Il gallo che cantava
per far nascere il sole
Rubem Alves
C'era una volta un gallo che si svegliava molto presto tutte le mattine e diceva agli animali del pollaio: «Vado a cantare per far nascere il sole».
In seguito saliva fin sul cucuzzolo del tetto, gonfiava il petto, guardava verso Oriente e comandava, con molta determinazione: «Chicchiricchì!». Poi rimaneva in attesa. Poco tempo dopo, una palla rossa cominciava ad apparire, fin che si poteva vedere tutta, sopra le montagne, mentre illuminava ogni cosa.
Il gallo, allora, tornava orgoglioso dagli animali del pollaio e commentava: «Cosa vi dicevo?». E tutti rimanevano a bocca aperta e pieni di rispetto davanti a un potere così straordinario conferito al gallo: cantare per far nascere il sole! Nessuno dubitava. Era sempre stato così. Anche il gallo-papà aveva cantato per far nascere il sole, e anche il gallo-nonno.
Tale potere straordinario provocava però le reazioni più svariate. Tanto per cominciare, gli stessi galli non erano d'accordo. E questo perché non esisteva un gallo solo. Il coro all'alba, quando cominciava, andava ripetendosi di valle in valle, di montagna in montagna. In ogni pollaio c'era un gallo che pensava la stessa cosa, cioè riteneva che tutti gli altri galli fossero degli impostori pieni di invidia. Inoltre, non c'era unanimità sulla partitura giusta per far nascere il sole. Ciascuno diceva che l'unica vera era la sua, mentre tutte le altre erano false ed eretiche. E così in ogni pollaio regnava il terrore: i galli giovani dovevano imparare a cantare secondo la moda del gallo vecchio, e se ci fosse stato qualcuno che stonasse o scambiasse i diesis con i bemolle, veniva immediatamente punito. Alle volte la punizione era un anno di silenzio, con la proibizione di cantare. Ma nei casi più gravi si minacciava addirittura il pentolone del contadino, che ribolliva sulla cucina a legna.
«Ragazzo, se tu non chiricchicchi come si deve, ti denuncio al contadino».
La minaccia era sufficiente per far tremare e rendere obbedienti i più ribelli. Quando al mattino non si udiva più cantare qualche gallo lontano, il re del pollaio commentava altero: «Certamente l'hanno fatto lesso. Gli sta bene. Con che diritto cantava in modo differente?».
C'era anche molta trepidazione tra gli abitanti del pollaio. E se il gallo diventasse roco? Se per caso dimenticasse la partitura? Chi canterebbe per far nascere il sole? Il giorno non sorgerebbe. Per questo motivo tutti si prendevano cura del gallo con sempre maggior premura. Lui lo sapeva bene e ci marciava assai, minacciando il pollaio per veder soddisfatto ogni suo capriccio.
«Guardate che io arrochisco!», diceva. E tutti si mettevano a correre per accontentarlo.
Il gallo, dal canto suo, soffriva di enormi sbalzi d'umore. All'alba, dopo la nascita del sole, si sentiva come un Dio, onnipotente e ammirato. Ma alla sera l'assalivano depressione e angoscia.
«Non posso arrivare tardi», diceva. «Se non canto, il sole non nascerà». E così non riusciva a dormire un sonno tranquillo. Questo, in verità, capita a tutte le persone che si ritengono potenti. Aleggia sempre su di loro la minaccia della fine del mondo.
Avvenne, come era da -prevedere, che un mattino il gallo non si svegliò. Non cantò per far nascere il sole. E il sole... nacque senza il suo canto.
Il gallo si svegliò con la confusione del pollaio. Tutti parlavano contemporaneamente. Il sole è nato senza il gallo... Il sole è nato senza il gallo... Il povero gallo non poteva credere a quello che i suoi occhi vedevano: l'enorme palla rossa, là, in cima alla montagna. Com'era possibile? Ebbe allora un attacco di depressione, scoprendo che il suo canto non era così potente come pensava. E la vergogna era troppa.
Gli animali, da parte loro, ne furono molto felici. Scoprirono che non c'era bisogno del gallo perché il sole nascesse. Il sole nasceva in ogni caso, con o senza gallo.
Passò molto tempo senza che si udisse il canto del gallo, tanto era depresso e umiliato. E fu un gran peccato, perché il canto del gallo e il sole che nasce si combinano davvero bene. È così bello. Pare siano nati l'uno per l'altro.
Finalmente un bel mattino il pollaio fu svegliato di nuovo dal canto del gallo. Lui era là, come in passato, sul cucuzzolo del tetto, con il petto gonfiato.
«Stai cantando per far nascere il sole?», gli chiese il tacchino, sghignazzando fragorosamente.
«No», rispose il gallo. «Prima, quando cantavo per far nascere il sole, ero solo uno svitato. Ma adesso canto perché il sole nasce. Il canto è lo stesso. E io sono diventato un poeta!».
(FONTE: Pedagogia del desiderio, EDB 2015, pp. 45-48)