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    3. Emmaus, un itinerario

    di fede per i giovani

    Giuseppe Casti

    Una "proposta pastorale" come quella che presentiamo, in occasione anche del tempo liturgico di Pasqua, è un atto di fiducia nei giovani, un "apriori" di simpatia, una "cosa di cuore". Qualcosa che risponde alle domande profonde che provengono dalla loro vita. Ma cosa vogliono, oggi, i giovani?

    Domande confuse

    Se guardiamo il mondo giovanile d’oggi, possiamo dipingere un quadro alla maniera di Rembrandt, in chiaroscuro: luci e ombre. Possiamo accentuare tutto ciò che va male, non meno, tutti i segni di speranza che vi sono dentro.
    Esiste una grande confusione tra ciò che chiamiamo una "vita piena" e la semplice "riuscita sociale". La "vita piena" o "santità" è centrata sulla saggezza umana, la presenza vivificante di Dio e l’incontro con Cristo. Essa si estende oltre la morte, e il senso di immortalità è la sorgente della creatività.
    La "riuscita sociale", invece, si basa sul "culto del successo", fatto di bramosia narcisistica e illimitata del potere, del denaro, della celebrità. L’imperativo del successo a tutti i costi è così forte che assume la forma di un nuovo criterio di felicità o di colpevolezza: i "falliti" resteranno anonimi.
    L’illusione della riuscita sociale e le luci abbaglianti del potere sono così attraenti, oggi, che sembrano occupare tutto lo spazio e oscurare l’orizzonte. Su questo modo di concepire la vita pende la minaccia costante dell’insignificanza, della banalità, della noia.

    Invocazioni forti

    Sta nascendo un altro mondo, un’altra società. Molta gente è stanca di superficialità, annoiata dal materialismo e dalle immagini da esso prodotte. C’è un uomo inquieto alla ricerca del religioso. Ci sono molti giovani smarriti nell’arcipelago della mancanza di senso. Da più parti arrivano invocazioni sempre più forti: "Datemi qualcosa di diverso da ciò che esce da un computer!"; "Datemi delle ragioni per vivere, per sperare!"; "Vogliamo vedere il Signore!".
    La "proposta pastorale" che qui presentiamo vuole rispondere a queste domande dei giovani. Come Gesù che accompagna i discepoli di Emmaus lungo la strada, anche noi, educatori, vogliamo fare il cammino con i giovani per condurli a un incontro vivo di Cristo. Sicuri che una vita che porta i segni dell’incontro reale e vivo con il Signore risorto si fa annuncio di comunione con lui. È una vita di santità.
    Ci chiediamo: tenendo conto del contesto sociale e culturale nel quale sono immersi i giovani d’oggi, è possibile fare un incontro che cambia la vita?
    Ci accostiamo al vangelo e all’esperienza di uno di questi incontri, uno tra i tanti che potevamo scegliere: l’episodio dei discepoli di Emmaus raccontato dall’evangelista Luca (24,13-35).
    Non vogliamo qui proporre la traccia di un altro sussidio che sostituisca quelli che seguono. Pensiamo invece che questo episodio si presenti proprio come una "icona", cioè un’immagine-sintesi di una serie di intuizioni, riflessioni, proposte, che nell’insieme esprimono la logica e la dinamica (nella narrazione evangelica) tipica di ogni incontro significativo: quasi un "modello esemplare" di incontro vivificante. In tale "icona" si "mostrano" annotazioni teologiche, pastorali, pedagogiche e anche metodologiche, che possono essere come la filigrana che indirizza gli animatori nel loro cammino di proposta e di accompagnamento del giovane verso l’incontro.
    Il racconto lucano mette in evidenza sette momenti o aspetti in cui si articola la dinamica dell’incontro con Cristo.

    1. LA RICERCA

    All’inizio del brano Luca presenta i due discepoli che incontreranno Gesù.
    · Due di loro
    Non sono del numero degli apostoli, ma appartengono al gruppo degli "altri" discepoli di Gesù. Non fanno parte della gerarchia, ma, diremmo, sono semplici laici. Sono "due", come quando Gesù li aveva mandati per la Palestina: la compagnia, il gruppo, l’amicizia, la coppia, per l’aiuto reciproco che offre, è una condizione ottimale per cercare e incontrare Cristo.
    · In quello stesso giorno
    È il primo giorno dopo il sabato, è la domenica di Pasqua. È appena finito il tempo della vita terrena di Gesù, conclusa con la sepoltura del suo corpo, ed è appena cominciato un nuovo periodo della storia che va dalla risurrezione di Gesù fino al suo glorioso ritorno alla fine del mondo. È il nostro tempo. È il tempo della Chiesa che accomuna la condizione dei due discepoli alla nostra.
    · Erano in cammino
    A Luca piace cogliere Gesù e i discepoli in cammino. Si tratta di un movimento locale carico di simbolismo. Ne risulta una visione dinamica della vita umana, dentro le coordinate spazio-temporali. In riferimento al nostro tema, il "cammino" suggerisce che l’incontro con Cristo avviene non come un’istantanea, ma come un filmato fatto di un susseguirsi di sequenze. Non "tutto e subito", ma nella paziente continuità della ricerca, con fatica e gradualità, mentre si passa attraverso una varietà di luoghi e situazioni.
    · Conversavano, discorrevano e discutevano insieme
    I verbi indicano una conversazione familiare, tra amici, una ricerca fatta insieme. L’accumulo dei verbi sta a dire che la discussione era molto animata. È questo "cercare insieme" che mostra il loro desiderio di Cristo. Parlano "di tutto quello che era accaduto". L’argomento dei loro discorsi è molto concreto, sono i fatti di cronaca: il terreno d’incontro con Cristo è la vita, la storia che vivono e di cui cercano il senso.
    · Col volto triste
    È l’espressione del loro cuore, deluso per la caduta della loro speranza messianica. La loro speranza è stata distrutta, inchiodata alla croce. Il Venerdì della morte di Gesù, restava loro, almeno, lo sguardo del crocifisso. Ma il Sabato, è il giorno della morte di Dio, il giorno che esprime e anticipa l’esperienza dolorosa del nostro tempo. Dio è semplicemente assente, la tomba lo ricopre, non si risveglia più. Ma la ragione profonda della loro delusione la dice Gesù: sono "sciocchi e tardi di cuore", cioè lenti a capire, dotati di poca "intelligenza spirituale", per cui da soli non sono in grado di interpretare i fatti.

    2. IL TESTIMONE

    · Si avvicinò loro...
    Il testo lucano mette già il soggetto "Gesù", e tale in effetti è per l’evangelista e per noi che leggiamo, ma per i due di Emmaus è "un tizio qualunque", uno sconosciuto che si avvicina per compiere un tratto di strada... per una ulteriore compagnia e perché i pericoli si affrontano meglio insieme e la paura diminuisce se non si è soli.
    Possiamo lasciare indeterminato, per il momento, questo personaggio, che i discepoli riconosceranno solo dopo la frazione del pane, quando "si aprirono i loro occhi e lo riconobbero".
    In effetti bisogna accettare questo tempo, più o meno lungo, di cecità. Essa non è insuperabile se Gesù li rimprovera come "sciocchi e tardi di cuore". Oltre alla lentezza soggettiva dell’intelligenza umana, va messa in conto anche la difficoltà oggettiva della via scelta da Gesù: la via delle mediazioni umane. Dopo Pasqua Gesù appare in veste di "forestiero", di "ortolano", di "pescatore".
    È determinante, in questa fase, la funzione del testimone che rivela l’iniziativa gratuita di Dio e la delicatezza di chi non si impone, ma desidera essere liberamente accolto.
    E noi riconosciamo la funzione del mediatore, dell’accompagnatore, del testimone, come "presenza sacramentale di Gesù". Insomma, Gesù non è ancora riconosciuto, ma è già là, è lui nella veste del compagno di strada, nel compagno di ricerca, in colui che lentamente fa aprire gli occhi, offre un senso alla ricerca, sa indirizzarla correttamente. Una bella immagine dell’identità dell’accompagnatore: un Gesù che si nasconde, una persona che lascia trasparire Gesù.
    Gesù dunque si fa modello di chiunque nella Chiesa svolge il ministero dell’accompagnamento dell’uomo a Cristo e della testimonianza di Cristo all’uomo.
    Dopo la sua Ascensione in cielo, nella storia della Chiesa fino ad oggi, questa funzione di Gesù sarà resa dall’apostolo, dal missionario, dall’educatore, da ogni membro della Chiesa "segno e strumento" di comunione con Cristo; ma in quel giorno di Pasqua è Gesù stesso che si fa presente.
    · Camminava con loro
    "Io camminerò con voi", aveva promesso Dio a Mosè (Es 33,14), il quale perciò chiama Dio "Colui che cammina con noi ".
    Gesù mostra la verità di questo titolo divino in modo supremo: si fa presente non in forma istantanea, ma prolungata; si mette al livello dei due e si fa compagno di viaggio. Che cosa facesse "lungo il cammino" è riassunto così dai due discepoli: "Conversava con noi… ci spiegava le Scritture".
    · Conversava con noi
    Notiamo l’accondiscendenza di Gesù nel parlare con i discepoli con semplicità e rispetto. Li interroga: "Ed egli disse loro: che sono questi discorsi?". Ascolta attentamente e risponde con franchezza: "Ed egli disse loro: "sciocchi e tardi di cuore". Seguendo il metodo maieutico, Gesù insegna interrogando, porta a sé l’interlocutore andando da lui, con un dialogo pieno di fiducia e confidenza. Non giudica esteriormente, ma scava dentro domande profonde.
    · Ci spiegava le Scritture
    Letteralmente si dovrebbe tradurre: "Ci apriva le Scritture", con allusione al "libro sigillato con sette sigilli" (Ap 5,1), incomprensibile ai non iniziati. Si noti che il verbo "aprire" si applica successivamente a tre realtà: alle Scritture, alla mente, a Gesù. Oggettivamente l’apertura delle Scritture e soggettivamente l’apertura della mente all’intelligenza delle Scritture preparano l’apertura degli occhi per riconoscere Gesù.
    Dalla conoscenza delle Scritture alla conoscenza di Gesù.
    Prima di essere riconosciuto Gesù funge da testimone di se stesso: si accosta ai due discepoli, cammina e conversa con loro, spiega le Scritture. La sua gioia sarà piena quando il suo ruolo sarà compiuto, quando "diminuisce" il testimone e "cresce" Gesù di Nazaret. Giovanni Battista capisce che la sua missione è terminata quando appare Gesù: "Egli deve crescere e io invece diminuire" (cf Gv 3, 27-30). È il mistero pasquale, la parabola di ogni testimone-educatore. Ma prima dell’identificazione di quel pellegrino con Gesù, c’è la presentazione oggettiva della sua figura da parte dei due discepoli, completata da quella fatta dallo stesso testimone.

    3. LA STORIA DI GESÙ

    I due discepoli parlano di un protagonista della cronaca locale. L’oggetto della loro conversazione è un fatto recente. Un fatto da loro trattato sotto i vari aspetti e che "riguarda Gesù Nazareno", precisamente gli ultimi giorni della sua esistenza.


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