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    Tornare a Gesù

    José A. Pagola


    (...) Il tema di cui parleremo oggi è: tornare a Gesù, il Cristo, compito urgente nel cristianesimo attuale. (…).

    ALCUNI FATTI NELLA CHIESA DI OGGI

    In un primo momento, sottolineerò alcuni fatti importanti che stanno succedendo attualmente e che costituiscono un punto di partenza per riflettere sulla necessità e la possibilità di una conversione radicale a Gesù Cristo. Stanno avvenendo molte cose, ma ne segnalerò appena tre.

    Il rischio della reazione automatica

    In questi ultimi decenni, si sono moltiplicati studi teologici, inchieste, sondaggi sulla situazione critica delle Chiese cristiane in Occidente. Ignorare questi dati sarebbe un errore, in quanto significherebbe pretendere di avanzare verso il futuro con gli occhi chiusi. Tuttavia, esiste un pericolo ancora più grave: condizionati da tali dati sociologici, corriamo il rischio di reagire automaticamente, senza fermarci a discernere quale dovrebbe essere oggi l'atteggiamento proprio dei seguaci di Gesù. (…). Segnalerò alcuni aspetti. Non è difficile osservare come vadano oggi prendendo corpo nella Chiesa atti di nervosismo e di paura; comportamenti generati spesso più dall'istinto di conservazione che dallo Spirito di Gesù che, come diciamo nel credo, è sempre datore di vita. È facile anche constatare come vada crescendo in alcuni settori un atteggiamento difensivo rispetto alla società moderna; molto distante da quello spirito missionario comunicato da Gesù ai suoi discepoli quando disse loro: andate ad annunciare che Dio è vicino, andate a curare la vita; vi mando come pecore in mezzo ai lupi. Sempre più, in alcuni settori, si tende a considerare la società moderna solo come un avversario, il grande avversario della Chiesa, che vuole distruggere alla radice il cristianesimo. E quasi inconsciamente si può arrivare a fare della denuncia e della condanna tutto un programma pastorale. A volte si tratta dell'atteggiamento dominante. Recentemente, il vescovo francese Claude Dagens, portavoce della Conferenza Episcopale Francese, ha detto che a volte stiamo facendo della fede una contro-cultura, e della Chiesa una contro-società. Da questa posizione è molto difficile, per non dire impossibile, annunciare il Dio di Gesù come il miglior amico di ogni essere umano. (…).

    La tentazione della restaurazione

    In questo momento di profondi cambiamenti socio-culturali in cui bisognerebbe probabilmente assumere decisioni di grande portata, pare che settori assai influenti della Chiesa si siano decisi piuttosto per la restaurazione (…), con il rischio di fare del cristianesimo una religione del passato, una religione sempre più anacronistica e sempre meno significativa per le generazioni future. Invece di camminare insieme agli uomini e alle donne di oggi, collaborando con essi a partire dal progetto del Regno di Dio, verso una società più degna, più giusta, più fraterna, più sana, le alte sfere tendono piuttosto alla conservazione salda, rigida, disciplinata della tradizione religiosa. È facile comprendere come mai siano coloro che rivestono le più alte responsabilità a tendere maggiormente a questo tipo di reazioni istintive. A partire da qui, in tutti i settori, non solo in quelli dirigenti, ma anche nella base, si sta infiltrando, quasi impercettibilmente, un conservatorismo religioso che era assente dopo il Concilio e che credo sia molto distante dallo spirito profetico e creativo di Gesù. Si vigila sulla stretta osservanza della norma, non si fa alcuna concessione alla creatività, tutto pare fissato per sempre: si direbbe che l'unica cosa da fare, in questi tempi di così profondi cambiamenti socio-culturali, sia quella di conservare e ripetere il passato. Si tratta di un aspetto comprensibile, ma diventa difficile per me riconoscere in tutto ciò l'invito di Gesù Cristo a porre vino nuovo in otri nuove.

    Passività generalizzata

    Il dato più significativo per me è forse questo terzo punto, sebbene non se ne parli molto. Il tratto dominante dei cristiani che non hanno abbandonato la Chiesa è sicuramente la passività. Evidentemente esiste un numero importante e valido - non voglio dimenticarlo - di cristiani e cristiane fortemente impegnati in gruppi, comunità, parrocchie, aree di emarginazione, progetti educativi, missioni. Non c'è dubbio che si tratti di una minoranza rilevante, e che diventerà ancora più rilevante e significativa in futuro. Ma ciò non impedisce di notare come l'atteggiamento maggioritario sia quello della passività. Per secoli abbiamo educato la massa dei fedeli alla sottomissione, alla docilità, al silenzio, alla passività … (…). E le strutture nate nel corso del tempo non hanno promosso la corresponsabilità del popolo di Dio. Nella pratica si è fatto del movimento di Gesù una religione in cui la responsabilità dei laici e delle laiche è stata in buona parte annullata. (…). È questo forse il principale ostacolo per promuovere la trasformazione di cui ha urgente bisogno il cristianesimo attuale: milioni e milioni di fedeli sottomessi a una gerarchia tentata dalla restaurazione. È difficile, in questo quadro, capire in che modo affrontare i tempi nuovi e fare strada al Regno di Dio seguendo i passi di Gesù. Per questo i teologi pastorali - soprattutto in Europa, Canada, Stati Uniti - si stanno già ponendo delle domande. È possibile una trasformazione? E quale, in queste circostanze? Potrà il cristianesimo trovare al suo interno il vigore, la forza spirituale, di cui ha bisogno per provocare la conversione a Gesù Cristo? È possibile mobilitare le forze, all'interno della Chiesa attuale, verso una sequela più fedele e più radicale di Gesù? Come? A che prezzo? Attraverso quali rinunce, quale crisi, quante persone perse lungo la strada? Le domande sono molte e non è facile trovare una risposta chiara.

    TORNARE A GESÙ CRISTO

    È possibile la conversione? A mio parere, la svolta di cui ha bisogno il cristianesimo attuale, l'autocorrezione decisiva, consiste semplicemente nel tornare a Gesù Cristo, ossia nel concentrarci con più autenticità e con più fedeltà sulla persona di Gesù Cristo e sul suo progetto del Regno di Dio. Credo che questa conversione sia la cosa più urgente e più importante che possa avvenire nella Chiesa nei prossimi anni. Molte cose bisognerà fare in tutti i campi - liturgico, pastorale... - ma nulla è più decisivo di questa conversione. (…). Tale conversione non è uno sforzo richiesto solo alla gerarchia; né dobbiamo esigerlo solamente dai religiosi e dalle religiose, dai teologi e dalle teologhe, da un settore specifico della Chiesa. È una conversione a cui dobbiamo sentirci chiamati tutti. (...). Dopo venti secoli di cristianesimo, (…) la Chiesa ha bisogno di una conversione senza precedenti, un cuore nuovo per generare in maniera nuova la fede perenne in Gesù Cristo, ma questa volta nella società moderna.

    Non solo aggiornamento

    Non sto pensando solo ad un aggiornamento, per quanto sia necessario, ma ad un ritorno radicale a Gesù Cristo. Come sapete, pare sia stato Giovanni XXIII il primo a parlare di aggiornamento, della necessità di adattare la Chiesa ai tempi di oggi; qualcosa, è ovvio, di assolutamente necessario, perché, se la Chiesa vuole realizzare la sua missione, deve incarnarsi in ogni epoca, in ogni cultura, in ogni tempo. Ciò di cui parlo però è la necessità di tornare all'unica fonte ed origine della Chiesa, l'unica cosa che giustifica la sua presenza nella storia e nel mondo. Sto parlando di lasciare che il Dio incarnato in Gesù sia l'unico Dio nella Chiesa, l'Abbà, l'unico amico della vita e dell'essere umano.

    Non solo riforma religiosa 

    (…) Quando il cristianesimo, pur vissuto con tutta la buona volontà da molte persone, non è centrato sulla sequela di Gesù, ma sulla corretta osservanza di una religione; quando il progetto del Regno di Dio non costituisce chiaramente, in molte comunità, il compito essenziale; quando la compassione non occupa il luogo centrale nell'esercizio dell'autorità e nell'azione dei teologi; quando i poveri, i piccoli, gli indifesi, i dimenticati non sono al primo posto nelle comunità cristiane, è chiaro che non si ha bisogno solo di qualche riforma religiosa, ma di una vera conversione allo Spirito che ha animato l'intera vita di Gesù. In questa società sarà sempre più difficile vivere solo l'adesione disciplinata all'istituzione ecclesiale. Se nei prossimi anni non si produrrà un clima di conversione allo Spirito di Gesù, il cristianesimo correrà il rischio di diluirsi in forme religiose sempre più decadenti e settarie e sempre più distanti da quello che fu il movimento ispirato e voluto da Gesù.

    Non solo cambiamenti

    Il rinnovamento urgente di cui ha bisogno oggi la Chiesa non verrà solo da alcune riforme liturgiche preparate dagli specialisti, né da alcune innovazioni pastorali, per quanto necessarie. Dobbiamo attualizzare l'esperienza fondante; tornare alle radici, di tornare all'essenziale, a quello che Gesù ha vissuto e trasmesso, perché noi non stiamo né vivendo né trasmettendo, in buona parte, quello che Gesù viveva e trasmetteva. (…). È possibile? Come si può fare? Da dove cominciare? Che possiamo dire?

    ALCUNE LINEE DI AZIONE

    A. PORTARE NEL CRISTIANESIMO ATTUALE LA VERITÀ DI GESÙ

    Mi pare la cosa più importante. (...). La svilupperò in due piccoli punti.

    Sulle tracce della verità di Gesù

    Dobbiamo discernere cosa c'è di vero e cosa di falso nel cristianesimo attuale, nei nostri templi e nelle nostre curie, nelle nostre celebrazioni e nelle nostre attività pastorali, nei nostri obiettivi e nelle nostre strategie… E non chiudere gli occhi, non rassegnarci a vivere un cristianesimo senza conversione. (…). Fino a quando potremo evitare un esame collettivo di coscienza nella Chiesa, a tutti i livelli? (…). Una persona si converte e si rinnova solo quando riconosce i suoi errori, i suoi peccati; solo allora le è possibile tornare alla sua verità più autentica. E come potrà questa Chiesa tanto amata, questa Chiesa di Gesù, muoversi verso la conversione, se noi non riconosciamo gli errori e i peccati da noi commessi? (…). Quello di cui abbiamo tutti bisogno è riconoscere e prenderci carico del peccato della Chiesa: non tutti abbiamo la stessa responsabilità, ma in qualche modo tutti siamo complici, soprattutto con la nostra omissione, la nostra passività, il nostro silenzio e la nostra mediocrità. (…).

    Mettere in discussione false sicurezze 

    (…) È pericoloso vivere con la coscienza di essere la Chiesa santa di Gesù, senza considerare minimamente se le siamo fedeli o meno, e fino a che punto. È pericolosa la nostra convinzione di avere una missione unica, senza poi chiederci se stiamo realmente ascoltando lo Spirito di Gesù per capire dove ci invia oggi. (…). Perché ci sentiamo tanto sicuri? Perché condanniamo con tanta facilità il peccato nel mondo e siamo tanti ciechi di fronte al nostro? (…). Non saremo ciechi che vogliono condurre oggi altri ciechi?

    B. RECUPERARE L'IDENTITÀ DEI SEGUACI DI GESÙ

    Anche qui indicherò solo due aspetti.

    La nostra vera identità

    Dobbiamo recuperare e prenderci cura della nostra identità irrinunciabile, quella dei seguaci di Gesù. (…). Se si ignora Gesù, la Chiesa non potrà conoscere l'elemento più essenziale e decisivo 4 del suo compito, della sua missione. Se non sa guardare alla vita, alle persone e al mondo con la compassione con cui li guardava Gesù, essa sarà una Chiesa cieca che crede di vedere tutto in una luce soprannaturale e privilegiata, ma che, senza rendersene conto, resta chiusa alla luce vera che illumina (…) ogni uomo che viene in questo mondo. E se non ascolta la voce del Padre, come faceva Gesù, se non ascolta come lui il dolore della gente, sarà una Chiesa sorda. Crederà di ascoltare come nessun altro la verità di Dio sull'essere umano, ma non potrà comunicare la Buona Notizia del Dio incarnato e rivelato in Gesù.

    Nuova relazione con Gesù

    (…) Una Chiesa formata da cristiani che si relazionano con un Gesù conosciuto vagamente, confessato solo in maniera astratta, un Gesù muto da cui non si può ascoltare nulla di speciale per il mondo di oggi, un Gesù che non seduce, che non convoca, che non tocca i cuori… è una Chiesa che corre il rischio di spegnersi. Una Chiesa senza Gesù Cristo sarebbe una Chiesa finita. Abbiamo bisogno di una Chiesa segnata dall'esperienza di Gesù; animata da credenti consapevoli di vivere a partire da lui e per il suo progetto del Regno di Dio. (…). Tutti possiamo contribuire a far sì che nella Chiesa si viva e si senta Gesù in un modo nuovo e più intenso. Tutti possiamo far sì che, là dove operiamo, la Chiesa sia un po' più di Gesù e che il suo volto sia più simile al suo.

    C. VERSO UNA NUOVA FIGURA DI CHIESA

    Non è facile dire quali passi concreti dovremmo muovere. (…). Segnalerò due aspetti.

    Importanza decisiva del racconto evangelico di Gesù

    Credo che si debba recuperare l'importanza decisiva che ebbe, nella nascita della Chiesa, l'esperienza vissuta, al tempo dell'Impero, da alcuni piccoli gruppi che si riunivano per celebrare il ricordo di Gesù raccolto nei vangeli. (…) I vangeli non sono libri didattici che espongono una dottrina accademica su Gesù. Neppure sono biografie redatte in maniera asettica per informarci dettagliatamente sulla sua traiettoria storica. Ciò che fondamentalmente si coglie nei vangeli è l'impatto causato da Gesù sui primi che si sentirono attratti da lui e risposero al suo invito. Nei vangeli troviamo l'esperienza vissuta con lui dai discepoli e dalle discepole, quella che segnò le loro vite e le orientò verso la sua sequela. Non dovremmo dimenticare che, in qualsiasi epoca, i vangeli sono per i cristiani un'opera unica. (...). Nei vangeli c'è qualcosa che solo in essi possiamo trovare: la memoria benedetta di Gesù, così come veniva ricordato, con amore e con fede, dai suoi primi seguaci. (…) I vangeli, proprio perché sono stati scritti per generare nuovi credenti e seguaci, sono, prima di tutto, racconti di conversione. E chiedono di essere ascoltati, studiati e meditati in atteggiamento di conversione. I vangeli invitano a un processo di cambiamento, di sequela di Gesù, di identificazione con il suo progetto. (…).

    Genesi permanente della Chiesa

    I credenti e le credenti che si pongano veramente in contatto vivo con il racconto evangelico su Gesù conosceranno l'esperienza di un nuovo modo di vivere la propria adesione al suo progetto. (...). Nei vangeli si apprende un modo di stare nella vita, un modo di abitare il mondo, di interpretarlo, di trattarlo; un modo di creare la storia rendendola migliore. La prima cosa che si impara da Gesù non è la dottrina, ma la sua maniera di essere, di amare, di confidare nel Padre, di preoccuparsi dell'essere umano. E imparare a pensare come Gesù, a sentire come lui, ad amare la vita come lui, a vivere come lui, a provare come lui compassione per quelli che soffrono… deve essere la preoccupazione centrale della Chiesa, il primo punto all'ordine del giorno dei gruppi, delle piccole comunità cristiane e delle parrocchie. (...). Dobbiamo concepire la Chiesa come una realtà viva, in genesi permanente (…). Non come qualcosa di già fatto e che ora va adattato a questi tempi. (…). Pertanto, il nostro compito principale non è quello di essere fedeli a una Chiesa e a un cristianesimo del passato, sviluppati in altri tempi, per altre culture. Quello di cui dobbiamo preoccuparci oggi non è ripetere il passato: apprendere dal 5 passato sì, ma vivere il presente e aprirci al futuro. Quello che deve preoccuparci è rendere possibile oggi la nascita di una Chiesa e di comunità capaci di riprodurre con fedeltà la presenza di Gesù Cristo, attualizzando il suo progetto nella società moderna.

    D. RAVVIVARE LA SPERANZA

    (…). Non sappiamo quando né come né attraverso quali vie Dio opererà per continuare a promuovere il suo regno; quello che non possiamo fare è guardare al futuro solo a partire dai nostri calcoli e dalle nostre previsioni. Solo Dio salva, e Dio continuerà instancabilmente a portare avanti il suo progetto di salvezza nel mondo. (…). E noi che dobbiamo fare?

    Preparare nuovi tempi

    (...) Tutti, per quanto umilmente, possiamo spingere la Chiesa, passo dopo passo, ad essere più di Gesù di quanto lo sia oggi. Bisognerà inventare ricette, ma molte ricette non andranno bene. Bisognerà seguire molte strade sbagliate per scoprire quale sia il cammino giusto. (…). Sarà necessario spingere la Chiesa in avanti, ma soprattutto promuovere un altro clima; solamente in un clima diverso sarà possibile vivere con maggiore speranza. Dobbiamo respirare in maniera nuova il vangelo: ci si sta chiedendo di mobilitarci per ridefinire tutto a partire da una fedeltà nuova a Gesù. Dio è insondabile, Dio è una grande sorpresa; sono convinto che il cristianesimo sia atteso ancora da grandi sorprese. Gesù non ha dato ancora il meglio; io non lo vedrò, ma lo intuisco. Come si può preparare il futuro e avere speranza quando pare che non ci sia futuro? Non esistono ricette concrete, ma cammini di ricerca, per quanto non ce ne rendiamo conto. Apriamo gli occhi: vi sono umili parrocchie periferiche, non grandi cattedrali, in cui si respira un clima nuovo, in cui si compiono gesti e si vivono impegni che puntano a uno stile nuovo e più convincente di sequela di Gesù. E vi sono gruppi impegnati a seguire un cammino di migliore qualità umana, e di qualità evangelica più autentica. (…).

    Lavorare per la conversione e il cambiamento

    Servono atteggiamenti nuovi. Primo: dobbiamo imparare e vivere cambiando, non ripetendo. Ciò vuol dire archiviare quello che non evangelizza più, quello che non apre la strada al Regno di Dio, per fare più attenzione a quello che sta nascendo, che apre i cuori degli uomini e delle donne di oggi alla Buona Notizia di Dio. (...). Secondo: dobbiamo imparare, a poco a poco, a dare forma al cambiamento. Conosco ambienti in cui è possibile sperimentare nuovi linguaggi per comunicare la Buona Notizia di Dio. E conosco ambienti in cui si può cominciare a dialogare con persone più distanti. Oggi è molto difficile tracciare frontiere. Chi è dentro? Chi è fuori? Chi crede? Chi non crede? Mi muovo tra gruppi di "cercatori" - così li chiamiamo - che mi chiedono: José Antonio, quello che sto vivendo sarà fede? Cos'è credere? La gente si sente smarrita: dobbiamo dialogare, trasmettere la piccola fede che ciascuno ha. Vi sono parrocchie in cui è già possibile un'altra convivenza, in cui è possibile un'accoglienza nuova, un'amicizia cristiana nuova. (...) All'inizio tutto è fragile, tutto è piccolo; ci è capitato in sorte di poter seminare senza vedere il raccolto. Nel Vangelo c'è solo la parabola del seminatore, non quella che vorremmo noi, del raccoglitore. La Chiesa non ha ancora toccato il fondo. Dovremo sperimentare ancor di più il suo carattere vulnerabile e fragile. E potremo condividere la condizione di sconfitti insieme ad altri settori dimenticati di questa società. Nella Chiesa staremo tra gli ultimi: non è una grande disgrazia, può essere anzi una vera grazia. (…). Gesù disse in qualche occasione: guardate il sale, quando perde il suo sapore tutti lo calpestano … Se molte volte il mondo attuale ci calpesta è, in parte, perché non trova, in quello che gli offriamo come sale, il sapore di cui ha bisogno il mondo per credere nella Buona Notizia di Gesù Cristo. (…).

    (Adista 08 febbraio 2011)

     


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