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    Prendere in giro Dio

    Thomas Merton

    paceinse

    Farsi beffe del Signore è il triste gioco di chi cerca la pace soltanto a parole, invocandola solo con la preghiera, ma poi adotta nella sua vita un comportamento contrario al dono richiesto. È necessario, innanzitutto, odiare l'ingiustizia che ognuno ha in sé.

    A che serve affrancare la nostra corrispondenza con esortazioni a «pregare per la pace» e poi spendere miliardi di dollari per costruire sommergibili atomici, armi termonucleari e missili balistici? Questo, a mio parere, è certamente ciò che il Nuovo Testamento chiama «farsi beffe di Dio» ed è un farsi beffe di Lui in maniera assai peggiore di quello degli atei. Il colmo della contraddizione è che noi accumuliamo queste armi per proteggerci dagli atei, i quali con tutta franchezza asseriscono che Dio non esiste e che bisogna fare affidamento solo sulle bombe e sui missili, perché nient'altro offre garanzie di sicurezza. È dunque perché confidiamo tanto nella potenza di Dio, che ci prepariamo a distruggere fino all'ultimo quella gente prima che essi distruggano noi? Anche a rischio di distruggere insieme noi stessi?
    Con questo non voglio dire che la preghiera escluda l'uso contemporaneo dei mezzi umani ordinari per raggiungere uno scopo di per sé naturalmente buono e giustificabile. Si può benissimo pregare per la guarigione e insieme prendere le medicine prescritte dal medico. Infatti un credente dovrebbe normalmente fare le due cose. E dovrebbe esservi una ragionevole e giusta proporzione nell'uso di questi due mezzi per raggiungere lo stesso scopo.
    Ma considerate la quantità enorme di denaro, di energie, di preoccupazioni e di cure, spesa per la produzione di armamenti, che diventano quasi subito superati e devono essere smantellati. Paragonate tutto questo al misero gesto di annullare i francobolli con un timbro che invita a «pregare per la pace»! Pensate pure alla sproporzione esistente tra la nostra devozione e l'enorme impresa di distruzione omicida che noi al tempo stesso sanzioniamo, senza per questo provare vergogna. Non ci passa neppur per la mente, si direbbe, che esiste una certa incongruenza nel pregare il Dio della pace (il Dio che ci ha comandato di amarci l'un l'altro come Lui ci ha amato, che ci ha ammonito che coloro che mettono mano alla spada per la spada periranno) e al tempo stesso nel prepararci ad annientare non migliaia, ma milioni di cittadini e di soldati, uomini, donne, bambini, indiscriminatamente, pur avendo la quasi assoluta certezza che, così facendo, inviteremo gli
    altri a distruggerci pure. Si può capire che l'ammalato preghi per riacquistare la salute e poi prenda una medicina, ma non riesco a capire chi prega per riacquistare la salute e poi ingerisce del veleno.
    Quando prego per la pace, prego che Dio renda pacifici non soltanto i russi e i cinesi, ma soprattutto la mia nazione e me stesso. Quando prego per la pace, non prego solo di essere protetto dai comunisti, ma anche dalla follia e dalla cecità del mio Paese. Quando prego per la pace, prego non soltanto che i nemici del mio Paese cessino di volere la guerra, ma soprattutto che il mio Paese cessi di fare ciò che rende inevitabile la guerra. In altre parole, quando prego per la pace non prego semplicemente che i russi abbandonino la partita senza lottare, affinché noi possiamo averla vinta. Prego perché sia noi che i russi siamo in qualche modo ricondotti alla sanità di mente, e perché impariamo a risolvere insieme e nel modo migliore i nostri problemi invece di accingerci al suicidio totale.
    Mi rendo conto che tutto questo può sembrare sentimentale, arcaico e stonato nell'era della scienza. Ma vorrei rilevare che un modo di pensare pseudoscientifico in politica e in sociologia ha fin qui saputo offrirci assai meno. Una cosa vorrei aggiungere per essere giusto: molto spesso gli scienziati atomici sono i primi a preoccuparsi dell'aspetto etico della situazione e sono tra i pochi che osano, di quando in quando, aprir la bocca per dire qualcosa in proposito. Ma chi mai li ascolta?
    Se gli uomini volessero davvero la pace, la chiederebbero a Dio ed Egli la darebbe loro. Ma perché
    Egli dovrebbe dare al mondo una pace che in realtà il mondo non desidera? Perché quella pace che il mondo sembra desiderare non è affatto pace.
    Per alcuni, pace significa semplicemente libertà di sfruttare altri senza pericolo di rappresaglie o di interferenze. Per altri, pace significa la possibilità di derubarsi continuamente a vicenda. Per altri ancora, significa facoltà di divorare i beni della terra senza essere costretti a interrompere i propri piaceri per nutrire coloro che vengono affamati dalla loro avidità. E per la grande maggioranza, pace significa semplicemente l'assenza di ogni violenza fisica che possa gettare un'ombra su vite dedite alla soddisfazione dei propri appetiti animali di comodità e di piacere.
    Molti uomini come questi hanno domandato a Dio ciò che essi credevano fosse la «pace» e si sono chiesti perché le loro preghiere non fossero state esaudite. Essi non potevano comprendere che in realtà erano esaudite. Dio ha lasciato loro ciò che desideravano, perché la loro idea di pace era soltanto un'altra forma di guerra. La «guerra fredda» non è che la conseguenza logica della nostra idea errata sulla pace, impostata sul principio «ognuno per sé» nella vita etica, economica e politica. E assurdo sperare in una pace stabile, basata sulle finzioni e sulle illusioni!
    Così, invece di amare ciò che tu credi sia la pace, ama gli altri uomini e ama soprattutto Dio. E invece di odiare coloro che credi fomentatori di guerra, odia gli appetiti e il disordine della tua anima, che sono le cause della guerra. Se ami la pace, odia l'ingiustizia, odia la tirannia, odia l'avidità: ma odia queste cose in te stesso, non negli altri.

    (Semi di contemplazione, 95-97)


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