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    Gesù nostro contemporaneo

    Pierpaolo Caspani


    C
    ome possiamo lasciarci coinvolgere dalla storia di Gesù, in modo che la nostra vita prenda la forma e i contorni della sua? C'è qualche via attraverso cui Gesù si fa nostro contemporaneo?

    La domanda affiora già nel Nuovo Testamento, a proposito di quelli che possiamo chiamare i discepoli della «seconda generazione», coloro cioè che non avevano conosciuto personalmente il Signore, né erano stati destinatari delle apparizioni di lui risorto. Tra i testi che sembrano suggerire una risposta, c'è il notissimo racconto dei discepoli di Èmmaus:

    Ed ecco in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus, e conversavano di tutto quello che era accaduto. Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo. Ed egli disse loro: «Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli disse: «Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò: «Che cosa?». Gli risposero: «Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi l'hanno crocifisso. Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò son passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro e non avendo trovato il suo corpo, son venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevan detto le donne, ma lui non l'hanno visto».
    Ed egli disse loro: «Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. Quando furon vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino». Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista. Ed essi si dissero l'un l'altro: «Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?». E partirono senz'indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone». Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
    (Lc 24,13-35).

    È il Signore che prende l'iniziativa, che fa il primo passo. È lui che, nascosto sotto i panni di uno sconosciuto viandante, si affianca ai due discepoli in cammino verso Emmaus. Così facendo, Gesù incrocia la vita dei due discepoli, là dove essa si trova: nel momento della delusione e dello sconforto. E anzitutto Gesù ascolta il vissuto dei suoi discepoli, raccoglie i motivi della loro delusione e del loro sconforto. Poi, alla luce delle Scritture, li aiuta a rileggere quel che è avvenuto: li aiuta a capire che quei fatti che essi raccontavano come un fallimento, come la fine delle loro speranze, sono in realtà il compimento di ciò che le Scritture dicevano a proposito del Cristo. E la spiegazione di tutto ciò che nelle Scritture si riferiva a lui suscita una risonanza profonda nel cuore dei due discepoli, che poi diranno- «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?» (Lc 24,32). È tutto questo processo, nel quale l'annuncio della Pasqua incrocia e rilegge l'esperienza dei due discepoli, che permetterà loro di riconoscere il Signore. E tuttavia il riconoscimento avviene in un momento puntuale e in certo modo inatteso e imprevedibile: gli occhi dei discepoli si aprono allo spezzare del pane, nel rito eucaristico, nel momento sacramentale. Senza il processo che precede il gesto sacramentale gli occhi non si sarebbero aperti; ma è il momento sacramentale quello in cui gli occhi si aprono. E proprio in quel momento, Gesù scompare dalla loro vista. Come a dire: la presenza storica, fisica, visibile di Gesù lascia il posto alla sua presenza nel gesto dello spezzare il pane, cioè nel gesto eucaristico-sacramentale. Nel tempo che va dall'ascensione di Gesù al suo ritorno glorioso alla fine dei tempi. egli non sarà più fisicamente e visibilmente presente tra i suoi, ma comunicherà se stesso attraverso il rito dello spezzare il pane. L'eucaristia (e più in generale l'azione sacramentale) è dunque «lo speciale punto di legame con la contemporaneità reale di Gesù» (P. Sequeri), che rende accessibile la relazione con lui agli uomini e alle donne di tutti i tempi.
    (Pierpaolo Caspani, Chi è Gesù, EDB 2013, pp. 70-73)


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