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    La Riforma,

    una storia di passione

    Lidia Maggi


    Mettimi come un sigillo sul tuo cuore, come un sigillo sul tuo braccio;
    poiché l'amore è forte come la morte, la passione è dura come lo sheol.
    Le sue fiamme sono fiamme di yah, una fiamma ardente.
    Le grandi acque non potrebbero spegnere l'amore, né i fiumi sommergerlo.
    (Cantico dei Cantici 8, 6-7a)

    Festeggiare la festa della Riforma con il Cantico dei Cantici può sembrare un azzardo.
    Cosa hanno in comune le parole di due giovani amanti, che si giurano amore eterno, con un evento che ha rivoltato la chiesa come un guanto, che ha avviato processi di rinnovamento ecclesiale da fare arrossire i nostri pallidi sinodi? Processi che ci hanno generato, che ci hanno reso la chiesa che siamo.
    Celebrare la Riforma con il Cantico, oggi, significa interrogarsi su quella passione per Dio che ha infiammato una generazione e messo in moto un processo di verifica e di riscoperta della fede. Se ci sentiamo spenti e incapaci di ardere per Dio, come lo furono le nostre madri e i nostri padri, il Cantico ci spinge ad osare, a soffiare sulle nostre ceneri per ravvivare la brace.
    Con il Cantico ci mettiamo alla ricerca di quella passione sopita, nella notte della storia e, proprio come la Sulamita, la giovane innamorata del Cantico, osiamo sfidare il buio della fede alla ricerca dell'Amato. E non ci daremo pace fino a quando non lo avremo ritrovato e potremo abbracciarlo per ricevere i suoi baci.
    Celebrare la festa della Riforma con il Cantico dei Cantici significa focalizzare l'attenzione su ciò che davvero conta per credere, vivere, abitare la terra, ricercando la vita buona. Un invito a ritornare all'essenziale, a ciò che non si consuma in un fuoco di paglia, che non si beve in un sorso: ciò che rimane anche quando le acque sembrano sommergere ogni cosa.
    Ciò che non si può comprare con nessuna valuta, tanto meno con una carta di credito blasonata.
    La Riforma è stato un momento puntuale della storia, in cui una generazione di credenti, di fronte allo smarrimento di una chiesa ripiegata su se stessa, una chiesa potente, scandalosamente sfarzosa rispetto alla povertà della gente, ha osato domandarsi: ma cosa è centrale nel credere? Qual'è il nucleo incandescente della fede? Il fuoco che brucia e non consuma, capace di strapparci al conformismo, all'abitudine, al calcolo e al cinismo...
    E' iniziata così una ricerca di senso appassionata, dolorosa eppure bellissima.
    Nella notte della chiesa, la Riforma è stata quella ragazza audace che ha osato sfidare i pericoli della città notturna, i guardiani dell'ortodossia, e mettersi nuovamente in ricerca dell'amato perduto. Non ha temuto di essere fermata, picchiata, spogliata proprio da quelle sentinelle che avrebbero dovuto proteggere il fuoco della fede.
    Noi siamo figli e figlie di questa storia d'amore per Dio. Nasciamo da quella passione. Le fiamme di yah ci abitano anche se, come le ragazze stolte della parabola, abbiamo lasciato spegnere le nostre torce.
    Oggi, le parole del Cantico dei Cantici ci destano da quel torpore, ci fanno udire il grido della festa, la voce dello sposo che chiama.
    Una storia d'amore appassionata. E' cosi che possiamo raccontare la Riforma. In un momento di crisi, quando tutto nella chiesa sembrava deformato, abbruttito, alcuni credenti hanno osato sedersi intorno a un tavolo e chiedersi se aveva ancora senso stare insieme.
    Proprio come due coniugi litigiosi o indifferenti che, prima di lasciarsi, si concedono un'ultima possibilità chiedendosi: “ma noi perché stiamo insieme? Ci sono ragioni per restare oppure è tutto finito?”.
    A quella crisi, la Riforma ha trovato 5 ragioni per restare. E le ha trovate andando all'essenziale, a ciò che davvero conta. La tradizione lo ha riassunto nei 5 sola. Ricordate?
    Solo cinque cose occorrono per credere, per ritrovare l'amato perduto, per cambiare e ricominciare a vivere la vita buona della chiesa: cinque sola. Mi piace questo paradosso: si ricerca l'essenziale, quell'unicum (sola) e lo si esprime al plurale (cinque). La Riforma è figlia della Scrittura, una parola essenziale, fondativa eppure plurale, per nulla dogmatica: un libro e, insieme, tanti libri che tra loro dialogano, una verità che non si consegna in un dogma, ma in tante storie che si confrontano, tante quanti sono i libri della Bibbia. La Riforma è figlia dei Vangeli: al centro solo Gesù, nostro Signore, ma raccontato con quattro diversi sguardi, non sempre conciliabili in un unico sguardo. E' anche per questo che la ricerca non è mai ultimata e la Riforma nella storia non si conclude con un evento puntuale; piuttosto, è un processo, un continuo movimento (Ecclesia semper reformanda).
    Cinque sola che oggi proviamo a riscrivere per riavvicinarli a noi:
    Sola Grazia, per ricordarci che la fede è un dono e la relazione con Dio è all'insegna della gratuità. Dio non si può comprare, ma anche la sua creatura, che è a sua immagine, va liberata, sottratta al ricatto di una fede che lega con il bisogno di protezione o, peggio, con la paura.
    Solo Cristo. Al centro della fede cristiana c'è un incontro non con un idea, ma con una persona. La fede è questa relazione personale, unica. Che passa attraverso un “tu”, qualcuno che pronuncia il tuo nome. Un'esperienza particolare che ti apre all'universale proprio radicandosi in una storia concreta, in un volto, in un nome. Il cuore di chi vive totalmente una storia d'amore viene circonciso dall'amore. Amando quell'unico amato si comprende il senso dell'amore e si impara ad amare il mondo. Il cantore di Nazareth ci svela quel Dio amorevole, creatore del mondo, che si prende cura di ogni piccola creatura della terra.
    Sola fede: la fede è fiducia in Dio, nella vita, negli altri. La fede è vestita di speranza, e si affida. E' questa postura che ci strappa all'idolo del nostro “io”, al delirio di autosufficienza, alla diffidenza nei confronti degli altri. Credere significa riconoscere la nostra vulnerabilità, la nostra interdipendenza. Prima ancora di essere una qualità spiritale, la fede è una condizione antropologica.
    Sola Scrittura: in tempi bombardati da tante parole, dove le fake news viaggiano parallelamente alle notizie fondate, ci sentiamo smarriti, disorientati. Ritornare ad abitare le Scritture significa mettersi in ascolto di una parola altra, che non fa eco alle mie parole, che mette in scena mondi lontani e, dunque, allarga i miei orizzonti e, insieme, mi permette di specchiarmi in storie capaci di illuminare le mie ombre, i lati oscuri di me, quelli che nego anche a me stessa. La Bibbia è il luogo privilegiato dove riascoltare le storie che fondano la nostra fede. Incontro lì il Dio di Abramo e Sara, il Dio che si schiera dalla parte degli oppressi per strapparli alle grinfie del faraone, E' lì che incontro il volto umano di un Dio che chiama, insegna, guarisce, ama fino a consegnarsi agli amici che lo tradiscono e rinnegano. Un Dio che muore, ma che la tomba non può trattenere. Nella Bibbia ritrovo narrata la vita buona come Dio l'ha sognata per noi e per l'intero creato.
    Solo a Dio la Gloria: l’ultimo dei sola prova a riassumerli tutti. E' la dichiarazione d'amore di una chiesa appassionata, di un'umanità innamorata: non a noi la gloria Signore, ma solo a Te. La passione non si esime dal fare autocritica, dal confessare la propria inadeguatezza per avere dato peso (è il significato letterale di gloria in ebraico) ad altri signori, altri idoli: al prestigio, al consenso, alla visibilità, al denaro, al guadagno, al potere... e l'elenco diventa legione.
    Celebrare la festa della Riforma con il Cantico dei Cantici è sentire la voce dell'amato che ci chiama, che si ostina a chiamarci, che ci invita ad uscire.
    Il fuoco appassionato di questo amore non è spento e vuole infiammare ancora una generazione, la nostra.
    Oggi la sua voce ci giunge come il Cantico più bello per ammorbidire i nostri cuori. Buona Festa della Riforma!

    (Luino - Culto 30 ottobre 2022)

     


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