservi un rapporto a tu per tu. Non a caso, a parte Barcellona, che è la sola città in cui Don Chisciotte entra, tutti i luoghi dove si dipanano le vicende del racconto sono le campagne e le locande. Luoghi poveri, secondari, lontani dallo splendore della vita mondana». V'è un incrocio tra razionalità e irrazionalità, tra vita vissuta e idealità che «fa del Chisciotte una fonte inesauribile di ispirazione per chiunque nel mondo abbia il gusto della lettura. Per questo il Chisciotte è stato indicato da giurie internazionali di esperti come il miglior romanzo mai pubblicato. Certo, è un simbolo della cultura spagnola, ma va ben al di là di questa».
Alla fine del racconto, Don Chisciotte è ricondotto alla ragione, rinuncia alle sue fantasie cavalleresche, anzi le denuncia. Allora muore: è la realtà che lo uccide? «C'è la palinodia: tutto quel che è stato e tutto quel che rappresenta viene ritrattato. Mentre Sancio insiste: "Dammi retta, non morire, ci sono tante avventure che ancora ci aspettano!". E l'autore commenta, con espressione di rara bellezza: "Esalò l'ultimo respiro. E questo vuol dire che morì". C'è l'espressione letteraria, subito seguita dalla spiegazione nel linguaggio comune. Del resto tutto il racconto si svolge su due livelli, in un gioco ironico tra la fantasia e la realtà. Ma dopo che Don Chisciotte è stato sconfitto dal Cavaliere della Bianca Luna, il racconto in breve precipita verso un finale dai toni mesti». E tuttavia è un libro intessuto di fede, e quindi anche di speranza... «Cervantes era un cattolico fervente, come lo è Don Chisciotte: un hidalgo dalla fede granitica. Tuttavia nel racconto mai si mescola il sacro col profano: la fede sta sullo sfondo e nel profondo dell'anima. In primo piano c'è l'intricato gioco della ricerca affannosa in cui la serietà e l'ironia si mescolano. Il lettore si identifica con Don Chisciotte, con i suoi grandiosi progetti che si scontrano con mille difficoltà. Chisciotte è un po' tutti noi».
(Fonte: Luoghi dell'infinito, aprile 2016, pp. 26-27)