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    I 750 anni

    del miracolo eucaristico

    di Bolsena

    Renzo Allegri

    41 Raffaello-messa di Bolsena

     

    Nell’estate di 750 anni fa si verificava a Bolsena, in provincia di Viterbo, un grande prodigio che viene ricordato con il nome di “miracolo eucaristico di Bolsena”. Un sacerdote, mentre celebrava la Messa, ebbe dei dubbi sulla reale presenza di Cristo nell’Ostia Consacrata e in quel momento l’Ostia cominciò a versare sangue, confermando prodigiosamente la presenza reale di Cristo nel pane eucaristico.

    Il  prossimo anno ricorreranno, invece, i 750 anni della Bolla “Transiturus de hoc mundo”, scritta da Papa Urbano IV dopo aver constatato di persona la realtà del miracolo di Bolsena. Con quella bolla, il Papa istituiva per tutta la Chiesa la Solennità del Corpus Domini, festa liturgica che celebra la fede nella presenza reale di Cristo nell’Eucarestia. Infine, secondo un’antica tradizione, rifiutata da molti storici, ma ammessa da altri, i due eventi, miracolo e istituzione della Festa del Corpus Domini, sarebbero all’origine della costruzione del celeberrimo Duomo di Orvieto,  uno dei massimi capolavori del gotico italiano, nel quale si conservano le reliquie del miracolo di Bolsena.

    orv

    Come si vede, i tre eventi sono strettamente legati al Sacramento dell’Eucarestia. Per questo, Benedetto XVI, prima di ritirarsi, ha voluto che i tre eventi fossero ricordati con una particolare rilevanza in questo nostro tempo. E così, su mandato di papa Ratzinger, la Penitenzieria Apostolica, con un Rescritto del 13 marzo 2012, ha autorizzato la celebrazione di un Giubileo Eucaristico straordinario a Bolsena e a Orvieto, cioè un “Anno Santo”, ma “speciale”, lungo non uno ma due anni, in modo da comprendere l’anniversario del Miracolo di Bolsena e quello della istituzione della solennità del Corpus Domini. Lo speciale Anno Santo è iniziato a gennaio 2013 e terminerà il 24 novembre 2014. Ha i suoi punti principali di riferimento a Bolsena e a Orvieto, dove si verificarono gli eventi che vengono ricordati e dove si conservano le reliquie di quegli eventi, ma in realtà riguarda tutto il popolo cristiano, perché quei fatti sono strettamente legati al Mistero dell’Eucaristica.

    Il Mistero della  reale presenza di Cristo nel pane e nel vino consacrati è una delle Verità fondamenta­li della Religione Cristiana. Il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma esplicitamente che Gesù è presente nell’Eucaristia in modo, “vero”, “reale”, “sostanziale” con il suo Corpo, la sua Anima e la sua Divinità. Il Concilio Vaticano II (Lumen Gentium, 11) definisce l’Eucariestia: “fonte e apice di tutta la vita cristiana”.  

    Impossibile comprendere questa verità con la ragione. San Tommaso dice che si può comprendere “con la sola fede la quale si appoggia sulla autorità di Dio”. Per questo, lungo il corso dei secoli il Mistero Eucaristico fu spesso oggetto di dispute che, a volte, in varie forme, negavano le reale presenza di Cristo. Ma quando i dub­bi si diffondevano così numerosi da diventare un pericolo per la “Verità Eucaristica”, sono sempre accaduti fatti misteriosi, prodigiosi, che richiamavano con clamore l'at­tenzione dei credenti sulla "concretezza" di quella Presenza.

    Il 1200 è stato forse il secolo che ha registrato il maggior nu­mero di miracoli eucaristici, almeno considerando quelli che la storia ci ha tramandato.

    Secolo ricchissimo di fermenti spirituali. Ma questo anelito di spiritualità favoriva anche le iniziative erra­te, eretiche. Nel secolo XIII imperversarono le eresie dei Patarini, dei Valdesi, degli Apostolici, dei Catari o Albigesi e altre. Tutte deviazioni ideologiche che toccavano vari argomenti della Fede, ma che, alla fine, come sempre, ruotavano intorno alla perso­na di Gesù e quindi mettevano dubbi e idee errate sul Cristo che continua a vivere nell'Eucarestia.

    Contro le eresie intervennero le autorità  i Papi, I Concili ecu­menici,  i santi con il loro esempio, i teologi con i loro libri, ma intervenne anche il soprannaturale, la Provvidenza, con quei "segni" misteriosi, che servivano a richiamare l'attenzio­ne soprattutto delle masse, sulla reale presenza di Cri­sto nell'Eucarestia.

    Sono una quindicina i grandi miracoli eucaristici che si verificarono nel corso del tredicesimo secolo. Alcuni in Italia, altri in Germania, in Spagna, in Portogallo, in Francia.

    Il più noto è quello di Bolsena, che si verificò, secondo gli storici, nella prima metà di agosto del 1263. Protagonista, Pietro da Praga, un sacerdote di origine boemo. Un ottimo sacerdote, esemplare in tutto,  ma tormentato da dubbi sulla reale presenza di Cristo nell'Eucarestia.

    Quel sacerdote, per combattere i dubbi da cui era assalito ogni volta che celebrava la Messa, decise di andare in pellegrinaggio a Roma per poter pregare sulle tombe degli apostoli. Seguendo la via Francigena, fece tappa a Bolsena e volle celebrare la Messa nella chiesa dove si trova la tomba di Santa Cristina martire, della quale era molto devoto. E fu lì, in quella chiesa, che si verificò il prodigio.

    Duomo orvieto - reliquario del corporale

    Al momento della Consacrazione, mentre teneva l'Ostia sopra il calice, il sacerdote Pietro da Praga vide che l'Ostia sanguinava abbondantemente e il sangue cadeva sul corporale e sugli altri li­ni che coprivano l'altare. Si spaventò, prese il calice, l'Ostia consacrata, il cor­porale e gli altri oggetti che erano stati macchiati di sangue, tornò in sacrestia e nascose tutto nel sacrario. Ma, passato il primo sbigottimento, si rese conto che non poteva nascondere un fatto del genere, e dovette rivelare quanto era accaduto.

    La voce del prodigio si sparse immediatamente. Raggiunse an­che Orvieto, che dista da Bolsena una ventina di chilometri, do­ve si trovava il Papa Urbano IV. Questi inviò immediatamente a Bolsena il vescovo Giacomo Maltraga, accompagnato da alcuni celebri teologi, perchè facesse una immediata inchiesta e racco­gliesse tutte le testimonianze e la documentazione possibile.

    Il fatto era così clamoroso da non ammettere dubbi. Per que­sto, il ritorno a Orvieto della delegazione,  con le reliquie del prodigio si svolse in modo trionfale, con il clero di Bolsena e molta gente che seguiva in processione.

    Il Papa stesso, informato della serietà del fatto, volle andare incontro alle sacre reliquie, insieme ai cardinali del suo seguito, ai chierici e ai religiosi di Orvieto. L'incontro avvenne sulle sponde del fiume Riochiaro e il Papa, in segno di profonda devozione, si inginocchiò piangendo per la commozione. Poi prese le reliquie nelle proprie mani e le portò nella cattedrale.

    Papa Urbano IV era un grande sostenitore della Verità Eucaristica. Prima di essere eletto Pontefice, si chiamava Gia­como Pantaleon. Era figlio di un calzolaio di Troyes, in Francia, aveva studiato teologia e legge a Parigi. Dopo era stato nominato arcidiacono di Liegi e aveva conosciuto una suora di nome Giu­liana, superiora nel monastero di Mont-Cornillon vicino a Liegi.

    Fin dal 1208, quella suora aveva apparizioni di Gesù che le chiedeva di istituire nella Chie­sa una festa che celebrasse il suo Corpo, il "Corpo del Signore".

    Suor Giuliana si era resa conto che Gesù le chiedeva l'im­possibile e per cinque anni continuò a pregarlo affinchè la libe­rasse da quell'incarico, ma Gesù insisteva. Nel 1230, attraverso il proprio confessore, il canonico Jean de Lausanne, riuscì a guada­gnare alla propria causa l'arcidiacono Pantaleon e gli confidò la missione che le era stata data da Gesù. Anche Giacomo Pantaleon capì che la richiesta della suora non sarebbe mai stata accolta dalla Chiesa. Però aveva anche constatato che quella suora era una persona seria e che le visioni di cui parlava erano autentiche. Per questo prese in considerazione la richiesta e ne parlava ovunque potesse farlo.

    internoorvieto

    Grazie a lui, e al suo prestigio, la richiesta di Suor Giuliana fu discussa nel corso del Sinodo di Liegi del 1248, e venne accolta. Fu, così, istituita, per la sola diocesi di Liegi, una festa in onore del Santissimo Sacramento.

    La festa però suscitò molte opposizioni. Suor Giuliana fu de­risa, offesa, perseguitata e costretta a fuggire dal suo convento e a rifugiarsi a Fosses, presso Namur, dove morì nel 1258.

    Nel frattempo, Giacomo Pantaleon aveva fatto carriera. Era diventato vescovo di Verdun, aveva svolto diverse missioni deli­cate per incarico di Papa Innocenzo IV ed era stato poi nominato patriarca di Gerusa­lemme.

    Nel 1261, tre anni dopo la morte di Giuliana, il cardinale Gia­como Pantaleon si trovava a Viterbo in cerca di aiuto per i cristia­ni oppressi di Oriente, quando Papa Alessandro IV, che aveva por­tato la Corte papale a Viterbo, morì. Pantaleon si fermò per il Conclave e venne eletto Papa. Prese il nome di Urbano IV.

    Non aveva dimenticato Suor Giuliana e le richieste che la mi­stica aveva ricevuto da Gesù. Ora che era Papa, poteva realizzarle.

    In gran segreto, preparò la bolla “Transiturus” con la quale in­tendeva estendere la Festa del "Corpus Domini" a tutta la Chiesa, e nella quale affermava la tradizionale Verità della Chiesa sulla Eucaristia, e attendeva il momento opportuno per pubblicarla. L'evento di Bolsena fu per lui un "segno" e 1'11 agosto 1264, un anno dopo tali fatti, rese pubblica la Bolla estendendo la Festa a tutta la Chie­sa.

    Il miracolo di Bolsena è molto famoso anche presso i non credenti, perchè ha dato origine al Duomo di Orvieto, capolavoro di sovrumana bellezza architettonica, e al celeberrimo affresco di Raffaello, “La Messa di Bolsena”che si trova nella “stanza di Eliodoro”, una delle famose quattro “Stanze Vaticane”, affrescate da Raffaello tra il 1508 e il 1520.

    Le analisi scientifiche

     

    Come ho detto, i miracoli eucaristici sono numerosi. Tra i più celebri vi è quello di Lanciano, città dell’Abruzzo, in Italia, accaduto nel secolo VIII. E’ il meno documentato da un punto di vista storico, ma è un autentico grattacapo per gli scienziati che se ne sono interessati. Il fatto è simile a quello accaduto a Bolsena. Un monaco basiliano celebra la Messa pieno di dubbi sulla possibilità che il pane dell’Ostia diventi vero corpo di Cristo, e mentre pronuncia la formula della consacrazione l’Ostia diventa carne e il vino sangue vero.

    Non ci sono relazioni scritte del fatto, né documenti. Restarono solo le reliquie: quell’ostia trasformata in carne e il vino diventato sangue che poi si era coagulato in cinque grumi di diversa dimensione.  Il primo documento scritto risale al 1631, quindi nove secoli dopo.  Le reliquie, chiuse in una teca d’argento, furono conservate nell’antica chiesetta e poi in quella di San Francesco costruita al posto della precedente.

    La sorprese iniziarono quando si cominciò a “investigare” scientificamente su quelle reliquie. Il primo dato sorprendente venne dal peso dei grumi di sangue, che sono cinque. Pesati singolarmente, hanno tutti lo stesso peso anche se sono di volume diverso. Pesati tutti insieme, il valore del peso collettivo è uguale a quelli di ogni grumo singolo. Perché?

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    Nel 1970, il vescovo di Lanciano di allora, monsignor Pacifico Maria Luigi Perantoni, ottenne il permesso dal Vaticano di sottoporre le reliquie a un approfondito esame scientifico. Il compito venne affidato  al professor Odoardo Linoli, primario del laboratorio di analisi cliniche e di anatomia patologica dell'ospedale di Arezzo, coadiuvato dal professor Ruggero Bertelli, ordinario di anatomia  all’Università degli Studi di Siena. Due professionisti di fama internazionale. Le ricerche durarono quattro mesi. I risultati, pubblicati nel 1971, suscitarono grande clamore.

    Nella sua lunga relazione, il professor Linoli evidenziò, tra le altre cose: “L'Ostia diventata carne si compone di un tessuto di origine mesodermica riconoscibile come cuore, miocardio ed endocardio”“.

    “Il Sangue è vero Sangue. L'analisi cromatografica lo dimostra con certezza assoluta e indiscutibile”.

    “La Carne ed il Sangue appartengono alla specie umana”.

    “Il gruppo sanguigno AB è risultato uguale nel Sangue e nel­la Carne. Questa identità del gruppo sanguigno può indicare l'ap­partenenza della Carne e del Sangue alla medesima persona”.

    Nel 1973, il professor Giuseppe Biondini, medico e biologo italiano, membro effettivo del Consiglio Superiore della Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), interessò del fatto l'Organizzazione. Il Consiglio dell'OMS, dopo aver esaminato la relazione del professor Linoli, decise di fare ulteriori verifiche, in collabo­razione con l'ONU, affidando l'incarico a un'equipe di esperti appartenenti a sette nazioni.

    Queste nuove indagini durarono quindici mesi. I ricercatori eseguirono oltre 500 esami scientifici, avvalendosi del supporto di tecniche e attrezzature aggiornatissime, non escluse quelle of­ferte dalla medicina nucleare. Al termine, scrissero una loro det­tagliata relazione che venne pubblicata nel dicembre 1976 a New York e a Ginevra. La Commissione Scientifica Internazionale con­fermò pienamente tutti i risultati che aveva conseguito il profes­sor Linoli. Inoltre, per quanto riguarda l'Ostia diventata Carne, la Commissione fece un'altra strepitosa osservazione: quel frammento di carne non solo è tessuto del cuore, ma, “senza alcun dubbio, è tessuto vivente perchè risponde rapidamente a tutte le reazioni cliniche proprie degli esseri viven­ti”.

    Eventi del genere non sono relegati al Medioevo, ma sono fatti che si verificano anche nel nostro tempo.  Uno degli ultimi casi è il miracolo eucaristico di Buenos Aires.  Non è molto conosciuto perché le autorità ecclesiastiche hanno voluto mantenere la massima discrezione. Ma l’ecclesiastico che lo ha seguito fin dal principio è stato Jorge Bergoglio. E quando questi è diventato papa, ha attratto l’attenzione dei media anche su quei fatti.

    Molti giornali ne hanno parlato in questi ultimi mesi. Molti siti internet continuano a interessarsene. Spesso con superficialità, riportando informazioni non sempre esatte. Per questo, ci siamo affidati, per questo nostro scritto, a un sito scientificamente rigoroso, gestito da un gruppo di universitari cattolici: Il sito si chiama “UCCR: Unione Cristiani Cattolici Razionali”. Le loro relazioni sono sempre molto rigorose e precise.

    Tutto cominciò il primo maggio 1992. Sull’altare della chiesa di Santa Maria che si trova al centro di Buenos Aires, vennero trovati due pezzi di Ostia. Il parroco, Alejandro Pezet, non sapendo quale origine avessero, se appartenessero a Ostie consacrate o meno, seguì le diposizioni disciplinari stabilite dalla Chiesa per simili casi. Poiché la presenza “vera e reale” di Gesù nell’Ostia consacrata è strettamente legata al supporto delle specie eucaristiche, cioè del pane, basta sciogliere il pane nell’acqua, e quando non c’è più pane non c’è più presenza reale di Cristo. Il parroco perciò fece mettere i due frammenti in un bicchiere d’acqua e attese. Ma,  con il passare dei giorni, le Ostie restavano intatte. Anzi, l’8 maggio avevano assunto un colore rosso sangue.

    Il 10 maggio, altro evento. Durante la messa serale furono notate delle gocce di sangue sulla patena, il piattino su cui si pone l’ostia. Il parroco, stupito, volle far analizzare quel sangue da alcuni ematologi, e risultò che era sangue umano. I reperti vennero conservati in un luogo appartato e custodito, in attesa di sviluppi.

    Il 18 agosto 1996, al termine della Messa, una donna si avvicinò al parroco e gli disse di aver trovato un’Ostia in un angolo della chiesa. Il parroco mise l’Ostia in un bicchiere d’acqua, in attesa che si sciogliesse. Il 26 agosto notò che l’Ostia era diventata un grumo di carne coperta di sangue.  Informò il vescovo Bergoglio il quale gli disse di far fotografare il tutto da un professionista, per avere immagini perfette, aggiungere una relazione dettagliata dei fatti e spedire tutto in Vaticano.RTEmagicC Santa Pudenziana Mod- Miracolo Eucaristico 01.jpg

    Passarono alcuni anni e nei reperti conservati non cambiava nulla. Allora, il vescovo Bergoglio dopo essersi consigliato con il parroco e con le altre poche persone al corrente dei fatti,  decise di far eseguire analisi scientifiche approfondite.

    Un primo esame venne compiuto in un Laboratorio di Buenos Aires. Naturalmente senza rivelare da dove provenisse il campione da esaminare.  Risultato: i globuli rossi e bianchi del sangue e dei tessuti esaminati risultarono appartenere al cuore di un uomo ancora vivo. Le cellule erano pulsanti come quelle di un cuore in attività.

    Stupefatti, Bergoglio e i suoi amici,  pensarono che era doveroso continuare le ricerche. Si rivolsero a una personalità molto nota: il dottor Ricardo Gomez Castañón, neuropsicofisiologo  spiegandogli la vicenda e chiedendo il suo consiglio. Il dottore suggerì di far eseguire delle ricerche in un famoso laboratorio di genetica, il Forensic Analytical di San Francisco. Egli stesso prelevò i campioni per i vari test. E questa volta i campioni riguardarono tutti e due i casi,  quello del 1992 e quello del 1996. Risposta: sul materiale inviato è stato trovato DNA umano. Si  tratta di sangue umano con codice genetico umano.

    Gli stessi campioni vennero inviati anche a un altro celebre laboratorio, quello diretto dal professor John Walker, dell’Università di Sydney in Australia. E anche qui è stato rilevato che si tratta di cellule muscolari e cellule bianche del sangue, tutte intatte. Inoltre, la ricerca ha dimostrato che questi tessuti erano infiammati, quindi la persona a cui appartenevano aveva subito un trauma.

    Sempre più stupiti,  il vescovo Bergoglio  e i suoi amici, inviarono i campioni al più grande esperto in malattie del cuore: il dottor Frederic Zugibe,della Columbia University di New York. Nella relazione del professor Zugube,  datata 26 marzo 2005,  si legge:“Il materiale analizzato è un frammento del muscolo cardiaco tratto dalla parete del ventricolo sinistro in prossimità delle valvole. Questo muscolo è responsabile della contrazione del cuore. Va ricordato che il ventricolo cardiaco sinistro pompa sangue a tutte le parti del corpo. Il muscolo cardiaco in esame è in una condizione infiammatoria e contiene un gran numero di globuli bianchi. Ciò indica che il cuore era vivo al momento del prelievo perchè i globuli bianchi, al di fuori di un organismo vivente, muoiono. Per di più, questi globuli bianchi sono penetrati nel tessuto, ciò indica che il cuore aveva subito un grave stress, come se il proprietario fosse stato picchiato duramente sul petto”.mariaorvieto

    Le persone che avevano portato i campioni da esaminare al professor Zugibe erano due australiani, il giornalista Mike Willesee, tra i più noti volti televisivi in Australia, e l’avvocato Ron Tesoriero. Chiesero al celebre cardiologo quanto potevano vivere i globuli bianchi se fossero appartenuti a un frammento di carne umana tenuto in acqua. La risposta fu: “pochi minuti”. Quanto il professor Zugibe seppe che quel materiale era stato tenuto per un mese in acqua e per tre anni in acqua distillata, restò esterrefatto.

    Ancor più sconvolto quando scoprì, dal dottor Castañón, che quel frammento di cuore umano “vivente” era in origine un’Ostia, ossia un pezzetto di pane consacrato.

    Ma le sorprese incredibili non erano finite. I dati prodotti dalle analisi del laboratorio di New York sono stati confrontati con quelli ricavati dal professor Linoli sulle reliquie del miracolo di Lanciano. Risultato: sembrava che le due relazioni di laboratorio avessero analizzato campioni di prova appartenenti alla stessa persona.  Inoltre, da ricerche non ancora definitive, si è trovato che il Dna è identico a quello riscontrato sulla Sindone e sul Sudario di Oviedo. E le caratteristiche somatiche, sarebbero quelle di un uomo che è nato e vissuto nella Regione del Medio Oriente.

    Il famoso giornalista australiano, Mike Willesee, che ha seguito a lungo le ricerche su questo evento, era ateo e si è convertito. 

    (fonte: Zenit)


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