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     A che «serve» Dio?

     


    A
    che «serve» Dio? Non ci prende talvolta l'impressione che egli sia terribilmente «inutile»? Un lusso tra tante cose necessarie che ancora ci mancano. Un ingombro tra mille impegni che ci assillano la giornata: a una faccenda ne segue un'altra con ritmo vertiginoso; c'è sempre qualcosa da fare: occorrerebbero due vite per viverne una come vorremmo; abbiamo l'agenda zeppa di appuntamenti e di incombenze.

    A che «serve» Dio tra queste convulsioni? Dio, l'impalpabile, l'invisibile, il non registrabile: colui che non entra nei nostri bilanci se non per rubarci qualche lembo di tempo prezioso... E la sensazione di vuoto, spesso, quando ci si mette la testa tra le mani e si pensa a lui - o si tenta di pensare a lui e di parlargli. La paura di parlare a se stessi, perché di là c'è il vuoto, e la voce ritorna come l'eco in un mesto monologo. E la sofferta esperienza di chi teme di sospendersi al nulla. Ci si dirige a Lui come al «Tu» più vero della nostra vita, ed ecco insorge dentro di noi il timore che nessuno ci stia ad ascoltare; che la nostra invocazione si perda nel deserto della solitudine.

    A che «serve» Dio? Quante volte l'abbiamo supplicato con sincerità, col cuore in angoscia, e l'abbiamo sentito estraneo, lontano, come incapace di tenerezza? Non ci ha risposto. Ci ha lasciati nella nostra sofferenza. E chiedevamo il giusto; quanto ci sembrava semplicemente indispensabile per continuare la dura fatica di esistere. A che «serve» Dio?

    Amici, occorre avere il coraggio di dir chiaro: non «serve» a nulla; se mettiamo noi stessi - i nostri affari, le nostre vicende, i nostri consuntivi - al centro della nostra esistenza; se rimaniamo nel campo del constata- bile, dell'efficiente. Non «serve» a nulla.

    Eppure, rifacciamoci la domanda: riusciremmo a vivere senza di Lui? A vivere non in superficie ma in profondità; là dove diciamo «io» ed emergono le attese più urgenti ed insopprimibili; là dove decidiamo il destino della nostra esistenza. Anche in un giorno senza storia.

    Chi ci darà il coraggio di perdonare al fratello terribilmente banale che ci sta accanto? Dove troveremo le risorse per ricominciare la giornata, domani? E chi ringrazieremo per la giornata di oggi? E a chi ci aggrapperemo quando le forze ci mancano e tutto ci appare privo di senso, assurdo?

    Dio, l'«inutile» necessario. Dio, il vicinissimo: tanto vicino - dentro di noi - da non riuscire a coglierlo...

    Riusciremmo a vivere senza di Lui? Il perché dei nostri giorni. L'orizzonte dei nostri sforzi. La gioia, alla fine: quella che non si riesce ad esprimere, ma rimane nel fondo dell'animo. Vera. La si riscopre talvolta quando la si rifiuta: come una nostalgia che ci richiama sui nostri passi...

    (Alessandro Maggiolini)


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