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    Preghiera

    Tom Wright

     semplicemetnepregare

    Padre nostro, che sei nei cieli,
    sia santificato il tuo nome,
    venga il tuo regno,
    sia fatta la tua volontà, anche in terra come è fatta in cielo.

    Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
    rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori,
    e non ci esporre alla tentazione,
    ma liberaci dal maligno.
    Perché a te appartengono il regno, la potenza e la gloria nei secoli dei secoli.
    Amen.

    Lo so: ognuno ha una propria versione preferita. A me piace quella tradizionale con la quale sono cresciuto, ma mi sono anche abituato ad altre. Il problema nasce non da ultimo perché le versioni greche della preghiera (in Matteo, Luca e in un libro dei primi cristiani chiamato Didaché) non sono esattamente identiche, non sempre hanno equivalenti nelle lingue moderne che le ricalcano parola per parola, ed è possibile che non riproducano con esattezza il gusto della preghiera in aramaico che Gesù stesso probabilmente usava. Ma alla fine questo non ha importanza. Non lasciate che il rumore di sottofondo vi distragga.
    Andate, invece, al cuore della preghiera. È una preghiera sull'onore e la gloria di Dio. È una preghiera sul regno di Dio che viene sulla terra come in cielo, regno che, come abbiamo visto, riassume una gran parte del significato della cristianità. È una preghiera per il pane, per i bisogni di ogni giorno. Ed è una preghiera per essere liberati dal male.
    In ogni suo punto, la preghiera riflette quello che Gesù faceva nella sua opera. Non è una preghiera generica, indirizzata a una «divinità» generalizzata o a una «natura divina». Non è neanche una tipica preghiera ebraica (benché quasi ogni elemento in essa possa trovare corrispondenza nelle preghiere ebraiche di quel periodo). La preghiera è, per così dire, «specifica di Gesù».
    Dopotutto era Gesù che andava in giro dicendo che era giunto il tempo che si onorasse il nome del Padre, il tempo che venisse il suo regno in terra come in cielo. Fu Gesù che sfamò con il pane la folla nel deserto. Fu Gesù che perdonò i peccatori e disse ai suoi seguaci di fare lo stesso. Fu Gesù che entrò, consapevolmente, «nel tempo della prova», la grande tribolazione che come un'onda di piena stava sommergendo Israele e il mondo, così che prendendone su di sé tutta la forza altri potessero salvarsi. E fu Gesù che inaugurò il regno di Dio, esercitò il potere divino, mori e risuscitò per mostrare la gloria di Dio. La Preghiera del Signore o Padre nostro, come chiamiamo questa preghiera, nasce direttamente da ciò che Gesù stava compiendo in Galilea. E nel Getsemani. Anticipa direttamente ciò che Gesù ha ottenuto con la sua morte e la sua risurrezione.
    La preghiera è pertanto un modo per dire al Padre: Gesù mi ha (usando l'immagine che lui stesso utilizzava) catturato nella rete della sua buona notizia. La preghiera dice: voglio fare parte di questo movimento del regno di Dio. Mi ritrovo catturato in questo modo di vivere in cui il cielo è sulla terra. Voglio fare parte di questo programma che mira a dare il pane a tutti, a me stesso e agli altri. Ho bisogno di perdono per me stesso – perdono per i peccati, i debiti e ogni peso che grava su di me – e intendo vivere in questo modo nei miei rapporti con gli altri. Notate com'è straordinario il fatto che, al centro della preghiera, ci impegniamo a vivere in un modo particolare, un modo che troviamo difficile. E poiché vivo nel mondo reale, dove il male è ancora potente, ho bisogno di essere protetto e soccorso. E, lungo tutta la preghiera, riconosco e celebro il regno, la potenza e la gloria del Padre.
    La maggior parte delle cose su cui potremmo voler pregare sono incluse in questa preghiera. Come le parabole di Gesù, è piccola per la sua dimensione ma grande per l' ambito che copre. Alcune persone trovano che sia meglio recitarla lentamente, facendo una pausa dopo poche parole, per mostrare a Dio quello che in particolare nel nostro cuore corrisponde a quella categoria. Alcune persone preferiscono usarla o all'inizio o alla fine di un periodo di preghiera più lungo, o per preparare il contesto per tutte le preghiere successive o per riassumerle tutte alla fine. Alcune persone sono convinte che recitarla lentamente, più e più volte, li aiuti ad andare sempre più in profondità nell'amore e nella presenza di Dio, nel luogo in cui le due sfere si sovrappongono, nel potere dell'evangelo di portare pane, perdono e soccorso. Usala pure nel modo che preferisci. Comincia da qui e vedi dove ti conduce.

    * * *

    La preghiera cristiana è semplice, nel senso che anche un bambino piccolo può recitare la preghiera che ci ha insegnato Gesù. Ma è difficile per le richieste che contiene via via che ci inoltriamo in essa. L'agonia dei salmisti raggiunse il suo culmine quando Gesù pianse e sudò sangue nel Getsemani, lottando con suo Padre riguardo l'ultimo passo della sua vocazione di una vita. La quale lo portò, a sua volta, a essere appeso alla croce disperato, quando il primo verso del Sal. 22 («Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?») era tutto ciò che restava da dire, le parole fornitegli da Dio stesso perché potesse esternare il proprio senso di essere abbandonato da Dio. Quando Gesù ci ha detto di prendere la nostra croce e seguirlo, presumibilmente si aspettava che seguirlo avrebbe comportato anche per noi momenti come quello.
    Noi siamo chiamati a vivere nel punto in cui il cielo e la terra – la terra che deve ancora essere redenta e che un giorno lo sarà – e il futuro di Dio e il presente del mondo si sovrappongono. Siamo prigionieri su una piccola isola vicino al punto in cui queste placche tettoniche, cielo e terra, futuro e presente, si incontrano scricchiolando. Preparatevi ai terremoti. Quando Paolo scrive il suo più grande capitolo sulla vita nello Spirito e l'imminente rinnovamento dell'intero cosmo, evidenzia al centro di tutto il problema che non sappiamo pregare come dovremmo, ma che lo Spirito, lo Spirito di Dio, intercede per noi secondo la volontà di Dio. E un passo breve (Rom. 8,26-27), ma è estremamente importante sia per ciò che dice sia per dove lo dice. L' intera creazione di Dio geme per i dolori del travaglio, mentre aspetta che dal suo grembo nasca il nuovo mondo. La chiesa, il popolo di Dio nel Messia, si ritrova coinvolta in tutto questo, mentre anche noi gemiamo nella nostra attesa di redenzione. (Pochi versetti prima, Paolo parlava di condividere le sofferenze del Messia; stava forse pensando al Getsemani?) La preghiera cristiana raggiunge la sua caratteristica più profonda quando ci ritroviamo catturati nella sovrapposizione delle ere, parte della creazione che soffre per la nuova nascita.
    E la nuova strana promessa, il punto in cui la preghiera cristiana si distingue dal panteismo e dal deismo e da molti altri pensieri, è che, tramite lo Spirito, Dio stesso sta gemendo dall'interno del cuore del mondo, perché Dio stesso, tramite lo Spirito, dimora nei nostri cuori mentre risuonano del dolore del mondo. Questo non è il modo panteistico di intendere «l'entrare in contatto con il cuore di tutte le cose». Questo è lo strano e nuovo entrare in contatto con il Dio vivente, che sta facendo qualcosa di nuovo, che è sceso nel cuore del mondo in Gesù proprio perché non tutto va bene (punto che i panteisti non ammetteranno mai) e occorre «metterlo a posto», che ora scende tramite il suo Spirito nel luogo in cui il mondo è nel dolore (punto che i deisti non contempleranno mai) in modo che, dentro e attraverso di noi, coloro che pregano in Cristo e tramite lo Spirito, il gemito dell'intera creazione possa arrivare al Padre stesso, colui che esamina i cuori (Rom. 8,27), colui che fa concorrere tutto al bene di coloro che lo amano (v. 28). Ecco che cosa significa «conformi all'immagine del Figlio suo» (v. 29). Ecco che cosa significa, nell'era presente, condividere la sua gloria (vv. 18.30).
    Questo spiega perché la preghiera specificatamente cristiana ha il senso che ha all'interno del mondo in cui il cielo e la terra si uniscono. Vale la pena di spiegare meglio quest' immagine accennata precedentemente, per mostrare come la preghiera, all'interno della visione cristiana del mondo, è sostanzialmente diversa dalla preghiera vista dalle altre due opzioni principali.
    Per i panteisti, che si rifanno alla prima opzione, la preghiera è un semplice sintonizzarsi con le realtà più profonde del mondo e di se stessi. La divinità è ovunque, anche all'interno di sé. La preghiera è quindi non tanto un rivolgersi a qualcun altro, che vive da qualche altra parte, ma piuttosto uno scoprire e sintonizzarsi con una realtà e una vita interiore che devo trovare nel profondo del mio stesso animo e all'interno dei ritmi silenziosi del mondo che mi circonda. Questa è la preghiera panteistica. A mio giudizio è molto più sana della preghiera pagana, in cui l'essere umano cerca di invocare, placare, blandire, corrompere il dio del mare, il dio della guerra, il dio del fiume o il dio del matrimonio, per ottenere favori speciali o per evitare determinati pericoli. In confronto a questo, la preghiera panteistica mostra una certa nobiltà. Ma non è la preghiera cristiana.
    Per i deisti, che fanno riferimento alla seconda opzione, la preghiera è un chiamare attraverso un grande vuoto una divinità distante. Questa nobile figura forse ascolta e forse no; potrebbe o meno mostrarsi incline, o persino capace, di fare qualcosa per noi e per il nostro mondo indipendentemente dalla sua volontà di farlo. Quindi, all'estremo della seconda opzione, tutto quello che si può fare è inviare un messaggio, come un marinaio isolato dal mondo che scrive un messaggio e lo mette in una bottiglia, nella remota speranza che ci sia qualcuno da qualche parte che la possa raccogliere. Questo tipo di preghiera richiede una gran quantità di speranza e di fede. Ma non è una preghiera cristiana.
    A volte, naturalmente, la preghiera nell'ambito della tradizione ebraica e cristiana sembra essere esattamente come la preghiera della seconda opzione, come testimoniano i salmi stessi. Ma, per il salmista, il senso di vuoto, una vacuità in luogo di una Presenza che dovrebbe esserci, non è qualcosa da accettare con tranquillità come se fosse il modo in cui stanno le cose. È qualcosa di cui lamentarsi, per cui protestare insistentemente. «Sveglia, YHWH!» grida il salmista, come qualcuno che sta ai piedi del letto, con le mani sui fianchi, e guarda contrariato una figura dormiente. È così ovviamente che i discepoli si rivolsero a Gesù, addormentato sulla barca durante la tempesta. «È ora di alzarsi e fare qualcosa per sistemare questo disastro!».
    Ma il significato della storia cristiana, al culmine della storia ebraica, è che la tenda è stata scostata, la porta è stata aperta dall'altro lato, e, come Giacobbe, noi abbiamo intravisto una scala che collega terra e cielo con messaggeri che salgono e scendono su di essa. «Il regno dei cieli è vicino», dice Gesù nel Vangelo di Matteo: non sta offrendo un nuovo modo per arrivare al cielo d'ora in poi, ma sta piuttosto annunciando che il dominio del cielo, la vita stessa del cielo, si sovrappone adesso alla terra in un modo nuovo, un modo che spazza via tutti i momenti dalla scala di Giacobbe alla visione di Isaia, tutte le intuizioni dei patriarchi e i sogni profetici, e li trasforma in una forma umana, una voce umana, una vita umana, una morte umana. Gesù è la ragione alla base della terza opzione; e, con essa, la preghiera è diventata adulta. Il cielo e la terra si sono sovrapposti permanentemente in lui, sulla croce, nella risurrezione, in ogni luogo in cui il vento fresco del suo Spirito ora soffia. Vivere da cristiano significa vivere nel mondo che è stato rimodellato da Gesù e il suo Spirito, ed è stato rimodellato intorno a lui e al suo Spirito. E questo significa che la preghiera cristiana è un'altra cosa, diversa sia da quella panteistica, nella quale ci si mette in contatto con l'interiorità della natura, sia da quella deista, nella quale si invia un messaggio attraverso una vacuità solitaria.
    La preghiera cristiana consiste nello stare in piedi presso la grande spaccatura lasciandosi modellare dal Gesù che si inginocchiò nel Getsemani, gemendo per il travaglio, tenendo insieme il cielo e la terra come se si cercasse di legare due pezzi di corda mentre qualcuno tira dal lato opposto per tenerli separati. Essa va di pari passo con la tripla identità del vero Dio che abbiamo osservato, abbagliati, nella seconda parte di questo libro. Non c'è da meravigliarsi se ci arrendiamo così facilmente. Non c'è da meravigliarsi se abbiamo bisogno d'aiuto.
    Per fortuna, l'aiuto non manca.

    * * *

    L'aiuto è a portata di mano non ultimo da parte di coloro i quali hanno percorso il sentiero prima di noi. Parte della nostra difficoltà in questo caso risiede nel fatto che noi gente moderna siamo così pronti a voler fare le cose a modo nostro, così preoccupati del fatto che se cerchiamo aiuto da qualcun altro quello che facciamo non sarà «autentico» e non verrà dal nostro cuore, che siamo subito sospettosi quando si tratta di usare le preghiere di qualcun altro. Ma in realtà siamo come qualcuno che ha l'impressione di non essere vestito nel modo adatto, a meno che non abbia disegnato e realizzato i propri vestiti personalmente; o come qualcuno che non si sente a suo agio a guidare un' automobile a meno che non l'abbia costruita lui stesso. Siamo frustrati dalla pesante eredità lasciataci dal romanticismo da un lato e dall'esistenzialismo dall'altro, che hanno prodotto l'idea che le cose sono autentiche soltanto se provengono spontaneamente e involontariamente dal profondo del nostro cuore.
    Francamente, come Gesù ha sottolineato, ci sono moltissime cose che arrivano dal profondo del nostro cuore, che saranno anche autentiche ma non molto belle. Un respiro a pieni polmoni dell'aria del mondo realistico del giudaismo del i secolo è sufficiente a spazzare via lo smog dell'egocentrica (e, in definitiva, orgogliosa) ricerca di «autenticità» di quel tipo. Quando i seguaci di Gesù gli domandarono di insegnare loro a pregare, egli non chiese loro di dividersi in gruppi di riflessione e guardare in profondità nei propri cuori. Non cominciò con il portarli lentamente a ripercorrere la propria esperienza di vita,
    scoprire quale tipo di personalità avesse ognuno, a far trascorrere loro del tempo per farli mettere in contatto con i propri sentimenti sepolti. Gesù e i suoi seguaci avevano capito la domanda che avevano posto: essi volevano, e avevano bisogno, di una formula che potessero imparare e usare. Questo è ciò che Giovanni Battista aveva dato ai suoi seguaci. Altri maestri ebraici avevano fatto lo stesso. E anche Gesù fece così. È la preghiera con cui abbiamo cominciato questo capitolo che rimane il fulcro di tutta la preghiera cristiana.
    È però opportuno sottolineare che non c'è nulla di male a usare una formula composta da qualcun altro. Anzi, forse è vero il contrario. Alcuni cristiani, alle volte, riescono a sostenere una vita di preghiera contando solo sulle proprie risorse interiori, proprio come ci sono robusti montanari (io ne ho conosciuto uno) che sono in grado di percorrere tutte le Highland scozzesi a piedi nudi. Ma la maggior parte di noi ha bisogno di scarponi; non perché non voglia intraprendere la camminata, piuttosto proprio perché vuole farla.
    Questo appello, come potrà apparire ovvio, è rivolto in particolare ai credenti che in molti paesi, senza accorgersene, assorbono un elemento della cultura tardo moderna (il misto di romanticismo ed esistenzialismo a cui ho accennato poco fa) come se questo fosse la cristianità stessa. A loro voglio dire: non c'è niente di male, niente di «meno cristiano», niente a che fare con la «giustificazione per opere», nell'usare parole, formule fisse, preghiere e sequenze di preghiere scritte da altre persone in altri secoli. In realtà, l'idea di dover trovare sempre le proprie parole, di dover generare la propria devozione da capo ogni mattina, l'idea che se non pensiamo a parole nuove siamo spiritualmente pigri o difettosi mostra il segno fin troppo familiare dell'orgoglio umano, del «fare le cose a modo mio», perfino della «giustificazione per opere». Una buona liturgia può essere, e dovrebbe essere, un segno e un mezzo di grazia, un'occasione di umiltà (accettare che qualcun altro abbia detto, meglio di me, quello che io desidero profondamente esprimere) e gratitudine. Quante volte, di fronte al calare della notte, sia metaforica sia letterale, sono stato grato per l'antica preghiera anglicana che recita:

    Illumina le nostre tenebre,
    noi ti preghiamo, o Signore;
    e difendici con la tua grande misericordia
    da tutti i pericoli e mali di questa notte;
    per l'amore dell'unico tuo Figlio,
    Gesù Cristo nostro Salvatore. Amen.

    Non l'ho scritta io, ma a chiunque l'abbia scritta va la mia eterna gratitudine. È proprio quello che cercavo.
    Naturalmente c'è un appello da indirizzare nella direzione opposta. I romantici e gli esistenzialisti non erano degli sciocchi. Alcuni tipi di abito non hanno una buona vestibilità e costringono tanto i movimenti quanto la personalità. Alcuni scarponi sono troppo ingombranti. Quando Davide andò a combattere Golia, non poté indossare la pesante armatura che la tradizione suggeriva. Dovette usare le semplici armi che conosceva già e che per lui funzionavano. Se non fosse così tragico, sarebbe esageratamente comico osservare molte persone nelle chiese tradizionali raggrupparsi pesantemente nelle loro armature fatte per la vera guerra senza che abbiano un'idea di dove stanno andando o che cosa faranno una volta che vi saranno arrivate. Antiche liturgie e pratiche tradizionali possono in effetti essere un modo per alimentare una preghiera genuina, permettere alla gente di presentarsi con umiltà davanti a Dio e di scoprire che, a poco a poco, le preghiere che sono state utilizzate da altre generazioni possono diventare uno sfogo sincero anche per loro. Tuttavia, le tradizioni in uso possono diventare, abbastanza in fretta, un peso morto e a volte gli alberi morti dell'anno precedente devono essere tagliati via per fare spazio alla crescita di nuovi alberi.
    Ricordiamo che Davide prese con le sue mani cinque pietre che erano state levigate dal ruscello. Molte preghiere, "levigate" da molte generazioni, ora sono pronte per essere utilizzate. Ma Davide, proprio a causa della sua vittoria su Golia, divenne re e dovette sviluppare le diverse abilità necessarie per governare una corte e un paese. Dato che la nostra cultura cambia, e che il cambiamento stesso diventa la caratteristica più costante della nostra cultura, non dovremmo sorprenderci per il fatto che molte persone trovano le formule tradizionali strane e fastidiose. Ho incontrato persone, durante gli ultimi anni, che hanno smesso di frequentare la loro chiesa locale perché la gente aveva cominciato a cantare nuove canzoni e ballare tra le navate. E ho incontrato altri che hanno cominciato ad andarci per quella stessa ragione. È arrivato il momento di scuoterci, di riconoscere che persone diverse hanno bisogno di diversi tipi di aiuto in diversi periodi della loro vita, accettarlo e andare avanti.
    Però, per molti credenti, scoprire che si può essere aiutati nella preghiera usando parole e formule scritte e elaborate da altri è una buona notizia, un sospiro di sollievo. Preghiere come quella che ho citato sopra esistono proprio per aiutarci a crescere, non per farci rattrappire. E c'è molto, molto di più: libri di preghiere, antologie di meditazioni, scaffali e librerie pieni di materiale, c'è qualcosa per ognuno di noi. E se tutto questo sembra scoraggiante, ricordate che per andare lontano basta fare un passo alla volta.

    * * *

    Il Padre nostro non è l'unica preghiera che ha formato le basi delle tradizioni ricche e profonde della preghiera cristiana. Ci sono altre preghiere che sono state usate in modi simili attraverso i secoli, o come schema generale o come qualcosa da ripetere in modo da approfondire la consapevolezza della presenza del Dio che noi conosciamo in Gesù. Forse la più conosciuta di queste, molto utilizzata nelle chiese cristiane ortodosse, è la «Preghiera di Gesù», che può facilmente essere pronunciata con lentezza al ritmo del proprio respiro: «Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore».
    È stato scritto molto su questa preghiera, su ciò che significa, su come utilizzarla e dove può condurci. Non è così restrittiva come può apparire a prima vista. Pregare per la misericordia non significa semplicemente: «Ho fatto qualcosa di sbagliato, quindi ti prego perdonami». È una richiesta assai più ampia, che la volontà di Dio mandi la sua presenza misericordiosa e il suo aiuto in migliaia di situazioni, nonostante il fatto che noi non lo meritiamo e non potremo mai meritarlo. E benché la preghiera sia esplicitamente indirizzata a Gesù stesso, fatto inconsueto anche se non totalmente sconosciuto persino nel Nuovo Testamento stesso, è fatta con la fiducia che, quando arriviamo a Gesù, tramite lui arriviamo al Padre; e che, per pregare in quel modo, abbiamo bisogno di essere guidati dallo Spirito santo.
    Recitare questa preghiera (o altre come questa) più e più volte non è, quindi, quell'atto di «sprecare parole» che Gesù critica etichettandolo come una tipica pratica pagana in Mt. 6,7. È ovvio che, se per voi diventa quel tipo di cosa, lasciatela perdere e fate qualcosa di diverso. Ma per milioni di persone è stato, ed è ancora, un modo di focalizzarsi, di esplorare in lungo e in largo, di concentrarsi sul Dio che conosciamo in Gesù come colui sul quale possiamo fare affidamento in ogni circostanza, e un modo per tenere alto davanti alla sua misericordia tutto quello su cui vogliamo pregare, gioie, problemi, dispiaceri, rabbia, paura, altre persone, politiche di governo, problemi sociali, guerre, disastri, festività.
    A volte ho suggerito due preghiere simili da accompagnare alla «Preghiera di Gesù»: «Padre Onnipotente, creatore del cielo e della terra, venga il tuo Regno in mezzo a noi»; e «Spirito santo, respiro del Dio vivente, rinnova me e tutto il mondo». Queste due preghiere possono essere usate così come sono, oppure, come anche la «Preghiera di Gesù» stessa, possono essere usate come frasi di risposta per consentire a un gruppo o a una congregazione di unirsi mentre altre persone conducono la preghiera per casi e situazioni particolari. Che vengano recitate da soli o con gli altri, c'è ampio spazio per sperimentare sia qui sia altrove.
    Ma c'è un'altra preghiera ancora che può essere usata in questo modo, e che sospetto fosse usata proprio così nelle chiese dell'antichità. Dal giudaismo antico a quello moderno, una preghiera è stata recitata tre volte al giorno. È quella che inizia con: «Ascolta, Israele: YHWH, il nostro Dio, è l'unico YHWH. Tu amerai dunque YHWH, il tuo Dio, con tutto il cuore». Questa frase di apertura si trova in Deut. 6,4-5 ed è conosciuta anche come Shemah, perché la parola con cui si apre, «Ascolta», in ebraico è Shemah. La gente a volte si stupisce del fatto che sia una preghiera, dato che ha piuttosto l'apparenza di un'affermazione teologica a cui segue un comando; ma così come si leggono le Scritture durante la venerazione non per dire alla congregazione qualcosa che non sapevano, ma per lodare Dio per ciò che ha fatto, allo stesso modo dichiarare chi è realmente YHWH, e che cosa chiede al popolo dell'alleanza, è in realtà una preghiera, un atto di adorazione e impegno. È precisamente un modo di allontanarsi da se stessi e dai propri bisogni, esigenze, speranze e paure, e dedicare tutta la propria attenzione a Dio, al nome di Dio, alla natura di Dio, alle intenzioni di Dio, all'invito di Dio ad amarlo, alla gloria di Dio. Anche il solo riflettere sul fatto che questa preghiera è una preghiera è pertanto altamente istruttivo.
    Ma all'inizio del cristianesimo questa preghiera è cresciuta, grazie a Gesù. Come abbiamo visto prima, Paolo ricorda ai corinzi cristiani che essi sono monoteisti nello stile ebraico, non pagani politeisti; e per chiarire meglio il punto cita questa preghiera nella sua nuova forma cristiana. Per noi, egli dice, c'è un solo Dio, il Padre, dal quale sono tutte le cose, e noi viviamo per lui, e un solo Signore, Gesù Cristo, mediante il quale sono tutte le cose, e mediante il quale anche noi siamo (I Cor. 8,6).
    Avendo parlato poco prima del nostro amore per Dio, passa quindi a parlare del nostro amore reciproco, l'amore che scaturisce proprio dal fatto che crediamo che il Messia sia morto per il nostro prossimo così come per noi.
    Perché non dovremmo fare nostra anche questa preghiera? Come la «Preghiera di Gesù», la si può recitare lentamente e ripetutamente. Come i grandi inni di lode dei capp. 4 e 5 dell'Apocalisse, riassume la venerazione e la lode di Dio sia come creatore sia come redentore. Le frasi, «dal quale... per lui» e «in virtù del quale... per lui» sono affermazioni dense ma chiare del fatto che il Padre è l'origine e il fine di tutte le cose, o che il Figlio è il mezzo attraverso il quale tutte le cose sono state create, e tutte le cose sono state redente. Paolo dice la stessa cosa ancora più pienamente in Col. 1,15-20. Meditare su Dio in questo modo significa ammirare, come chi viaggia su una mongolfiera in una giornata limpida, l'intero paesaggio maestoso dei propositi amorevoli di Dio, consentendoci di cogliere questa o quella caratteristica particolare a cui dedicare attenzione senza però perdere la visione d'insieme. È chiaro che i cristiani delle origini ne sapevano qualcosa riguardo la preghiera. Possiamo ancora imparare molto da loro.

    * * *

    Naturalmente ci sarebbero ancora molte altre cose da dire in merito alla preghiera, ma come per l'adorazione, la cosa importante è non smettere di praticarla. Ci sono varie guide disponibili. Uno dei segni di buona salute nel cristianesimo moderno è che sempre più persone si rendono conto che parlare con una guida esperta (conosciuta presso alcune tradizioni come «guida spirituale») può essere di grande aiuto, sia come rassicurazione («sì, va tutto bene, molte persone si sentono così»), sia come benevolo suggerimento verso nuove direzioni. Ricordo bene il senso di sollievo quando la mia guida spirituale mi suggerì, nel momento in cui mi trovavo a dover avere a che fare con un collega particolarmente difficile, di provare a recitare il Padre nostro pensando, a ogni singola richiesta contenuta nella preghiera, precisamente a quel collega. Libri, guide dei ritiri, amici, ministri di culto della propria comunità: tutto può essere d'aiuto. Avendo parlato in precedenza dell'approccio svelto e deciso di Gesù alla richiesta «Insegnaci a pregare», è naturalmente vero che persone diverse troveranno aiuto in schemi e tracciati differenti, e ci sono moltissimi maestri che ci possono indicare la via adatta a persone o situazioni particolari.
    Similmente, chiunque è in grado di prendere un quaderno e organizzarlo in liste giornaliere o settimanali delle persone e delle situazioni per cui si vuole pregare. Persino coloro i quali non sopportano gli elenchi troveranno che un diario e una rubrica, e forse persino una cartina, gli ricorderanno di situazioni e persone. Ci saranno cose per le quali ringraziare Dio (la gratitudine è sempre un segno della grazia) e cose per cui mostrarsi dispiaciuti (anche la penitenza è un segno della grazia). Ci saranno cose da chiedere, non da ultimo che l'amore e la potenza di Dio circondino e aiutino delle persone in particolare per le quali desideriamo pregare. Mentre cerchiamo di cogliere alcune delle promesse straordinarie del Nuovo Testamento («Se dimorate in me» ha detto Gesù, «e le mie parole dimorano in voi, domandate quello che volete e vi sarà fatto» [Giov. 15,7]), scopriamo che sono controbilanciate da uno strano fenomeno. Quando andiamo a reclamare con impazienza queste promesse, scopriamo che, se siamo seri in merito, i nostri desideri e le nostre speranze vengono gentilmente ma fermamente rimodellati, smistati e riordinati in modo diverso.
    La preghiera cristiana si declina in moltissime altre modalità. Per alcuni, la pratica della glossolalia è un modo di elevare le cose e le persone verso Dio quando non sappiamo quali sono i loro bisogni specifici, o forse quando il bisogno è talmente evidente e noi ne siamo talmente sopraffatti che non sappiamo come esprimerlo a parole (Rom. 8,26-27). Per alcuni, il silenzio – difficile da ottenere per molti, difficile da mantenere per molti di più – può, come il miglior tipo di oscurità, diventare il suolo in cui i semi della fede, della speranza e dell'amore possono germogliare non visti. Ma per tutti noi la preghiera cristiana è un dono di Dio «mediante il quale abbiamo anche avuto, per la fede, l'accesso a questa grazia nella quale stiamo fermi; e ci gloriamo nella speranza della gloria di Dio» (Rom. 5,2). Siamo accolti alla presenza di Dio. Come per Giovanni in Apocalisse 4 e 5, una porta è aperta nel cielo, e noi siamo introdotti nella sala del trono.
    Ma non siamo più lì come semplici osservatori. Siamo lì come i suoi amati figli. Lasciamo che sia Gesù stesso ad avere l'ultima parola. «Se dunque voi, che siete malvagi, sapete dare buoni doni ai vostri figli, quanto più il Padre vostro, che è nei cieli, darà cose buone a quelli che gliele domandano!» (Mt. 7,11).

    (da Semplicemente cristiano. Perché ha senso il Cristianesimo, Claudiana 2014, pp. 149-160)

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