Il modello di vita cristiana
proposto da don Bosco
Come renderlo possibile e praticabile
Antonio Domenech
Domenico Savio a Lecce è di famiglia. Per questo la celebrazione del 50° anniversario della sua canonizzazione è grande motivo di festa per tutti voi e volete che quest’anno 2004 sia un anno particolare.
Ad aumentare questa festa sarà la visita dell’urna di Domenico Savio alla vostra città nel prossimo mese di maggio. E’ per voi come il vostro concittadino.
Ma non potete ridurre le vostre celebrazioni al ricordo del passato, Domenico deve essere per voi uno stimolo, un invito e un esempio da seguire e da moltiplicare. Non convertite Domenico in un’opera da museo, che si ammira da lontano, è un amico che vi accompagna e vi invita a fare vostro il suo ideale di vita, imparato alla scuola di Don Bosco.
A voi, dunque, si indirizza in modo particolare la strenna del RM alla FS: la gioia e l’impegno di una misura alta di vita cristiana ordinaria, cioè la santità.
Sembra che oggi ci facciano paura le alture e si preferiscano modi piatti di vita, abitudinari, massificati… senza rilievo e significatività; un vivere come tutti, senza sognare troppo.
Ma questo non riempie il cuore né la mente, lo sapete molto bene, non crea storia né progresso; questo stile di vita lascia i popoli e le persone schiavi dei loro limiti e della loro povertà.
Gli uomini e le donne che hanno aperto solchi al futuro, hanno sempre scelto le alture, hanno voluto andare oltre, lottare per far diventare realtà le grandi aspirazioni dei loro cuori… Per questo hanno lasciato una impronta nel ricordo e nella vita dei loro concittadini, risvegliando in loro nuove energie e progetti di vita.
Guardate Domenico Savio, un adolescente di un piccolo paese, che durante la sua vita è stato conosciuto solo dai suoi compagni ed educatori… Ma adesso, dopo più di 150 anni, lo conosce tutto il mondo e continua ad ispirare la vita di molti giovani. Ecco la forza immensa della risurrezione di Gesù, che trasforma una vita ordinaria e semplice in un Vangelo vivente che non perde mai valore.
Non abbiate paura della santità; ve lo ripete continuamente il Papa Giovanni Paolo II: “Giovani di ogni continente, non abbiate paura di essere i santi del nuovo millennio!” E il Papa continua con realismo: “Mi chiederete: ma oggi è possibile essere santi? Se si dovesse contare sulle sole risorse umane, l'impresa apparirebbe giustamente impossibile… Ma con Cristo la santità - progetto divino per ogni battezzato - diventa realizzabile”.
1. Una schiera di testimoni
Domenico Savio e Laura Vicuña, due adolescenti cresciuti nella scuola di Don Bosco e di M. Mazzarello, ci dicono con la loro vita: la santità è possibile! Ma possiamo anche allargare i nostri sguardi a tanti altri giovani e adulti cresciuti alla scuola di Don Bosco per restare meravigliati e quasi sorpresi. Disponiamo, infatti, di un patrimonio molto ricco e variegato: partendo dalle figure più note, come quelle di Domenico Savio, Laura Vicuña, Zeffirino Namuncurá, passando per la categoria dei martiri come i cinque giovani polacchi, e giungendo alle figure con aureola come la beata Teresa Bracco, il beato Piergiorgio Frassati e fra poco Alberto Marvelli, o senza aureola ma ugualmente esemplari, come i vari Salvo D’Acquisto, Giacomo Maffei, Sean Devereux, Sigmund Ocasion, Fernando Calò, Ninni Di Leo, Xavier Ribas, Paola Adamo, Flores Roderick, Domenico Zamberletti, Bartolomé Blanco, Petras Pérkumas, Willi De Koster, Cruz Atempa, Renato Scalandri … Di ognuno si potrebbe scegliere un esempio, una parola, un atteggiamento.
• Potremmo fare memoria ancora di Domenico Savio e della sua intrepida decisione e determinazione quando, impressionato dalle parole di Don Bosco sulla possibilità e felicità del farsi santo, fece questa richiesta: “Mi dica come debbo regolarmi per incominciare l’impresa”.
• Rimaniamo sconcertati dalla decisione e forza d’animo di Laura Vicuña, adolescente di 12 anni, che offre la sua vita per la conversione della mamma.
• Così come è degna di ammirazione la voglia di vivere di Ninni Di Leo, ragazzo dell’Oratorio salesiano di Palermo, condannato a morte dalla leucemia, che ammalia i compagni di ospedale con il suo sorriso.
• E come non restare sconcertati dalla spontaneità di Ferdinando Calò, del Portogallo, che alla domanda: “E se morissi?”, risponde: “Sono pronto, si gioca a calcio in Paradiso, no?”.
• Una giornata si tinge di nuovi colori quando ricordiamo lo sguardo, la sensibilità, l’amore alle cose belle di Paola Adamo, dell’Oratorio di Taranto, che diceva alle sue amiche: “Se Dio è la sorgente di tutte le cose, solo Lui ci potrà fare davvero felici, non il denaro, il potere, il piacere”.
• Come non entusiasmarsi per il progetto di vita di Xavier Ribas, giovane animatore del Centro Giovanile di Barcellona, Spagna, che dice: “Il mio impegno attuale si può riassumere così: operare nei diversi ambienti in cui vivo… conforme alla mia fede… Liberarmi dalle schiavitù è una condizione imprescindibile per realizzare questo; una dedizione quotidiana alla preghiera, che per me consiste nella lettura della Parola di Dio, nel ricordare i fratelli e amici, e una revisione della mia vita o di un fatto”. E immerso nell’ impegno progressivo come animatore dei suoi gruppi, e tra i suoi compagni di scuola e di quartiere, incoraggiato e stimolato dal suo gruppo di formazione nel Centro giovanile, che lo aiuta a scoprire la chiamata di Gesù, ricorda: “Guardando la mia vita e senza sapere perché, giacché non c’è niente di straordinario in essa, sembra che Dio mi abbia attratto e mi abbia chiamato; da parte mia sto tentando di seguire il cammino nonostante le difficoltà”.
• Come dimenticare la fedeltà di Teresa Bracco all’Eucaristia giornaliera sempre all’alba, la sua devozione alla Madonna attraverso la recita della corona del rosario nel suo lavoro quotidiano di pastorella… ?
• Ed ancora l’eroismo dei cinque giovani oratoriani polacchi martiri, coinvolti nell’animazione dei compagni, legati tra di loro da interesse e progetti personali e sociali, e che insieme nei momenti della prova la vivono con coraggio e fedeltà: “Dio ci ha dato la croce, ci sta dando anche la forza di portarla”.
• E, in ultimo, non possiamo non ricordare gli esempi del volontario Sean Devereux, ex-allievo della Gran Bretagna, l’uomo del sorriso luminoso, del coraggio, dell’impegno, della coerenza, che ha dato la sua vita lavorando nell’Africa per aumentare le aspettative e le possibilità della gente, per ridare loro dignità e speranza: “Finché il mio cuore batte, devo fare ciò che penso di poter fare, aiutare cioè quanti sono meno fortunati di noi”.
Seguendo il commento della strenna del RM, ho citato soltanto questi testimoni giovani, ma tutti ricordiamo anche tanti altri adulti, pensiamo, per esempio, alle ultime beatificazioni: Luigi Variara, Carmen Romero, Artemide Zatti, o alle prossime dei tre nuovi beati: Principe Czartoriski, Eusebia Palomina, e la prima cooperatrice beata, Alessandrina da Costa…
Davanti a tanti testimoni, il vocabolo "santità" non deve dunque intimidire, quasi volesse dire vivere un eroismo impossibile, proprio solo di pochi. La santità, infatti, non è opera nostra, ma è partecipazione gratuita della santità di Dio, quindi è una grazia, un dono, prima di essere frutto del nostro sforzo. Santo è la persona che si lascia amare da Gesù, che si affida a Lui nella fede, nella speranza e nell’amore; questa consegna si attua nella vita quotidiana vissuta con amore, serenità, pazienza, gratuità, accettando le prove e le gioie di ogni giorno, con la certezza che tutto ha senso davanti a Dio, che tutto è valido e importante in Lui.
Siamo realisti, non accontentiamoci con meno della santità, di Gesù e della sua amicizia!!
2. La proposta di Don Bosco
Don Bosco ha creduto nella capacità dei giovani e delle persone semplici di seguire pienamente Gesù e darsi a Dio totalmente. Ha saputo riconoscere in loro energie di bene da sviluppare, enorme possibilità creative al servizio delle proprie scelte coraggiose; energie che trovano il maggiore dinamismo nella scelta di Gesù e del suo Vangelo, della sua amicizia e della volontà di battersi per questi valori. Per questo li ha presentati, con coraggio e con entusiasmo, in un programma di vita: “una misura alta di una vita cristiana ordinaria”.
A volte possiamo pensare che ai nostri giovani non interessino i grandi ideali e valori, che essi cerchino soltanto una felicità legata all’effimero, tipica di una società consumistica ed edonista… È anche possibile che diamo ascolto al sospetto che la fede e la vita cristiana radicale siano piuttosto un ostacolo per lo sviluppo umano pieno e per la gioia della vita: sospetto che già Don Bosco affrontò esplicitamente nel suo tempo e, precisamente, davanti a esso, scrisse ai suoi giovani: “Due sono gli inganni principali, con cui il demonio suole allontanare i giovani dalla virtù. Il primo è far loro venir in mente che il servire al Signore consista in una vita malinconica e lontana da ogni divertimento e piacere. Non è così, giovani cari. Io voglio insegnarvi un metodo di vita cristiano, che sia nel tempo stesso allegro e contento…” (Giovane provveduto. Presentazione). Don Bosco, alla base di tutto il suo sistema educativo e spirituale, colloca il suo profondo umanesimo cristiano, secondo il quale crede fermamente e vive pienamente, la fede cristiana, il rapporto con Dio e l’amicizia con Gesù, quali dinamismi forti e trascinanti per spingere e sostenere la persona nel suo sforzo di sviluppo umano integrale e la società nel suo impegno per la libertà e la giustizia.
Dobbiamo rinnovare anche noi, come educatori, questa convinzione: servire Dio non significa essere infelici, anzi, nessuno come Dio ci rende felici. La felicità che Egli ci dona si trasforma in una forza trainante che trasfigura il nostro piccolo quotidiano in un rapporto di amicizia con Dio e di collaborazione al grande progetto del Regno, gustando l’adempimento dei doveri come una risposta di amore all’amore di un Dio che ci previene e ci accompagna.
L’“alta misura di vita cristiana ordinaria”, richiesta da Don Bosco, si poteva sintetizzare in tre valori che egli ripeteva in vari modi: allegria, studio, pietà. Non lunghe preghiere né sacrifici che non si addicessero all’età degli adolescenti, ma allegria, compimento dei doveri religiosi, scolastici e comunitari, e volontà di servire gli altri: ivi si trova la vera e piena felicità.
Quando si va in montagna, la vetta è alta, il cammino talvolta è impervio, la fatica si fa sentire: ma, passo dopo passo, la vetta si avvicina e, man mano che si volge lo sguardo indietro, si amplia sempre più l’orizzonte, diventando più profondo e lontano. La costanza, la capacità e l’allenamento al sacrificio, la fedeltà ai piccoli e continui passi del momento, una dose di forza e di testardaggine, con l’incoraggiamento di una buona guida, sono gli strumenti per giungere alla meta.
E Don Bosco, come buon educatore, propone ai suoi giovani e a tutta la Famiglia Salesiana un cammino concreto di vita cristiana, capace di condurci alla cima della santità. Ecco i punti essenziali come li presenta il RM nel commento alla strenna di quest’anno.
a) Assumere la vita come un dono, sviluppare i suoi aspetti migliori con gratitudine e viverla con gioia.
La vita è bella, sviluppiamola e condividiamola!!
• avere cura della propria crescita, riconoscendo ciò che il Signore ha depositato in noi di buono e di bello, sviluppandolo con fiducia e perseveranza;
• convivere con i compagni, condividendo la spontaneità dei momenti di svago, la gioia dell’amicizia, il dinamismo della festa;
• aprire i cuori all’ottimismo e alla fiducia nella vita, salvata e redenta da Gesù Cristo e amata da Dio.
b) Fare dell’esperienza di Dio e della sua presenza provvidente, dell’amicizia con Gesù e di una vita che si va conformando a Lui, il centro e la colonna vertebrale della propria esistenza.
Siamo amati incondizionatamente, corrispondiamo a questo amore!!
• desiderare e vivere un incontro personale di amicizia con Gesù e con Maria sua Madre, attraverso una preghiera semplice e perseverante, la partecipazione frequente e impegnata ai sacramenti, specialmente l’Eucaristia e la Riconciliazione;
• approfondire la formazione cristiana, illuminare le situazioni e i problemi della vita con la Parola di Dio, assicurare un impegno costante e generoso di crescita nella vita cristiana;
• vivere l’impegno quotidiano dello studio, del lavoro e della professione, della vita di famiglia, con precisione, competenza e fedeltà, come risposta d’amore al Signore e servizio agli altri.
c) Aprirsi alla dimensione sociale, al servizio, alla solidarietà, alla carità, e assumere un progetto di vita.
Abbiamo ricevuto la vita come un dono, condividiamolo generosamente con l’amore e il servizio agli altri, soprattutto ai più deboli!!
I giovani educati da Don Bosco, col diventare buoni, diventavano santamente aggressivi, zelanti, ossia missionari tra i compagni.
Don Bosco li incoraggiava a:
• operare in favore dei compagni nella vita quotidiana, attraverso l’esempio, l’aiuto amichevole per superare le difficoltà, il sostegno dell’ambiente educativo;
• aprirsi alle grandi prospettive apostoliche della Chiesa e ai bisogni della società (le missioni, la pace, la solidarietà, la costruzione di una nuova civiltà dell’amore), traducendoli in immediate azioni nella situazione e nell’ambiente dove si vive e si opera;
• promuovere gruppi, associazioni e movimenti in cui diventare protagonisti di una fede impegnata e attenta alla promozione umana e alla trasformazione dell’ambiente;
• approfondire le proprie motivazioni verso la concretizzazione di un progetto evangelico di vita e di una scelta vocazionale.
Credo si noti che non è un cammino straordinario e strano, ma un progetto di vita a misura dei giovani e della gente semplice che vuole prendere sul serio la sua opzione cristiana e viverla con coerenza.
Il Papa, quando parla ai giovani della chiamata a questa radicalità di vita, non nasconde le difficoltà che implica, ma mostra loro anche il senso e il frutto. Diceva, nell’incontro di Tor Vergata (Roma): “Forse a voi non verrà chiesto il sangue, ma la fedeltà a Cristo certamente sì! Una fedeltà da vivere nelle situazioni di ogni giorno: penso ai fidanzati ed alla difficoltà di vivere, entro il mondo di oggi, la purezza nell'attesa del matrimonio. Penso alle giovani coppie e alle prove a cui è esposto il loro impegno di reciproca fedeltà. Penso ai rapporti tra amici e alla tentazione della slealtà che può insinuarsi tra loro.
Penso anche a chi ha intrapreso un cammino di speciale consacrazione ed alla fatica che deve a volte affrontare per perseverare nella dedizione a Dio e ai fratelli. Penso ancora a chi vuol vivere rapporti di solidarietà e di amore in un mondo dove sembra valere soltanto la logica del profitto e dell'interesse personale o di gruppo.
Penso altresì a chi opera per la pace e vede nascere e svilupparsi in varie parti del mondo nuovi focolai di guerra; penso a chi opera per la libertà dell'uomo e lo vede ancora schiavo di se stesso e degli altri; penso a chi lotta per far amare e rispettare la vita umana e deve assistere a frequenti attentati contro di essa, contro il rispetto ad essa dovuto.
Cari giovani, è difficile credere in un mondo così? Nel Duemila è difficile credere? Sì! E' difficile. Non è il caso di nasconderlo. E’ difficile, ma con l’aiuto della grazia è possibile… E' Gesù che suscita in voi il desiderio di fare della vostra vita qualcosa di grande, la volontà di seguire un ideale, il rifiuto di lasciarvi inghiottire dalla mediocrità, il coraggio di impegnarvi con umiltà e perseveranza per migliorare voi stessi e la società, rendendola più umana e fraterna.”
3. Come renderlo possibile e praticabile
Come rendere possibile e praticabile questo programma di vita che ci presenta Don Bosco e che durante questi cento anni si è dimostrato largamente efficace e fecondo?
Il RM quest’anno ha voluto accompagnare la strenna con una proposta pastorale concreta nella quale offre ai salesiani alcuni suggerimenti concreti per camminare nel sentiero della strenna. Alla luce di questa proposta mi sembra che si possano suggerire alcuni elementi che oggi sono specialmente importanti e urgenti:
• Innanzitutto c’è bisogno di crederci, di non essere noi adulti i primi a rinunciare alla misura alta di vita e accontentarci con alcuni piccoli traguardi e soddisfazioni immediate; crederci e viverla con costanza e semplicità nella propria vita familiare, comunitaria, professionale… La disgrazia dei giovani siamo molte volte noi, gli adulti, perché non riusciamo ad essere per loro punti di riferimento credibili e motivanti nello sviluppo delle loro grandi attese e aspirazioni, come il bisogno di vita, di dignità, di amore, di gioia, di libertà, di rapporti veri, di pace e di giustizia per tutti… “Il segreto di don Bosco - diceva il Papa - fu quello di non deludere le aspirazioni profonde dei giovani e, insieme, portarli gradualmente e realisticamente a sperimentare che solo nell’amicizia con Cristo si attuano in pieno gli ideali più autentici” (JP16).
• Un secondo elemento, al quale Don Bosco dava molta importanza nel suo impegno educativo, è la promozione di un ambiente con na significativa qualità umana e cristiana; l’ambiente è il primo educatore, soprattutto per i giovani e la gente: un ambiente dove si vivono con normalità, ma in forma attraente, simpatica e costante i grandi valori che proclamiamo nei nostri progetti e proposte educative, sociali e anche politiche. Molte volte si lasciano gli ambienti in mano a forze anonime che li livellano al basso, degradandoli, e li rendono espressione della volgarità, del consumismo, dell’individualismo e della noia della nostra società. È necessario fare dell’ambiente familiare, dell’ambiente dell’Oratorio e della Parrocchia, dell’ambiente della scuola, un ambiente alternativo, di accoglienza sincera delle persone, di serena convivialità, di collaborazione gratuita, di concreta attenzione all’altro, soprattutto al più bisognoso e sfavorito, ecc. Un ambiente nel quale si offrano a tutti proposte di vita veramente significative, e soprattutto un annuncio chiaro e radicale di Gesù. Il cammino di santità per Don Bosco cominciava sempre dall’ambiente, per questo i santi nella nostra famiglia nascono sempre un po’ insieme: basta pensare a Valdocco, a Mornese, a tanti altri posti nei quali sono fioriti abbondanti esempi di “misura alta di vita cristiana”. Dobbiamo andare oltre le soglie della timidezza apostolica, di una pastorale di attività e di trattenimento, di offerte mediocri, incapaci di risvegliare la sete di senso e di Dio che esiste in ogni cuore, anche il più freddo e lontano. Dietro ogni giovane santo esiste un ambiente cristiano di qualità (la famiglia, o il gruppo o movimento giovanile, o l’Oratorio…) che lo ha sostenuto e incoraggiato.
• In questo ambiente positivo, si deve promuovere un accurato cammino di fede, attraverso gruppi di formazione cristiana, comunità, ecc., che aiuti i giovani, e anche noi adulti, a personalizzare e approfondire la nostra esperienza di fede e la renda capace di dialogare e fecondare il mondo culturale che oggi dobbiamo vivere. Non bastano l’esperienza e la buona volontà, non bastano l’impegno generoso e una pratica regolare, si richiede anche di saper dare ragione della propria fede, tradurla in opzioni di vita concreta che molte volte dovranno essere controcorrente e, pertanto, dovranno essere giustificate e ragionate… Un aspetto importante, da curare in modo speciale in questo cammino di fede, è l’iniziazione alla preghiera cristiana. Oggi la preghiera è l’esperienza indispensabile per avviare e sostenere qualunque cammino di fede, ma allo stesso tempo non è facile. Il Dio di Gesù ci supera immensamente, i suoi cammini non sono i nostri; per trovare Gesù Cristo vivo nella vita quotidiana dobbiamo imparare a guardare con gli occhi della fede e penetrare nella profondità degli eventi; questo è possibile solo se viviamo momenti specifici di ascolto e di dialogo con Dio. Sarebbe chiedere molto se nella vostra Parrocchia e Oratorio si promovessero: - una scuola di preghiera salesiana, nella quale giovani e adulti della Famiglia Salesiana condividessero un cammino di iniziazione alla preghiera cristiana con lo stile salesiano? - Incontri sistematici dove si imparasse e si praticasse l’ascolto e interiorizzazione della Parola di Dio, si insegnasse a illuminare con essa la propria vita e a discernere in essa la presenza e l’azione del Signore…
• Un altro elemento fondamentale è l’accompagnamento personale, regolare e rispettoso del ritmo delle diverse persone; un accompagnamento che aiuti a interiorizzare e personalizzare le esperienze vissute e le proposte ricevute, che stimoli e guidi nell’iniziazione alla preghiera personale e alla celebrazione dei sacramenti, che orienti verso un progetto personale di vita, come strumento concreto di discernimento e maturazione vocazionale. La Grazia dello Spirito, che agisce nell’intimo delle persone, ha bisogno della collaborazione della comunità e di un maestro spirituale; per questo, accanto a ogni santo, esiste un maestro di spirito che lo accompagna e lo guida. Questa guida non deve essere necessariamente un prete o un religioso, ma può essere anche un laico; ricordiamo il laico che ha iniziato, a Krakow, nella nostra parrocchia salesiana, il futuro Giovanni Paolo II alla vita spirituale.
• Commentando tutto questo in una lettera ai delegati ispettoriali della Pastorale Giovanile, finivo invitandoli a considerare i giovani animatori come i principali destinatari della proposta pastorale del RM. Oggi vi do lo stesso suggerimento: non solo i giovani animatori, ma anche tutti i membri della FS, in modo speciale i laici collaboratori. Don Bosco, mentre accoglieva tutti, dedicava un’attenzione speciale alla formazione dei giovani collaboratori, tra i quali sorsero i primi salesiani e i primi cooperatori. Anche noi oggi dobbiamo avere una cura speciale per i nostri giovani animatori, catechisti, volontari, ecc. Aiutandoli a maturare la propria vocazione, tanto quella cristiana nel matrimonio, come quella di speciale consacrazione nella vita religiosa o sacerdotale. Per questo bisogna assicurare loro un gruppo o comunità cristiana nella quale continuino il loro cammino di educazione alla fede, offrire un accompagnamento personale, proporre momenti forti di preghiera e di spiritualità, stimolare un approfondimento sistematico delle motivazioni che li guidano nel loro impegno di animazione, per aiutarli a discernere i segni della loro vocazione e a realizzare un progetto di vita evangelico.
Come capita con le cose più importanti nella vita, non si tratta di sapere con esattezza come si fa, ma di iniziare a farlo; per diventare un grande campione non si deve imparare un manuale, ma cominciare immediatamente ad allenarsi, con sforzo e costanza. Oggi Don Bosco ci dice lo stesso: fate della vostra Parrocchia e Oratorio una vera palestra della santità giovanile.
Lecce, 26 gennaio 2004