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    La radice

    di ogni guerra

    Thomas Merton

    guerramerton

    Alla radice di ogni guerra sta la paura: non tanto la paura che gli uomini hanno gli uni degli altri, quanto la paura che essi hanno di tutto. Non solo non si fidano gli uni degli altri: non si fidano neppure di se stessi. Se dubitano che qualcuno possa voltarsi e ucciderli, ancor più dubitano di poter essi
    stessi voltarsi e uccidersi. In nulla possono riporre la loro fiducia perché hanno cessato di credere in Dio.
    Non è pericoloso solo il nostro odio per gli altri, ma anche e soprattutto l'odio che portiamo a noi stessi, in particolare quell'odio di noi stessi che è troppo profondo e troppo potente per essere coscientemente affrontato: esso ci fa riconoscere il nostro male negli altri e ci impedisce di riconoscerlo in noi stessi.
    Quando vediamo il crimine negli altri, cerchiamo di porvi rimedio o annientando i colpevoli o perlomeno togliendoli dalla circolazione. E facile identificare il peccato col peccatore quando non si tratta di noi. Se si tratta di noi, invece, accade esattamente il contrario; vediamo il peccato, ma ci è assai difficile assumerne la responsabilità. Proviamo grande difficoltà nell'identificare il nostro peccato con la nostra volontà e la nostra malizia. Al contrario, tendiamo naturalmente ad interpretare la nostra azione immorale come un errore involontario o come malizia di uno spirito che risiede in noi, ma è diverso da noi. Allo stesso tempo però siamo perfettamente consci che gli altri non fanno questa comoda distinzione a nostro favore. Ai loro occhi, le nostre azioni sono le «nostre» e ce ne ritengono pienamente responsabili.
    Inoltre, tendiamo inconsapevolmente ad alleggerirci sempre più del fardello delle nostre colpe, trasferendole ad altri. Quando io ho commesso una cattiva azione e mi sono discolpato attribuendola a «un altro», che inspiegabilmente si trova «in me», la mia coscienza non è ancora soddisfatta. Troppe altre cose richiedono una spiegazione. Quest'altro, che è «in me», mi è troppo vicino. La tentazione è
    quindi di spiegare la mia colpa, scoprendo un male equivalente in qualcun altro. Quindi io minimizzo i miei peccati e, per pareggiare la bilancia, esagero le colpe degli altri.
    E come se questo non bastasse, peggioriamo la situazione, aumentando artificialmente il nostro senso del male e accrescendo la nostra tendenza a riconoscerci colpevoli anche di cose in se stesse non cattive. In questo modo noi ci creiamo una tale ossessione del male, sia in noi stessi che negli altri, che sciupiamo tutte le nostre energie mentali cercando di spiegare questo male, di punirlo, di esorcizzarlo, di liberarcene in qualsiasi modo. Impazziamo, a forza di preoccuparci, e alla fine, non troviamo altra via di scampo che nella violenza. Ci sentiamo spinti a distruggere qualcosa o qualcuno. Giunti a questo punto, ci siamo creati un nemico opportuno, un capro espiatorio, sul quale abbiamo riversato tutto il male esistente nel mondo. Esso è causa di ogni male, è fomentatore di tutti i contrasti. Solo se riusciremo a distruggerlo, i contrasti cesseranno, il male sarà debellato, non vi sarà più guerra.
    (Semi di contemplazione, 90-91)


    T e r z a
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