Il mistero
nascosto in tutto ciò
che è umano
Thomas Merton
Il banchetto eucaristico è proprio il cuore ed il centro di quella vita cristiana che deve culminare nel banchetto celeste. Ora dobbiamo ricordare che un banchetto non è tale se ad esso partecipano una persona o due. Una festa è una occasione di gioia per parecchie persone. Anzi, una festa è di tale natura che attira la gente e fa sì che essa lasci ogni altra cosa per partecipare alla sua gioia. Godere insieme vuol dire testimoniare quella gioia che si prova nel trovarsi con i propri amici. Il semplice atto di mangiare insieme, prescindendo da un banchetto o da qualche altra occasione di festa, è per sua natura un segno di amicizia e di «comunione».
Nei tempi moderni abbiamo perso di vista il fatto che anche le azioni più ordinarie della nostra vita di ogni giorno sono, per la loro propria natura, investite di un profondo significato spirituale. La mensa è in certo senso il centro della vita familiare, la sua espressione. Qui i figli si radunano insieme con i genitori per mangiare il cibo preparato dal loro amore. A tavola i figli prendono parte con riconoscenza alle fatiche e ai sacrifici dei genitori. Il cibo comune viene benedetto dalla preghiera del padre e ravvivato dalla conversazione di tutta la famiglia. In questo atto comune la famiglia prende coscienza di sé come tale, diviene consapevole della sua esistenza, della sua dignità e vitalità.
Il pasto di una famiglia cristiana non è tanto una semplice soddisfazione di necessità fisiche, quanto la celebrazione di un mistero di carità, il mistero della famiglia cristiana. E questo mistero è già molto profondo perché Cristo stesso è presente nell'unione dei due coniugi e nei figli nati da questa unione santificata. È Cristo che nutre i presenti e porta ad essi tutte quelle benedizioni senza le quali la vita sarebbe impossibile, o per lo meno assai miserabile. Così dunque per un banchetto.
La parola latina convivium contiene più di questo mistero di quanto non racchiudano le nostre parole «banchetto» o «festa». Chiamare convivium una festa, vuol dire dare ad essa il nome di un «mistero di partecipazione di vita»: un mistero in cui gli invitati partecipano alle buone cose che sono state preparate e date ad essi dall'amore dell'ospite, e nel quale l'atmosfera di amicizia e di gratitudine si espande in una comunicazione di pensieri e sentimenti e culmina nella gioia comune.
(Il pane vivo, 148-149)