Attesi dal suo amore
    Proposta pastorale 2024-25 

    MGS 24 triennio

    Materiali di approfondimento


    Letti 
    & apprezzati


    Il numero di NPG
    luglio-agosto 2024
    600 cop 2024 2


    Il numero di NPG
    speciale sussidio 2024
    600 cop 2024 2


    Newsletter
    luglio-agosto 2024
    LUGLIO AGOSTO 2024


    Newsletter
    SPECIALE 2024
    SPECIALE SUSSIDIO 2024


    P. Pino Puglisi
    e NPG
    PPP e NPG


    Pensieri, parole
    ed emozioni


    Post it

    • On line il numero di LUGLIO-AGOSTO di NPG sul tema degli IRC, e quello SPECIALE con gli approfondimenti della proposta pastorale.  E qui le corrispondenti NEWSLETTER: luglio-agostospeciale.
    • Attivate nel sito (colonna di destra "Terza paginA") varie nuove rubriche per il 2024.
    • Linkati tutti i DOSSIER del 2020 col corrispettivo PDF.
    • Messa on line l'ANNATA 2020: 118 articoli usufruibili per la lettura, lo studio, la pratica, la diffusione (citando gentilmente la fonte).
    • Due nuove rubriche on line: RECENSIONI E SEGNALAZIONI. I libri recenti più interessanti e utili per l'operatore pastorale, e PENSIERI, PAROLE

    Le ANNATE di NPG 
    1967-2024 


    I DOSSIER di NPG 
    (dall'ultimo ai primi) 


    Le RUBRICHE NPG 
    (in ordine alfabetico
    e cronologico)
     


    Gli AUTORI di NPG
    ieri e oggi


    Gli EDITORIALI NPG 
    1967-2024 


    VOCI TEMATICHE 
    di NPG
    (in ordine alfabetico) 


    I LIBRI di NPG 
    Giovani e ragazzi,
    educazione, pastorale

     


    I SEMPREVERDI
    I migliori DOSSIER NPG
    fino al 2000 


    Animazione,
    animatori, sussidi


    Un giorno di maggio 
    La canzone del sito
    Margherita Pirri 


    WEB TV


    NPG Facebook

    x 2024 400


    NPG X

    x 2024 400



    Note di pastorale giovanile
    via Giacomo Costamagna 6
    00181 Roma

    Telefono
    06 4940442

    Email


    La profezia di Tolstoj

    Adalberto Mainardi


     

    Il visitatore, che nell’estate del 2022 avesse passeggiato lungo la prospettiva Nevskij a San Pietroburgo, sarebbe rimasto forse sorpreso dall’insolito revival della figura di Lev Tolstoj: le sue opere esposte nelle vetrine delle librerie, le T-shirt in vendita con l’immagine del grande scrittore, quasi fosse una celebrità sportiva o social. Come tutti sanno, Tolstoj è l’autore della grande epopea di Guerra e pace, che sta al fondo di ogni ricorrente mito dell’unità nazionale russa, dalla Guerra patriottica antinapoleonica del 1812 alla Grande Guerra patriottica contro Hitler. E tuttavia l’improvvisa popolarità del grande scrittore non si allinea a nessuna celebrazione ufficiale. Nella coscienza russa, Tolstoj non è solo l’autore di Guerra e pace, ma anche il pensatore e predicatore pacifista, l’intransigente critico della compromissione della religione con il potere, il creatore di un’utopica comune contadina.
    In occasione della guerra russo-nipponica, l’ormai celebre scrittore rivolgeva ai connazionali un accorato appello (Ricredetevi, 8 maggio 1904): «Amate i vostri nemici, e non avrete nemici, è detto nell’Insegnamento dei dodici Apostoli … Amare i nemici, i giapponesi, i cinesi, quelle genti gialle che uomini smarriti si sforzano adesso di farci odiare, significa non andare a ucciderli per garantirsi il diritto di avvelenarli poi con l’oppio, come han fatto gli inglesi, né allo scopo di togliere loro dei territori, come han fatto i francesi, i russi, i tedeschi; significa non sotterrarli vivi per punirli d’aver danneggiato una strada, non legarli per le trecce per poi affogarli nell’Amur, come han fatto i russi».
    Tolstoj intuisce che la pace non è garantita dall’equilibrio militare tra le potenze in competizione, ma la si costruisce attraverso una cultura della pace, intesa in senso quasi materiale: la coltivazione di un sentire disarmato, della giustizia sociale, l’istruzione e l’opera di liberazione degli oppressi. Lo scrittore stesso fondò una scuola gratuita per i figli dei contadini (ex servi della gleba), dove applicò i suoi metodi pedagogici. La pace, per Tolstoj, non era un progetto politico, ma religioso.
    La religione cui pensava Tolstoj era un cristianesimo depurato di tutti gli elementi dogmatici. Tolstoj non era un occidentalista. L’investigazione razionale del testo biblico, la lettura di esegeti protestanti, lo condusse a una rilettura demitizzante dei vangeli, ma la sua religiosità restava legata alla terra russa, alla tradizione contadina, ai pellegrinaggi, ai monasteri russi con i loro starcy, i padri spirituali chiaroveggenti. Il cristianesimo di Tolstoj era profondamente russo, ma non aveva nulla del bizantinismo imperiale che impregnava la propaganda zarista, all’insegna del trinomio “Ortodossia, autocrazia, nazionalità” coniato dal ministro dell’Istruzione di Nicola I, Sergej Uvarov.
    Quello di Tolstoj non era un cristianesimo all’acqua di rose; al contrario, predominava l’esigenza etica radicale, fin quasi ad esiliare l’azione della grazia. La sua critica all’ipocrisia del servizio liturgico, nel grande romanzo Risurrezione (che è anche un inno al Discorso della montagna di Matteo), gli attirò nel 1901 la scomunica del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa russa. Tolstoj non si pentì. Nella sua risposta confessava: «Ecco ciò in cui credo: credo in Dio … come spirito, come amore, come principio di tutto. Credo che egli è in me e io in lui. Credo che la volontà di Dio sia espressa con la maggior chiarezza e comprensibilità nell’insegnamento dell’uomo Cristo: considerare questi un dio e rivolgersi a lui nella preghiera è per me il massimo sacrilegio. Credo che il vero bene dell’uomo è nel fare la volontà di Dio e la sua volontà sta in ciò, che gli uomini si amino a vicenda e di conseguenza si comportino con gli altri come vorrebbero che gli altri si comportassero verso di loro, come è detto nell’Evangelo: “In questo c’è tutta la legge e i profeti”». Lo scrittore fu accusato di ateismo, padre Ioann di Kronstadt lo attaccò con virulenza. Fino alla fine, Tolstoj non cessò d’interrogarsi su Dio e sul destino ultimo dell’uomo, ma gli pareva assurda una teologia che sostituisse il divino all’umano, annientando la ragione e il sentimento: «Credo che il senso della vita di ogni singolo uomo è nell’accrescere in sé stesso l’amore; che questo crescere dell’amore porta a ciascun uomo in questa vita una felicità sempre maggiore, e dopo la morte una felicità tanto più grande, quanto maggiore è stato l’amore in quell’uomo».
    L’amore è la chiave per comprendere la preoccupazione morale anche dello scrittore Tolstoj, che tanto infastidiva Nabokov. In un appunto del Diario (17 febbraio 1858, lo scrittore trentenne era reduce dalla guerra di Crimea), leggiamo: «C’è una verità personale e una comune. Quella comune è semplicemente 2 x 2 = 4. Quella personale è arte. Il cristianesimo. Tutto arte!». Il filosofo georgiano sovietico Merab Mamardašvili, nelle sue Lezioni su Proust, osservava che inutilmente ricercheremmo in Tolstoj la stessa profondità e ricchezza della speculazione filosofica dello scrittore francese. E tuttavia proprio una delle idee centrali di Proust la troviamo già in Tolstoj: il fenomeno dell’illuminazione dell’io. Si tratta dell’improvvisa comparsa all’interno di sé stessi, come stupita scoperta da parte dei personaggi, di un altro io. Un io non individuale nel senso consueto, ma immortale, che vuole bene a tutto e a tutti e che è indicibilmente felice. È questo io, secondo Proust, che avrebbe dovuto scrivere tutti i suoi libri. È un «ritorno al sé sconosciuto», come Vladimir Bibichin definisce il processo analogo che avviene nei personaggi tolstojani. Questo io sconosciuto, l’unico reale, si dilata ai confini del mondo. In un’altra pagina del Diario (27 luglio 1870), Tolstoj annota: «Tutte le teorie filosofiche da Cartesio in poi commettono lo stesso errore di riconoscere soltanto la coscienza di sé come individuo (cioè del soggetto) mentre la coscienza è precisamente la coscienza del mondo intero». Dove appare per Tolstoj questa realtà più forte della coscienza individuale? Nell’ispirazione, nell’amore, nella poesia. Nel momento della morte. La esperiscono i suoi personaggi: Petr Bezuchov prigioniero dei francesi; Anna Karenina quando si getta sotto il vagone del treno. L’apparizione di questo “sé divino” (Bibichin) brucia tutte le menzogne della convenzione sociale e della propaganda politica. Ne La morte di Ivan Il’ič (1886), ciò che più tormentava il protagonista «era la menzogna – quella menzogna accettata da tutti che era solo malato, che non stava morendo». Soltanto appena prima di morire Ivan Il’ič si rende conto che anche tutto quello che aveva inseguito nella vita, la carriera, la posizione sociale, la rispettabilità, era «una menzogna, un inganno» che gli nascondeva la verità della vita e della morte. Avrebbe voluto chiedere perdono di tutto, alla moglie, ai figli. «Voleva dire di nuovo “scusami”, ma disse “scostati” e, ormai senza forze per correggersi, fece un gesto con la mano, sapendo che chi doveva avrebbe capito». In questa illuminazione che trasforma la miseria quotidiana dei rapporti famigliari, Ivan Il’ič fa l’incredibile esperienza della trasfigurazione della morte. L’ultimo soliloquio del protagonista echeggia Paolo («Dov’è, o morte, la tua vittoria? Dov’è, o morte, il tuo pungiglione?», 1Cor 15,55, cf. Is 25,8 e Os 13,14):
    «“E la morte? Dov’è?”. Cercò la sua vecchia e familiare paura della morte e non la trovò. Dov’è? Che morte? Non c’era paura perché non c’era la morte. Al posto della morte c’era la luce. – Ecco com’è! – esclamò improvvisamente ad alta voce.
    – Che gioia! Era accaduto tutto in un istante, e il significato di quell’istante ormai non cambiava…
    – È finita! – disse qualcuno su di lui. Sentì le parole e le ripeté dentro nell’anima. “È finita la morte”, disse a sé stesso. – Non c’è più la morte».
    La profezia di Tolstoj, il suo sforzo di penetrare il senso dell’esistenza umana, continua a mettere in questione le false sicurezze del nostro presente, apre varchi nei muri ideologici in cui vogliamo difenderci.

     


    T e r z a
    p a g i n A


    NOVITÀ 2024


    Saper essere
    Competenze trasversali


    L'umano
    nella letteratura


    I sogni dei giovani x
    una Chiesa sinodale


    Strumenti e metodi
    per formare ancora


    Per una
    "buona" politica


    Sport e
    vita cristiana
    rubrica sport


    PROSEGUE DAL 2023


    Assetati d'eterno 
    Nostalgia di Dio e arte


    Abitare la Parola
    Incontrare Gesù


    Dove incontrare
    oggi il Signore


    PG: apprendistato
    alla vita cristiana


    Passeggiate nel
    mondo contemporaneo
     


    NOVITÀ ON LINE


    Di felicità, d'amore,
    di morte e altro
    (Dio compreso)
    Chiara e don Massimo


    Vent'anni di vantaggio
    Universitari in ricerca
    rubrica studio


    Storie di volontari
    A cura del SxS


    Voci dal
    mondo interiore
    A cura dei giovani MGS

    MGS-interiore


    Quello in cui crediamo
    Giovani e ricerca

    Rivista "Testimonianze"


    Universitari in ricerca
    Riflessioni e testimonianze FUCI


    Un "canone" letterario
    per i giovani oggi


    Sguardi in sala
    Tra cinema e teatro

    A cura del CGS


    Recensioni  
    e SEGNALAZIONI

    invetrina2

    Etty Hillesum
    una spiritualità
    per i giovani
     Etty


    Semi e cammini 
    di spiritualità
    Il senso nei frammenti
    spighe


    Ritratti di adolescenti
    A cura del MGS


     

    Main Menu