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    La nascita di Gesù

    Rinaldo Fabris

    NASCITAGESU
    Nel Vangelo di Marco non c'è nessuna allusione alla nascita di Gesù a Betlemme in Giudea. Gesù, che si presenta al fiume Giordano per farsi battezzare da Giovanni, «viene da Nazaret di Galilea» (Mc 1,9). Quando ritorna a Nazaret si dice che «viene nella sua patria» (Mc 6,1). Questo è lo schema biografico sotteso al discorso cherigmatico di Pietro in casa dell'ufficiale Cornelio, a Cesarea Marittima: «Voi sapete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nazaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui» (At 10,37-38). Nella tradizione giovannea Gesù è conosciuto come originario di Nazaret e dalla Galilea, anche se questa origine di Gesù fa problema per riconoscere la sua identità di Messia davidico (Gv 7,4142). Solo nel "Vangelo delle origini" di Matteo e di Luca la nascita di Gesù è collocata a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode.

    1. "Nato Gesù a Betlemme di Giudea" (Mt 2,1)

    Per il primo Vangelo canonico la nascita di Gesù a Betlemme, riferita in apertura del racconto dell'arrivo dei Magi da Oriente, si fonda su due testi della Scrittura, interpretati come parola di Dio. La scena dell'arrivo e della partenza dei Magi presuppone l'ambiente di Gerusalemme, la capitale della Giudea, dove sono il re Erode, i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo. Anche la domanda dei Magi a Gerusalemme: «Dov'è colui che è nato, il re dei Giudei?» rimanda al contesto storico-geografico della Giudea. Matteo stabilisce un rapporto esplicito tra Betlemme di Giudea e la nascita di Gesù Cristo – Messia – nel dialogo tra Erode e le autorità giudaiche di Gerusalemme. Il re convoca «tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo» per avere da loro informazioni «sul luogo in cui doveva nascere il Cristo» (Mt 2,4). La risposta degli esperti è chiara e precisa: «A Betlemme di Giudea». Questa affermazione è motivata con la citazione della Scrittura: «perché così è scritto per mezzo del profeta: E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l'ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele» (Mt 2,5-6).
    Nella citazione posta in bocca agli esperti Giudei, convocati dal re Erode, Matteo accosta due testi della Bibbia (Mic 5,1.3; 2Sam 5,2; cf. 1Cr 11,2). Nel primo ricorrono i nomi "Betlemme" e "(città principali di) Giuda", nel secondo si parla del pastore, che guida il popolo di Israele. I due testi sono riportati in una forma che non corrisponde né all'originale ebraico né alla versione greca, conosciuta come "Settanta" [1]. Nella citazione di Matteo, con l'aggiunta "non (sei) davvero" si esalta la posizione di Betlemme tra le (città) "principali" di Giuda, e si dà la motivazione con l'accostamento di un altro testo, ripreso dal secondo libro di Samuele, dove si riferisce la parola del Signore a Davide: «Tu pascerai il mio popolo Israele, tu sarai capo di Israele» (2Sam 5,3; LXX, 5,2; cf. 1Cr 11,2). Con questa dichiarazione tutte le tribù di Israele, venute a Ebron, presso il re Davide, ne riconoscono il ruolo di guida autorevole e legittima, al posto di Saul. I due testi, accostati da Matteo secondo il metodo esegetico della tradizione giudaica, consentono di stabilire un nesso tra "Betlemme di Giudea" e il re Davide, scelto e costituito da Dio come pastore e guida del suo popolo.

    2. I Magi, la stella, la fuga in Egitto e la strage dei bambini di Betlemme

    L'arrivo dei Magi a Gerusalemme, per rendere omaggio al re dei Giudei che è nato, offre lo spunto a Matteo per confermare l'identità messianica di Gesù Cristo "figlio di Davide" (Mt 1,1). La ricerca dei Magi, inviati da Erode a Betlemme, e la successiva strage di tutti i bambini di Betlemme da parte del re, confermano la collocazione della nascita di Gesù in questa località. I Magi, guidati dalla stella a Betlemme, entrano "nella casa", trovano il bambino con Maria, sua madre, e gli rendono omaggio, offrendogli i loro doni. Sullo sfondo della tradizione biblica l'omaggio dei Magi al neonato "re dei Giudei" ha un carattere messianico (cf. Sal 72,10-11.15; Is 60,6).
    Il racconto del primo Vangelo canonico sull'arrivo e la ricerca dei Magi a Gerusalemme e a Betlemme non ha riscontri negli altri Vangeli. In questo caso è difficile stabilire la consistenza storica della tradizione utilizzata da Matteo. Si fa l'ipotesi che egli abbia preso lo spunto, per la storia dei Magi, dal ricordo dell'inaugurazione della città-porto di Cesarea Marittima, fatta da Erode nel 9/10 a.C., alla quale hanno preso parte le delegazioni straniere [2]. La presenza dei Màgoi nel racconto di Matteo dipende dalla visione del sorgere della "stella" del re dei Giudei. Nella tradizione biblica, come nel mondo antico in genere, i màgoi hanno una fama ambivalente. Sono assimilati ai ciarlatani e agli incantatori, come i maghi dell'Egitto concorrenti di Mosè-Aronne nel compiere segni. In altri casi i maghi sono consultati dai re come saggi e sapienti. Nell'ambiente mesopotamico i màgoi sono una casta sacerdotale, considerati osservatori e studiosi dei fenomeni astrali, e interpreti dei sogni [3].
    Dal tenore del racconto di Matteo sembra che a Betlemme Giuseppe e la madre di Gesù abbiano una dimora stabile, perché i Magi, guidati dalla stella, a Betlemme entrano in una casa, dove trovano il bambino con Maria sua madre (Mt 2,11). Giuseppe è costretto a lasciare l'abitazione per sottrarre il bambino alla minaccia di morte da parte di Erode. A Betlemme di Giudea egli vorrebbe tornare, quando rientra dall'Egitto. Avvertito in sogno da un angelo del Signore del pericolo che incombe sul bambino Gesù, Giuseppe fugge con sua madre in Egitto. Quando muore il re Erode, un angelo del Signore, in sogno, invita Giuseppe a rientrare nella "terra di Israele" (Mt 2,20-21). In effetti si tratta del-la Giudea, dove regna Archelao, figlio di Erode il Grande (Mt 2,22). Per paura, Giuseppe, avvertito in sogno, si ritira nella "regione della Galilea" e va ad abitare in una città chiamata Nazaret. Matteo commenta questa situazione "geografica" della vicenda di Gesù e della sua famiglia con un rimando alla parola profetica della Scrittura: «perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo dei profeti: "Sarà chiamato Nazoreo"» (Mt 2,23).
    Per cinque volte Matteo scandisce il suo racconto delle origini di Gesù con una citazione di compimento della Scrittura. Nel caso dell'appellativo Nazóraîos, posto in relazione con il toponimo Nazaret, non c'è nessun testo biblico corrispondente. L'autore rimanda genericamente alla parola dei profeti, lasciando aperto il campo a tutte le ipotesi [4].
    L'autore del primo Vangelo canonico costruisce il racconto delle origini di Gesù sulla base di alcune tradizioni relative al tempo e al luogo della sua nascita per definirne l'identità messianica e il destino sullo sfondo della storia di Israele. In questa prospettiva rientrano le cinque citazioni della Scrittura. Il compimento della parola di Dio, relativa alla nascita dell'Emmanuele, rivela l'identità di Gesù, il "Dio con noi", grazie alla sua origine umana e divina (Mt 1,22-23; Is 7,14).
    Fin dalla nascita Gesù è rifiutato e perseguitato dai vicini – i capi dei Giudei e il re Erode –, ma è riconosciuto e accolto dai Magi, venuti da lontano. A Gerusalemme essi cercano il neonato "re dei Giudei", perché hanno visto sorgere la "sua stella" (Mt 2,1-2). La stella, che segnala la nascita del "re dei Giudei", rimanda all'oracolo di Bala'am, che il re di Moab, Balak, fa venire dall'Oriente per maledire i figli di Israele (Nm 23,7). Ma il veggente, sotto l'impulso irresistibile di Dio, fa un annuncio di carattere messianico: «Una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele» (Nm 24,17) [5]. Data questa connessione biblica tra la stella e il messia di Israele, è fuori luogo cercare paralleli nell'ambiente greco-romano sul rapporto tra i fenomeni astrali e la nascita di un personaggio importante o di un re [6]. Altrettanto inutili sono i tentativi di individuare la stella del racconto di Matteo in un evento o un fenomeno astronomico, con la pretesa di stabilire la cronologia della nascita di Gesù a Betlemme di Giudea [7].
    La fuga della famiglia di Gesù in Egitto consente a Matteo di fare un parallelo con la storia di Israele [8]. Gesù è cercato a morte da Erode come i figli di Israele che nella terra d'Egitto sono minacciati di morte dal faraone (Es 1-2). Protetto da Dio, come Israele, Gesù lascia l'Egitto per entrare nella terra promessa. Questo fatto offre lo spunto a Matteo per la terza citazione di compimento: «Dall'Egitto ho chiamato mio figlio» (Mt 2,15; Os 11,1). La strage di "tutti" i bambini di Betlemme e del suo territorio, ordinata dal re Erode, richiama l'ordine del faraone di far annegare nel Nilo «ogni figlio maschio che nascerà» (Es 1,22). Il massacro dei bambini di Betlemme è connesso con l'immagine e il ricordo delle crudeltà di Erode anche nei confronti di parenti e amici [9]. Matteo la pone in parallelo con la storia dei figli di Israele, uccisi e deportati nelle guerre di invasione degli Assiri e dei Babilonesi, rileggendola con una citazione del profeta Geremia: «Una voce è stata udita in Rama, un pianto e lamento grande: Rachele piange i suoi figli e non vuole essere consolata, perché non sono più» (Mt 2,17-18; Ger 31,15) [10]. Nella vicenda di Gesù, il re messia e Figlio di Dio, si riassume e si compie l'intera storia di Israele.

    3. La "patria" di Gesù secondo Matteo

    La nota conclusiva del Vangelo delle origini in Matteo fa da raccordo con il racconto della vita pubblica di Gesù (Mt 2,23). A Gerusalemme egli è conosciuto come "il profeta Gesù, da Nazaret di Galilea" (Mt 21,11), "Gesù, il Galileo" (Mt 26,69), "Gesù, il Nazoreo" (Mt 26,71). Per ricevere il battesimo da Giovanni nel Giordano Gesù viene dalla Galilea (Mt 3,13). Dopo l'arresto di Giovanni, egli si ritira nella Galilea e, lasciata Nazaret, va ad abitare a Cafarnao (Mt 4,12). Anche in questo caso Matteo commenta la scelta di Gesù di risiedere a Cafarnao presso il mare di Galilea con una citazione biblica di compimento (Mt 4,14-16; Is 8,23-9,1). Quando dalla zona del lago di Galilea ritorna per una visita a Nazaret, Matteo dice che Gesù, «venuto nella sua patria, insegnava nella loro sinagoga» (Mt 13,54). Per spiegare la reazione negativa dei Nazaretani nei suoi confronti, Gesù dice: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua» (Mt 13,57). In altri termini si ha l'impressione che Nazaret di Galilea non sia solo il luogo dove la famiglia di Gesù si è spostata, partendo da Betlemme in Giudea, ma l'ambiente dove egli è nato e cresciuto, al punto che può essere chiamata hê patrìs autoû, "la sua patria".
    Betlemme sarebbe la "patria" messianica di Gesù, nel senso che egli nasce a "Betlemme di Giudea", dove il re Davide è riconosciuto e proclamato guida e pastore del popolo di Israele (Mt 2,5-6). In questo caso si può dire che la parola della Scrittura sta alla base della "geografia" della nascita di Gesù? Oppure è il ricordo tradizionale del luogo dove egli è nato – Betlemme di Giudea – che ha fatto cercare nella Scrittura i testi adatti per dargli un significato "messianico"? Questo capita nel caso della scelta di Gesù di stabilirsi a Cafarnao, sul mare di Galilea, che Matteo interpreta come compimento di un testo profetico (Is 8,23.9,1). La collocazione dell'attività pubblica di Gesù nella zona del lago, e più precisamente a Cafarnao, è un dato geografico attestato dalla tradizione concorde e sicura. Tenendo presenti questi diversi elementi, per il momento è preferibile lasciare aperta la questione del luogo della nascita di Gesù, per esaminare la seconda fonte, il Vangelo delle origini di Luca.

    4. "Salì in Giudea, alla città di Davide, chiamata Betlemme" (Lc 2,4)

    La geografia del Vangelo delle origini secondo Luca oscilla tra Gerusalemme, in Giudea, e Nazaret, in Galilea. L'autore del terzo Vangelo colloca la nascita di Gesù a Betlemme, la "città di Davide". Nella toponomastica biblica questo appellativo è riservato alla cittadella di Gerusalemme, conquistata da Davide e divenuta residenza dei re di Giuda. L'annuncio della nascita di Gesù avviene a Nazaret, una città della Galilea, dove risiede Maria, promessa sposa a Giuseppe della casa di Davide. Dopo avere ricevuto l'annuncio dall'angelo Gabriele che Elisabetta, sua parente, è al sesto mese di gravidanza, Maria va "verso la regione montuosa, in una città di Giuda" ed entra in casa di Zaccaria. Qui avviene l'incontro delle due madri (Lc 1,39-40). Trascorsi i tre mesi, che precedono il parto di Elisabetta, Maria torna a casa sua, si suppone a Nazaret in Galilea (Lc 1,56). Dal tenore del racconto lucano, sembra che Maria non sia presente alla festa della circoncisione del figlio di Zaccaria e di Elisabetta. I vicini e i parenti della coppia si riuniscono per assegnare il nome al neonato di otto giorni, chiamato "Giovanni". In questa occasione il padre Zaccaria riacquista la capacità di parlare. Di questi eventi si discorre «per tutta la regione montuosa della Giudea» (Lc 1,59-66).
    Nella scena successiva, dedicata al racconto della nascita di Gesù, Luca dice che Giuseppe e Maria dalla città di Nazaret "salgono" in Giudea, «alla città di Davide, chiamata Betlemme» (Lc 2,3) [11]. Questo spostamento è motivato dal fatto che Giuseppe appartiene «alla casa e alla famiglia di Davide» e deve recarsi alla città dei suoi antenati per «farsi censire insieme a Maria, sua sposa che era incinta» (Lc 2,4-5). Nella cornice cronologica del suo racconto Luca informa i lettori che «in quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città» (Lc 2,1-3).

    5. Il censimento al tempo di Quirinio

    La cornice storico-geografica lucana relativa al tempo e luogo della nascita di Gesù pone diversi problemi e interrogativi. Gli storici romani sanno che Augusto, "Cesare", cioè imperatore dal 29 a.C. al 14 d.C., ha ordinato diversi censimenti regionali, nelle province dell'Egitto e della Siria, ma non parlano di un censimento di tutta l'oikouméné, cioè di tutte le regioni abitate dell'impero. Il censimento è un atto amministrativo che riguarda gli abitanti dell'impero in funzione del servizio militare – per i cittadini romani – e del prelievo fiscale, per tutti gli altri sudditi (peregrini). Diverso è l'inventario dei beni o delle proprietà dell'impero che in più occasioni Augusto si è preoccupato di fare [12]. Svetonio racconta che Augusto, dopo una lunga malattia, convoca i magistrati e i senatori e presenta loro il rendiconto della sua amministrazione (Svetonio, Aug. 28,1). In uno dei tre rotoli consegnati alle Vestali per essere letti in senato, Augusto aveva fatto una relazione sintetica di tutto l'impero – breviarium totius imperii – riguardante i soldati in servizio attivo, la quantità di denaro dell'erario e del fisco, le imposte dirette e indirette da riscuotere e le largizioni (Svetonio, Aug. 101,4; cf. Tacito, Ann. I, 11,3-4).
    Nel Monumentum Ancyranum, si menzionano tre censimenti che rientrano nel programma di riordino fiscale dell'amministrazione imperiale di Ottaviano Augusto: «E durante il sesto consolato feci il censimento della popolazione, avendo come collega Marco Agrippa [...] In questo censimento furono registrati quattro milioni e sessantatremila cittadini romani. Poi feci un secondo censimento con potere consolare, senza collega, sotto il consolato di Gaio Censorio e Gaio Asinio, e in questo censimento furono registrati quattro milioni e duecentotrentamila cittadini romani. E feci un terzo censimento con potere consolare, avendo come collega mio figlio Tiberio Cesare, sotto il consolato di Sesto Pompeio e Sesto Apuleio. In questo censimento furono registrati quattro milioni e novecentotrentasettemila cittadini romani» [13].
    Luca presenta il censimento "universale" ordinato da Cesare Augusto come il «primo censimento fatto quando Quirinio era governatore della Siria». Dalla documentazione storica disponibile – scrittori antichi e iscrizioni – nell'anno della destituzione del tetrarca Archelao, nel 6 d.C., e della conseguente annessione della Giudea, Samaria e Idumea alla provincia romana di Siria, Publio Sulpicio Quirinio è stato legatus Augusti pro praetore di Siria per inventariare i beni della regione, mentre Coponio era il primo governatore della Giudea. Dopo aver riferito della deposizione e delle disavventure di Archelao e della sua famiglia, Flavio Giuseppe aggiunge: «Ora il territorio amministrato da Archelao fu annesso alla Siria e fu inviato da Cesare Quirinio, dell'ordine senatoriale, per fare un inventano delle proprietà in Siria e vendere il patrimonio di Archelao» (G. Flavio, Ant. 17,13,5 [355]). Lo storico ebreo riprende l'argomento in modo più dettagliato all'inizio del diciottesimo libro: «Quirinio, senatore che, attraverso tutte le magistrature era arrivato al consolato, una persona estremamente distinta sotto ogni aspetto, arrivò in Siria, inviato da Cesare per essere governatore della nazione e fare un inventario delle loro proprietà... Quirinio visitò la Giudea, allora annessa alla Siria, per compiere una valutazione delle proprietà dei Giudei e liquidare le proprietà di Archelao» (G. Flavio, Ant. 18,1,1 [1-3]). Nonostante alcune resistenze iniziali, i Giudei, convinti dal sommo sacerdote, acconsentirono a dichiarare le loro proprietà. In questa occasione scoppia la rivolta di Giuda, che Flavio Giuseppe qui chiama un Gaulanite, della città di Gamala (G. Flavio, Ant. 18,1,1 [4]; cf. Bell. II, 8,1-2 [118]). In un'epigrafe funeraria, dove si ripercorre il cursus di Q. Emilio Secondo, si accenna al censimento di Quirinio in Siria come legatus Caesaris Syriae, da intendersi come legato imperiale con il compito specifico di organizzare i censimenti [14].
    L'idea di un censimento, dove tutti vanno «a farsi censire nella propria città», solleva difficoltà sul piano storico. La registrazione per il censimento normalmente avviene nel luogo di residenza, non in quella di origine della propria famiglia, a meno che Giuseppe non abbia una proprietà a Betlemme in Giudea. Anche la presenza di Maria, la sposa di Giuseppe che aspetta un bambino, non rientra nella prassi del censimento, dal momento che il capofamiglia può fare la dichiarazione per tutti i componenti, a meno che Maria non abbia anche lei una proprietà da dichiarare [15]. Nella motivazione che dà Luca dello spostamento di Giuseppe con Maria da Nazaret di Galilea a Betlemme in Giudea, non si parla di proprietà di famiglia, ma dell'origine di Giuseppe della casa – oikía – di Davide [16].
    L'autore del terzo Vangelo sa che Cesare Augusto, nel corso della sua lunga carriera politica, ha fatto diversi censimenti. Inoltre sa che agli inizi dell'era cristiana, dopo la morte di Erode, c'è stato in Giudea un "primo" censimento, associato al nome di Quirinio, governatore della Siria. A questo censimento egli accenna anche negli Atti degli apostoli, quando parla della rivolta di Giuda, il Galileo (At 5,37). Luca utilizza queste conoscenze, condivise dai suoi lettori, per creare una cornice storica di carattere universale – "tutta la terra" – al racconto della nascita di Gesù. Facendo nascere Gesù a Betlemme in Giudea, l'evangelista intende mettere in risalto la sua discendenza davidica e la sua identità messianica.

    6. I pastori a Betlemme

    Di questa intenzione lucana si ha una conferma nella scena di annuncio della nascita di Gesù ai pastori. Un angelo del Signore, che appare loro nella notte, dice ai pastori: «Non temete! Ecco infatti vi annuncio una grande gioia, che sarà per tutto il popolo: Oggi è nato per voi un salvatore, che è Cristo Signore, nella città di Davide» (Lc 2,10-12). In un gioco di contrappunto con la figura e il ruolo di Cesare Augusto, che si fa chiamare sotér e kyrios, "salvatore" e "signore", Gesù, il Cristo-Messia nato nella città di Davide, è il vero Signore e Salvatore. Secondo lo schema letterario degli annunci di nascite, il messaggero celeste dà ai pastori un segno-conferma del suo annuncio: «Troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia» (Lc 2,12). Si tratta di un segno paradossale, rispetto all'identità prestigiosa del neonato, rivelata dall'angelo del Signore. Luca prepara il "segno" quando racconta la nascita di Gesù a Betlemme, dove Maria partorisce il suo figlio primogenito, lo avvolge in fasce e lo pone in una mangiatoia, «perché per loro non c'era posto nell'alloggio» (Lc 2,6-7). La "mangiatoia", una greppia scavata nella roccia, evoca un luogo appartato rispetto al katályma,"alloggio" , "luogo di riparo" per uomini o animali.
    L'immagine dei pastori, che nella notte fanno la guardia al loro gregge, non ha nulla di eccezionale. Ma la loro presenza in "quella regione" può essere associata alla figura di Davide, pastore di greggi a Betlemme (1S am 16,11; 17,15.28.34). Nella storia biblica di Giacobbe si racconta che, dopo la nascita di Beniamino a Betlemme, egli pianta la tenda al di là di Migdal-Eder, "torre del gregge" (Gen 35,21). Nella parafrasi aramaica – Targum – di Gen 35,21 si dà una connotazione messianica al toponimo, dicendo «il luogo dove, alla fine dei giorni, sarà rivelato il re Messia» [17]. I pastori, che hanno avuto l'annuncio della nascita di Cristo Gesù nella città di Davide, con sollecitudine vanno fino a Betlemme e trovano «Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia» (Lc 2,16). La presenza dei pastori a Betlemme nella scena della nascita di Gesù è un ulteriore indizio dell'intenzione di Luca di rimarcarne la messianicità.

    7. La circoncisione di Gesù

    Quando i pastori escono di scena, Luca riprende il racconto relativo alle origini di Gesù con l'episodio della sua circoncisione. Questa avviene al compimento dell'ottavo giorno secondo le prescrizioni della Bibbia (Gen 17,12; Lv 12,3; cf. Lc 1,59). Con la circoncisione Gesù è inserito nel popolo di Israele, che risale all'alleanza di Dio con Abramo (Gen17,11). Nella narrazione lucana la circoncisione di Gesù è connessa con l'imposizione del nome, rivelato a Maria dall'angelo Gabriele, prima del suo concepimento (Lc 1,31). Anche in questo caso è intenzionale il parallelismo con il racconto della circoncisione di Giovanni. L'autore del terzo Vangelo registra, senza particolari commenti "cristologici", l'ebraicità di Gesù, anche se il nome Iesoûs, in ebraico Je(ho) su'ah "Jhwh-Signore salva", si presta a speculazioni sulla sua identità di Messia, Salvatore e Signore (cf. Lc 2,11).

    8. La presentazione di Gesù al tempio

    Luca riprende e sviluppa il tema dell'identità e della missione di Gesù, connesso con le sue origini, nel racconto della presentazione al tempio di Gerusalemme. Questo episodio è collocato in progressione cronologica con la nascita e la circoncisione di Gesù all'ottavo giorno. La sequenza – nascita, circoncisione, purificazione – è prevista nel Levitico, al quale Luca rimanda con una frase tipica per segnalare la scansione temporale degli eventi: «Quando furono compiuti i giorni...» (Lc 2,22; Lv 12,6; cf. Lc 1,57; 2,6). Anche la scena dell'incontro dei genitori del neonato Gesù con Simeone e Anna è ambientata nel tempio a Gerusalemme. Solo alla fine – «quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la Legge del Signore» – l'autore dice che «fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret» (Lc 2,39).
    Secondo le prescrizioni del Levitico, dal giorno del parto di un figlio maschio fino alla purificazione della madre, passano complessivamente quaranta giorni (Lv 12,2-4). Luca riscrive la legge del Levitico, perché parla della "loro" purificazione, cioè della purificazione della madre e del figlio (e di Giuseppe?). In realtà il suo racconto è guidato dalla prospettiva della presentazione di Gesù al Signore nel tempio di Gerusalemme, dove sono coinvolti tutte e tre i protagonisti. In quest'ottica la scena di purificazione e di riscatto del primogenito si fonde con quella della presentazione del nazir –"consacrato" – ispirata al racconto del primo libro di Samuele, dove Elkana e Anna presentano al sacerdote Eli, nel santuario di Silo, il loro figlio (1Sam 1,11.21-28). Nella composizione lucana la scena di purificazione-presentazione di Gesù al tempio di Gerusalemme è scandita dal triplice richiamo alla "Legge di Mosè" o "Legge del Signore" (Lc 2,22.23.24) [18].
    Con il racconto della "presentazione" di Gesù al tempio di Gerusalemme, Luca mette in risalto la sua identità paradossale: il "santo" fin dalla nascita si sottopone al rito di purificazione; colui che riscatta tutti è riscattato mediante l'offerta del sacrificio legale. Egli ottiene questo effetto di contrasto accostando alla scena di presentazione quella dell'incontro dei genitori di Gesù con il vecchio Simeone, che lo accoglie e lo riconosce come "luce" dei popoli e "gloria" d'Israele (Lc 2,32). Simeone è un uomo giusto e credente, che attende la "consolazione" d'Israele, la liberazione promessa da Dio al suo popolo (Is 49,13). Sotto l'impulso dello Spirito santo egli rivela l'identità e lamissione del bambino Gesù. Alla figura carismatica di Simeone, fa da parallelo quella della «profetessa Anna, figlia di Fanuele, della tribù di Aser» (Lc 2,36). Luca rileva la veneranda età della vedova, e soprattutto la sua religiosità e il suo perseverante servizio di Dio nel tempio di Gerusalemme (Lc 2,38). Come la presentazione di Gesù al tempio è inserita nella cornice dell'osservanza della legge biblica, così i protagonisti che accolgono Gesù nel tempio di Gerusalemme sono due "giusti" secondo l'ideale giudaico. Questo quadro narrativo è il riflesso dell'ambiente in cui sono nate e maturate le tradizioni utilizzate dall'autore del terzo Vangelo. Il suo racconto è un invito a considerare l'inserimento di Gesù nel tessuto della vita religiosa del popolo di Israele.

     

    NOTE

    1 Nel testo ebraico del profeta Michea si dice: «Betlemme di Efrata, così piccola per essere fra i villaggi di Giuda, da te uscirà per me colui che deve essere dominatore in Israele, le sue origini sono dall'antichità, dai giorni remoti...Egli si leverà e pascerà con la forza del Signore» (Mic 5,1.3). Nella versione dei Settanta il testo di Michea è reso così: «E tu, Betlemme, casa di Efrata, sei la più piccola per essere tra le migliaia di Giuda; da te uscirà per me per essere capo in Israele...E starà e vedrà e pascerà il suo gregge nella forza del Signore» (Mic 5,1.3).
    2 Flavio Giuseppe dice che per l'inaugurazione della città di Cesarea Sebaste accorse un gran numero di forestieri con le ambasciate giunte da diverse nazioni (G. FLAVIO, Ant. 15, 5,1 [136-141]).
    3 Per far interpretare i suoi sogni e le sue visioni il re Nabucodonosor convoca i sapienti e i maghi del suo regno (Dan 2,2.10; 4,4; G. Flavio, Ant. 10,10,6 [216]). Cicerone dice che i maghi «sono venerati in Persia come una stirpe di sapienti e di dotti» (CICERONE, De Divinatione I, 23,46); cf. M. FÉLIX, Le livre des Rois mages, Desclée, Paris 2000; Les Rois mages. Textes, histoire, chefs-d'oeuvre, Monde de la Bible, Bayard, Paris 2009.
    4 L'appellativo Nazératos, attribuito a Gesù, è posto in relazione con l'ebraico nazir, "consacrato" (Gdc 13,5; 16,17), con néser, "germoglio", immagine e vocabolo associati al Messia davidico (Is 11,1). Nella versione dei "Settanta" il vocabolo ebraico nazir, è tradotto con naziraîos (Gdc 3,5.7; 16,17). L'appellativo dato a Gesù, sulla base del toponimo Nazaret, dovrebbe essere "Nazaretano".
    5 Filone di Alessandria chiama il veggente Bala'am mógos (FILONE, Vit. Mos., I, 50 [276]). In alcuni testi giudaici antichi l'oracolo di Bala'am è interpretato in chiave messianica (CD VII, 18-20: «la stella è l'interprete della Legge che verrà a Damasco»; Test. Levi 18,3; Test. Juda 24,1 (si pensa che in questi ultimi due testi vi siano interpolazioni cristiane). Il capo della seconda rivolta giudaica del 132-135 d.C. è chiamato Bar-Kokebdh, "figlio della stella", con un'allusione all'oracolo messianico di Nm 24,17.
    6 SVETONIO, Aug. II, 94,3, menziona diversi fenomeni straordinari connessi con la nascita di Ottaviano Augusto; cf. Cicerone, De divinatione 1,23,47, accenna all'incendio del tempio di Diana, a Efeso, nella notte della nascita di Alessandro Magno.
    7 Nella storia delle ipotesi, che partono dal III secolo fino ai nostri giorni, la "stella", che orienta i Magi a Gerusalemme e poi a Betlemme, sarebbe: 1. la congiunzione di Giove e Saturno, nella costellazione dei Pesci, avvenuta nel 7 a.C.; 2. una cometa (per esempio quella di Halley); 3. una stella nova o una supernova.
    8 L'Egitto è il luogo di rifugio di quanti sono perseguitati e minacciati di morte nella terra di Israele: Geroboamo, il ribelle che Salomone cerca di uccidere (1Re 11,40); il profeta Uria, che il re Ioiakin minaccia di far uccidere (Ger 26,21); il sacerdote Onia IV, fugge in Egitto per evitare di essere ucciso dal re Antioco Eupatore (G. FLAVIO, Ant. 12,9,7 [387]).
    9 Flavio Giuseppe riferisce le uccisioni di avversari, parenti e amici, ordinate da Erode nel clima di sospetti e intrighi che caratterizzano soprattutto gli ultimi anni del suo regno: fa assassinare la moglie Mariamne, di stirpe regale, i due figli avuti da lei, Alessandro e Aristobulo; fa sopprimere il figlio Antipatro, cinque giorni prima della sua morte. In quella occasione Augusto avrebbe detto: «meglio essere un porco – hy's – che un figlio – hyiós – di Erode», frase citata da Macrobio, uno scrittore non cristiano del V secolo, che accenna alla strage dei bambini, collocandola in Siria, non a Betlemme (MACROBIO, Saturnalia, 2,4,11).
    10 Secondo il libro della Genesi, Rachele, morta dando alla luce Beniamino, «fu sepolta lungo la strada verso Èfrata, cioè a Betlemme» (Gen 35,19).
    11 Con l'espressione "città di Davide" nella Bibbia si indica sempre Gerusalemme. Nel secondo Libro di Samuele si dice che «Davide espugnò la rocca di Sion, cioè la città di Davide...Davide si stabilì nella rocca e la chiamò città di Davide» (2Sam 5,7.9; cf. 6,10.12; Is 22,9).
    12 Gli storici e biografi di Augusto segnalano la sua preoccupazione di fare un inventario dei suoi beni e di avere un rendiconto della sua amministrazione (DIONE CASSIO, Hist. 53,30,1-2; 54,35,1; Tacito, Ann. 1,11,4-7).
    13 Res Gestae Divi Augusti, 8, in Corpus Inscriptionum Latinarum III, 2,7 (8). Si tratta di un resoconto redatto dall'imperatore Augusto prima della sua morte, riguardante la sua carriera politica e le sue imprese. Secondo le disposizioni date dall'imperatore stesso, il testo doveva essere inciso su tavole di bronzo da porre all'ingresso del suo mausoleo a Roma (Svetonio, Aug. II, 101,4). Copie del testo originale di Roma furono fatte ad Apollonia e Antiochia di Pisidia, e ad Ancyra (Ankara). Quest'ultimo – il Monumentum Ancyranum – inciso sulle pareti del tempio di Roma e Augusto, è il meglio conservato.
    14 CIL III, 6687; cf. L. Boffo, Iscrizioni greche e latine per lo studio della Bibbia, Paideia, Brescia 1994, 182-203. Nell'iscrizione trovata a Tivoli nel 1764 – Lapis Tiburtinus – non è sicuro che si menzioni Quirinio, il quale avrebbe avuto un mandato nella Siria (Palestina) per eseguire un censimento prima della morte di Erode (dal 09 al 06 a.C.). Si parla invece del legato di Siria Gaio Sentio Satumino, che organizza il censimento ordinato da Augusto nell' 8 dell'era volgare. Tertulliano, nel III secolo, accenna a un censimento di Augusto in Giudea, sotto l'amministrazione di Sentio Satumino (Tertulliano, Contra Marcionem 4,19); cf. DE FILIPPIS CAPPAI C., Judaea, 141-142.
    15 THIEDE C.P., Jesus. La fede e i fatti, Messaggero, Padova 2009, 22-28, dal confronto con un documento papiraceo, trovato nel 1961, nelle grotte a nord di Masada, dove si riporta la dichiarazione fiscale di una coppia benestante del II secolo d.C., deduce che «Maria e Giuseppe avevano un possedimento terriero nella località di Betlemme, dove veniva riscosso il censo [...] una proprietà economicamente fruttuosa» (27).
    16 In un papiro greco, trovato in Egitto nel 1905, e risalente al 104 d.C., si riporta la disposizione del governatore Gaio Vivio Massimo, dove si dice: «Poiché si avvicina il censimento secondo la famiglia – kat 'oildan apographé – è necessario ordinare a tutti coloro che per qualsiasi motivo si trovino fuori del proprio distretto di fare ritorno ai propri focolari per sottoporsi alle normali procedure del censimento [...]» (Papiro 904 del British Museum di Londra; cf. DEISSMANN A., Light from Ancient East. The New Testament Illustrated by recently discovered Texts from Greco-Roman World, Harper § Row, KTAV Publishing House, New York 1927, 270-271; Edermans, Grand Rapids 1965, 270).
    17 ETHERIDGE J.W., The Targums of Onkelos and Jonathan ben Uzziel on the Pentateuch, New York, 1968, 28. Il profeta Michea, che annuncia le origini del re pastore da Betlemme di Efrata, parla anche della "torre del gregge" in parallelo con il "colle della figlia di Sion", dove il Signore raccoglie i dispersi e instaura il suo regno (Mic 4,8; 5,1-3).
    18 Luca riporta i testi relativi al riscatto del primogenito e alla purificazione della madre. L'offerta per il riscatto del primogenito, in ricordo della liberazione dall'Egitto (Es 13,2.12.15), può essere fatta in qualsiasi luogo al sacerdote, versando cinque sicli d'argento (Nm 18,15-16). Per la purificazione della madre, nel caso di un figlio maschio, si deve offrire in sacrificio un agnello, oppure due tortore o due colombi (Lv 5,11; 12,8; cf. Nm 6,10). Non è prevista la presenza del bambino in occasione del rito di purificazione della madre o del riscatto del primogenito.

    (da: Gesù il "Nazareno", Cittadella 2011, pp. 202-213)


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