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     Giuseppe Bucaro

    Filosofia
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    NIETZSCHE E LA CRISI DEL SACRO

    Figura e forma si identificano perfettamente. Nietzsche * è la figura e la identificazione della crisi del sacro. Egli rivendica la liberazione dell'uomo dalla religione, da tutti i valori morali e dalla fiducia in una verità definitiva, sia essa raggiunta dalle scienze o dalla storia. Con Nietzsche entrano in crisi tutti i miti e i valori dell'Ottocento: dall'entusiasmo hegeliano per la storia, alla fiducia positivistica nel fatto; dal Dio della religione, alla legge morale e alla credenza nella verità. Tutto sembra crollare sotto i colpi spietati della critica nietzscheana.

    5.1 Dalla tragedia attica alla decadenza del cristianesimo

    L'importanza del mondo greco è segnata, per Nietzsche, dalla tragedia attica. La sua decadenza dalla filosofia di Socrate. La tragedia attica riesce ad equilibrare le istanze dello spirito dionisiaco con quelle dello spirito apollineo. Lo spirito dionisiaco è immagine della forza istintiva, è drammaticità ebbra e indefinita, è simbolo di una umanità in pieno accordo con la natura. Lo spirito apollineo è una tenue visione di sogno, è un istinto di forma definita. La tragedia attica riesce a rapportarsi alla vita proprio perché equilibra queste due fondamentali istanze. La tragedia attica è arte figurativa apollinea ed arte non-figurativa dionisiaca. I due istinti, in naturale contrapposizione tra di loro, appaiono miracolosamente uniti nell'arte attica. Ecco perché essa è il piú alto punto della civiltà greca. L'equilibrio tra le due forme ha fatto sì che l'arte attica fosse nutrita da un vigoroso senso tragico, unico modo autentico di rapportarsi alla vita.
    Euripide tenta di eliminare dalla tragedia la dimensione dionisiaca a favore di elementi morali ed intellettualistici. Socrate pretende di dominare la vita e la realtà tramite la logica e la ragione. E la fine della tragedia e l'inizio della decadenza! L'uomo non sarà piú in grado di accostarsi alla complessità della realtà e della vita. Questa decadenza dovuta alla razionalizzazione della realtà, tramite la filosofia di Platone ed Aristotele, passa al cristianesimo. Il cristianesimo con il suo Dio da padroni crea una morale consolatoria, una morale da schiavi, razionalizza la stessa natura di Dio, poiché forte è la paura della libertà dionisiaca. Apollo e la sua istanza razionalizzante regna da solo, Dioniso è morto e con la morte di Dioniso sono morte per l'uomo l'arte, la fantasia, la complessità e varietà della vita. L'uomo non vive piú, egli è soltanto dominato da schemi, idee e altro di simile.

    5.1.1 Le metamorfosi del divino

    Con il suo linguaggio molto ricco e poetico Nietzsche parla del divino indicando tre metamorfosi: dall'uomo cammello si passa alla metamorfosi del leone e infine a quella del bambino. Le tre metamorfosi rappresentano la descrizione dell'itinerario spirituale di Nietzsche, considerato come emblematico dell'itinerario spirituale della cultura occidentale.

    5.1.1.1. Anzitutto la prima metamorfosi dell'uomo cammello

    Il cammello rappresenta il credente che identifica Dio con la morale. Il punto essenziale di questa prima metamorfosi è costituito dal prevalere della forma apollinea. L'uomo cammello si fa un'idea di Dio e ritiene che essa sia il fondamento della realtà. L'idea, la metafisica diventa il fondamento; la razionalizzazione è la sua forma espressiva. Siamo appunto al dominio assoluto della forma apollinea. Iddio è padre, è vero, è essere supremo, è provvidenza, è tutto; la realtà è il niente, essa esiste solo in forza e in funzione di Dio. Questo Dio è creatore tramite la coscienza creatrice del linguaggio. L'uomo, tramite questo linguaggio, crea un universo di stabilità, in cui egli potrà vivere rassicurato dalla presenza di Dio. L'uomo vive immaginando un universo diverso da quello in cui di fatto egli vive, in questo universo tutte le contraddizioni sono superate e composte. Il linguaggio supera le contraddizioni che sono nella realtà, l'uomo vive la vita come se essa non avesse alcuna contraddizione. La vera sostanza è solo quella che si dice, che si esprime con il linguaggio; ciò che l'uomo vive non è la vera realtà, è solo apparenza. L'unico vero essere cosi è Iddio: colui che vive oltre le apparenze di questa realtà. Iddio è l'essere supremo, fondamento di tutta la realtà, egli è il fondamento del bene e del male, egli è il tutto. La metafisica con il suo linguaggio specifico fa di Dio la figura suprema dell'ideale. Dio è il valore, ma allo stesso tempo è il vendicatore. L'uomo cammello è un malato che si consola della propria malattia, che trova in Dio la giustificazione alla sua malattia e il suo vendicatore morale. La morale del cristianesimo è nata dal "risentimento" verso la precedente morale dei padroni, di coloro cioè che ritenevano se stessi come dominatori dei valori, l'etica del cristianesimo è l'etica per i vinti, per i deboli. Il cristianesimo guarda con sospetto e con pessimismo alla natura umana, l'uomo resta succube della forza insuperabile del male. I deboli, che non sanno vivere hanno fatto divenire valore la negazione della vita. L'etica cristiana costituisce la vendetta degli schiavi contro i padroni: tutti infatti, schiavi e padroni, sottostanno a questa etica del non-valore. Al suo interno il prete-asceta è la piú alta forma di questo tipo di dominazione, egli è lo schiavo che diventa padrone tramite l'imposizione della sua morale da schiavi.

    5.1.1.2. Dall'uomo cammello all'uomo leone

    Dall'uomo cammello si passa all'uomo leone allorché muore Iddio dell'uomo cammello. Dunque muore Iddio morale, Iddio della metafisica, Iddio del linguaggio. Ma con la sua morte vacillano tutti i fondamenti dell'esistenza umana. La morte di Dio infatti significa e rappresenta la morte dei valori fondamentali su cui si fonda tutta la storia dell'Occidente. Anche se errato, Iddio cristiano costituiva un punto di riferimento per l'uomo occidentale. Ora questo Dio è morto, l'uomo si trova smarrito nella vita concreta, egli è come un cammello impazzito nel deserto poiché ha perso la strada e non ha alcun punto di riferimento. La morte di Dio è cosí un avvenimento tragico, anche se è indispensabile. Non si può gioire della sua morte, ma bisognerà prendere coscienza della tragicità di questo fatto. Con la morte di Dio l'uomo si trova smarrito ed in balia della storia e della realtà. Tutto lo sovrasta e lo domina. Muore Iddio inteso come visione idealistica della realtà, muore Iddio-amore che è soggetto di amore di chi vuole essere consolato; muore Iddio-essere supremo la cui sapienza spiegava la natura e regolava il corso della storia. In pratica, con Dio è morto tutto l'insieme dei valori che nella tradizione occidentale si sono riuniti attorno al concetto di Dio. «Non avete mai sentito parlare di quell'uomo pazzo che, in pieno mattino, accese una lanterna, si recò al mercato e incominciò a gridare senza sosta: "Cerco Dio! Cerco Dio!". Trovandosi sulla piazza molti uomini non credenti in Dio, egli suscitò in loro molta ilarità... L'uomo pazzo corse in mezzo a loro e fulminandoli con lo sguardo gridò: "Che ne è di Dio? Io ve lo dirò. Noi l'abbiamo ucciso - io e voi! Noi siamo i suoi assassini!"». È il famosissimo testo della Gaia Scienza [1].
    Con Dio muore anche la religione che ha creato questo Dio. Il cristianesimo rappresenta per Nietzsche l'espressione volgare e rozza della fuga dalla realtà che è rappresentata dal platonismo. Il cristianesimo è un platonismo adattato al popolo, al volgo. L'errore di fondo del cristianesimo è lo stesso di quello del platonismo: l'avere innalzato il nulla a Dio, l'avere ritenuto realmente esistente solo il mondo dell'aldilà, l'avere determinato tutti i valori in riferimento a questo capovolgimento della interpretazione. Il cristianesimo cosi non è semplicemente un sogno, una finzione immaginaria, esso pretende di essere una visione della realtà, una sua interpretazione retta. Esso dunque non descrive soltanto, ma falsa, snatura, nega la realtà. Ancora una volta l'ateismo non consisterà nel negare la validità delle prove dell'esistenza di Dio, ma esso richiederà di affermare il valore dell'uomo e della realtà concreta, contro la sua negazione conseguente all'affermazione di Dio. Dio è morto non significa solo affermare che egli non esiste, ma significa principalmente fondare una visione che dia corpo concreto e reale . all'uomo e alla sua storia. Fondare l'uomo su se stesso e sulla sua storia e non su una storia dell'aldilà. La fine della religione deve significare non solo la caduta di un sogno, la caduta di un falso-significato della realtà, ma soprattutto deve significare la caduta di un contro-significato della realtà. L'uomo cammello pone tutto il valore nella forza magica delle parole, poiché egli ha paura della realtà. La religione cosi non è semplice errore, ma è una scelta voluta dell'uomo debole, il quale pensa in questo modo di eliminare la realtà, servendosi di essa.
    Un ulteriore elemento caratterizza la situazione dell'uomo leone. La morte di Dio è un grave rischio. C'è il pericolo che l'uomo si smarrisca totalmente, e cosí con Dio e la religione non muoiono solo i valori, ma muore anche la possibilità che l'uomo si crei dei valori. È la fase del Nichilismo. «Sorge qui il problema della forza e della debolezza: 1) i deboli vi si spezzano contro; 2) i piú forti distruggono ciò che non si spezza; 3) i fortissimi superano i valori che condannano» [2]. Il nichilismo non è la caduta di ogni valore, l'affermare cioè una filosofia puramente negatrice. Nichilismo è inteso in senso relativo, in riferimento cioè al cristianesimo e alla filosofia che sta dietro al cristianesimo. Nichilismo significa negare il valore del cristianesimo e di ciò che esso crede ed afferma. Il cristianesimo afferma essere valore la negazione della vita; il nichilismo deve negare questa affermazione, ed affermare che ad essa non corrisponde una vera realtà. Il nichilismo deve negare la realtà dell'aldilà, affermata dal cristianesimo. Il nichilismo ha un ruolo positivo: negato infatti il cristianesimo e i valori da esso affermati, bisogna trovare e fondare nuovi valori a cui l'uomo dovrà fare riferimento. La morte di Dio ha reso l'uomo libero, egli non ha alcun vincolo con il passato, egli diventa l'unico arbitro della vita e del senso della sua esistenza. Con la morte di Dio crolla tutta la costruzione delle certezze create dal cristianesimo. Il nuovo uomo deve prendere coscienza di questa nuova realtà, egli non ha piú alcun punto di riferimento sicuro, egli deve diventare l'unico autore della propria vita. Non si può accettare la morte di Dio e lasciare vivere la sua ombra sulla storia e sull'uomo. Nietzsche si mostra spietato contro quegli atei che esultano per la morte di Dio, salvo poi a voler lasciare tutto come era prima: lasciare le implicanze teoretiche ed etiche che la presenza di Dio comportava. Sono da preferirsi i cristiani che mostrano una coerenza interna al loro pensare e al loro operare, mentre quei nuovi atei non hanno nemmeno una coerenza teorica interna. Se Dio è morto, tutto è morto, bisognerà allora rinunciare alle immagini consolatorie create dalla religione. Con Dio poi sono morte anche tutte le scienze assolute! L'ateo che sostituisce la metafisica alla teologia e lascia Iddio morale, è spregevole. Egli è un nuovo uomo cammello che crede di avere rifiutato Dio, ma, nella realtà, è solo un incoerente che non vuole accettare tutte le conseguenze della morte di Dio. Con Dio muore il cristianesimo, ma muore, soprattutto il suo spirito, muore la visione statica e metafisica della realtà. L'ateo è veramente tale non perché afferma che Dio è morto, ma soprattutto perché sa accettare le conseguenze tragiche di tale morte e non si rifugia in nuove sicurezze di tipo metafisico.
    Lo stesso dicasi per la scienza. Le certezze assolute della scienza! Con Dio muore ogni forma di certezza, ogni forma di sicurezza che vuole fare delle categorie della nostra ragione un'essenza delle cose. Non c'è un'essenza asso-luta delle cose: né teologica, né metafisica, né scientifica; la realtà è un'apparenza del divenire. La morte di Dio è nichilismo, cioè fine di ogni tipo di certezza, ed affermazione dell'apparenza del divenire. Il vero filosofo è il "viandante" colui cioè che in questa terra è in cammino, pur senza essere diretto ad una meta finale. Non esiste alcun fine né trascendente né immanente al mondo, ma l'uomo viandante resta in cammino lo stesso, in lui è la gioia nel e per il mutamento, in lui è la gioia per la transitorietà.

    5.1.1.3. La terza metamorfosi è quella del bambino

    Il bambino è colui che gioca, che si crea un suo linguaggio e crea le cose con il suo linguaggio, egli si è liberato dalla volontà di vendetta, parla per metafore, fa il gioco della interpretazione. La figura del bambino viene presa a modello della nuova figura del sacro. In pratica l'uomo ateo deve, come il bambino, creare un nuovo linguaggio che dia alla realtà senso e significato proprio, autonomo. Il bambino crea nuove figure sacre perché egli è un artista, l'uomo deve ritornare ad essere artista e creare, tramite la fantasia, nuove realtà. Il bambino vive in un nuovo caos dionisiaco e si serve del linguaggio per giustificare l'esistenza. Nietzsche, all'interno della metamorfosi del bambino, crea tre figure del sacro: la volontà di potenza, l'eterno ritorno e il superuomo.
    Anzitutto la volontà di potenza. Il mondo è determinato da una necessità: la necessità della volontà di potenza. L'uomo è il creatore, egli crea i valori, egli è la misura di tutte le cose. La metamorfosi del bambino esprime questa profonda realtà: l'uomo, come il bambino, deve crearsi il suo mondo; esiste solo il mondo che l'uomo riesce a crearsi. In questo senso la morte di Dio significa rendere l'uomo creatore di se stesso, del mondo e dei valori di riferimento. L'uomo è misura delle cose, nel senso che egli ne è il creatore.
    La seconda figura del sacro legata alla metamorfosi del bambino è quella dell'eterno ritorno. Il mondo non cammina verso un fine prestabilito, cosi come aveva indicato il cristianesimo: Dio fine ultimo del mondo. Il mondo non procede nemmeno in forma rettilinea per un progresso all'indefinito, come aveva indicato Hegel e dopo di lui molti altri filosofi. Il mondo procede in un continuo ritorno su se stesso. L'uomo crea questo eterno ritorno, egli infatti non deve limitarsi solo ad accettarlo, quasi a subirlo, egli deve amarlo appassionatamente, egli deve volerlo, in questo modo egli diventa creatore di se stesso e del mondo che diviene. Il presente è il vero momento della storia; non c'è un futuro perché la storia non ha un fine; non c'è un passato, perché la storia non ha un legame; c'è solo un presente in cui l'uomo, con la sua volontà di potenza, deve creare la realtà e il senso di questa realtà. L'ateismo è superamento di ogni finalismo e di ogni causalismo, esso significa porre l'uomo a creatore del senso, del significato e quindi della realtà. Creare al di là del vero e del falso, creare al di là del bene e del male, e ci si trova cosí al di là di ogni religione. Questo nuovo senso che l'uomo deve dare alla realtà ha i caratteri del sacro, è ambivalente: è allo stesso tempo tremendum et fascinans, come il sacro di Otto. Il sacro è il coraggio della creazione da parte dell'uomo.
    La terza figura della metamorfosi del bambino è quella del superuomo. L'uomo che crea un nuovo senso, che dà il suo senso alla realtà, è un uomo nuovo, è un super-uomo, l'uomo che va oltre l'uomo, è l'uomo dionisiaco. L'uomo che crea, che non si piega, che si autosupera. Il super-uomo va inteso come un nuovo tipo di umanità. È l'uomo fedele alla terra, che tragicamente crea le nuove forme dionisiache. Volontà di potenza, eterno ritorno e superuomo sono momenti di un unico processo: quello del nuovo sacro. La nuova figura del sacro, rappresentata dal bambino, si concretizza come amore alla terra, in quanto è volontà di potenza; come creazione della realtà e dei valori, in quanto è eterno ritorno, come uomo nuovo, in quanto è super-uomo. Con Nietzsche non si ha soltanto la crisi del sacro, ma si ha soprattutto l'esigenza di creare un nuovo sacro, quello che si lega all'amore per la terra e alla volontà dell'uomo di dominarla.

    5.1.2. Dioniso contro il Crocifisso

    L'animo profondamente religioso di Nietzsche si perde nei meandri della ricerca di un superuomo ipotizzato e sognato, ma mai realizzato [3]. Il non accettare l'uomo nella sua dimensione storico-esistenziale fa di Nietzsche il cantore del nichilismo assoluto ove il superuomo dovrebbe essere l'artefice di se stesso, della storia tutta, in una struttura di assoluta coerenza sia teorica che di vita. Nutriamo profondo rispetto per Nietzsche e la sua voglia di vivere al di là delle cose concrete, e al di là del bene e del male, la sua voglia di vivere da superuomo!
    Nietzsche è il cantore di un uomo che vorrebbe essere superuomo, egli è alla ricerca della coerenza assoluta, ma il tutto si frantuma dinanzi alle colonne di Ercole, e l'uomo-Ulisse è costretto a navigare in un mare infido, dopo avere sperimentato l'ebbrezza di avere raggiunto le colonne di Ercole; egli raggiungerà Itaca solo se imparerà a conoscere fino in fondo il mare, gli uomini e le cose e saprà muoversi nel mezzo di queste realtà. Il sogno si spezza, il superuomo torna ad essere uomo. Questo è ciò che Nietzsche non accetta, e il tutto da pura utopia si trasforma in follia.
    Dio è morto! è il grido tragico dell'uomo dionisiaco che si rende conto che con Dio è morta la coerenza della metafisica occidentale, con Dio è morto il valore etico della religione, con Dio è morto l'uomo e il cristianesimo come equilibrio perfetto di questo uomo debole.
    Il Crocifisso è il segno della morte di Dio, è il simbolo della morte dell'uomo. L'uomo ora è come il cammello, solo, impazzito nel deserto dopo una bufera di sabbia che ha spazzato via ogni traccia di strada, ogni sentiero. L'uomo ha perso ogni senso di orientamento, può diventare superuomo, ma, stordito dalla solitudine del deserto, egli diventa pazzo. Qui sta la vera tragicità della morte di Dio!
    Nietzsche, il suo pensiero, la sua vita, è la conseguenza-segno dell'uomo divenuto Dio. Nietzsche è il profeta, il sacerdote di questo uomo-Dio, egli preannuncia e celebra la follia come atto supremo e conseguenza pratica dell'uomo che si è fatto Dio.
    Nietzsche non è il distruttore del sacro, egli è il profeta della fine del sacro religioso, la fine del sacro cristiano, ma allo stesso tempo egli prospetta il sacro dionisiaco, il sacro dell'uomo che si è fatto Dio. Nietzsche è la conseguenza lucida e tragica del dramma dell'umanesimo ateo di quell'ateismo ofitico che resta sacro, e che con Prometeo pensa sia sufficiente rubare il fuoco alla divinità per essere Dio. Invece...

    Note

    * Friedrich Nietzsche (1844-1900) rappresenta il punto piú alto della crisi della filosofia ottocentesca. Dal 1964 è iniziata la pubblicazione dell'ultima e piú completa edizione delle sue opere a cura di Colli G. - Montinari M., 8 voll., Berlino-Parigi-Milano. La letteratura su Nietzsche è vastissima, segnaliamo semplicemente alcuni testi che fanno riferimento al nostro tema: Cacciari M., Krisis. Saggio sulla crisi del pensiero negativo da Nietzsche a Wittgenstein, Milano 1976; Diet E., Nietzsche, Assisi 1974; Jacovelli Isoldi A.M., Nietzsche. La visione e l'enigma, Roma 1983; Jaspers K., Nietzsche und das Christentum, München 1963; Löwith K., Da Hegel a Nietzsche, Torino 1971; Mancini I., Teologia, Ideologia, Utopia, Brescia 1974, pp. 387-434; Penzo G., Il nichilismo. Da Nietzsche a Sartre, Roma 1984 II ed. riveduta; Welte B. Nietzsches Atheismus und das Christentum, Darmstadt 1958; Wolf H.M., F. Nietzsche. Una via verso il nulla, Bologna 1975.


    1 Nietzsche F., La gaia scienza, in Opere, V/2, Milano 1967, pp. 129-130. Sull'aforisma «Dio è morto!» si cf. anche Opere, V/2, p. 403, p. 454.
    2 Nietzsche F., Frammenti postumi 1887.1888, in Opere VIII/2, 9 (107).
    3 Cf. de Lubac H., Nietzsche mistico, in Mistica e mistero cristiano, Opera Omnia, vol. VI, Milano 1979, pp. 267-298; Id., Il dramma dell'umanesimo ateo, Brescia 1979, specie la parte terza, pp. 221-253.

     


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