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    Religione e modernità

    Vincenzo D’Adamo 

    Il libro Al cuore della religione [1] intende accostare il tema religioso con il duplice sguardo di chi se ne sente coinvolto, ma al contempo intende analizzarlo con distacco, come è necessario che avvenga per lavori di carattere scientifico. Il titolo è la formula sintetica del contenuto di questo libro ed è da intendersi in due sensi: quello di andare all’essenza della religione e quello di sintonizzarsi con la sua lunghezza d’onda, cioè con la necessità di accostarsi ad essa attraverso una comprensione innestata su una relazione vivente, facendo passare la ragione attraverso la complicità del cuore.
    Nelle pagine introduttive l’autore, Francesco Donadio, già docente di Filosofia presso l’Università degli Studi di Napoli «Federico II» e presso la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale – Sezione S. Luigi (Napoli), offre un quadro vivo della strategia complessiva del libro, rendendo partecipe il lettore del faticoso cammino che lo ha portato alla scelta stessa del titolo.
    Il volume avrebbe potuto anche intitolarsi La via moderna alla religione, in considerazione del fatto che la modernità costituisce l’orizzonte globale che ne tiene insieme le due partizioni tematiche, cioè l’analisi della religione nell’età della ragione illuministica e nell’età della ragione storica. Infatti solo attraverso lo studio di questi due tornanti di riflessioni si può misurare il cambio di paradigma, decisivo per il nostro stesso presente, nell’analisi dell’esperienza religiosa, e così valutare i rispettivi vantaggi e svantaggi del trapasso: da un’interpretazione metafisica a un’interpretazione storica, non solo dell’uomo nel suo rapporto con il mondo, ma della stessa religione.

    Religione e modernità: una tensione feconda

    L’intento dell’autore è, dunque, quello di mettere a fuoco il rapporto della religione con la modernità, osservarne le discontinuità, di cui per lo più si discorre ampiamente, ma anche le prospettive di sviluppi positivi, sui quali generalmente si sorvola quando non ci si chiude ermeticamente.
    Il libro è inoltre un richiamo e un invito a esplorare il suggestivo tema della nascita della modernità a partire dalla religione, al di là di una comune e sterile contrapposizione tra modernità e religione.
    A questo programma di lavoro fa riferimento il sottotitolo del libro, Sentieri filosofici, che è l’indicazione della connessa ricerca storiografica attraverso la quale sono discusse le tesi di alcuni pensatori, quasi tutti di area tedesca, nei quali si è imposta una rottura epistemologica con l’interpretazione razionalista della religione. Essi hanno tentato con nuove «carte nautiche» una traversata del gran mare della religione, opponendo al modello dell’argomentazione logica quello della narrazione storica, all’evidenza della teoresi l’ascolto dell’alterità, integrandone il carattere di esperienza incandescente con l’effettività dell’esistenza storica.
    Questa precisa linea teoretica si avvale in buona parte di rigorose e convergenti analisi storiografiche, integrando filologia e filosofia, ricercandone connessioni e affiliazioni produttive, ricostruendo contesti di senso e interagendo con testi di altissima qualità, lasciandosi interpellare da autori forniti dell’autorevolezza che riconosciamo ai «classici del pensiero», senza rinunciare a sua volta a interpellarli.

    Sentieri filosofici

    Un semplice elenco dei nomi e dei temi che sono richiamati nel libro, a ciascuno dei quali è dedicato un capitolo e di cui qui non è ovviamente possibile dar conto, può offrire un’idea del suo respiro lungo, che copre una traversata entro le appassionate discussioni sul tema della religione nella modernità tra fine Settecento e metà Novecento.
    Qui noi dobbiamo prescindere da questi confronti analitici, che pure costituiscono la sostanza stessa del libro, e limitarci a offrirne una visione panoramica nelle sue nervature essenziali.
    Per quanto attiene alla prima parte, gli autori e i temi trattati sono: Hamann e la religione di un cristianesimo biblico; Jacobi e la religione come fede nativa; Schleiermacher e la religione come sentimento creaturale; Schelling e la religione come rivelazione e storia; Kierkegaard e la religione del paradosso assoluto.
    Per quanto attiene alla seconda parte: Braniss e la religione al di là del «naturismo»; Dilthey e la religione come ermeneutica della vita; Yorck von Wartenburg e la religione come trascendenza storica; James e la religione come cura dell’anima; Jonas e la religione oltre la gnosi; Bultmann / Jaspers e la religione come demitologizzazione.
    Un capitolo conclusivo — «Cenni di uno sguardo retrospettivo e prospettico» — riassume l’intera strategia del libro: quella di liberare l’urgenza della vita che cova dentro la verità della religione, spesso tenuta a freno da una superfetazione intellettualistica che la tradisce più che tradurla, riaprendo un altro — e medesimo — fronte problematico, quello del rapporto tra religiosità e religione.
    Se ne deduce che il puro movimento di trascendenza dello spirito, nel quale ben si possono riconoscere le linee di una religiosità etica, è una condizione necessaria, ma non sufficiente per il costituirsi di una religione in senso proprio.
    Con ciò si mostra la necessità, per l’esperienza religiosa in senso forte, cioè per una religione, di pensare la sua verità come un «accadere storico», accessibile solo a un pensiero nutrito di storicità e adeguato alle modalità di comprensione dell’esistenza storica.

    Religione come narrazione storica

    Il concetto di «trascendenza storica» diventa in tal modo la chiave di volta che ci permette di entrare nel «cuore della religione» e di conservare una percezione della vita come realtà insondabile, come mistero.
    La comprensione del vissuto religioso si offre, dunque, adeguatamente solo all’interno di una religione organicamente partecipata, cioè inseparabile dai suoi riempimenti storici e liberata in quanto tale dallo spettro della gnosi.
    Si apre qui l’ampio spazio per una ridiscussione dei rapporti tra religione e storia, che tante paure ha innescato nel passato, a dispetto di una religione, quella cristiana, che s’inscrive in una economia storica di salvezza e a partire dalla quale, come emerge dalla corrente continua delle riflessioni del libro, si possono e si devono attingere impulsi e suggestioni per un ripensamento, al di là del nesso stretto che unisce religione e storia, dello stesso statuto di ciò che debba intendersi per storia e storicità.
    Questa immersione della religione nella storia, che a un osservatore affatto disincantato e distaccato potrebbe sembrare un puro cedimento alla moda dei tempi, è invece la condizione indispensabile per aiutarla a recuperare una sua rinnovata identità, ricollegandola non tanto al terreno dell’ontologia di matrice greca, ma a quello della profezia ebraico-cristiana.
    Su questi temi l’autore può ben vantare una ricca riflessione, ma a noi piace richiamare qui un altro lavoro, successivo a quello ora presentato, dal titolo Del sentimento storico della vita [2], che riprende alcune suggestioni qui accennate, o quanto meno lo «spirito» che le ha animate, ma con maggiore aderenza a tematiche di attualità e al di fuori di un circuito comunicativo elitario.

    Comprendere, con la complicità del cuore

    Liberato dalle ristrettezze di un approccio puramente conoscitivo e restituito alla sua dimensione originale di creatore di senso, il fenomeno religioso recupera le sue caratteristiche di evento capace di investire l’intera esistenza e di coinvolgere nel profondo le più intime strutture della personalità, aprendola alla trascendenza. In tal modo esso si dimostra in grado di interagire in maniera feconda con la storia, fornendo un originale punto di vista dal quale esaminare con occhio nuovo molti dei temi di attualità nel dibattito contemporaneo: il relativismo, il fondamentalismo religioso, il ruolo della religione nelle società moderne, la società interculturale e il rapporto con l’altro.
    Lasciare interagire i due testi ci sembra pertanto un buon esercizio non soltanto per arrivare «al cuore della religione», ma, come è inevitabile che avvenga per uno scritto dal grande impatto emotivo, per riuscire ad arrivare al cuore e alla mente del lettore, suscitandone un complice coinvolgimento.

    NOTE

    1. Cfr F. Donadio, Al cuore della religione. Sentieri filosofici, Soveria Mannelli (Cz), Rubbettino, 2014, 420.
    2. Cfr F. Donadio, Del sentimento storico della vita, Soveria Mannelli (Cz), Rubbettino, 2014, 180.

    (La Civiltà Cattolica 2015 IV 597-600 | 3972 - 26 dicembre 2015)


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