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    L’impegno cristiano in favore dell’ecologia



    Dottrina sociale della chiesa /7

    Luis A. Gallo

    (NPG 2007-08-58)

    Come si diceva nell’introduzione al tema dell’impegno cristiano nell’economico, l’essere umano ha uno stretto rapporto con i beni materiali. In tempi recenti è andata crescendo la coscienza che questo rapporto si estende a tutta la natura, dagli animali ai minerali, passando attraverso tutta la gamma delle sue componenti. È sorta la questione ecologica (oikos = casa). Si parla sempre più insistentemente di «salvaguardia dell’ambiente». Tale presa di coscienza ha aperto un nuovo capitolo nell’ambito dell’impegno cristiano, finora, occorre riconoscerlo, poco rilevante. Anche in quest’ambito il credente in Gesù Cristo è chiamato ad attuare il progetto della convivenza alternativa contenuto nell’annuncio del regno di Dio.

    ATTUALITÀ DELLA QUESTIONE ECOLOGICA

    Come nel sec. XIX sorse «la questione sociale», centrata soprattutto sulla giustizia per gli operai-proletari, la quale provocò tra l’altro l’intervento del Magistero pontificio e diede origine alla dottrina sociale della Chiesa, in modo analogo in questi ultimi tempi è sorta con irruenza «la questione ecologica».
    La tratteggia con stringate frasi Giovanni Paolo II aprendo il suo «Messaggio per la Giornata mondiale della pace» del 1990, uno di primi documenti magisteriali che riferiti al tema:

    «Si avverte ai nostri giorni la crescente consapevolezza che la pace mondiale sia minacciata, oltre che dalla corsa agli armamenti, dai conflitti regionali e dalle ingiustizie tuttora esistenti nei popoli e tra le nazioni, anche dalla mancanza del dovuto rispetto per la natura, dal disordinato sfruttamento delle sue risorse e dal progressivo deterioramento della qualità della vita. Tale situazione genera un senso di precarietà e di insicurezza, che a sua volta favorisce forme di egoismo collettivo, di accaparramento e di prevaricazione. Di fronte al diffuso degrado ambientale l’umanità si rende ormai conto che non si può continuare ad usare i beni della terra come nel passato. L’opinione pubblica ed i responsabili politici ne sono preoccupati, mentre studiosi delle più diverse discipline ne esaminano le cause. Sta così formandosi una coscienza ecologica, che non deve essere mortificata, ma anzi favorita, in modo che si sviluppi e maturi trovando adeguata espressione in programmi ed iniziative concrete» (n. 1, corsivi del testo).

    La «questione ecologica» nasce, dunque, nel pensiero del papa, dalla presa di coscienza di un «diffuso degrado ambientale», che trova la sua causa nella «mancanza del dovuto rispetto per la natura» e, più concretamente, in «un progressivo deterioramento della qualità della vita».

    Le cause del problema

    Abbiamo già fatto più volte riferimento al nuovo tipo di rapporto che l’uomo ha cominciato ad avere con la natura per via della sua nuova forma di approccio scientifico ad essa. La scienza moderna gli ha dato la possibilità di identificare il rapporto causa-effetto presente nei suoi fenomeni, e con ciò anche la possibilità di manipolarli a suo arbitrio, e cioè di neutralizzarli, accelerarli, potenziali, ecc.
    I risultati positivi e persino meravigliosi ottenuti grazie al processo scientifico-tecnico sono davanti agli occhi di tutti. A causa di essi verso la metà del secolo scorso si è diffusa nell’umanità una specie di euforia, e addirittura la certezza - indubbiamente ingenua - che con tale progresso i più gravi problemi dell’umanità avrebbero incontrato rapida e definitiva soluzione. Una certa presenza di tale euforia si può cogliere tra le righe anche nella Costituzione «Gaudium et Spes» (cf nn. 9c.33a).
    Col passare degli anni si è andato prendendo anche coscienza, e sempre con maggiore chiarezza, degli effetti negativi prodotti da un certo modo di portare avanti tale progresso.
    Nel già menzionato «Messaggio per la Giornata mondiale della pace» Giovanni Paolo II li descriveva analizzandoli brevemente:

    «Tra essi, in primo luogo, è da annoverare l’applicazione indiscriminata dei progressi scientifici e tecnologici [...]. Il graduale esaurimento dello strato di ozono e l’«effetto serra» hanno ormai raggiunto dimensioni critiche a causa della crescente diffusione delle industrie, delle grandi concentrazioni urbane e dei consumi energetici. Scarichi industriali, gas prodotti dalla combustione di carburanti fossili, incontrollata deforestazione, uso di alcuni tipi di diserbanti, refrigeranti e propellenti: tutto ciò - com’è noto - nuoce all’atmosfera ed all’ambiente. Ne sono derivati molteplici cambiamenti meteorologici ed atmosferici, i cui effetti vanno dai danni alla salute alla possibile futura sommersione delle terre basse [...]. Infine, non si può non guardare con profonda inquietudine alle formidabili possibilità della ricerca biologica» (nn. 6-7).

    Uno degli effetti negativi più evidenti è, quindi, quello della contaminazione ambientale, che in questi ultimi anni è andata crescendo in modo allarmante. Si presenta oggi in forme molto diversificate.
    Anzitutto come inquinamento dell’aria, causato dal fumo delle fabbriche, dai rifiuti industriali e dai veicoli a motore che consumano grande quantità dell’ossigeno dell’aria, sprigionando allo stesso tempo gas tossici estremamente nocivi per la vita; poi, come devastazione delle foreste e distruzione della copertura vegetale in ampie regioni, con il conseguente impoverimento del suolo, l’estinzione di molte specie animali e vegetali; come contaminazione dei fiumi, dei laghi e perfino dei mari, insieme alla crescente scarsità di acqua potabile; come urbanizzazione controllata, con i suoi inevitabili derivati; infine, anche come contaminazione atomica.
    Nell’Esortazione Apostolica «Ecclesia in America» Giovanni Paolo II fece un’allusione molto specifica a ciò che sta avvenendo da questo punto di vista nel continente americano:

    «Quanti abusi e danni ecologici anche in molte regioni americane! Basti pensare all’incontrollata emissione di gas nocivi o al drammatico fenomeno degli incendi forestali, provocati talvolta intenzionalmente da persone mosse da interessi egoistici. Tali devastazioni possono condurre ad una reale desertificazione in non poche zone dell’America con le inevitabili conseguenze di fame e di miseria. Il problema si pone, con speciale intensità, nella foresta amazzonica, immenso territorio che interessa varie nazioni: dal Brasile alla Guyana, al Suriname, al Venezuela, alla Colombia, all’Ecuador, al Perù ed alla Bolivia (67). È uno degli spazi naturali più apprezzati nel mondo per la sua diversità biologica, che lo rende vitale per l’equilibrio ambientale di tutto il pianeta» (n. 25b).

    Si potrebbe riassumere tutto ciò in poche parole: nell’utilizzazione degli strumenti forniti dal progresso scientifico-tecnico, gli esseri umani, la maggior parte delle volte per interessi economici egoistici, hanno esercitato e continuano ad esercitare una manipolazione dispotica della natura, la quale, a sua volta, ha cominciato a reagire ribellandosi a tale manipolazione e producendo, quale effetto-boomerang, risultati altamente negativi e minacciosi per l’umanità stessa.

    FONDAMENTO BIBLICO DI UN’ETICA ECOLOGICA E APPORTI MAGISTERIALI

    La «questione ecologica» solleva quindi un problema etico, interpella cioè il comportamento umano con la natura. La fede cristiana pone a fondamento di tale comportamento alcune convinzioni ricavate dalla divina rivelazione che hanno dato origine ad una autentica teologia della creazione.

    Alcuni testi biblici fondamentali

    Sin dalle sue prime pagine, in testi decisivi per il nostro tema, la Bibbia mette in evidenza la stretta parentela esistente tra l’uomo e la «casa» dove Dio lo fa abitare. Si tratta di un tema che in un modo o nell’altro attraversa l’intera Scrittura, tanto dell’Antico quanto del Nuovo Testamento, il che ci dispensa dal ripercorrerla in dettaglio.
    Nel primo racconto della creazione (Gn 1,26-28), l’uomo, che viene creato «maschio e femmina» e «ad immagine somigliantissima di Dio», è chiamato all’esistenza dopo che Dio ha creato tutto il mondo inferiore, preparando così la casa in cui doveva abitare. Il testo dice letteralmente:

    «E Dio disse: ‘Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra’. Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò» (vv. 26-27).

    Il testo biblico ancora rileva che Dio li benedisse con queste parole:

    «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra» (v. 28).

    Al di là delle espressioni letterali, tipiche del contesto culturale in cui è stato scritto, il testo lascia intravedere con sufficiente chiarezza alcune idee fondamentali che riguardano il tema di cui ci stiamo occupando:
    - l’essere umano - maschio e femmina - è una creatura, e quindi non una divinità;
    - è stato creato da Dio con una sollecitudine speciale («facciamo l’uomo»);
    - effetto di tale sollecitudine è il suo essere stato fatto «ad immagine somigliantissima di Dio»;
    - in ragione della quale egli è superiore a tutta la creazione inanimata e animata, che è stata creata prima di lui ed è chiamata ad essere «signoreggiata» da lui.
    Il secondo racconto (Gn 2,4-7), che in realtà secondo gli studiosi è molto più antico come redazione (sec. X a.C.), conferma le idee fondamentali di quello precedente, le completa e le precisa. I passaggi principali sono i seguenti:

    «Allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente. Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l’uomo che aveva plasmato […] Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse […]. Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di bestie selvatiche e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome. Così l’uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutte le bestie selvatiche» (vv. 7-8.20).

    Anche da questo breve testo si possono ricavare le idee antropologiche fondamentali:
    - l’essere umano è una creatura di Dio; - il quale lo ha chiamato all’esistenza mediante un atto speciale («lo plasmò»);
    - il suo essere è costituito da due principi, uno che lo vincola alla terra («lo plasmò con polvere del suolo») e l’altro che lo vincola a Dio, fonte della vita («soffiò nelle sue narici un alito di vita»);
    - in ragione di ciò egli è il centro della creazione e a lui è subordinato il giardino dell’Eden («lo pose nel giardino di Eden»), nel quale egli domina sugli animali imponendo loro il nome («impose nomi a tutto il bestiame»);
    - ma non con un dominio assoluto, poiché egli in qualche modo dipende dalla terra ed è in essa come un giardiniere e agricoltore («perché lo coltivasse e lo custodisse»).

    Una nuova sensibilità, una nuova comprensione

    Una certa teologia della creazione elaborata principalmente a partire dai testi sopra citati, nel suo intento di dialogare con il mondo moderno cercò di far vedere che la fede in Dio creatore non solo non era contraria al progresso scientifico-tecnico, ma viceversa era una delle cause che lo aveva reso possibile in occidente.
    Secondo essa l’uomo, creato ad immagine di Dio, è amministratore responsabile del mondo, chiamato a dominarlo e a metterlo a servizio dell’umanizzazione di tutti gli uomini. Merito indiscusso di tale teologia è l’aver intrapreso un dialogo serio con la modernità illuminista, che la teologia precedente, di taglio piuttosto essenzialista e astorico, aveva ignorato o combattuto.
    Recentemente tuttavia questo pensiero teologico è entrato in crisi. La classica teologia della creazione, con la sua marcata accentuazione antropocentrica e specialmente con l’importanza attribuita al mandato divino di «dominare la terra», è messa attualmente in questione. Alcuni pensatori hanno fatto notare che il menzionato mandato ha avuto delle conseguenze deleterie nell’epoca della rivoluzione industriale. La codificazione, manipolazione, degradazione e distruzione dell’ambiente avrebbe incontrato in esso una radice profonda. Hanno criticato ugualmente l’ideologia sottostante alla scienza moderna e alla visione antropologica della Chiesa, le quali presupponevano qualcosa in comune: la totale superiorità dell’uomo sul resto della natura e la sua netta separazione della medesima.
    Di conseguenza, il pensiero giudeo-cristiano è stato incolpato di aver dato fondamento e alito al processo dalla civiltà industriale, con tutte le sue aberranti conseguenze. Le antiche critiche di alienazione, di fuga dal mondo, di chiusura al progresso, di oscurantismo, e altre simili fatte alla Chiesa in passato, hanno lasciato il posto a nuove accuse in senso contrario: il cristianesimo avrebbe una buona parte di colpa nell’incontrollato dinamismo del progresso moderno e nella «hybris» (arroganza) della civiltà industriale, che stanno degradando gravemente l’ambiente e portando l’uomo molto vicino alla autodistruzione. La fede cristiana è sotto accusa, in una parola, di essere al servizio della morte: in passato, perché non favoriva ma combatteva le forze del progresso che erano al servizio della vita e del benessere di tutti; adesso, per il fatto di incentivare un progresso che è distruttore mortale della vita.
    Per questo motivo, così come si rese necessario rispondere in passato alle molteplici imputazioni di alienazione, è oggi indispensabile affrontare l’accusa che la fede cristiana sia alla base della crisi ecologica attuale.
    Non si può negare che la sete di potere esistente di fatto nel cuore umano abbia portato a strumentalizzare la fede nella creazione, in modo tale che il comando di sottomettere la terra arrivasse ad essere capito in termini di dominio e di conquista senza limiti del cosmo. Così come Dio onnipotente è Signore assoluto del mondo creato - si pensava -, l’essere umano, creato a sua immagine, deve estendere sempre di più il suo dominio e la sua signoria su di esso.
    Occorre osservare invece che già nella traduzione tradizionale del citato testo biblico, dalle parole «riempite la terra e sottomettetela, dominate» non si può concludere che esso orienti verso un dominio arbitrario e irresponsabile della natura.
    L’uomo, immagine di Dio, occupa indubbiamente un luogo speciale nell’insieme degli esseri creati, ma luogo speciale non significa distanza orgogliosa e arrogante da essi. In quanto immagine di Dio egli è diverso dalle altre creature. È però tale in quanto responsabile, ossia in quanto chiamato a rispondere della propria vita e dei rapporti con gli altri uomini e con la natura. A rispondere soprattutto davanti a Dio. Il potere sopra la natura resta limitato, quindi, dal servizio reale all’uomo, a tutti gli uomini e, tramite essi, a Dio. In tale prospettiva il testo non si orienta verso un rapporto di manipolazione e uso abusivi delle cose create. La fede in Dio creatore non fonda l’alterigia dell’uomo nel suo rapporto con la natura né nell’utilizzazione irresponsabile di essa.
    Sono queste le idee fondamentali della nuova teologia della creazione che si sta elaborando.
    Giovanni Paolo II, facendosi eco di tali idee e confermandole, nella sua Esortazione Apostolica «Christifideles laici» affermava:

    «Certamente l’uomo ha da Dio stesso il compito di «dominare» le cose create e di «coltivare il giardino» del mondo; ma è un compito, questo, che l’uomo deve assolvere nel rispetto dell’immagine divina ricevuta, e quindi con intelligenza e con amore: egli deve sentirsi responsabile dei doni che Dio gli ha elargito e continuamente gli elargisce. L’uomo ha fra le mani un dono che deve passare - e, se possibile, persino migliorato - alle generazioni future, anch’esse destinatarie dei doni del Signore: «Il dominio accordato dal Creatore all’uomo (...) non è un potere assoluto, né si può parlare di libertà di «usare e abusare», o di disporre delle cose come meglio aggrada»» (n. 43g).

    Gli apporti del Magistero ecclesiale

    La questione ecologica non fu affrontata se non mediante sporadiche e generiche allusioni nei primi documenti del Magistero sociale della Chiesa. Ciò che occupava il centro della sua attenzione era allora soprattutto il rapporto tra le persone e tra i gruppi umani, certamente in riferimento al loro rapporto con i beni materiali e soprattutto con quelli prodotti dal lavoro dell’uomo. Solo in questi ultimi anni si è andato aprendo strada nelle sue riflessioni tanto a livello universale quanto a quello regionale o locale.
    Ciò denota la sua sensibilità verso i problemi che va ponendo la realtà concreta e conferma ancora una volta la sua dinamicità.
    Tra i documenti pontifici, e quindi di portata universale, che si occuparono della questione ecologica, bisogna ricordare principalmente la Lettera «Octogesima adveniens» di Paolo VI, e di Giovani Paolo II, il già citato «Messaggio per la Giornata mondiale della pace» del 1990, l’Enciclica «Sollicitudo rei socialis», l’Esortazione Apostolica «Christifideles laici», l’Enciclica «Centesimus Annus» e l’Esortazione Apostolica «Ecclesia in America».
    Il «Compendio della Dottrina sociale della Chiesa» le ha dedicato un intero capitolo, l’undicesimo, in cui, oltre a evidenziare gli aspetti biblici del tema (nn. 451-455), il rapporto dell’uomo con l’universo delle cose (nn. 456-460) e la crisi attualmente esistente in esso (nn. 461-465), traccia delle piste da seguire per affrontare quella che chiama «una comune responsabilità»: la considerazione dell’ambiente come un bene collettivo (nn. 466-471), l’adeguato uso delle biotecnologie (472-480), l’attuazione della condivisione dei beni (nn. 481-485) e l’adozione di nuovi stili di vita (nn. 486-487).
    Merita di essere citato letteralmente ciò che, rifacendosi a scritti anteriori di Giovanni Paolo II, viene enunciato in questo ultimo punto:

    «I gravi problemi ecologici richiedono un effettivo cambiamento di mentalità che induca ad adottare nuovi stili di vita, ‘nei quali la ricerca del vero, del bello e del buono e la comunione con gli altri uomini per una crescita comune siano gli elementi che determinano la scelte dei consumi, dei risparmi e degli investimenti’. Tali stili di vita devono essere ispirati alla sobrietà, alla temperanza, all’autodisciplina, sul piano personale e sociale. Bisogna uscire dalla logica del mero consumo…» (n. 486).

    PRINCIPI PER UN’ETICA ECOLOGICA

    Un’etica ecologica deve fondarsi su di un cambiamento verso una coscienza ambientale che prenda in seria considerazione le conseguenze dell’agire dell’uomo sulla natura. Solo così potrà ottenere una limitazione degli effetti negativi che produce attualmente.

    Idee di base

    Come ogni etica, anche questa si basa su di alcune concezioni della realtà che la devono portare a proporre un determinato comportamento. Ne enunciamo brevemente le principali.
    La prima è che la natura non deve essere vista come semplice materia che occorre sfruttare al massimo, sia pure in ordine ad una umanizzazione, bensì come un tutto entro il quale l’umanità trova la sua collocazione e che quindi occorre rispettare profondamente, pur servendosi di essa.
    La seconda è che l’essere umano è una parte della natura e appartiene ad essa. Ha una sua originalità propria, data soprattutto dalla sua autocoscienza e dalla sua autodeterminazione, ma ciò non lo deve portare a rinnegare la sua parentela con il resto degli esseri che integrano la natura.
    La terza è che l’azione dell’uomo verso la natura deve essere guidata dalla coscienza di essere un essere sociale, che vive come tale nell’ambiente naturale in cui è immerso.
    La quarta è che, nell’agire verso la natura, richiedendo da essa il necessario per la sua realizzazione, l’uomo deve tener presente la legge evangelica dell’attenzione privilegiata verso gli ultimi.

    «Decalogo» per un impegno ecologico cristiano

    Può essere di utilità, quale guida dell’impegno ecologico cristiano, tener presente l’interessante «decalogo» elaborato, in analogia con i dieci comandamenti della Legge divina (Es 20,2-17), dal teologo Carlo Rocchetta, che si ispira nell’accorato invito del libro della Sapienza (vedi alla fine):

    «Non provocate la morte con gli errori della vostra vita, non attiratevi la rovina con le opere delle vostre mani, perché Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi.
    Egli infatti ha creato tutto per l’esistenza; le creature del mondo sono sane, in esse non c’è veleno di morte, né gli inferi regnano sulla terra, perché la giustizia è immortale» (Sap 1,12-13).

    Un modello precursore della sensibilità ecologica

    È frequente, tanto nei movimenti d’ispirazione cristiana come anche negli altri, appellarsi alla figura di S.Francesco d’Assisi, che Giovanni Paolo II proclamò Patrono celeste degli ecologisti nel 1979 (cf «Inter Sanctos», in AAS 71 [1979], 1509s)
    Il «poverello» fu senz’altro un precursore della sensibilità ecologica, come lo dimostra soprattutto la redazione del suo famoso «Cantico delle creature», del quale trascriviamo la parte più pertinente alla nostra tematica:

    «Altissimu, onnipotente bon Signore,
    Tue so’ le laude, la gloria e l’honore
    et onne benedictione.
    Ad Te solo, Altissimo, se konfano,
    et nullu homo ène dignu te mentovare.
    Laudato si’, mi’ Signore cum tucte
    le Tue creature,
    spetialmente messor lo frate Sole,
    lo qual è iorno, et allumini noi per lui.
    Et ellu è bellu e radiante cum grande
    splendore:
    de Te, Altissimo, porta significatione.
    Laudato si’, mi Signore, per sora Luna e le stelle:
    in celu l’ài formate clarite et pretiose
    et belle.
    Laudato si’, mi’ Signore, per frate Vento
    et per aere et nubilo et sereno
    et onne tempo,
    per lo quale, a le Tue creature
    dài sustentamento.
    Laudato si’, mi Signore, per sor’Acqua.
    la quale è multo utile et humile et pretiosa
    et casta.
    Laudato si’, mi Signore, per frate Focu,
    per lo quale ennallumini la nocte:
    ed ello è bello et iocundo et robustoso
    et forte.
    Laudato si’, mi Signore, per sora nostra
    matre Terra,
    la quale ne sustenta et governa,
    et produce diversi fructi con coloriti fior
    et herba».

    Naturalmente, il mondo nel quale Francesco visse la sua «etica ecologica» di ispirazione profondamente evangelica non è quello di oggi. La «questione ecologica» - come d’altronde la «questione sociale» - non aveva allora le dimensioni e le caratteristiche che ha oggi.
    Il rapporto con la natura non era arrivato in quei tempi a ciò a cui l’ha portata il processo scientifico-tecnico nei nostri tempi. Eppure, come atteggiamento di fondo continua ad avere tutta la sua forza d’ispirazione che la fanno fortemente avvincente per il mondo attuale.

    «Decalogo» per un impegno ecologico cristiano

    1. Io sono il Signore Dio tuo: non introdurrai nell’ordine della natura e della vita situazioni di pericolo o di morte, tanto più se esse possono divenire permanenti e incontrollabili. Opera per un modello di sviluppo sostenibile e pienamente umano.

    2. Non farai violenza al creato e alla sua integrità: esiste un «peccato ecologico» che mi offende, come mi offende ogni peccato personale e sociale: si tratta sempre di un disordine che va contro il mio volere. Il benessere di ciascuno dipende dal benessere di tutti, compresi gli animali e le piante.

    3. Ricordati di rispettare l’unita del sistema-vita e l’interdipendenza che sussiste tra gli esseri: è in gioco il futuro dell’umanità. Ricerca stili di vita sobri, giusti e rispettosi della natura, delle fonti della vita e del bene comune. Impara a risalire dalla bellezza del mondo alla bellezza del suo Creatore.

    4. Onora la varietà degli esseri viventi, della flora e della fauna: è un dono e una ricchezza per tutti; non impoverirla o distruggerla. Apprezza la biodiversità, valorizzala e promuovila. Vivi la tua vita come un dono da ridonare.

    5. Non uccidere la democrazia economica, la giustizia sociale e la solidarietà, in nome di potentati economici e finanziari capaci di dominare il mondo, ma che annullano la libertà, la creatività e l’iniziativa degli imprenditori più piccoli. Ricerca regole mondiali giuste e valide per tutti. Mai un’economia senza etica.

    6. Non utilizzare il patrimonio genetico e la conoscenza del genoma umano a fini di guadagno o di lucro: tutto ciò che è inscritto nel creato è mio e deve servire al bene di tutta l’umanità, non al profitto o agli interessi di qualcuno.

    7. Non rubare, né creare nuove forme di povertà o di sfruttamento verso gli ultimi, con un’economia perversa nella quale i poveri arricchiscono i ricchi e i ricchi diventano sempre più ricchi. Opera per una competizione leale e cooperativa. Non accettare il principio: «mors tua, vita mea»: è all’origine di ogni guerra.

    8. Non dire il falso ai consumatori, mentendo sui prodotti in commercio, generando insicurezza alimentare e perfino malattie. Rispetta la vita in ogni sua forma e opera per produrre cibi sani. Guai ai governanti che non fanno il loro dovere e ricercano più il proprio interesse che il benessere (bene-esse) della popolazione.

    9. Non desiderare un’agricoltura senza agricoltori, anonima e separata dal territorio. Valorizza il compito di «custode» e «coltivatore» che ho affidato all’uomo fin dall’inizio; impegnati per una produzione sana, per un giusto reddito degli operatori agricoli e per la valorizzazione del loro ruolo nella cura dell’ambiente.

    10. Non distruggere i prodotti tipici e di qualità, i gusti e i sapori della terra; non contaminare i semi e gli allevamenti sani con colture e mangimi che potrebbero non esserlo. Intervieni sulla natura per migliorarla, non per metterne in crisi i delicati equilibri o addirittura facendole violenza. La vera efficienza economica non è produrre molto, ma «produrre bene» e «produrre cibi buoni».
    Se ti impegnerai in tutto questo, Io ti benedirò, sarai felice sulla terra e la terra sarà una madre generosa per te.

    Gli articoli della serie:

    1. A mo’ di introduzione: alcune nozioni base (NPG 1/2006, pp. 39-41).
    2. Il fondamento ultimo dell’impegno sociale cristiano: il regno di Dio come convivenza sociale alternativa (NPG 3/2006, pp.20-26).
    3. Apporti ecclesiali all’impegno sociale (NPG 4/2006, pp.56-66).
    4. L’impegno cristiano nell’economico /1 (NPG 8/2006, pp. 26-37).
    5. L’impegno cristiano nell’economico /2 (NPG 3/2007, pp. 46-53).
    6. L’impegno cristiano nel politico (NPG 7/2007, pp.49-62).
    7. L’impegno cristiano in favore dell’ecologia (NPG 8/2007, pp. 58-65).


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